PIATTOLI, Scipione
PIATTOLI, Scipione. – Nacque a Firenze il 10 novembre 1749 da Gaetano e da Anna Bacherini, entrambi pittori, come pure il fratello maggiore Giuseppe.
Entrato negli scolopi (piaristi) nel 1763, insegnò nelle scuole dell’Ordine e poi, dopo la laurea in diritto a Firenze, fu docente di storia ecclesiastica e greco nell’Università di Modena. Lasciò l’Ordine probabilmente nell’agosto 1774 (solo onorifico il frequente appellativo di abbé nelle fonti).
Nel 1774 pubblicò, anonimo e senza indicazione di luogo, un opuscolo dal titolo Saggio intorno al luogo del seppellire, commissionatogli dal duca Francesco III d’Este, dopo la cui morte (22 febbraio 1780) Piattoli, preoccupato per i cattivi rapporti tra il nuovo duca, Ercole III, e il conte Filippo Marchisio, suo influente protettore, finì per rassegnare le dimissioni dal suo impiego di docente universitario (aprile 1782). Grazie all’interessamento di Giuseppe Garampi, nunzio pontificio a Vienna, e dell’uditore pontificio Lorenzo Caleppi, fu assunto dal nobile polacco Piotr Potocki come precettore per i suoi tre figli. Il suo lavoro fu arduo sia per il livello dei suoi allievi, totalmente ignari di qualunque lingua straniera, sia per l’avversione di Pelagia e Maria Potocka, rispettivamente madre e sorella di Potocki, alla pedagogia fondamentalmente russoiana di Piattoli.
Nel maggio del 1783 interruppe il rapporto di lavoro con vivo dispiacere di Potocki. In tempi piuttosto brevi, grazie alle sue conoscenze e alla diffusa stima di cui godeva, avviò una collaborazione con la Società dei libri elementari (Towarzystwo Ksiąg Elementarnych), emanazione dei circoli illuministici polacchi. Entrato al servizio della principessa Elżbieta Czartoryska, sposata con Stanisław Lubomirski e sua vedova dal 1783, venne a trovarsi nel vivo della rete di contatti fra le tre famiglie dei Potocki, Czartoryski e Lubomirski, nonché nel cuore degli ambienti massonici polacchi come elemosiniere nella loggia di Varsavia Bouclier du Nord e hospitalier nel Grande Oriente Nazionale. Tra il 1783 e il 1785 Piattoli scoprì le enormi potenzialità del Paese, migliorando la propria conoscenza della lingua e della cultura locali. Nacque così il suo intento di partecipare alla costruzione di una nuova rete di rapporti tra la nobiltà e la monarchia al fine di modernizzare il Paese.
Passato alle dipendenze di Elżbieta Czartoryska Lubomirska (sorella dell’influente Adam Kazimierz Czartoryski, nonché moglie e, dal 1783, vedova del maresciallo della Corona Stanisław Lubomirski), viaggiò per l’Europa, a partire dalla primavera-estate del 1785, come suo accompagnatore e come precettore di Henryk Lubomirski (appartenente a un altro ramo della famiglia, ma da lei adottato). Toccò la Germania, l’Austria, l’Italia e la Svizzera, fino a giungere a Parigi alla fine del 1786. Ebbe contatti con Goethe e Herder, nonché con Marsilio Landriani, scienziato italiano e diplomatico al servizio dell’Austria. Durante il soggiorno parigino, durato con varie interruzioni per viaggi circa tre anni (dalla fine del 1786 alla fine del 1789), Piattoli si inserì a pieno titolo nell’ambiente prerivoluzionario, sostenitore dell’Illuminismo e in particolare dell’esperienza americana. Conobbe Filippo Mazzei, firmatario della Dichiarazione di indipendenza americana del 1776 e diplomatico statunitense in Europa, e per suo tramite anche Thomas Jefferson e La Fayette.
