SAVOIA, Amedeo
di, don. – Figlio naturale del duca Emanuele Filiberto e della damigella Lucrezia Proba, la sua data di nascita resta incerta.
Mentre il genealogista dei Savoia Ilio Jori ne indicava solo l’anno di morte, Bruto Amante ne aveva fatto risalire la nascita al 1550, individuando in Monte Cassiano, non lontano da Macerata, il luogo in cui don Amedeo sarebbe stato educato prima di essere accolto a Torino alla corte paterna. Probabile appare, tuttavia, la data del 1561, indicata da Amédée de Foras. È comunque noto che nacque prima del fratellastro, il duca Carlo Emanuele I (v. la voce Carlo Emanuele I, duca di Savoia, in questo Dizionario), dunque prima del 1562.
In età minorenne fu affidato a due precettori marchigiani originari di Monte Cassiano: Antonio Scaramuccia, letterato e poeta legato all’ambiente pontificio, e Bartolomeo Capponi.
A Torino don Amedeo gestiva un patrimonio che, alla fine degli anni Settanta, derivava soprattutto dagli introiti dell’azienda agricola della tenuta del Valentino. Quest’antico castello, costruito sulla riva sinistra del Po, allora ai margini della città, era stato acquistato dal duca Emanuele Filiberto; tra il 1575 e il 1580 (prima che intervenissero i rifacimenti edilizi secenteschi promossi dalla reggente Maria Cristina di Borbone) ospitò il figlio naturale del duca, che a Torino si trasferì successivamente nel cosiddetto palazzo della Posta, presso la nuova ‘strada di Po’, edificio che era stato costruito dall’inizio degli anni Settanta su un sito destinato a essere parzialmente ceduto per l’edificazione dell’Albergo di virtù.
Nel 1575 fallì il progetto di nozze con Beatrice di Montbel d’Entremont. Lo stesso anno, ancora in giovane età, fu nominato capitano di una compagnia di cavalleggeri, con l’assegnazione di un reddito ordinario che gravava in gran parte sulla commenda dell’abbazia savoiarda di San Ramberto. Dal 1574 quote consistenti a suo favore erano state cercate nei prestiti concessi dagli ebrei. Nel 1580 il padre incrementò l’appannaggio donandogli, oltre al palazzo della Posta, anche un certo numero di terreni agricoli nei dintorni di Torino. Sotto il ducato del fratellastro Carlo Emanuele I gli furono aggiunti redditi su beni e gabelle riscossi a Carignano, Cherasco, Bra, Fossano, Susa e Saluzzo (da poco conquistata anche se non ancora formalmente annessa ai domini sabaudi).
Nel 1584, alla vigilia delle nozze del duca Carlo Emanuele I con l’infanta Caterina, don Amedeo raggiunse Madrid. Dalla corte madrilena, dove soggiornò almeno un mese nell’autunno 1584, si recò a Barcellona per incontrare il duca, che avrebbe celebrato a Saragozza le proprie nozze sancendo una fase di stretto connubio politico fra lo Stato sabaudo e la Spagna.
Nel settembre del 1587 don Amedeo era in Savoia, da dove, a San Ramberto, scriveva di aver ricevuto istruzioni per un imminente viaggio in Fiandra, ove arrivò nei primi mesi del 1588, sostando ad Anversa e a Bruges.
Era l’anno dello scontro fra l’Invincibile Armata spagnola e la flotta inglese. Là don Amedeo fu testimone degli sforzi compiuti dall’armata spagnola contro la rivolta delle province protestanti, apprendendo l’arte militare dal duca di Parma Alessandro Farnese, dal 1578 capitano generale nei Paesi Bassi. La flotta spagnola, aggredita nelle acque della Manica, fu, com’è noto, rovinosamente vinta, ma la guerra anglo-spagnola si interruppe solo nel 1604. Le disposizioni del duca Carlo Emanuele I per il fratellastro avevano previsto che questi fosse presente a ogni spedizione militare. In Fiandra don Amedeo viaggiò scortato da una trentina di uomini di corte, di paggi e di servitori, oltre che di cavalli, sotto l’occhio vigile di un aio che era anche mastro di campo, Carlo Gazino. Il carattere capriccioso e la condotta indisciplinata del giovane provocarono, tuttavia, una dura reazione da parte di quest’ultimo, che gli rimproverava modi scontrosi verso i nobili e un comportamento poco onorevole.
Dal luglio 1588 don Amedeo si trasferì a Bruges. In quelle terre era vivo il ricordo delle imprese di suo padre ed era evidente il favore che il re di Spagna gli garantiva dietro pressioni dell’infanta Caterina, moglie del duca Carlo Emanuele I. Da Anversa, don Amedeo rientrò infine nei domini sabaudi mettendo presto in pratica gli insegnamenti ricevuti nei Paesi Bassi.
Dal 1588 al 1601 il Ducato di Savoia si trovò quasi ininterrottamente coinvolto in operazioni militari, cui partecipò anche don Amedeo: dai tentativi di Carlo Emanuele I di espugnare Ginevra (1586-89), alla difesa dalle aggressioni francesi lungo i confini savoiardi. Dal gennaio del 1590 don Amedeo si stabilì a Chambéry come governatore della Savoia, dove operò per armare unità formate da savoiardi, piemontesi, spagnoli e napoletani insieme.
Dalla Savoia restò in contatto epistolare con la duchessa Caterina, mentre il duca Carlo Emanuele I era impegnato sui campi di battaglia. Nel 1592, anno decisivo per le sorti della guerra in Provenza, che si concluse con l’invasione francese del Piemonte, indirizzò alla duchessa, trasferitasi nel frattempo con la sua corte in diverse città subalpine prima di poter rientrare a Torino, informazioni su operazioni di spionaggio che stava ordendo tramite alcuni prigionieri ginevrini.
