SILVESTRO da Marradi
SILVESTRO da Marradi. – Nacque a Marradi, nella Romagna toscana, presumibilmente negli anni Settanta del Quattrocento. Rimasto presto orfano di entrambi i genitori, i nomi dei quali non sono noti, si spostò a Firenze.
Protagonista di una precoce vocazione, si recò presso il convento di S. Marco dove la sua richiesta di essere accolto fu in un primo momento respinta. Fu infine ricevuto nell’Ordine domenicano ma solamente presso l’ospizio di Lecceto, direttamente dipendente da S. Domenico di Fiesole, dove vestì per la prima volta l’abito da terziario. Pochi mesi dopo fu trasferito a S. Domenico dove il 4 ottobre 1491, trascorso l’anno di noviziato, fece la sua professione religiosa nelle mani di fra Martino da Bologna. Presso il convento di S. Marco a Firenze ebbe l’occasione di incontrare per la prima volta l’allora priore del convento Girolamo Savonarola. Lì ebbe tra i suoi maestri il superiore della Congregazione Girolamo Maruffi, il quale lo iniziò all’arte della predicazione profetica. Il 28 maggio del 1502 fu designato maestro dei novizi sempre in S. Marco.
Nei primi mesi del 1503 divenne priore a Prato. In tale veste partecipò al capitolo della Congregazione del 24 maggio, nell’ambito della quale venne eletto definitore, componente di un gruppo ristretto di confratelli destinati a formulare norme e direttive per il futuro percorso della provincia. Nei mesi del suo priorato a Prato si dedicò a un’intensa attività di predicazione e si scontrò duramente con la priora del monastero di S. Caterina, suor Brigida Evangelisti, la quale si rifiutò di accogliere un gruppo di ragazze che, sotto la sua spinta, desideravano farsi religiose. Silvestro prese allora in affitto una casa di fronte al convento di S. Domenico per dare vita a una nuova comunità, offrendo così una degna sistemazione alle devote donne. Ottenuta l’autorizzazione di papa Giulio II, procedette alla vestizione delle ragazze, ufficiata da fra Francesco Salviati, vicario della congregazione. Una volta divenuto priore di S. Domenico, accolse il 27 novembre 1504 l’emissione dei voti dei membri della nuova comunità, sancendo così la nascita formale del nuovo monastero da lui intitolato a s. Vincenzo, cui egli era molto devoto.
Il 24 giugno 1504 era divenuto priore a Fiesole e nel 1505 rivestì nuovamente la carica di definitore nell’ambito del capitolo.
Uomo di intensa vita meditativa e contemplativa trovò la sua dimensione ideale sul pulpito. Come riferì Serafino Razzi (1965, p. 18), «fu alquanto della lingua impedito eccetto però che in pergamo, il che si può quasi attribuire a miracolo». Mentre pronunciava i suoi sermoni raggiungeva momenti di vera e propria estasi, come quello occorso durante una sua predicazione in S. Marco sul tema del paradiso tenuta in occasione del capitolo, allorquando «andò in tanto spirito che fu veduto dagli astanti in volto angelico et elevato sopra il pergamo in aria per alquanto spazio» (Razzi, 1572, p. 296). La sua predicazione di questo periodo riflette soprattutto le evidenti inclinazioni profetiche e la sua chiara scelta di campo savonaroliana. Il 30 maggio 1505 Silvestro riferì al suo uditorio di una visione nella quale «quelli Angeli nel fuoco» predicevano la conversione dei «capi nostri», alludendo all’inizio di un nuovo scisma, a una rivolta di popolo e a grandi terrori e spargimenti di sangue: «Et tumulto sia nella città sia fuora della città. Tumulto in piazza tumulto in palazzo tumulto per 40 hore tumulto per 11 hore tumulto per 24 hore. Gravi, più che gravi, et gravissimi» (ibid.). Quella visione era parte integrante della sua battaglia polemica contro gli avversari dei ‘piagnoni’, quelli che egli chiamava «scribi e farisei» e che muovevano guerra a chi come lui predicava e praticava la via dello spirito. Egli stesso, così dichiarò, era stato avvisato dalla Vergine dell’imminente rinnovamento della Chiesa, anche se, era costretto ad ammettere, il Signore gli aveva riferito che le sue prediche avrebbero portato scarsi frutti.