Brillante conversatore, a suo agio nei salotti, perseguì l’unità d’azione morale e ideologica tra i vari clan nobiliari (Potocki, Czartoryski), con l’obiettivo di una riconciliazione tra la nobiltà e il re Stanislao Augusto Poniatowski, che si sarebbe dovuto mettere a capo di tutto il movimento di consolidamento e rinnovamento dello Stato. Molto si è discusso sulla natura (se astratto esercizio dottrinario o concreto piano d’azione) del Projet di un Congresso patriottico di dodici elementi in tutto (un quadrumvirato direttivo più un comitato esecutivo di otto membri), che avrebbe dovuto prendere il potere con modalità cospirative, appoggiandosi anche a una milizia cittadina. Tra coloro che collaborarono con Piattoli al Projet vi fu il figlio di Adam Kazimierz Czartoryski, il giovane Adam Jerzy, che Piattoli aiutò a maturare come uomo e capo politico.
Verso la fine del maggio 1789 Piattoli, negli incontri di Pyrmont tra i più illuminati esponenti della nobiltà polacca, tentò di proporre un avvicinamento alla Prussia, contando sia sul suo cordiale rapporto con Girolamo Lucchesini, attivo nel corpo diplomatico prussiano, sia sulla congiuntura favorevole in politica estera, con la Russia duramente impegnata nel conflitto con la Turchia. Nel frattempo, deterioratosi il rapporto di Piattoli con la Lubomirska, il 2 settembre il re Stanislao Augusto scriveva a Mazzei prospettandogli la sua intenzione di assumere Piattoli «comme une espèce de familiare palatino» (Rostworowski, 1980, p. 820), vale a dire con un incarico informale di segretario e uomo di fiducia, con propri servitori e assegno mensile. Piattoli poté così dedicarsi con ampia libertà, nella reciproca stima e fiducia che lo legavano ormai a Stanislao Augusto, al progetto di una nuova Costituzione ispirata ai modelli americano e francese. Tra gli altri suoi progetti legislativi spicca quello, arenatosi nella Dieta (Sejm), volto a promuovere la piena integrazione sociale dell’elemento ebraico. In politica estera fu conclusa (29 marzo 1790) un’alleanza con la Prussia, presto vanificata però dall’unità d’intenti tra Austria, Russia e Prussia causata dai timori per l’incendio rivoluzionario francese.
Piattoli fu allora, secondo la metafora del diplomatico svedese Lars von Engeström (in Bozzolato, 1964, p. 446), una mobile e inesauribile molla d’orologio in movimento tra vari soggetti politici. Il progetto costituzionale andò avanti, pur tra le accuse di giacobinismo, avanzate non tanto dalla Chiesa di Roma attraverso il nunzio Ferdinando Maria Saluzzo quanto piuttosto, implacabilmente, da Caterina II, pregiudizialmente ostile. Dopo una missione di Piattoli a Berlino, nell’agosto 1790, sempre in vista di un’alleanza polacco-prussiana, e nonostante forti resistenze da parte dell’ala nobiliare più conservatrice capitanata da Adam Rzewuski e Szczęsny Potocki (manifesto di Vienna del 15 agosto 1790), la nuova Costituzione fu approvata dalla Dieta il 3 maggio 1791. Il successo fu però fragile, sia per le divisioni ideologiche nel campo costituzionalista (ardenti democratici erano Ignacy Potocki e soprattutto Kołłątaj, prudentissimo il re, specie sulla questione delle masse rurali), sia per la delicatissima situazione internazionale. Uomo di mediazione e dialogo, Piattoli si trovò a disagio in un contesto di rivoluzioni e conflitti.
