SCURE (fr. hache; sp. hacha; ted. Axt; ingl. axe)
Utensile per la lavorazione a mano dei legnami funzionante per urto, destinato a tagliare e fendere, e utilizzato in specie per l'abbattimento delle piante. È costituita (v. fig., n. 1) di una parte metallica in acciaio temprato e rinvenuto in corrispondenza della zona destinata al taglio e affilata lungo la linea di taglio, munita di un manico di legno di qualità adatta a resistere ai colpi e contraccolpi che deve sopportare durante il lavoro. Sovente per ragioni economiche la parte di acciaio è limitata alla zona interessata al taglio che deve acquistare per effetto del trattamento termico la necessaria durezza.
Lo spigolo di taglio limitato da due faccette di arrotatura è ad arco di cerchio di grande raggio rialzato verso il manico.
La scure durante il lavoro viene sostenuta con due mani.
Le forme costruttive delle scuri sono leggermente diverse secondo le regioni. Raramente viene usata la scure a due tagli (figura, n. 2; v. bipenne). L'accetta (fig., n. 3) è una scure più piccola e più leggiera manovrabile con una sola mano.
La scure d'armi. - Fino dai tempi più antichi la comune scure fu usata anche quale arma, così come avvenne per varî altri ordigni e attrezzi da lavoro; e nello stesso modo che questi ultimi, passati poi nelle mani degli armaioli, diedero origine a molte varietà di armi, così dalla scure da lavoro, anche se poco modificata specialmente nel Medioevo, si ebbe la scure d'arme propriamente detta. Per le accette presso i primitivi, in epoca preistorica e nell'antichità, v. accetta; ascia; bipenne.
Gli Egiziani dovettero tenere in grande pregio la scure come arma, giacché ne avevano delle bellissime adorne di oro e di smalti e ne andavano anche armati i Faraoni sui carri di guerra. Se ne sono trovate alcune nelle loro tombe; basta citare la preziosa scure della regina A‛ḥḥótpe della XVII dinastia, dall'impugnatura d'argento massiccio (fig., n. 4).
Anche in Grecia la scure era comune; nell'Iliade se ne descrivono armati i singoli eroi: così Pisandro (Iliade, XIII, vv. 611-12) la portava nella cavità dello scudo; e anche le Amazzoni sono rappresentate dagli artisti greci quasi sempre con una scure.
I Romani ebbero scuri di bronzo di varie specie e forma, alle quali sapevano dare taglio forte come a quelle di ferro. Pare che facessero parte dell'armamento normale fino all'epoca serviana. In seguito è da ritenere che fosse usata più che altro come strumento fabbrile nella formazione degli accampamenti e solo occasionalmente nel combattimento. La forma appare chiaramente dalla rappresentazione della guerra dacica sulla Colonna Traiana a Roma (fig., n. 5).
All'epoca delle conquiste romane del nord dell'Europa, quasi tutti i popoli usavano la scure. I Franchi avevano quale arma nazionale caratteristica la francisca (v.).
I Carolingi sembra usassero poco la scure: nella Chanson de Roland fra le numerose armi ivi descritte minutamente non è mai fatto cenno di essa. Fu invece largamente diffusa fra i Danesi, gli Scandinavi, gli Slavi del nord. Dalla scure danese si possono far derivare le nostre scuri di guerra e in seguito l'alabarda (v.).
Fino ai primordî del Medioevo la scure d'arme si confuse con quella da lavoro e lo stesso strumento aveva avuto indifferentemente l'uno e l'altro impiego, specialmente fra la gente minuta.
Solo poco dopo il 1000 la scure entrò a far parte dell'armamento vero e proprio e allora si cominciarono ad avere due tipi di scuri d'arme: l'uno manesco o a manico corto, più adatto per la cavalleria, l'altro a manico lungo usato dalla fanteria.
Le prime indicazioni di una scure d'arme ben definita si hanno negli arazzi di Bayeu che rappresentano episodî delle ultime invasioni dei Normanni in Gran Bretagna sotto Guglielmo il Conquistatore (circa anni 1066-70). Esse sono assai semplici, col ferro lunato e lungo manico (fig., n. 6), e sembra avessero attorno all'occhio qualche sagoma ornamentale. Per quasi tutto il Medioevo la scure d'arme non mutò essenzialmente di forma (i nn. 7-8-9 della fig. rappresentano scuri manesche del sec. XV). Nella stessa epoca la scure d'arme fu generalizzata in tutto l'Oriente e specialmente se ne valsero i Turchi e i Persiani conservandone fino a tempi a noi recenti la forma simile alle antiche.
Anche i Russi e i Polacchi usarono molto la scure d'arme. Il n. 10 della figura è un bell'esempio di scure polacca del sec. XII di ferro con ornamenti geometrici di rame intarsiato, trovata nei dintorni di Poznań.
Nel sec. XV, specialmente in Italia e in Francia, la scure d'arme cominciò a cambiare di forma: il ferro fu rettangolare o quadro: si prolungarono due lati per costituire una specie di spuntone; si pose l'occhio per il manico presso uno degli angoli del rettangolo; si aggiunse al ferro in opposizione al taglio, un martello, il che era vantaggioso per il cavaliere per sfondare il casco del fante col quale combatteva.