L’11 luglio 1505 Silvestro fu deposto dal maestro generale fra Vincenzo Bandelli durante una visita canonica presso il convento fiesolano per ragioni non ben identificate. Il 1° febbraio 1507 partì da S. Romano a Lucca per un ciclo di predicazioni in Val di Nievole. Nel 1508 predicò la quaresima a Pescia, e così l’anno successivo. Durante il suo primo quaresimale tenne contemporaneamente due sermoni, di regola nella mattinata di venerdì presso la pieve e nel pomeriggio dello stesso giorno presso le monache in S. Michele.
Il codice manoscritto nel quale le monache di S. Michele raccolsero «viva voce» i suoi sermoni ne riporta complessivamente ventisette, inclusi nei due cicli quaresimali (1508, 1509). La mano che trascrisse i testi non aveva dimestichezza con il latino. Le citazioni fatte «currenti voce» vennero trascritte con approssimazione senza essere poi corrette o riviste successivamente. Entrambi i cicli quaresimali furono contraddistinti da una predicazione di genere apocalittico. Nella prima predicazione, quella tenuta nel 1508, Silvestro si rivolse solamente alle monache «alle grate chiuse», come si legge nell’intestazione frontale. Si trattò di prediche dal contenuto spirituale animate da un preciso intento riformistico. Nel secondo ciclo si rivolse anche a un uditorio laico, come si deduce dal tono decisamente più polemico dei sermoni, spesso intessuti di accuse e risposte, in una serrata polemica tra piagnoni da una parte e «scribi e farisei» dall’altra. Le sue invettive contro le gerarchie ecclesiastiche furono ascoltate dunque da un pubblico misto: in uno stile caratteristico dei piagnoni, fra Silvestro addossò al clero peccaminoso la colpa di ogni male della cristianità, individuando nella condanna di Savonarola l’ennesima conferma di tale malvagità. Umiltà e carità non erano più sufficienti: occorreva fuggire ma allo stesso tempo combattere le forze del male identificate soprattutto nei religiosi ipocriti e malvagi. A suo parere non c’era vizio dei quali essi non fossero colpevoli; occorreva evitare persino di rivolgere loro la parola perché questo avrebbe condotto al lassismo spirituale e alla negligenza.
Nel corso dell’ultimo sermone tenuto a Pescia, Silvestro fece ripetute allusioni alle ammonizioni da lui ricevute da parte delle gerarchie ecclesiastiche e alla concreta possibilità che egli potesse essere sospeso dalla predicazione. È possibile, peraltro, che già prima del 1509 fosse stato temporaneamente sospeso, come lascia intuire il fatto che nel novembre di quell’anno ricevette dai superiori dell’Ordine il permesso di riprendere la sua attività predicatoria. A questi mesi risale l’accusa formulata ai suoi danni di aver cercato di rilevare, per conto della Congregazione domenicana, il convento di S. Michele.
La parziale pretestuosità dell’accusa va ricondotta allo scontro sorto all’interno del convento di S. Marco intorno alla monaca Dorotea da Lanciuole. Domenica Narducci da Paradiso, terziaria domenicana circondata da poteri carismatici e mistici e profezie rivelatrici, aveva accusato Tommaso Caiani e Bartolomeo da Faenza, due dei più ferventi seguaci savonaroliani, di aver manipolato le profezie della monaca che la Narducci dipingeva senza mezzi termini come una fraudolenta ingannatrice. Silvestro da Marradi si schierò apertamente dalla parte della Narducci contro i confratelli Caiani e Bartolomeo da Faenza. Per sedare la dura controversia nata da quelle accuse dovette intervenire il generale dell’Ordine domenicano fra Tommaso De Vio emanando un decreto con cui proibì ai frati di S. Marco di divulgare profezie, sia in pubblico sia in privato, per un periodo di dieci anni. De Vio ingiunse anche ai frati di S. Marco di interrompere ogni relazione con Domenica Narducci da Paradiso, escludendola dai sacramenti e da ogni convento della Congregazione tosco-romana.