Tra il 1791 e il 1792 la Polonia venne a trovarsi internazionalmente isolata, nonostante i tentativi diplomatici di Piattoli e i suoi buoni rapporti personali con Lucchesini, Landriani e Camillo Marcolini, al servizio della corte sassone di Dresda. Piattoli (e con lui tutto il partito costituzionalista) fu incerto nelle strategie e nel valutare la gravità dei pericoli incombenti. Il 14 maggio 1792 fu creata, attorno a Szczęsny Potocki e Adam Rzewuski, la Confederazione di Targowica, filorussa e ferocemente avversa alla nuova Costituzione, e il 18 maggio la Russia dichiarò guerra alla Polonia. Piattoli pensò a una difesa militare (che peraltro si rivelò ben presto una chimera) e simultaneamente a una riconciliazione diplomatica. Gli ultimi passi in direzione della Prussia (missioni diplomatiche di Ignacy Potocki e Piattoli stesso) fallirono però inesorabilmente, mentre il carteggio con i diplomatici russi fu stroncato da un’istruzione di Caterina II inviata a Ivan Andreevic Ostermann per Maksim Maksimovic Alopeus (9 luglio) in cui l’imperatrice proibiva ai suoi ogni contatto con «questo intrigante» (Bozzolato, 1964, p. 436).
Il carteggio con il re attesta un reciproco sentimento di stima sostanzialmente immutato, ma anche la preoccupazione di Piattoli per la propria insostenibile posizione personale e la sua delusione di fronte a uno Stanislao ormai incapace di far fronte alla situazione, intimidito da Caterina tanto da dare la sua adesione alla Confederazione di Targowica (23 luglio, ribadita il 25 agosto), lasciando il partito costituzionalista privo di ogni copertura politica. Il 1° agosto da Dresda Piattoli scrisse ancora al re annunciando l’abbandono definitivo della sua posizione pubblica.
Rimase in Sassonia, soggiornando a Dresda e a Lipsia, tra le sue predilette occupazioni letterarie e filologiche, ma anche tra gravi difficoltà economiche. Il 16 gennaio 1793 l’occupazione della Wielkopolska da parte della Prussia segnò l’inizio della catastrofe: il 9 aprile seguì, de facto, la seconda spartizione (sancita poi de iure da una Dieta riluttante solo il 24 settembre). Piattoli il 19 maggio scrisse ancora al re ricordandogli, con il consueto tono amichevole ma con incontenibile amarezza, il suo fallimento politico e intercedendo per alcuni esponenti costituzionalisti. La disperazione aprì la via dell’insurrezione, scoppiata a Cracovia e proseguita su più larga scala a Varsavia e altrove sotto la guida del Kościuszko (su un ruolo di Piattoli nei preparativi insurrezionali gli storici sono divisi). Anche il Vaticano, attraverso un nuovo nunzio, il reazionario Lorenzo Litta Visconti-Arese, accentuò la sua ostilità.
Piattoli, «da tempo […] schedato dalle polizie di mezza Europa» (Bozzolato, 1964, p. 476), fu arrestato il 3 luglio 1794 quando lasciò il suo rifugio relativamente sicuro in Sassonia per Karlsbad, in territorio austriaco, e fu recluso prima a Josephstadt, poi a Praga, su basi giuridicamente nebulose, in realtà squisitamente politiche. Rifugiatosi durante la detenzione nei prediletti otia umanistici, Piattoli venne liberato probabilmente nella primavera del 1800, soprattutto per l’interessamento dei Czartoryski.
Provato dagli avvenimenti e dalla lunga prigionia, fu reinserito nella grande politica da Adam Jerzy Czartoryski, passato, pur con viva sofferenza interiore, al servizio della Russia, sempre con la speranza di poter essere in futuro ancora utile alla causa polacca, e pronto anche a invitare (come fece appena fu possibile, nel novembre 1804) il suo vecchio amico e maestro a Pietroburgo. Non è chiara (Rostworowski, 1980, pp. 825 s.; Kennedy Grimsted, 1970, pp. 22-24) la portata del contributo di Piattoli alla redazione del Mémoire sur le système politique que devrait suivre la Russie di Czartoryski del 1803 (Cracovia, Archivio Czartoryski, 5256/IV). Certa è però l’influenza delle idee illuministico-universalistiche di Piattoli sul fallito tentativo di Adam Jerzy Czartoryski (viceministro degli esteri dal 1802, poi ministro dello stesso dicastero tra il 1804 e il 1806) di portare nella politica estera russa un’attenzione nuova alle questioni nazionali in vista di un nuovo, più equilibrato sistema europeo. Il Piattoli dell’esperienza russa suggerì a Lev Tolstoj il personaggio dell’abate Morio in Guerra e pace (D’Ancona, 1915, pp. 8 s.).
