SBARRA
– Gli archivi pubblici lucchesi conservano tracce della famiglia a partire dal XIII secolo.
La pergamena datata 11 agosto 1164 e conservata presso l’Archivio di Stato di Lucca è un falso, probabilmente creato nel XV secolo per appoggiare le pretese di antichità del lignaggio. In tale documento si allude a diritti signorili degli Sbarra sul luogo di Lombrici (in Versilia, presso Camaiore), che non risultano documentati.
Non diversamente dai Guinigi, gli Sbarra sembrano configurarsi come una famiglia della nobiltà rurale, che abbandonò la sua identità nobiliare una volta stabilitasi in città per adottare un habitus mercantile. La famiglia non giocò un ruolo di prim’ordine nella rivoluzione commerciale e politica lucchese del XIII secolo, ma era nondimeno sufficientemente prestigiosa all’inizio del Trecento per essere designata tra i potenti et casastici negli Statuti del 1308.
In quel frangente gli Sbarra appartenevano al gruppo dei guelfi bianchi, costituito da famiglie che avevano partecipato alla prima rivoluzione commerciale tra il 1180 e il 1220 e alla presa del potere del Popolo lucchese negli anni 1260. Tali famiglie avevano a poco a poco, alla fine del Duecento, operato un avvicinamento ideologico, e a volte matrimoniale, alla militia e ai ghibellini della città, ma vennero per gran parte, a cavallo dei due secoli, escluse dal potere e talvolta costrette all’esilio, nel corso del periodo di dominio radicale del Popolo (1301-14), dai guelfi neri (che avevano partecipato alla seconda rivoluzione commerciale lucchese – anni 1255-75 – e che erano stati indotti all’impegno politico dalla crisi economica degli anni Novanta). Fu questa la sorte anche degli Sbarra, così come quella di molte altre stirpi dell’élite mercantile urbana.
Gli Sbarra ebbero tuttavia presto la loro rivincita. Fecero infatti parte del gruppo delle famiglie mercantili di Lucca che sostennero Castruccio Castracani, parteciparono al governo urbano come Anziani, Savi, o ancora giudici e consoli della corte di San Cristoforo (la corte mercantile lucchese) negli anni Venti del Trecento, e soprattutto approfittarono del rinnovamento economico che seguì la presa di potere da parte di Castruccio Castracani per rinvigorire la loro compagnia, sotto la direzione di Jacopo di Puccetto Sbarra (specializzato nell’importazione di seta grezza, da rivendere ai setaioli lucchesi).
La signoria di Castruccio segnò dunque un periodo di profondo rinnovamento per l’élite lucchese: le famiglie che dominavano la vita economica e politica della città dalla fine del XIII secolo cessarono a poco a poco di esercitare il potere dopo la morte di Castruccio (1328) e lasciarono spazio a un nuovo gruppo di famiglie, fra le quali gli Sbarra, che avevano investito nel campo politico sotto Castruccio e cominciarono a raccogliere i frutti di questa collaborazione con il potere signorile, tanto sul piano politico quanto su quello economico. Essi furono in effetti fra le sette famiglie che occuparono per la maggior parte l’anzianato negli anni Trenta (con i Boccansocchi, i Martini, i Tadolini, i Guinigi, i Bettori e i Dombellinghi).
In realtà nel caso degli Sbarra gli anni Trenta furono caratterizzati anche da qualche difficoltà economica e da una riorganizzazione all’estero piuttosto che in patria. Le menzioni della compagnia Sbarra a poco a poco si affievolirono nelle fonti lucchesi dopo la morte di Jacopo di Puccetto, avvenuta probabilmente nel 1328; gli Sbarra si ritirarono dal mercato della seta, e comparvero ormai principalmente come prestatori di denaro. Non furono più in grado di rivaleggiare con i Guinigi e diversi membri della famiglia si trasferirono, per sfuggire ai disordini che travagliarono la città, a Pisa e poi specialmente in Francia.
