DONDO, Simone (fra' Simone da Carnoli)
Originario di Carnoli, un piccolo borgo presso Voltri (Genova), si hanno notizie della sua attività di pittore dal 1519 al 1560.
La vicenda biografica dell'artista risulta ancora piuttosto oscura: per la ricostruzione ci si basa essenzialmente sulla data di qualche opera e su informazioni desunte da fonti secentesche, la Compendiosa descriptio... di padre Dionisio da Genova del 1647 e la brevissima biografia dedicata al pittore dal Soprani (1674, ripresa in Soprani-Ratti, 1768), integrate più recentemente da alcuni ritrovamenti d'archivio (Bonzi, 1930, p. 805; Belloni, 1966, in particolare pp. 26 ss.).
Sulla scorta dei pochi dati biografici noti, si può ipotizzare che il D. fosse nato sul finire del XV secolo: nulla tuttavia si sa della sua formazione artistica. Si sa solo che egli, divenuto frate dell'Ordine francescano riformato, dopo essere stato novizio probabilmente nel convento di S. Maria del Monte a Genova, esercitò la pittura per diletto e non per professione: circostanza che può, almeno in parte, rendere conto del numero limitato delle sue opere e della varietà dei suoi modelli culturali.
Il primo riferimento cronologico per il percorso artistico del D. è costituito dalla data 1519, che appare su una tavola di piccole dimensioni con S. Antonio da Padova, firmata "Op. f.ris Sim.is D. Carnulo".
Questo dipinto, eseguito - come si legge nell'iscrizione che lo attraversa nella zona inferiore - per volere di un certo "Gregorius filius quondam Demetrii de Nigroponte", era originariamente collocato nel coro della chiesa di S. Maria degli Angioli presso Voltri: a seguito della soppressione del convento nel 1866, passò all'Accademia ligustica (Alizeri, 1874, p. 325), e di qui, prima nella collezione del barone Podestà di Palmaro (Genova), poi in quella dei suoi eredi.
Si tratta di un'opera piuttosto modesta, caratterizzata da un marcato arcaismo, forse una delle prime esperienze dell'artista, che si rivela qui ancora fortemente legato alla cultura ligure del secondo Quattrocento, dove largo spazio avevano gli influssi lombardi. Per quanto concerne la resa iconografica della figura del santo, il confronto si fa ad esempio particolarmente indicativo con il S. Antonio dipinto nel 1489 da G. Mazone nel polittico della cappella Sistina di Savona (ora ad Avignone, Petit-Palais) e con il S. Francesco che appare nel polittico di L. Brea con L'Assunzione della Vergine, 1495 (Savona, duomo).Nel 1523 il nome del D., che evidentemente era già stato ordinato frate, appare al sedicesimo posto dell'elenco dei giovani ritenuti atti, e quindi promossi, alle confessioni (Belloni, 1966, pp. 17, 26). Ad un momento successivo, verosimilmente intorno al 1530, è databile quella che si può certamente ritenere la migliore sua prova, la pala con Lo Sposalizio della Vergine, collocata fin dall'origine sul terzo altare a destra della chiesa del convento di S. Maria del Monte a Genova, "a Patre Simone Dondo depicta", come attesta il manoscritto di padre Dionisio (1647, c. 6).
