La Spagna: Ripoll, Taull, Jaca, Bagues, Leon
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Agli inizi dell’XI secolo, lo smembramento dei regni califfali in Spagna favorisce l’espansione dei regni cristiani nel Nord, la restaurazione di antiche sedi e una riforma monastica e liturgica con importanti ripercussioni sull’attività edilizia e sulla ripresa culturale. I primi effetti della nuova fioritura artistica sono visibili nell’attività degli scriptoria monastici del Nord, i cui principi decorativi si riflettono anche nelle chiese locali. Ripoll, Taüll, Jaca, Bagüés, León sono i principali centri di realizzazione di chiese in cui si elaborano nuove forme ornamentali e pittoriche contrassegnate dagli apporti culturali di cui è permeata la Catalogna del periodo romanico. La mobilità degli artisti itineranti lungo le vie del pellegrinaggio tra la Francia e la penisola iberica spiega i confronti stilistici e iconografici istituibili tra la Catalogna e i centri dove si sviluppa il linguaggio romanico franco-occidentale.
Nel IX secolo la penisola spagnola presenta l’assetto politico che nelle sue linee essenziali resterà tale fino alla fine del Medioevo. Nella parte meridionale e centrale sono saldamente insediati i conquistatori islamici; dietro le montagne nella parte settentrionale pullulano piccoli regni in contrasto fra loro, mentre la marca spagnola di costituzione carolingia è un centro di resistenza nella zona orientale della penisola rimasta salda contro ogni attacco arabo. Nella parte del Paese controllata dai Mauri continuano a vivere anche i non arabi, ovvero ebrei e cristiani che in parte conservano la lingua e la cultura latina orginaria di cui era stato alto rappresentante in età visigotica Isidoro di Siviglia, l’autore delle Ethymologiae che sono state la principale enciclopedia dell’alto Medioevo. La riconquista corrisponde allo sforzo plurisecolare compiuto dagli autoctoni per espellere gli arabi dalla penisola iberica; non un’azione di contrasto permanente, ma un flusso e riflusso nel quale si esprimono forze vive del mondo islamico e del mondo occidentale.
Fra i regni si distingue agli inizi del IX secolo quello delle Asturie, il cui re Ramiro I riporterà la vittoria sui Mori in virtù dell’appoggio dell’apostolo Giacomo: tradizione che è all’origine del processo di formazione del nucleo devozionale concretatosi poi in un santuario dedicato a Santiago nella località di Compostela, celeberrimo dapprima per spagnoli e francesi e poi per l’Occidente intero.
Contemporaneamente si vanno formando altri centri di potere cristiani, come l’Aragona, mentre si consolidano la Catalogna e la Navarra in Stati indipendenti e si costituisce il regno di León. Agli inizi dell’XI secolo lo smembramento dei regni califfali favorisce l’espansione dei regni cristiani nel Nord, la restaurazione di antiche sedi e una riforma monastica e liturgica con importanti ripercussioni sull’attività edilizia e sulla ripresa culturale.
Tra i primi effetti visibili della nuova fioritura artistica vi è lo straordinario impulso dato nel X secolo all’arte libraria negli scriptoria monastici del nord. Conosciamo i nomi di questi centri di cultura grazie ai particolareggiati colophon che appaiono nei manoscritti menzionando luogo d’origine, data e autore. Valeránica, in Castiglia, e Távara nel regno di León, i più importanti, riprendono la produzione del Libro della Bibbia illustrato realizzando una serie di codici di una ricchezza figurativa senza confronti in Occidente.
Tuttavia il prodotto più tipico – e il fiore più strano – della miniatura iberica è rappresentato dalle diverse versioni del Commentario dell’Apocalisse. Nell’enclave cristiana da cui sarebbe partita la riconquista contro i musulmani (la Spagna del sud-ovest), verso il 786 il monaco Beatus del monastero benedettino di San Turibio di Liébana compila una silloge di testi estratti da autori antichi (catena) che avevano tutti commentato il sacro testo. Una vera e propria collezione di brani scelti con i quali Beato compone, secondo la tipica visione enciclopedica carolingia, il proprio commento.