Qui svolsero un ruolo sia come mercanti di prodotti di lusso (seta, ma anche gioielli, pellicce e altro), sia come banchieri (prestando denaro ai re di Francia e Inghilterra, così come ai duchi di Borgogna e ad altri grandi nobili francesi), sia infine come monetieri del re di Francia. Conosciuti Oltralpe sotto i nomi di Esbarce, Esbarre, Isbarre o ancora Ysbarre, compaiono negli archivi francesi della seconda metà del XIV secolo, ma già nel 1318 Jean de Flandres, conte di Namur, e Gui de Châtillon, conte di Blois, rimborsarono un prestito di 450 fiorini a Jacopo Sbarra, a prova del fatto che la famiglia si era già installata nel Regno.
Il dato è sintomatico dell’importanza del mercato francese nell’economia lucchese a partire dal XIII secolo. In effetti, essendosi Lucca specializzata nella produzione e nel commercio di drappi di seta particolarmente lussuosi, essa disponeva di una clientela in gran parte ecclesiastica e aristocratica ed esportava la maggior parte della sua produzione. Nel XIII secolo mercanti lucchesi vendevano i loro tessuti alle fiere della Champagne. Parallelamente si dedicavano a operazioni bancarie prestando denaro, specialmente alla clientela reale e aristocratica. Il declino delle fiere della Champagne alla fine del XIII secolo contribuì a rinforzare il ruolo finanziario e commerciale di Parigi e non pregiudicò l’irrobustimento dei legami tra le grandi compagnie lucchesi (per esempio, i Ricciardi) e il mercato francese; l’importanza del Regno nell’economia lucchese appare, paradossalmente, nelle ricadute su di essa determinate, fra Due e Trecento, dalla fluttuante congiuntura economica francese. In particolare, le tensioni manifestatesi sulla scena internazionale alla metà degli anni Novanta, poi l’ondata di svalutazioni pilotata da Filippo IV il Bello e le difficoltà dell’aristocrazia francese all’inizio del XIV secolo (1305-08) provocarono complicazioni importanti a Lucca.
La presenza degli Sbarra in Francia nella seconda metà del XIV secolo è dunque il segno di una ripresa economica che in quest’epoca riguardò sia Lucca sia la Francia. Gli Sbarra si stabilirono in tutto il Regno e la loro presenza è ben documentata specialmente a Parigi, Montpellier, Tolosa, Rouen e ancora Tournai, fino all’inizio del XV secolo. Un certo numero di membri della famiglia, come Carlo, Fiore, Giovanni, Nicola, Pietro e Riccardino, rivestirono il ruolo di monetieri reali tra il 1340 e il 1388. Il più conosciuto di tutti, Agostino, fu attivo dal 1397, data nella quale compare come maestro della zecca di Parigi, al 1425, anno della sua morte.
Egli non fu solamente monetiere, anche se è questa, senza dubbio, l’attività per la quale è meglio conosciuto. Compare infatti anche come mercante di oreficeria, di gioielli e di pietre preziose, attività per la quale contava fra i propri clienti il duca di Borgogna, il re d’Inghilterra e alcuni membri della corte di Francia. Agostino investì capitali in altre compagnie lucchesi, come quelle dei Rapondi, dei Guidiccioni e dei Guinigi. Esercitò la sua attività di monetiere a Parigi a partire dal 1397, poi a Tournai e a Saint-Quentin dal 1418, prima di prendere in appalto per sei mesi, nel 1420, con gli altri quindici cambiatori del reame, il conio delle monete d’oro di Parigi, Tournai, Saint-Quentin, Châlons-sur-Marne, Troyes, Mâcon, Nevers, Auxerre, per un ammontare di 500.000 libbre.
