SICULI
. Partendo dai dati tradizionali, in parte derivanti da elementi reali e di età protostorica, in parte tenacemente aderenti ancora in età storica a elementi topografici e demografici estesi dal Lazio al Bruzio, dal Piceno alla Penisola Salentina, l'identità etnografica dei Siculi, ricordati sin da età omerica sul continente con quelli sopravvissuti alla colonizzazione greca e alla dominazione di Siracusa, non veniva negata dagli storici dell'antichità come Ellanico e Tucidide, anche perché, secondo la tradizione localmente raccolta dai primi Italioti, i Siculi di Sicilia sarebbero passati nell'isola non molto prima del 1000 a. C. A dimostrazione di questo assunto, gli antichi, oltre ad altri elementi reali, in parte identificabili dal punto di vista paletnologico e archeologico, possedevano prove dedotte dalle affinità dialettali.
Poiché le parole o forme sicule tramandate dai raccoglitori risultano linguisticamente italiche, conclusione scientificamente sicura è che nei Siculi stessi del continente e già prima del 1000 a. C. si trattava o di indo-europei italici o di indigeni di età neolitica italicizzati.
Problema più difficile è se i Siculi italici passati nell'isola riuscirono a coprire con uguale densità demografica tutta la Sicilia e se la tradizionale distinzione tra la zona geografica dei Siculi nella parte orientale e quella dei Sicani a occidente del fiume Imera, oltre che sulle differenze di ordine civile, politico e culturale indicate dai logografi, non si fondasse anche su una differenza nella struttura demografica e linguistica dei Sicani, determinata dalla sopravvivenza di strati sociali non ancora perfettamente assimilati della popolazione preitalica dell'isola. Oltre agli elementi di prova tratti dal culto e dal costume, dalla localizzazione da Antioco di Siracusa qui più espressamente ricordata della leggenda e dell'arte minoica ed eventualmente anche dall'archeologia preistorica, un'iscrizione su lamina d'oro in alfabeto lineare affine, ma non identico, a quello delle iscrizioni cretesi, scoperta, più di mezzo secolo fa, a Comiso e ora nel museo di Siracusa, starebbe a favore di questa ipotesi.
Il problema linguistico della Sicilia preellenica sta dunque tutto nella possibilità di poter discernere, sia nelle iscrizioni, sia nelle glosse, sia nei relitti di ordine lessicale e toponomastico, tra elementi italici ed elementi anitalici.
All'unica iscrizione sicula conosciuta prima del 1900, quella incisa in giro sull'obba o askos di Centuripe, ora nel museo di Karlsruhe, si sono aggiunte in seguito due brevi e monche iscrizioni su tegoli rinvenuti negli strati superficiali dei cumuli di macerie ancora inesplorati di Adernò, editi dall'Orsi, e ultimamente quella scoperta da Costantino Bergamini a Sciri Sottano (Caltagirone). Parole indubbiamente italiche sono nell'iscrizione di Centuripe: maru, apposto al nome e patronimico del donatore o dedicante (cfr. umbro-etr. marō "maggiorente, magistrato, sacerdote", gr. -μωρος, a. irl. mar, mor "grande", sic. Maroneus mons "il monte più alto dell'isola, le Madonìe"); esti, lat. est; emponitanto(-m) eredes "imponitanto heredes" e certamente italiche sono le forme in -am e in -om, desinenze rispettivamente di accusativo sing. di tema in -a e di neutro di tema in -o (stainam, durom, velhom).
In uno dei due tegoli di Adernò s'individuano le parole reses, anires, probabile nominativo in -s o anche gen. sing. in -es di nomi proprî, ma questo non sappiamo se di tipo indoeuropeo o etruscomediterraneo. Più complicato è il giudizio sulla lingua dell'iscrizione di Sciri, forse in zona ancora mistilingue prima dell'occupazione di Siracusa nel sec. VI o V a. C. e che sarà meglio riservare ai progressi dell'analisi.
Delle glosse, le più sono anteriori alle più antiche relazioni dell'isola con Roma, anche perché derivano dai comici di Siracusa del sec. VI a. C., p. es.: ὀγκία, lat. uncia; ἀρβίννη, lat. arvina; μοῖτον, lat. mutuum; κάρκαρον, lat. carcer; κάτινος, lat. catīnum; λέπορις, lat. lepus; λίτρα, lat. lībra da indoeur. *'līdhrā. Elementi italici nella toponomastica sono, p. es.: Centu-ripae, lat. centum; Δάγκλη, (Zancle) δάγκλον "falce"; Αἴτνη "Monte Fuoco, Etna", gr. αἴϑω, lat. aedes "focolare, casa"; Γέλα, fiume e città, γέλα = lat. gelu; Παλικοί, lat. palus. Nell'onomastica eminentemente italico è il nome del duce dei Siculi Δουκέτιος, lat. dux, dūco, e italico il formante -lo di Siculi (Σικελοί), cfr. Rutuli, ecc.
Ma infinitamente più numerosi sono nella toponomastica e forse nell'onomastica i residui di lingua mediterranea. Su ciò si è creata oggi un'intera letteratura (Holm, Pais, Scala, Ribezzo, Trombetti, Sergi). Qualche relitto si trova ancor oggi nella nomenclatura geofisica del terreno e in qualche termine della flora (sicil. alastra, lig. lastra "ginestra").
Bibl.: Sulla lingua dei S. e sui suoi resti (iscrizioni, glosse, nomi locali, relitti) vedi ora il materiale e la bibliografia raccolta da J. Whatmough, The Prae-Italic Dialects of Italy, Cambridge Mass. 1933, II, pp. 431-500, e aggiungi F. Ribezzo, L'iscrizione sicano-italica scoperta a Sciri, in Rivista indo-greco-italica, XVII (1933), p. 197 segg.; cfr. II, p. 143 segg.; VII, p. 221 segg.; VIII, p. 265; XI, p. 246 segg.; XII, p. 196; XIV, p. 59 segg.; XVI, p. 27 segg. (ivi è contenuta la bibliografia più importante delle varie questioni).