Conosciamo i nomi di alcuni dei pittori che illustrano alcune delle svariate versioni manoscritte del Commento: ad esempio l’arciprete Magio esegue verso la metà del X secolo in un monastero di San Michele il Beatus conservato alla Pierpont Morgan Library e forse anche l’omonimo manoscritto di Távara, presso l’Archivio Histórico Nacional di Madrid, opera portata a termine dal discepolo Emeterio, lo stesso che in collaborazione con la monaca Ende, pintrix e Dei adjutrix, esegue le miniature del Beatus per la cattedrale di Gerona. Ogni copia si avvale, anche se in modo diverso, dello splendore dei colori, del primitivismo del disegno, del virtuosismo erudito e sottile dei simboli che distillano il terrore e la speranza, come lo stesso libro dell’Apocalisse. Si tratta di illustrare eventi escatologici che il pittore non poteva evocare se non rappresentando l’astrazione, facendo appello a tutte le risorse dell’immaginario. E l’immaginario medievale attinge soprattutto alle figurazioni contenute in opere scientifiche (i bestiari, le cosmogonie) dalle quali derivano le vedute panoramiche appiattite come carte geografiche sulle quali sono ripartiti i registri figurati. Il linguaggio espressivo si nutre di apporti ispanici, paleocristiani, visigotici, della sintesi carolingia operata sulle grandi eredità della romanità, dell’Irlanda e dei Franchi. Su tutto si aggiunge l’esperienza del mondo islamico e attraverso di esso, di tutte le tradizioni del Mediterraneo orientale, dalla Persia sasanide all’Egitto copto. La rappresentazione pittorica tende all’autonomia, conquista l’intera pagina e addirittura si sdoppia: il difficile libro delle visioni di Giovanni trova una nuova interpretazione nel X secolo proprio attraverso l’immagine.
Sulle pendici dei Pirenei, il monastero benedettino di Ripoll rappresenta uno dei centri di potere monastico della contea catalana fin dal momento della sua fondazione, avvenuta nel IX secolo.
La chiesa del monastero, Santa Maria, subisce importanti rifacimenti nel corso del Mille soprattutto a opera dell’abate Oliva (1008-1046) che ne pianifica la ristrutturazione prendendo a modello la basilica costantiniana di San Pietro, visitata dal benedettino spagnolo in diverse occasioni. Il pavimento istoriato è una sontuosa combinazione delle tecniche del mosaico e dell’opus sectile, ispirata nei principi ornamentali alla produzione miniata del fiorente scrittorio locale. Il portale aggiunto verso la metà del XII secolo al lato occidentale è un esempio unico nel romanico europeo: concepito come un arco onorario romano a struttura quadrangolare, divisa in altezza in tre corpi di cornici aggettanti e delimitata da una cornice a fregio continuo superiormente. Esso è interamente ricoperto di rilievi con scene bibliche e allegoriche ordinatamente disposte su sette registri orizzontali. Sopra l’arco di ingresso l’insieme delle rappresentazioni mira a dare immagine al tema della Chiesa trionfante; sui lati della porta prendono posto gli esempi da seguire sulla terra per arrivare a Dio, tratti dal libro della Bibbia e accompagnati da allegorie e raffigurazioni animalistiche. Sull’intradosso dei piedritti figura il primo ciclo dei Mesi della scultura romanica catalana, frutto di tradizioni diverse e privo dei consueti riferimenti iconografici presenti in analoghi cicli europei.
Nella vallata di Boí è il piccolo centro pirenaico di Taüll a riflettere le ambizioni delle signorie locali, espresse al volgere dell’XI secolo nella costruzione delle due chiese in forma basilicale (ma triabsidate) di Sant Climent e di Santa Maria. Un’iscrizione dipinta da Sant Climent ne riferisce la consacrazione al 1123; a un giorno di distanza, nello stesso anno, il vescovo Ramón della diocesi di Roda-Barbastro, già priore di Saint-Sernin a Tolosa e cappellano del re Alfonso el Batallador, consacra anche Santa Maria. All’epoca di consacrazione risalgono anche i cicli affrescati, staccati dai rispettivi luoghi di appartenenza e conservati dagli anni Venti del Novecento a Barcellona (Museo d’Art de Catalunya). La composizione absidale di Sant Climent rivela tutta la complessità degli apporti culturali di cui è permeata la Catalogna del periodo romanico, informata delle novità della pittura del settentrione d’Italia, della Linguadoca e del Poitou, e delle correnti della scultura provenzale e tolosana.