Il dipinto - come aveva già scritto l'Alizeri (1874, p. 326) - è derivato dalla silografia di analogo soggetto del Dürer, appartenente alla serie di Maria, intagliata prima del 1505 (Collobi Ragghianti, 1986, pp. 79 s.): il confronto fra l'incisione e il dipinto rivela tuttavia come il D., pur rimanendo sostanzialmente fedele alla composizione del maestro norimberghese, abbia adottato nella sua versione notevoli varianti nell'abbigliamento, negli atteggiamenti dei personaggi e nella resa dello sfondo, chiuso da un'abside nella composizione del Dürer, aperto su un paesaggio, che si intravvede oltre un monumentale colonnato, nella pala del Monte. Si sommano infatti in quest'opera numerosi stimoli culturali, che vanno dall'incisione da Bramante di Bernardino Prevedari (1481), individuata come modello per lo sfondo (ibid., p. 80), all'opera dei pittori fiamminghi e lombardi presenti in Liguria, per quanto soprattutto riguarda il trattamento delle figure (Bonzi, 1930, p. 808; Morassi, 1946). Tuttavia, a proposito dell'evidente componente fiamminga che trapela dal dipinto, la Collobi Ragghianti ha osservato che "non è al patrimonio di pitture esistente in Liguria, da Jan van Eyck a Jan Massys, che si avvicina Simone, bensì a un'esperienza di opere e di maestri che presuppone una diretta conoscenza della pittura fiamminga nei primi decenni del secolo": i modelli del D. sarebbero quindi stati, secondo la stessa studiosa (ibid., pp. gos.), Quentin Metsys, Lucas van Leyden, Maerten van Heemskerck, Jan van Hemessen, studiati dal frate durante un ipotetico soggiorno nelle Fiandre, avvenuto presumibilmente nel periodo che va dal 1519 al 1549, anno in cui egli venne eletto per la prima volta guardiano del convento di S. Maria degli Angeli a Voltri (Bonzi, 1930, p. 805).
Stilisticamente prossima alla pala del Monte per un'analoga adesione alla cultura fiamminga è poi una tavola firmata, raffigurante il Compianto su Cristo morto (Bergamo, Accademia Carrara), che reca la data 1535, spesso letta erroneamente 1555 (cfr. per es. Bonzi, 1930), p. 805; Morassì-Castelnovì, 1951, p.' 60, e Belloni, 1966, p. 21, il quale tuttavia in ordine a considerazioni stilistiche non accetta tale cronologia, ipotizzando, giustamente, che l'opera fosse stata eseguita all'incirca negli stessi anni dello Sposalizio del Monte). Per questa tavola, risolta con un segno secco e volutamente aspro, si sono evidenziati, per il paesaggio di fondo, legami con la pittura di J. Patenier e dei suoi numerosi seguaci, e per le figure con l'opera di J. van Hemessen (Collobi Ragghianti, 1986, p. 81).
Nuovamente nominato nel 1555 guardiano del convento di S. Maria degli Angeli a Voltri (Belloni, 1966, pp. 21, 26), secondo quanto afferma il p. Dionisio (1647, c. 34), il D. nel 1560 dipinse per la parete di fondo dietro l'altar maggiore della chiesa di questo stesso convento la grande tela con l'Ultima Cena, spostata nel 1673 in controfacciata, dove è tuttora collocata (Belloni, 1966, p. 28).
Già il Soprani (1674, p. 27) osservava nel dipinto una notevole disparità qualitativa fra le figure, che in parte - scriveva - "hanno del secco e dei duro", e le monumentali logge sullo sfondo, condotte invece con molta perizia dal D., che il biografo definisce "pittore prospettico molto stimabile". L'opera, tuttavia, al tempo del Soprani aveva già subito un sostanziale intervento di rifacimento delle figure, che si vuole eseguito da Luca Cambiaso (Bonzi, 1930, p. 808): a tale intervento si deve forse la scarsa omogeneità dei dipinto, obiettivamente mediocre, tranne che nella vistosa scenografia di colonnati e archi che occupa il fondo. Questo quadro, secondo quanto affermano le fonti secentesche (p. Dionisio, 1647, e. 34; Soprani, 1674, p. 28), sarebbe stato inutilmente ambito da Andrea Doria, il quale ne avrebbe voluto fare omaggio a Filippo II, affinché egli lo collocasse all'Escuriale: l'incoerenza cronologica che si evidenzia nel fatto che il Doria morì nel 1560, mentre l'Escuriale fu eretto a partire dal 1563, ci fa tuttavia dubitare dell'attendibilità dell'episodio, a meno che Andrea Doria non sia stato confuso con il più giovane Giovanni Andrea Doria.
La Cena diVoltri è cronologicamente l'ultima opera pervenutaci dell'artista, di cui non si hanno più notizie dopo il 1560.