Il 5 maggio 1510 il capitolo di S. Lorenzo a Firenze lo chiamò a predicare la quaresima per l’anno successivo. Una volta tornato a Lucca proseguì la sua predicazione in quella zona. Nel settembre 1510 si recò a Siena. Il 2 giugno 1512 partecipò al capitolo in S. Caterina di Pisa ancora una volta in qualità di definitore. Nel 1513 predicò a Firenze, nell’ottobre 1514 di nuovo a Pescia e il 26 dello stesso mese venne designato priore.
Ricoprì tale carica fino alla sua morte, occorsa il 1° ottobre 1516 a Pescia, o secondo alcune fonti a Pisa, durante un’epidemia di peste.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, ms. Magl. XXXV.242: Sermoni e prediche del venerando fra Silvestro da Marradi dell’ordine de’ Predicatori fatti alle monache di S. Michele fuori Pescia nel 1508; Biblioteca Riccardiana, ms. 2053: Prophetia viri cuiusdam sancti fratris Silvestri, c. 107v; cfr. anche BNF, Magl. XXXIV.33, cc. 16v-17r. Altre due copie di questa profezia sono in Biblioteca Medicea Laurenziana, Antinori 203, vol. 2, c. 12v e in BNF, Magl. XXXV.116, c. 165rv.
S. Razzi, Vite de i santi e beati così huomini come donne del sacro Ordine de’ Predicatori, Firenze 1572, pp. 295-297; J. Quetif - J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum 1719, p. 895 (in cui viene attribuita a Silvestro da Marradi un’opera intitolata Speculum veri et humilis praedicatoris revelatum opusculum); S. Razzi, Vita di Santa Caterina de’ Ricci. Con documenti inediti antecedenti l’edizione, a cura di G.M. Di Agresti, Firenze 1965, pp. 18 s.; D. Weinstein, Savonarola e Firenze. Profezia e patriottismo nel Rinascimento, Bologna 1976, pp. 367, 398; L. Polizzotto, Domenico Benivieni and the radicalisation in the Savonarolan movement. A volume of Italian Renaissance studies, in Altro Polo, a cura di C. Coudren - R. Pesman, Sydney 1982, pp. 99-117; Epistolario di fra Vincenzo Mainardi da San Gimignano domenicano (1481-1527), a cura di A.F. Verde - E. Giaconi, in Memorie domenicane, n.s., XXIII (1992), pp. 421 s.; L. Polizzotto, The elect nation. The Savonarolan movement in Florence 1494-1545, Oxford 1994, pp. 198-200, 202; Vita di Hieronimo Savonarola. Volgarizzamento anonimo, a cura di R. Castagnola, Firenze 1998, pp. 80, 87; G.F. Pico della Mirandola, Vita Hieronymi Savonarolae, a cura di E. Schisto, Firenze 1999, p. 183; D. Di Agresti, Fra Silvestro di Evangelista da Marradi. Fondatore, riformatore, predicatore, in Memorie domenicane, n.s., XXXI (2000), pp. 337-424; I. Gagliardi, Sola con Dio. La missione di Domenica da Paradiso nella Firenze del primo Cinquecento, Firenze 2007, pp. 84-91; T. Herzig, Le donne di Savonarola. Spiritualità e devozione nell’Italia del Rinascimento, Roma 2014, ad indicem.