La Maiestas Domini un tempo campeggiante nell’abside è una composizione imponente realizzata con una cromia brillante e un minuto gusto per i particolari esornativi, improntata a un elevato grado di stilizzazione delle figure e a un particolare interesse per dettagli iconografici insoliti, come i simboli degli evangelisti in forma di angeli che presentano il leone di san Marco e il toro di san Luca tirandoli per la coda o per una zampa (come si riscontra a Sant Miguel di Engolasters e a Saint Martin-de-Fenollar nel Rossiglione). È interessante dal punto di vista iconografico anche l’immagine di Maria, posta al centro dell’emiciclo absidale e della schiera apostolica, con in mano la coppa dalla quale fuoriescono raggi di luce: una probabile attestazione della devozione catalana per il Graal (è analoga un’immagine di Sant Pere de Burgal). Il Maestro di San Climent è stato riconosciuto attivo anche nella cattedrale di Roda de Isábena, in Aragona. Una componente più propriamente autoctona di ascendenza mozarabica caratterizza invece i modi del pittore della navata, così come accade anche a Santa Maria di Taüll. Qui lavora a più riprese una bottega composita rivestendo integralmente le absidi e la navata con il ciclo cristologico. L’abside mediana ospita l’episodio di estrazione evangelica dell’Epifania sotto la forma dell’Adorazione dei Magi che per primi riconobbero la nascita divina di Cristo, con una scelta non insolita per la pittura romanica catalana (appare anche a San Pere de Burgal e a Santa Maria de Esterri d’Aneu, tra XI e XII secolo) manifestatasi forse sotto l’influenza di un dramma liturgico popolare nell’XI e XII secolo, l’Officium Stellae. Sulla parete occidentale, attorno alla porta, dilaga l’interpretazione del Giudizio finale fondata su una cruda sequenza di tormenti infernali, interrotti dalla scena dell’uccisione di Golia per mano di Davide.
Jaca, nell’Aragona settentrionale, è un piccolo centro posto sul valico pirenaico del Somport. La cittadina controlla la via di penetrazione verso la Spagna, il camino francés, battuto dai pellegrini diretti a Compostela nel Finisterre peninsulare.
I due portali della cattedrale di San Pedro, costruita a partire dall’XI secolo secondo l’impianto basilicale, segnalano l’evoluzione delle forme ornamentali del portale romanico in terra iberica: quello a ovest, il più antico, presenta il monogramma di Cristo fra due simbolici leoni, anch’essi figure del Cristo che annienta o redime, accompagnato da iscrizioni che chiariscono il senso della composizione; quello meridionale presenta nel timpano una composizione con il Cristo in maestà entro la mandorla circondata dal tetramorfo che parallelamente ha grande fortuna nelle absidi spagnole.
La chiesa parrocchiale di San Julian y santa Basilisa a Bagüés (Saragozza), degli inizi del XII secolo, è un edificio integralmente rivestito di affreschi (Jaca, Museo Diocesano) con scene narrative di grande forza espressiva che avrebbero i loro precedenti formativi nel Poitou e nella Borgogna.
Le pareti nord e sud sono divise in quattro registri, sui quali si distribuiscono articolate scene della vita di Adamo ed Eva e di Noè e una selezione di episodi cristologici fino alla Cattura di Cristo. Nell’abside suddivisa in tre zone prendono posto i temi della Creazione e della Caduta, di seguito il Patto di Noè con Yahwè, portatore di salvezza; l’Incarnazione e la Crocifissione; il momento finale dell’Ascensione dimostra l’avverarsi della promessa. Per questi come per altri documenti pittorici è imprescindibile il riferimento alla mobilità degli artisti itineranti lungo le vie del pellegrinaggio tra la Francia e la penisola iberica. Ciò spiega i confronti stilistici e iconografici specialmente istituibili tra la Catalogna e i centri dove si sviluppa il linguaggio romanico franco-occidentale (Montoire, le abbaziali di Saint-Savin e Berzé-la-Ville).
A nord ovest, nello stato di León, il Panteón de los Reyes è anch’esso nel suo genere un monumento unico, in funzione di mausoleo dinastico annesso alla collegiata dedicata al riformatore della Chiesa visigotica, sant’Isidoro. L’esuberante insieme di pitture murali che unisce gli episodi dell’Apocalisse a cicli di Vita della Vergine e di Cristo è riferito al regno di Ferdinando II, oppure plausibilmente anticipato al 1124, in relazione al patrocinio di Urraca, figlia di Ferdinando I e Sancia. La fluttuante cronologia deriva anche dall’impossibilità di collegare lo stile autonomo di queste pitture ad altri precedenti locali, mentre i preminenti punti di contatto l’ignoto Maestro di León li rivela piuttosto con la Francia dell’Ovest (Montoire e Saint-Savin), nel comune uso di fondi bianchi, nella flessuosità del disegno, nel vivo senso del colore.