SCIACCA (A. T., 27-28-29)
Città della Sicilia meridionale nella provincia di Agrigento, da cui dista 50 km. verso nord-ovest. La città sorge in bella posizione sul ciglio del ripiano, che sovrasta quasi a picco la costa del Mare Africano, all'altitudine di 60 m., 6 km. ad est del Capo San Marco. Alcuni edifici del sec. XVIII imprimono alla città un carattere di eleganza e di decoro. La popolazione del centro urbano è di 18.000 ab. (1931). Quella dell'intero comune, vasto 254,28 kmq., che nel 1861 era di 13.962 ab., sarebbe salita nel censimento del 1921 a 25.631 ab. per discendere a 21.086 nel 1931. Sciacca è soprattutto un centro agricolo dove affluiscono i prodotti del suo ferace territorio (cereali, vino, olio e agrumi). Recentemente è stata collegata alla rete sicula dalla ferrovia Castelvetrano-Porto Empedocle. Nel suo piccolo scalo marittimo approdano i piroscafi che fanno il giro dell'isola.
La città è anche nota, fin dall'antichità, come stazione idrominerale per le sue acque clorurato-sodiche, sulfuree, termali, indicate per bagni e bevanda nelle forme reumatiche e artritiche, nelle affezioni ginecologiche, gotta e disturbi gastroenterici. Stagione: da maggio a ottobre.
Storia. - L'odierna città di Sciacca sorge presso il luogo delle antiche Terme Selinuntine, a oriente di Selinunte che cominciarono a chiamarsi Sciacca (ash-Shāqqah) al tempo della dominazione musulmana. Le Terme Selinuntine erano costituite da grotte che si addentravano in una collinetta cretacea. Negli antichi itinerarî la località è chiamata ad aquas oppure Aquae Larodes (o Labodes) ed è indicata anche perché importante stazione postale, oltre che come luogo di cura. Erroneamente fu detta colonia da Plinio il quale la confuse con le Terme di Imera. Come per le Terme Imeresi i cristiani assegnarono a S. Calogero la scoperta delle Terme Selinuntine che i pagani attribuivano a personaggi mitici (Eracle o Dedalo). Il sito ha dato alcune iscrizioni latine.
Sciacca non assunse importanza prima dei Normanni, che la fecero centro di una contea e vi costruirono un castello e una chiesa. Il conte Ruggiero nel 1100 ne investì la figlia Giuditta, moglie di Roberto di Basseville, conte di Conversano, dalla quale tornò al regio demanio. Edrisi la descrisse verso la metà del sec. XII popolata, fornita di mercati e palazzi e ne vide il porto pieno di navi provenienti dall'Africa. Nella posizione di città demaniale rimase generalmente sotto il dominio svevo, angioino e aragonese e il suo nome ricorre più volte nei contrasti della fine del Duecento e del secolo successivo fra Svevi e Angioini e Angioini e Aragonesi, quando fu assediata invano, fra gli altri, da Carlo di Valois (1302). Guglielmo Peralta conte di Caltabellotta vi stabilì una signoria di fatto nel 1355; più tardi il predominio passò ai Luna, ai quali lo contesero i Perollo. Le contese assunsero talora forme violente e quasi selvagge (casi di Sciacca del 1459 e 1529), ma in mezzo ad esse si vennero via via elaborando le consuetudini cittadine, che, consacrate nel Libro Rosso e nel Libro Verde, costituirono un limite al potere dei signori e permisero a Sciacca di conservare, col favore dei sovrani, il carattere di città demaniale. Soltanto nel 1782 però il magistrato comunale ottenne il titolo senatorio. Durante le dominazioni spagnola, austriaca e borbonica, perduta gran parte della sua prosperità marittima e commerciale, visse in sonnolenta pace, interrotta nel marzo 1720 dall'assedio postovi dagli Austriaci del Seckendorf. Venne liberata nel maggio 1860 e si unì col resto dell'isola all'Italia.
Reinganum, Selinus u. sein Gebiet, Lipsia 1827, p. 177; A. Holm, St. della Sicilia, trad. it., III, i, Torino 1901; pp. 460 segg., 485, 491; J. Hulot e G. Fougères, Sélinonte, Parigi 1910, p. 22 segg.; O. Hartwig, Die Luna und die Perollo, in Aus Sicilien, I, Gottinga 1867; I. La Lumia, Storie siciliane, III, Palermo 1882; V. La Mantia, Le consuetudini di Sciacca, in Arch. stor. ital., XIV (1884); I. Scaturro, La contessa normanna Giulietta di Sciacca, in Arch. stor. sic., XLIII (1921); id., Storia della città di Sciacca e dei comuni della contrada saccense fra il Belice e il Platani, Napoli 1925, voll. 2.