Le sue attività di monetiere gli valsero peraltro diversi processi e imprigionamenti, in un caso perché accusato di aver alterato il titolo della moneta d’oro di Tournai (tra il 1420 e il 1422), in un altro perché si trovò invischiato nel conflitto che oppose il re di Francia e il duca di Borgogna Filippo III il Buono in merito al controllo della città di Tournai (1422). Scontento dell’aumento del valore della moneta di Tournai a detrimento delle monete fiamminghe, Filippo lo fece imprigionare e per punirlo lo fece sotto il pretesto di cattivi costumi. Malgrado queste difficoltà, grazie ai suoi importanti legami politici, Agostino Sbarra accumulò in Francia una fortuna considerevole, costituita specialmente da numerosi beni immobiliari in città e in campagna, principalmente a Parigi e nel bacino parigino. La sua morte senza discendenti legittimi (lasciò una vedova e un figlio illegittimo) condusse peraltro alla dispersione della sua fortuna; la sua successione non era ancora completamente risolta alla fine del XV secolo.
Le difficoltà sopra esposte, alle quali Agostino Sbarra andò incontro all’inizio del XV secolo, e in particolare la sua fuga da Parigi dominata dagli Armagnacchi e il suo conflitto con il duca di Borgogna, che era stato fra i suoi più importanti benefattori fino a quel momento, illustrano bene l’impatto delle turbolenze politiche dei tempi sulla vita e il dinamismo economico dei mercanti italiani, in particolare lucchesi, stabilitisi in Francia. Dopo la morte di Agostino in effetti sembra che buona parte degli Sbarra abbiano lasciato il Regno, eccezion fatta per coloro che, stringendo alleanze matrimoniali con importanti famiglie francesi, abbandonarono l’identità lucchese, come testimonia la francesizzazione del loro cognome.
Le vicende degli Sbarra sono anche in questo rappresentative di quanto accadde al resto della comunità lucchese stabilitasi a Parigi e in Francia: la crisi legata alla guerra civile che oppose Armagnacchi e Borgognoni, gli sconvolgimenti della guerra dei Cent’anni, la ripresa del conflitto con l’Inghilterra e le difficoltà economiche che ne derivarono sembrano aver convinto la maggior parte dei lucchesi a ripiegare, a metà del XV secolo, sulla loro città d’origine nonostante l’economia di quest’ultima soffrisse ugualmente delle conseguenze della crisi francese.
Il radicamento di un certo numero di esponenti degli Sbarra in Francia nel corso del XIV e all’inizio del XV secolo non comportò affatto la sparizione completa di questi ultimi dalla loro città di origine. Anzi, la famiglia rimase, fino alla fine della Repubblica lucchese, nel 1799, un attore politico importante sebbene di secondo piano. Consolidatisi come si è visto sin dall’età di Castruccio, per tutto il periodo delle dominazioni straniere su Lucca (1328-69), gli Sbarra comparvero fra gli Anziani, il collegio che deteneva il potere esecutivo a Lucca. Giovanni di Fiore Sbarra, giudice, fece anche parte degli ambasciatori inviati, nel 1341, ad Avignone per ottenere da Benedetto XII l’annullamento dell’interdetto sulla città.
Dopo la riacquisizione della libertà lucchese nel 1369, gli Sbarra continuarono a comparire regolarmente nel Consiglio generale, in quello dei Trentasei e nel Collegio degli anziani (e Nicola di Bernardo Sbarra fu anche designato una volta, nel novembre-dicembre 1396, come gonfaloniere di Giustizia, la carica più importante della Repubblica). In quei decenni di fine Trecento, segnati dall’aggravarsi del conflitto tra le fazioni Guinigi e Forteguerra, gli Sbarra peraltro si divisero fra i due schieramenti.