Il ruolo di don Amedeo era diventato centrale da quando era stato creato (1589-91) luogotenente generale di Carlo Emanuele I ‘negli Stati di là da’ monti’, e cioè in Savoia . La stessa carica gli fu assegnata anche sui territori ‘al di qua dei monti’ (1592-93), quando in Savoia quel ruolo fu assunto dal bresciano Francesco Martinengo, al servizio dei Savoia come generale della cavalleria e gran scudiere a corte. Vigone, Demonte, Saluzzo, Cuneo, Pinerolo costituirono le principali tappe della luogotenenza in Piemonte, durante la quale don Amedeo seguì personalmente le truppe nei vari presidi, usando spesso informatori segreti per avere notizie sul nemico.
Dal campo don Amedeo spediva lettere al duca, alla duchessa e ai consiglieri di Stato senza rinunciare allo stile di vita dell’uomo di corte, geloso della propria scuderia, rifornita di cavalli da Torino, e del corpo dei maggiordomi, che si ostinava a far mantenere dalla capitale anziché dalle comunità locali in cui era temporaneamente alloggiato.
Tra 1595 e 1603 si mosse tra Pinerolo, Montmélian, Chambéry e Mondovì, città nella quale nel 1599 curò da vicino la condotta e l’educazione dei principi, alternando solo brevi soggiorni a Torino (1595-97). Nel 1603 morì la moglie Costanza Ersilia Asinari di Camerano, unica figlia del conte Giovan Francesco, che don Amedeo aveva sposato anni prima. Negli ultimi anni di vita, già minato nel fisico, svolse le funzioni, probabilmente solo de nomine, di governatore di Asti (1605-10), senza perdere, anzi rafforzando, il sostegno di Carlo Emanuele I.
Morì a Torino nel 1610 e fu sepolto in duomo, venendo poi traslato in S. Michele della Chiusa.
Lasciò, a quanto si sa, quattro figli naturali che erano stati legittimati pochi mesi prima della sua morte, nati dalla relazione con Veronica Bertola: tre figlie, due delle quali, Ludovica Amedea e Caterina Felicita, entrarono nel monastero di S. Andrea a Chieri, e un unico maschio, Maurizio, morto pochi anni dopo il padre, nel 1614. La sua scomparsa interruppe la linea dei discendenti maschi di don Amedeo. L’unica a lasciare qualche traccia di continuità nei rapporti con la corte fu la figlia Margherita, divenuta marchesa di Bernezzo grazie al matrimonio nel 1612 con Girolamo de Roussillion, cavaliere dell’Annunziata (1638) e governatore del castello di Montmélian.
Fonti e Bibl.: Sui beni e le cariche: Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie militari, Impieghi militari, m. 1, n. 25; Materie politiche per rapporto all’Interno, Lettere diverse Real Casa, Lettere di principi naturali di Savoia, mm. 1-4; Materie politiche per rapporto all’Interno, Principi del sangue, Principi del sangue diversi, m. 10; Paesi, Torino, m. 7, n. 25 (1583); Patenti controllo finanze, f. 271 (1593-1594), f. 284 (1596-1597), f. 74 (1597-1601). Le istruzioni per la campagna in Fiandra sono in Archivio di Stato di Torino, Corte, Negoziazioni con la Spagna, m. 1, n. 24. Sul progetto di matrimonio falito: Miscellanea Quirinale, I versamento, Famiglia reale, m. 15, n. 7: Article sur le mariage (1575).
S. Guichenon, Histoire généalogique de la Royale Maison de Savoie, Lyon 1660, p. 703; G.F. Galeani Napione, Vita di Federico Asinari di Camerano, Torino 1816, p. 91; B. Amante, Di A. di S., figlio di Emanuele Filiberto, ricerche biografiche illustrate da un documento finora inedito, Macerata 1877; A. de Foras, De l’armorial et nobiliaire de l’ancien Duché de Savoie, sub voce Maison de Savoie, Grenoble 1927 (utile per evitare di confondere la figlia naturale di don Amedeo con la cugina di questa, la figlia di Giovanni Gabriele de Roussillion, sposata morganaticamente da Carlo Emanuele I dopo la morte dell’infanta Caterina); I. Jori, Genealogia sabauda, Bologna 1942, p. 76; C. Stango, La corte di Emanuele Filiberto: organizzazione e gruppi sociali, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, LXXXV (1987), 2, pp. 474 s.; C. Cuneo - F. Rabellino, La fabbrica del Valentino tra Cinquecento e Seicento, in Atti e rassegna tecnica della Società degli ingegneri e degli architetti di Torino, n.s., XLVI (1992), pp. 261-270; C. Roggero Bardelli, Luoghi di loisir ducale e di corte, in Politica e cultura nell’età di Carlo Emanuele I. Torino, Parigi, Madrid. Atti del Convegno..., Torino..., 1995, a cura di M. Masoero - S. Mamino - C. Rosso, Firenze 1999, pp. 397-410 (in partic. pp. 401 s.); E. Ghiglione, Don A. di S. marchese di San Ramberto, Firenze 2005; P. Bianchi, Una riserva di fedeltà. I bastardi dei Savoia fra esercito, diplomazia e cariche curiali, in L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo Medioevo e prima età moderna, a cura di L.C. Gentile - P. Bianchi, Torino 2006, pp. 305-360; A. Spagnoletti, Le dinastie italiane e la guerra delle Fiandre, in Società e storia, 2009, n. 125, pp. 423-443; L’Infanta Caterina d’Austria, duchessa di Savoia (1567-1597), a cura di B.A. Raviola - F. Varallo, Roma 2013, passim.