DEL BUONO, Sebastiano
Nacque a Firenze nel marzo del 1858 da Orazio e Caterina Bianchi. Dopo aver frequentato la scuola tecnica, nel 1877 fu assunto come impiegato presso la rete ferroviaria adriatica e si iscrisse all'Associazione generale degli impiegati civili. Fu tra i socialisti più in vista a Firenze anche per il ruolo svolto nella nascita delle principali organizzazioni socialiste della città. Nel 1892, insieme con G. Pescetti, I. Danielli, P. Ciotti e E. Ciacchi, fondò il Circolo socialista fiorentino; l'anno successivo partecipò alla costituzione del Comitato regionale toscano del Partito dei lavoratori e della Lega socialista fiorentina e nel 1894, allorché dalla fusione di queste organizzazioni nacque l'Unione socialista fiorentina, vi aderì. Non fece tuttavia parte degli organi direttivi di queste associazioni.
Nel 1892 partecipò attivamente alla costituzione della Camera del lavoro di Firenze, svolgendo anche una intensa propaganda, e nel 1893, entrato nella commissione organizzatrice e divenuto vicepresidente della prima commissione esecutiva, la rappresentò al congresso delle Camere del lavoro che si tenne a Parma nel giugno-luglio 1893. Nel 1894 entrò nel Consiglio generale e nella giunta esecutiva della sezione ferrovieri, avendo contribuito alla sua fondazione, e la rappresentò nell'esecutivo della Camera del lavoro.
Ciò gli consentì di entrare nella giunta esecutiva di quest'ultima quale archivista bibliotecario. Fu inoltre il principale promotore dell'adesione alla Camera del lavoro dell'Associazione degli impiegati civili, nella quale da tempo si adoperava per stabilire un collegamento con le altre organizzazioni dei lavoratori. A questo fine anche al congresso di Parma aveva sostenuto l'opportunità di fare aderire gli impiegati alle Camere del lavoro.
Nel 1894, per effetto delle leggi eccezionali, fu arrestato e condannato a sei mesi di reclusione e 100.000 lire di multa, ma nel 1895 fu assolto sia in appello sia in Cassazione. Ritornato in libertà, nel febbraio 1895 entrò nella commissione istituita presso la Camera del lavoro per elaborare proposte in merito alla istituzione dei probiviri ed altri provvedimenti legislativi atti a prevenire agitazioni e scioperi attraverso il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. In giugno divenne segretario del comitato esecutivo della sua Camera del lavoro e successivamente fu delegato a rappresentarla al congresso operaio di Venezia dell'ottobre 1895.
Tra il 1896 e il 1897 si occupò dell'agitazione delle lavoratrici della treccia di paglia e fece anche parte della commissione governativa d'inchiesta sulle condizioni di queste operaie. Nel 1895 fece parte dell'Associazione elettorale fiorentina e, dopo il suo scioglimento, nello stesso anno entrò nella Federazione elettorale fiorentina e nel Comitato elettorale toscano istituiti dai socialisti in occasione delle elezioni.
Il 10 maggio 1896 svolse la relazione politico-morale al congresso socialista toscano (Firenze) ma, in polemica con Mondolfo che proponeva l'abbandono dell'intransigenza, restò fuori dal comitato esecutivo regionale creato da quel congresso, la cui sede fu fissata a Colle Val d'Elsa per limitare il peso dei fiorentini. Nell'ottobre del 1896 partecipò anche all'VIII Congresso nazionale dei cooperatori, come delegato della Cooperativa vetraria fiorentina della quale era proboviro, e fu eletto membro del consiglio generale della Lega delle cooperative italiane. Il 29 ag. 1897 partecipò al congresso regionale toscano delle cooperative e delle società di mutuo soccorso. Il congresso provinciale socialista di Firenze del 1897 lo designò candidato del partito per il collegio di Prato, ma egli declinò la candidatura.
Sebbene nel corso delle agitazioni di Firenze per il rincaro del pane sviluppatesi nel maggio 1898 avesse cercato di contenere le manifestazioni di piazza, fu condannato a otto mesi di detenzione; l'indulto sovrano concesso il 29 dicembre gli consentì di uscire dal carcere, seppur poco prima dello scadere del termine della condanna. Da quel momento la sua attività politica e sindacale si intensificò, anche perché, in seguito alla condanna, aveva perso il posto alle ferrovie. Tra il marzo e l'ottobre del 1899 fu corrispondente da Firenze dell'Avanti! e nel marzo del 1900 entrò nella redazione dell'organo socialista di Firenze, La Difesa. Nel1899 fu candidato dei partiti dell'estrema Sinistra per le elezioni amministrative e nel 1900 fu candidato per le politiche, nel collegio di San Casciano, trovandosi contrapposto a S. Sonnino. Solo nel giugno 1902, però, fu eletto consigliere comunale a Firenze.
In quello stesso anno, durante lo sciopero delle fonderie Pignone, si adoperò per moderare la tensione e per evitare lo sciopero generale di solidarietà, invitando gli altri lavoratori a devolvere a beneficio degli operai della Pignone il salario delle giornate di sciopero programmate. Nel contempo, però, cercò di responsabilizzare le autorità cittadine e il consiglio di amministrazione della Pignone, ma A. Angiolini, che dirigeva La Difesa, chiese che il partito sconfessasse il suo operato.
