SINDONE (gr. σινδών)
Con questo nome i Greci indicavano una tela fine, di origine straniera, una specie di lino, ma anche, più particolarmente, un pezzo di stoffa tagliato o per foggiare bende, tende, vele, o, infine, certe vesti. Con quest'ultimo significato la parola "sindone" figura infatti nell'inventario delle vesti della dea Era, a Samo. In epoca più tarda questo termine fu usato a indicare una specie di veste leggiera, d'origine egiziana, paragonabile alla tunica lintea, e con tale origine egiziana si spiega come mai delle sindoni venissero adottate nel culto della dea Iside.
La Sacra Sindone. - Nell'uso ebraico la sindone serviva a involgere i cadaveri per la sepoltura; per antonomasia, parlando di "sindone" i cristiani intendono il lenzuolo in cui venne involto il corpo di Gesù per la deposizione nel sepolcro, secondo il racconto dei Vangeli sinottici (Matt., XXVII, 59; Marc., XVI, 46; Luc., XXVIII, 53). Le prime notizie della sindone e degli altri oggetti sepolcrali di Cristo si hanno solo con il sec. VII quando si comincia a parlare di tali reliquie esistenti a Gerusalemme, poi a Costantinopoli; più tardi se ne avvertono a Compiègne, a Besançon, a Cadouin in Dordogna e altrove. Nell'età moderna l'interesse s'è polarizzato intorno alla sindone di Torino, la medesima venerata dal 1353 al 1418 a Lirey in Champagne, e che, passata in proprietà dei duchi di Savoia nel 1453, fu custodita a Chambéry fino al 1578, quando fu trasportata a Torino dove ora si venera nell'apposita cappella costruita nel duomo da G. Guarini.
Questa reliquia consiste in una tela di lino, di m. 4,36 × 1,10, tutta d'un pezzo, che in mezzo lascia travedere, benché sbiadita, la doppia immagine frontale e dorsale di un corpo umano di m. 1,78, su cui si scorgono le stigmate tradizionali di Gesù.
La sua apparizione nella storia risale al 1353, nel quale anno Geoffroy de Charny la donò alla chiesa collegiata di Lirey, a 19 km. da Troyes. Donde provenisse e se fosse da identificarsi con una delle tante sindoni accennate in precedenti testi medievali, non consta. È però noto che nel 1355 il vescovo di Troyes, Henri di Poitiers, condannò il culto pubblico della reliquia. Nell'intricata controversia che ne nasce, uno dei successori di Henri, cioè Pierre d'Arcis, redige per il papa avignonese Clemente VII un memoriale in cui stabilisce che quella non è la vera Sindone, bensì una figura o rappresentazione dipinta per mano d'uomo. Clemente VII risponde il 6 gennaio 1390 permettendo l'ostensione della reliquia, ma "come di una copia". Sennonché, quando il 28 maggio 1898 fu per la prima volta fotografata la Sindone, per opera di S. Pia, balzò sulla lastra sensibile un'immagine positiva, e non negativa, del corpo umano figurato in essa. Siffatta rivelazione, poi confermata nel 1931, esclude ogni fattura pittorica o comunque manuale. Al tempo che la Sindone apparve nella storia, nessun artista avrebbe saputo dipingere o disegnare così le figure, tanto meno in negativo. Si tratta adunque di un'auto-impressione di cadavere, che la tesi dei dottori Paul Vignon e Yves Delage della Sorbona attribuisce a emanazioni vaporigrafiche impressionanti ortogonalmente il lenzuolo.
Bibl.: Oltre agli scritti citati da E. Dervieux, Bibliografia della SS. Sindone di N. S. G. C. venerata in Torino, Chieri 1929, v.: A. Caviglia, Profilo religioso di Emanuele Filiberto e la SS. Sindone, nella miscellanea Emanuele Filiberto, Torino 1928, pp. 361-392; N. Noguier de Malijay, La Santa Sindone di Torino, ivi 1930; A. Tonelli, La Santa Sindone, esame oggettivo, ivi 1931; G. Enrie, La Santa Sindone rivelata dalla fotografia, ivi 1933; P. Vignon, Aprés l'ostension du Saint Suaire de Turin, in Études, 20 giugno 1932; R. W. Hynek, Umŭceni Pánĕ, Vydalo Roku 1935. Per l'iconografia: L'ostensione della S. Sindone, Torino 1931, con tavole, e articoli di G. Enrie e P. Vignon.