Francesca, figlia di un giudice Giovanni Sbarra, fu la seconda moglie di Francesco Guinigi, il capo della casata sino alla morte (1384), anche se verosimilmente per breve tempo, visto che il matrimonio non poté aver luogo prima del 1359 e che Francesca testò nel 1360. Da parte sua, Nicola di Benedetto Sbarra sembra inoltre esser stato considerato dai Guinigi stessi come un membro della loro fazione nonostante fosse nipote di Bartolomeo Forteguerra, il capo della fazione avversa con suo cugino Forteguerra Forteguerra. Nicola compare nella lista dei loro sostenitori redatta da Dino Guinigi nel 1391; fu nominato nella Balìa dei 24 membri instaurata il 15 maggio 1392 per tre mesi, quasi con pieni poteri sulla città, dopo il colpo di mano che condusse all’eliminazione di Bartolomeo e Forteguerra Forteguerra. Il 31 agosto 1392 gli vennero affidate armi per poter equipaggiare con urgenza duecento contadini in caso di bisogno; infine sposò in una data incerta una delle sorelle di Lazzaro Guinigi, il capo della fazione Guinigi, dopo la morte del padre, Francesco, nel 1384.
Allo stesso tempo un buon numero di esponenti della famiglia si orientò piuttosto verso i Forteguerra. Jacopo e Giovanni Sbarra sono designati come sostenitori della fazione Forteguerra da Dino Guinigi nella menzionata lista del 1391. E la stessa adesione di Nicola alla parte dei Guinigi fu forse semplicemente un’operazione di facciata, dato che fu lui ad assassinare Lazzaro Guinigi il 15 febbraio 1400, alleandosi con il fratello minore di quest’ultimo, Antonio Guinigi, cosa che contribuì a indebolire fortemente la pars dei Guinigi per alcuni mesi. Nicola Sbarra e Antonio Guinigi vennero perciò condannati a morte il 16 febbraio 1400 per il loro crimine.
Nel Quattrocento e nei secoli successivi, il ruolo degli Sbarra a Lucca fu sempre rilevante, ma di secondo piano. A partire dalla metà del XV secolo, in seguito a una crisi forse legata alla congiuntura economica francese, la famiglia decise di abbandonare parzialmente il settore mercantile e di reindirizzare i propri investimenti nel settore fondiario. Gli archivi contengono traccia di ciò, specialmente le fonti notarili e giudiziarie, che mostrano la molteplicità delle proprietà Sbarra nell’insieme del territorio contadino lucchese (a Vallecchia, nel territorio di Camaiore, in quello di Pietrasanta e altrove). Nello stesso periodo, a metà Quattrocento Giovanni di Francesco Sbarra si lanciò nella carriera giuridica e politica divenendo podestà di Foligno, Siena e Bologna, tra il 1447 e il 1462.
Fino alla fine della Repubblica lucchese, gli Sbarra fecero comunque parte della cerchia dirigente della città, come ben testimoniano sia la loro partecipazione regolare al Consiglio generale e al Collegio degli anziani (all’inizio del XVI secolo facevano anche parte delle ventiquattro famiglie lucchesi che occupavano la maggior parte delle cariche di anziano), sia la loro attitudine a rappresentare Lucca nelle missioni diplomatiche.
In effetti, durante tutta l’epoca moderna e in particolare nel XVIII secolo, gli Sbarra occuparono numerose cariche di ambasciatori e instaurarono dei legami tra Lucca e le potenze esterne; per esempio, Ferrante Sbarra Franciotti fu l’inviato della Repubblica di Lucca a Vienna negli ultimi decenni del XVIII secolo.
A partire dal XVI secolo, come le altre famiglie del loro stesso rango, gli Sbarra parteciparono a un movimento che vide il gruppo dei mercanti lucchesi nobilitarsi e dotarsi di un’identità gentilizia, come testimoniato dall’appellativo mercator et civis Lucanus che si generalizza nelle fonti proprio in quest’epoca. Nel XVII secolo, Francesco di Filippo Sbarra (v. la voce in questo Dizionario), nato a Lucca e morto a Vienna, poeta e letterato, scrisse melodrammi e azioni sacre che gli permisero di essere accolto tra i poeti di corte di Leopoldo I, imperatore dal 1658 al 1705.
La famiglia si estinse all’inizio del XIX secolo, dopo la morte dell’abate Antonio di Andrea Sbarra.
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