Nel trattare del convento di S. Maria degli Angeli, il p. Dionisio (1647. C. 35) riferisce al D. anche quattro piccole tavole, oggi perdute, raffiguranti episodi della vita di Gesù (Annunciazione, Natività, Adorazione dei magi e Circoncisione), sulla cui autografia tuttavia il Soprani (1674, p. 28) esprimeva dei dubbi. La critica appare poi concorde nell'attribuire ad altro artista, probabilmente un cremonese, una tavola, già riferita al D., con lo Sposalizio della - Vergine, datata 1523 è conservata a Genova nella chiesa di S. Maria della Visitazione (Bonzi, 1930, p. 808; Morassi-Castelnovi, 1951, p. 60; Collobi Ragghianti, 1986, p. 80).
Dopo le lodi del p. Dionisio e del Soprani, l'artista ha goduto di scarsa fortuna presso la critica, fino al saggio del Belloni, pubblicato nel 1966, in cui l'autore, oltre a rendere noti alcuni inediti dati biografici, attribuisce all'artista un ciclo di ben quattordici affreschi di diverse dimensioni, databile intorno al 1530, collocato nell'ex convento dei minori dell'Annunziata di Portoria di Genova.
Fonti e Bibl.: Genova, Arch. stor. della Provincia francescana ligure, ms. 33: p. Dionisio da Genova, Compendiosa descriptio tottus provinciae Genuensis (1647), cc. 6, 34 s.; R. Soprani, Le vite de'pittori, scoltori et architetti genovesi, Genova 1674, pp. 27 s.; F. Baldinucci, Notizie dei professori deldisegno... [1681-1728], II, Firenze 1846, p. 123; III, ibid. 1846, p. 232; P. A. Orlandi, L'Abecedariopittor., Bologna 1704, pp. 157 s. (sub voce fra' Simone da Camulo); R. Soprani-C. G. Ratti, Vitede' pittori..., Genova 1768, I, pp. 41 s.; L. Lanzis Storia pittor. della Italia [1809], a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, p. 191; S. Ticozzi, Diz. dei pittori, Milano 1818, I, p. 97; P. Zani, Enc. metodica delle belle arti, I, 6, Parma 1820, p. 23; G. B. Spotorno, Storia letter. della Liguria, IV, Genova 1826, pp. 199, 206; F. Alizeri, Guida artistica perla città di Genova, Genova 1846, I, p. XXIX; G. Banchero, Descriz. di Genova e del Genovesato, Genova 1846, p. 34; G. Rosini, Storia della pitturaital., Pisa 1847, p. 204; [A. Merli], Delle arti del disegno e dei principali artisti in Liguria, Genova 1862, p. 8; F. Alizeri, Il santuario di Nostra Signora del Monte in Bisagno, Genova 1863, pp. 28s.; M. Staglieno-L. T. Belgrano, Esposiz. artistica archeologica industriale (catal.), Genova 1868, p. 43; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria..., III, Genova 1874, pp. 323.326; Id., Guidaillustrativa del cittadino..., Genova 1875, p. 605; L. A. Cervetto, Nostra Signora del Monte, Genova 1904, p. 41; J. De Fovile, Gênes, Paris 1907, p. 52; O. Grosso, La pittura genovese dai giotteschi aifiamminghi, in Riv. ligure di scienze, lettere ed arti, XXX (1908), p. 354; M. Bonzi, Fra' da Carnoli, in Genova, X (1930), pp. 805-808; A. Cappellini, Iconografia antoniana. S. Antonio da Padova nel Genovesato, in Genova, XI (1931), 7, p. 530; A. Morassi, Mostra della pittura antica in Liguria dal Trecento al Cinquecento (catal.), Genova 1946, p. 55, tav. 41; A. Morassi-G. V. Casteinovi, Capolavoridella pittura a Genova, Milano-Firenze 1951, pp. 60 s.; V. Belloni, Pittori francescani liguri. Fra' S. da Carnoli, estr. da Quaderni Nostra Signora delMonte, Genova 1966, pp. 15-28; F. Rossi, Accademia Carrara-Catalogo dei dipinti, Bergamo 1979, pp. 132, 136; L. Collobi Ragghianti, S. da Carnoli, in Critica d'arte, LVI (1986), II, pp. 79-82; F. Caraceni Poleggi, in La pittura a Genova e in Liguria, I, Genova 1987, p. 280; U. Thieine-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 23 (sub voce Carnulo, Simone da); Diz. encicl. Bolaffi..., IV, p. 190.