SERIFO (ἡ Σίριϕος, Seriphus)
Isoletta del gruppo occidentale delle Cicladi, tra Thermiá e Sifno, dalla quale ultima dista 14 km.; di forma tondeggiante, con una lunghezza massima di circa 10 km. e una superficie di 75 kmq., ha coste per lo più alte e rocciose, incise da piccole insenature; una delle tre più ampie e più profonde, sulla costa meridionale, Libádi, è un ottimo porto naturale. L'isola è montuosa e si eleva sino a 585 m.; è costituita specialmente da rocce gneissiche e granitiche e da calcari marmorei.
Malgrado l'attività indefessa dei suoi abitanti, era considerata nell'antichità come una delle più povere isole della Grecia, e soggetta perciò allo scherno dei comici. La città principale, del medesimo nome dell'isola, giaceva sempre nella medesima località del capoluogo odierno, nell'interno. L'isola, abitata prima da Eoli della Tessalia, fu poi colonizzata da Atene; i Serifî presero attiva parte alla seconda guerra persiana, e insieme coi Sifnî e i Melî furono gli unici isolani greci che rifiutarono il tributo ai Persiani; furono presenti con una sola pentacontera a Salamina. L'isola fu membro quindi della prima Lega delio-attica, da principio anzi pagando un tributo annuo di due talenti, ben presto però ridotto a uno, e poi probabilmente cancellato; nella seconda Lega delio-attica l'isola fu invero tassata a sole 1600 dramme. Venuta in possesso dei Romani, e unita alla provincia di Asia dopo le guerre mitridatiche nell'84 a. C., per la sua povertà e sterilità fu durante l'Impero luogo di esilio; il cristianesimo vi penetrò appena al principio del sec. IV. Nella mitologia Serifo è menzionata specialmente per le leggende di Perseo che, racchiuso nella cesta insieme con Danae, sarebbe approdato alle coste e sarebbe stato raccolto da pescatori dell'isola e, dopo l'uccisione della Medusa, vi sarebbe ritornato e avrebbe fatto pietrificare il re Polidette e tutti i suoi sudditi convocati nell'agorà; soggetto trattato nella commedia Σερίϕιοι di Cratino e nella tragedia Ditti di Euripide.
Bibl.: T. Euangelides, ‛Η νῆσος Σ. καὶ αἱ περὶ σὐτην νησίδης, Sira 1909; Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II A, col. 1729 segg. Per i monumenti dall'età bizantina in poi, v. G. Gerola, in Annuario Scuola it. di Atene, III (1916-1920), p. 203 segg.