CALANDRA, Silversto
Nato a Mantova verso la metà del sec. XV, entrò al servizio del marchese Ludovico Gonzaga e in data imprecisata ne divenne il castellano, cioè il capo del castello di San Giorgio, edificato a scopi militari nello scorcio del sec. XIV da Bartolino da Novara, ma rifatto e trasformato in una splendida residenza, proprio per incarico del marchese Ludovico, da Andrea Mantegna e Luca Fancelli. Le funzioni assolte dal C. non erano quindi di natura militare, ma di vero e proprio maestro di casa oltre che di segretario nel senso più lato del termine. Fedelissimo servitore del marchese non meno che della marchesa Barbara di Brandeburgo, egli si seppe conquistare anche l'affetto dei figli e di Elisabetta in particolare, che ne tesse l'elogio in una lettera del 19 febbr. 1488 al fratello Francesco.
In effetti la biografia del C., per una curiosa combinazione delle fonti, resta oggi indissolubilmente legata a quella della sua pupilla, Elisabetta Gonzaga, andata sposa al duca d'Urbino. Il primo documento che lo riguarda è infatti una sua lettera del 26 ag. 1486 con la quale riferiva al marchese Francesco, succeduto da due anni, ancor giovanissimo, al padre Ludovico, della visita a Mantova del duca d'Urbino Guidobaldo da Montefeltro, promesso sposo di Elisabetta. La lettera accenna anche al famoso ciclo del Mantegna "li Trionphi di Cesare" che il duca volle ammirare. Il contratto nuziale fu stipulato il 29 agosto, ma solo diciassette mesi dopo Elisabetta lasciò Mantova per Urbino, dove il matrimonio fu celebrato l'11 febbr. 1488. L'accompagnarono due fedelissimi cortigiani, Benedetto Capilupi e il C., fra tutti a lei il più caro - Ritornò a Mantova entro lo stesso mese, preceduto dalla lettera già ricordata del 19 febbraio di Elisabetta al fratello, che è tutto un inno alla sua devozione per la famiglia Gonzaga. Non trascorse neanche un mese dalla sua partenza che Elisabetta implorò il fratello di rimandarlo a Urbino, per aiutarla ad organizzare il nuovo ménage e a superare, con la sua consumata abilità, gli inevitabili attriti con i nuovi parenti. Verso la metà di aprile il C. ritornò così alla corte di Urbino e si trovò subito coinvolto in faccende famigliari assai più delicate del previsto.
In primo luogo in quella della consumazione del matrimonio, dilazionata dagli astrologi fino ai primi di maggio con non poco disappunto dello sposo. Al C., che ne fu richiesto dal duca impaziente, riuscì di convincerli però ad abbreviare i termini, ma gli toccò poi l'incombenza ancor più delicata di vincere le resistenze della pudicissima sposa ("lasso considerare a lei" scrisse al marchese Francesco il 20 apr. 1488 "quanta faticha fosse ad indurla et quanta arte et industria me bisognò usare prima, che fu uno inextimabile impazo"). Restò con Elisabetta fino alla fine di giugno ed ebbe modo di accompagnare lei e il marito nel viaggio a Cagli e a Gubbio, intrapreso per presentare la giovane sposa del duca a quei sudditi. Le accoglienze tributate alla comitiva ducale furono trionfali e la giovane duchessa seppe conquistarsi tutte le simpatie dei suoi nuovi sudditi, come sottolineò il C. nei dispacci che inviava quotidianamente alla corte di Mantova.
A dispetto delle preghiere della duchessa che non si voleva privare della preziosa assistenza di tanto valentuomo, il C. rientrò a Mantova alla fine di giugno. Nel corso dei mesi trascorsi al seguito dei duchi d'Urbino egli non aveva tralasciato di svolgere per conto del Gonzaga funzioni di informatore politico, con particolare attenzione per le vicende forlivesi culminate con l'assassinio di Girolamo Mario e non senza sottolineare acutamente la tempra virile di Caterina Sforza, capace delle più atroci efferatezze.
L'affetto tenacissimo della duchessa lo richiamò a Urbino ancora varie volte: nel maggio del 1492, quando riuscì ad Elisibetta di trattenerlo fino al settembre. Dovette lasciarlo partire alla notizia, appositamente divulgata dai Gonzaga che tenevano ai servizi del C. non meno della duchessa di Urbino, che egli era stato destituito dalla sua carica presso la corte mantovana. Già a dicembre ella ne richiese di nuovo la presenza alla sua corte. Non è noto se vi ritornò così presto. Sicuro è invece che vi si trattenne a lungo nel 1497, almeno dal giugno all'ottobre e che vi ritornò ancora nell'estate del 1498. Del suo soggiorno urbinate del 1497 si ha notizia dai molti dispacci che egli inviò a Mantova per informare il suo signore sulle iniziative borgiane a danno del signore di Pesaro, Giovanni Sforza, marito di Lucrezia Borgia. Nel giugno riferì della missione a Pesaro di fra' Mariano da Genazzano per trattare l'annullamento del matrimonio dello Sforza con la figlia di Alessandro VI. Nel settembre raccolse la notizia che il papa riteneva Paolo Orsini colpevole dell'assassinio del duca di Gandia. Nell'ottobre scrisse "de li belli barati" progettati da Alessandro che pensava di passare il cappello cardinalizio del figlio Cesare all'altro figlio Goffredo, il quale a sua volta avrebbe dovuto cedere al primo la moglie, Sancia d'Aragona.
Fu ancora a Urbino nel 1500 e vi restò fino al 1501. Nell'ottobre del 1500 tenne quotidianamente informata la corte di Mantova della impresa pesarese di Cesare Borgia che scacciò Giovanni Sforza dal suo dominio senza colpo ferire. Notò anche che le ambizioni del figlio di Alessandro VI si rivolgevano ora verso Bologna ("dice havere tante lettere, scripture, et homini bolognesi appresso de sé che spera a tutti li modi del mondo de redurla a la devotione ecclesiastica").
Dopo questa data del C. non si hanno più notizie, seppure è vero che visse ancora a lungo, almeno fino al 1516, quando il figlio Ippolito lo ricordò a Federico Gonzaga, futuro marchese, in una lettera del 14 giugno. Non si conosce la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: C. D'Arco, Notizie di Isabella Estense moglie a Francesco Gonzaga…, in Archivio storico italiano, App., II(1845), pp. 241-250; A. Luzio-R. Renier, Mantova e Urbino. Isabella d'Este ed Elisabetta Gonzaga nelle relazioni famigliari e nelle vicende politiche, Torino-Roma 1893, pp. 8 s., 14, 25, 30-32, 37-39, 40-41, 58-59, 75, 94, 97, 230; P. D. Pasolini, Caterina Sforza. Nuova documenti, Bologna 1897, pp. 97-99, 101-102; B. Feliciangeli, Sull'acquisto di Pesaro fatto da Cesare Borgia, Camerino 1900, pp. 62-63, 82-85; A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, in Arch. stor. lomb., XLI (1914), pp. 496-497, 500, 503.