Nel sec. XVI la scure d'arme perdette d'importanza nell'armamento; s'ingentilì ancora nelle forme; si ornò di lavori, di sculture pregevoli, di graffiture; si coprì di dorature e quelle di lusso si ageminarono. Fu costruita il più delle volte con l'asta interamente di ferro e l'impugnatura a forma di balaustro, e finì col diventare arma da parata o insegna di comando.
Nel secolo successivo tale uso venne quasi a cessare e la scure d'arme restò invece in alcuni stati, come in Polonia, in Russia, nell'Ungheria, nei paesi balcanici e in tutto l'Oriente in genere.
Un ricordo della scure d'arme rimase negli eserciti europei fino oltre la metà del sec. XIX con le grandi e pesanti scuri a mano usate dai guastatori e dai reparti speciali del genio.
La scure d'arme a manico lungo o ad asta, come già si è detto, fu usata dagli uomini a piedi fino dal basso Medioevo. Era arma efficacissima per offendere i cavalieri nelle spalle o nel capo. Alla battaglia di Hastings (1066) i Sassoni respinsero gli assalti dei Normanni con le loro scuri da guerra che avevano l'asta lunga un metro e mezzo.
Un documento iconografico interessante si ha nel candelabro pasquale nella basilica di S. Paolo in Roma, sul quale, fra gli altri, si vede un soldato rivestito di maglia e camaglio sorreggente una grande scure lunata a manico lunghissimo così da rassomigliare a un'alabarda. Questa specie di scure ebbe forme molto diverse nel ferro il quale fu irrobustito e ingrandito di mano in mano che crebbe il potere difensivo delle armature. La forma più comune fu dapprima quella rettangolare con occhio posto nel centro del ferro o in linea con il lato superiore: talvolta, ma più raramente, l'occhio fu in linea con il lato inferiore e allora la scure diveniva altresì terribile arma da punta. Dalla parte opposta al taglio ebbe quasi sempre un grosso e corto martello, a forma di dado, ovvero una punta quadrangolare o schiacciata rivolta in basso o rettilinea, donde a questo tipo di arma si diede anche il nome di scure martello.
Verso il 1300 la scure d'arme a manico lungo prese la forma caratteristica di lunga lama lunata o di coltellaccio (fig., n. 11) che sembra preludere il falcione. Di queste scuri erano armati i soldati di Bonifacio VIII, come si vede nell'affresco di Giotto nella Loggia della Benedizione del vecchio patriarchio lateranense. Per evitare che la lunghezza della punta del ferro lunato potesse rendere debole l'arma, si allungò la parte inferiore del ferro rispetto alla superiore, fissandola all'asta o con robusta legatura (fig., n. 12) o con una ghiera come si vede nel n. 13 che rappresenta un tipo di scure russa.
La scure d'arme inastata a lungo manico fu l'arma preferita dagli Svizzeri fino al tardo Seicento: queste scuri chiamate Mordäxte non differiscono sostanzialmente dalle grandi scuri delle altre nazioni.
Nel sec. XV vennero però in uso, specialmente nel Cantone di Lucerna, scuri eleganti di forme e finemente lavorate col ferro a semicerchio, un corto spuntone superiore e dalla parte opposta al taglio un martello molto ampio con varie file di denti a punta di diamante (fig., n. 14). Questa scure speciale dovette ben presto passare in Italia, se il Carpacci nel suo quadro dell'arrivo di S. Orsola a Colonia ne dipinse una assai grande in mano a un soldato.
Nei secoli XVI e XVII la scure d'arme svizzera parve volersi riattaccare ai tipi medievali; mentre d'altra parte, ispirandosi al tipo di quelle a martello sopra citato, diviene quasi alabarda dalla quale differisce solo per il becco posteriore che è invece un martello ritagliato a due, tre e perfino a quattro lunghi denti.
Nelle Fiandre la scure d'arme a lungo manico fu usata col nome di goedendag; sembra prendesse il nome dal motto ironico col quale si accompagnava il colpo sull'avversario, cioè "buon giorno". La goedendag è però da classificare piuttosto fra le vere armi da asta: il Maindron la definisce infatti come alabarda costituita da una lunga picca quadrangolare con alla base un ferro a forma di scure ma assai sottile e con il martello della scure armato di più punte (fig., n. 15).
Gli Scozzesi ebbero la loro scure nazionale a lunga asta detta lochaber.
I Russi fino a tutto il sec. XVIII usarono una scure chiamata berdyš che per la sua forma richiama le grandi scuri del sec. XIV.
Scure doppia. - Ha il ferro a doppio taglio, simmetricamente all'occhio di mezzo, attraverso il quale passa il manico. Molto usata nell'antichità (v. bipenne) se ne trova qualche esemplare nel Medioevo. Nel Rinascimento qualche scure doppia ad asta serviva più che per arma, da parata (fig., n. 16). Fu usata in tutti i tempi nei paesi orientali.