Nell’aprile 1807 Piattoli si stabilì presso i Biron, famiglia degli ex duchi di Curlandia, a Mitau (oggi Jelgava in Lettonia), già capitale del Ducato fino all’annessione all’Impero russo (1795). Sposò la dama di corte Julia von Vietinghoff e con lei seguì a fine anno i Biron in Sassonia, ad Altenburg. Seguì gli studi dell’affascinante e coltissima Dorothea (figlia dell’omonima duchessa e forse non del duca Piotr, ma del politico polacco Alexander Batowski), cercando, senza successo, di favorirne il fidanzamento con Adam Jerzy Czartoryski.
Morì ad Altenburg il 12 aprile 1809 per una malattia polmonare. La duchessa madre Dorothea ne ereditò la biblioteca, Czartoryski invece la collezione di carte geografiche.
Piattoli, «avventuriero onorato» secondo la definizione di Alessandro D’Ancona (ripresa da Bozzolato, 1964), grande figura di illuminista cosmopolita, volle porsi lealmente a fianco di un Paese di cui cercò di essere pedagogo, come lo fu, con grande intelligenza, anche per giovani quali Czartoryski e Dorothea Biron. Se i suoi progetti politici per la Polonia e l’Europa fallirono, ciò avvenne non tanto per qualche indubbio errore di valutazione, quanto piuttosto per l’andamento convulso e imprevedibile degli avvenimenti epocali tra XVIII e XIX secolo.
Il ritratto di Piattoli viene conservato nel castello di Sagan (Żagan), già dei Biron; di incerto autore, è riprodotto in D’Ancona, 1915, p. 10; Rostworowski (1980) accenna a un’altra versione presente nelle collezioni di Roman Konarski a Cracovia, con foto nei materiali del Polski Slownik Biograficzny.
Elaborate parzialmente da Alessandro D’Ancona, le fonti su Piattoli, sparse tra Vaticano, Italia, Polonia e altri Paesi, sono esaurientemente elencate da Bozzolato, 1964, pp. 19-26 (cfr. Rostworowski, 1980, p. 828).
Fonti e Bibl.: G. Ferrari-Moreni, Cenni intorno alla vita ed alle opere di S. P., in Opuscoli religiosi, letterari e morali, Modena 1862; A. D’Ancona, S. P. e la Polonia, Firenze 1915; O.F. Tencajoli, La corte italiana del re Stanislao Augusto Poniatowski, in Emporium, XLIV (1916), p. 456; G. Berti, Russia e stati italiani nel Risorgimento, Torino 1957, pp. 231-245; G. Bozzolato, Polonia e Russia alla fine del XVIII secolo (Un avventuriero onorato: S. P.), Padova 1964 (W. Giusti, Vita e morte di S. P., in uno studio di Bozzolato. L’avventuriero onorato, in Roma, 20 gennaio 1966, p. 3); P. Kennedy Grimsted, Czartoryski’s system for Russian foreign policy 1803, in California Slavic studies, V (1970), pp. 19-92, passim; E. Rostwo-rowski, P. S., in Polski Słownik Biograficzny (Dizionario biografico polacco), XXV, Kraków 1980, pp. 818-828; W. Giusti, L’abate S. P., in Il Borghese, 21 maggio 1959, p. 878; S. Berti, Un abate italiano da riformatore a rivoluzionario: S. P. autore dell’Essai sur la nature et les bornes de la subordination militaire (1789), in Rivista storica italiana, XCII (1980), pp. 208-234; G. Tomasi, Gli studi di Alessandro D’Ancona su S. P., in Critica storica, XXIII (1986), pp. 199-214: Ead., Per salvare i viventi. Le origini settecentesche del cimitero extraurbano, Bologna 2001, cap. 3; M. Pieczara, P. S., in Włosi w Polsce Stanisława Augusta. Słownik obecności (Gli Italiani nella Polonia di Stanislao Augusto. Dizionario delle presenze), Warszawa 2012, pp. 201-204.