Nel 1903 partecipò al congresso della Lega nazionale delle cooperative e sostenne la tesi dell'adesione delle cooperative alle Camere del lavoro. Nel 1904 aderì allo sciopero generale, ma, seguendo la linea dei riformisti, fece sì che a Firenze quello sciopero venisse dichiarato a tempo determinato.
Il suo riformismo derivava anche dal carattere mite, per il quale molti lo chiamavano "buon Bastiano" e altri lo definivano "segretario da parata". Gli venivano peraltro riconosciuti da tutti correttezza e senso della misura ed era sua ferma convinzione che fosse di primaria importanza consolidare ogni conquista dei lavoratori e che i socialisti si formassero una solida coscienza amministrativa sia per gestire le amministrazioni locali sia per rafforzare le organizzazioni dei lavoratori.
Collocatosi pertanto nella corrente che a Firenze faceva. capo a G. Neraccini, dedicò le sue notevoli capacità di organizzatore allo sviluppo della Camera del lavoro e delle cooperative e nel 1910 promosse l'istituzione di una scuola di legislazione sociale per gli operai. Una cura particolare dedicò ai ferrovieri e alle sigaraie, che a Firenze erano le categorie più combattive, e ne fece il nucleo portante dell'organizzazione sindacale. Nel 1904 e nel 1909 fu ancora ripetutamente battuto da Sonnino quale candidato per le elezioni politiche nel collegio di San Casciano. Fu invece eletto consigliere comunale sia nel 1904 sia nel 1907 e fece parte della giunta capeggiata da F. Sangiorgi, occupandosi principalmente delle abitazioni popolari, della mortalità infantile, delle condizioni di lavoro in alcune fabbriche cittadine e della situazione economica dei dipendenti comunali. Nel 1906 partecipò al congresso nazionale socialista di Roma ed entrò nella direzione del partito, ma nel 1908 non fu rieletto. Al congresso nazionale della resistenza che si tenne a Modena nel 1908 fu eletto membro del Consiglio nazionale della Confederazione generale del lavoro (CGdL) e nel 1910 entrò nel consiglio direttivo, del quale continuò a far parte fino al 1922. Nel 1912 fu eletto anche rappresentante delle organizzazioni operaie della Toscana.
Nel 1911-12, in contrasto con i riformisti di destra fiorentini, si schierò contro la guerra di Libia e favorì l'adesione della Camera del lavoro allo sciopero contro la guerra. Ma al congresso del 1912 votò, insieme al gruppo confederale, contro l'espulsione di Bissolati, Bonomi, Cabrini e Podrecca.
Nel corso della crisi che seguì, a Firenze gli intransigenti conquistarono la maggioranza nel partito, mentre la Camera del lavoro rimase sotto il controllo dei riformisti e il D. mantenne la segreteria. Questo contrasto raggiunse il culmine durante la "settimana rossa" e il D., accusato di aver sospeso troppo presto lo sciopero, fu costretto a dimettersi.
Negli anni successivi il suo peso politico diminuì, sebbene egli avesse conservato la carica onorifica di presidente del Consiglio generale della Camera del lavoro. Divenne invece segretario della Federazione nazionale del personale salariato degli ospedali e dei manicomi e nel 1915 anche direttore dell'organo dei postelegrafonici, La Catena. Nel 1914 fu rieletto consigliere comunale e anche consigliere provinciale.
Nella polemica sull'intervento si schierò tra i neutralisti: ma non riteneva concretamente possibile fare dell'opposizione alla guerra un momento della strategia rivoluzionaria. Durante il conflitto, insieme con G. Pieraccini e la sua corrente, si batté per evitare che gli intransigenti conquistassero la maggioranza nella Camera del lavoro. Tuttavia sostenne l'azione contro il carovita, contribuì alla realizzazione della prima Casa del popolo della città (1917) e favorì l'alleanza tra le cooperative di Firenze. Ciò gli consentì di riacquistare progressivamente peso nel movimento sindacale e nel partito, anche perché nel 1918 le misure di polizia misero in difficoltà gli intransigenti.
Rientrò nella redazione della Difesa, e nel maggio 1918 presiedette anche un'assemblea generale degli iscritti di Firenze. Nel 1918, quale membro del comitato direttivo della CGdL, fu tra coloro che insieme a L. D'Aragona e B. Buozzi firmarono l'accordo che definiva i rapporti tra la Confederazione e il partito. Ma nel dopoguerra il recupero degli intransigenti, che ottennero anche il controllo della Camera del lavoro, determinò il declino del D., che da allora ottenne solo ampi riconoscimenti e qualche carica onorifica. Tuttavia nel 1920 fu di nuovo eletto consigliere comunale e provinciale ed anche presidente del Consiglio provinciale. Nell'esercizio di questa carica ebbe modo di dare prova di dignità e fermezza di fronte alle violenze squadristiche. Nel 1921 non aderì alla scissione di Livorno.
Morì il 3 genn. 1922 a Firenze.
Nonostante che i funerali civili fossero stati vietati dal governo Mussolini, numerosi socialisti intervennero ugualmente e il grande corteo si configurò come una imponente manifestazione contro il fascismo.
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