SAVARIA
Corrisponde all'attuale località ungherese di Szombathely.
Faceva parte della Pannonia Superior e, data la sua posizione sulla grande strada che collegava Emona al Danubianus, fu anche statio Savariensis vectigalium (C.I.L., iii, 4161; 10876; Arch. Ert., 1900, pp. 191-192). Faceva parte del territorio dei Boi (Plin., Nat. hist., iii, 147) e fu centro di uno dei primi stanziamenti di veterani portati dall'imperatore Claudio nella Pannonia. Sempre in questa età il centro divenne colonia.
Dal testo di Ammiano Marcellino (30, 5, 14), si può dedurre quanto grande fosse il suo territorio e il suo splendore. Tra l'altro vi si trovavano un palazzo imperiale e le grandi terme. Molto probabilmente gli altari con dediche a Nemesis (trovati vicino a un Nemeseion) sono legati piuttosto ad un teatro che ad un anfiteatro romano (C.I.L., iii, 10911; 13423, ed una più recente iscrizione in L. Fettich, Az orsz. magy. reg. Tars. évkönyve, 1923, pp. 58-64). È interessante infatti come, ancora oggi, secondo le osservazioni di G. Libertini, ad O della moderna città si vedano tracce di un teatro, il quale verrebbe a situarsi esattamente nel luogo in cui vennero trovate tutte le dediche a Nemesis. Già dal XVII sec. si conoscevano nella città moderna mosaici ed altri monumenti. Si è potuto stabilire tra l'altro che dove ora è il centro della città moderna, in antico v'era il Capitolium e il Forum. Vi fu scoperto anche un epistilio con una dedica a Gordiano, il che indica la ricchezza della città (C.I.L., iii, 13425). Dal C.I.L., iii, 4180 (Arch. Ert., 1900, pp. 191-192) risulta l'esistenza di un horreum. A S della città antica, era la necropoli; a Ondód era la fontana che alimentava la città. Per l'epoca cristiana si ha la testimonianza che qui nacque Martino da Tours (eletto vescovo di Tours nel 371) e da lui si sa che la città faceva funzione di sede vescovile. Quale testimonianza architettonica dell'età cristiana si ha la scoperta di una cella tricora.
Bibl.: T. H. Horvath, in Annales Sabarienses, III, 1929, p. 96 ss.; A. Alföldi, in Arch. Ertes., XXXVIII, 1920-22, p. 136 ss.; G. Libertini, Anfiteatri e teatri antichi in Ungheria, in Dioniso, X, 1947, pp. 102-111.
(D. Adamesteanu)
Museo. - Il museo di Savana a Szombathely è da considerarsi come la più importante collezione della romanità fra i musei provinciali dell'Ungheria.
Il primo a raccogliere le antichità di S. fu Giovanni Szily, vescovo di Szombathely, che alla fine dell'Ottocento costruì nella sua "arce episcopale" una sala terrena per gli oggetti antichi di sua proprietà. I monumenti sono stati in questo luogo finché nel 1908 il Museo Civico fu inaugurato solennemente nell'attuale edificio. Dopo molti riordinamenti i monumenti archeologici sono ora esposti in tre sale ed in un lapidario sotterraneo.
Nelle prime due sale della collezione archeologica sono esposti gli oggetti di preistoria. Dal punto di vista artistico è degna d'attenzione nella prima sala una statuetta di ceramica proveniente da un tumulo di Sághegy della prima Età del Ferro, e poi alcune statuette maschili di bronzo. Nella sala seconda che contiene gli oggetti della civiltà detta di La Tène troviamo, fra gli altri, vasi di bronzo di tipo italico. Nel magazzino è conservato il tesoro di Velemszentvid, del quale fa parte un diadema d'oro di notevole lavorazione del periodo di Hallstatt B.
Nella sala terza è raccolto il materiale dell'epoca romana e quello delle invasioni barbariche. Fra gli oggetti romani sono di particolare interesse le terrecotte comico-erotiche, un tesoro che contiene numerose statuette di bronzo fra le quali un rilievo raffigurante l'immolazione d'un toro. Alle pareti sono alcune statue di marmo: un torso di Bacco, uno di Fortuna, ecc. Dell'epoca delle invasioni è notevolissima una ricca scoperta di Asszonyfa (vicino a Szombathely) con bronzi fusi decoranti finimenti di tipo avarico.
Tra i monumenti di pietra, conservati nel lapidario, i più importanti sono i resti colossali della triade capitolina di S.: specialmente il torso di Giove di modellazione vigorosa in nudità eroica. Queste statue possono attribuirsi alla fine dell'epoca di Domiziano (90-96 d. C.). Così anche un frammento esagonale di marmo che porta in rilievo due cammelli e tre divinità, Marte, Venere Genitrice e Fortuna (o Roma?).
I monumenti sepolcrali più notevoli del lapidario riflettono lo stile dell'arte romana di Aquileia del I-II sec. d. C. Importantissimi anche tre frammenti di stele con scene mitologiche: quello di G. Sempronio Marcello sul quale si vede Elena con Paride ed Enea, quello con la fuga d'Ifigenia, e sul terzo, del 190-200 circa, Ercole liberante Alcesti condotta a suo marito Admeto, Endimione e Selene.
Molto interessanti i resti dei grandi monumenti sepolcrali dell'antica S., che si avvicinano ai tipi di Aquileia: come ad esempio una piramide con un giovane danzante, poi molti frammenti dei fastigi delle tombe con leoni giacenti e un mascherone di divinità barbata (Giove ctonio?).
Tra i monumenti di scultura della fine del II e principio del III sec. d. C. hanno una grande importanza i rilievi dell'Iseo di S, recentemente scavato: Iside, Marte, Ercole e su un altro frammento Abbondanza, Vittoria e finalmente la raffigurazione d'una processione isiaca trovata già nel sec. XVIII. V'è anche una testa imperiale, frammento d'una statua colossale, forse il ritratto di Commodo-Ercole. Invece, la tendenza dell'arte provinciale un po' barbara si presenta su due are dedicate alla trinità femminile Fatae.
Nel sec. IV d. C. la scultura romana decade in S., ma rifiorisce la pittura. Una lapide con monogramma di Cristo parla di due pittori peregrini e sul pavimento del lapidario è situato un mosaico decorativo con motivo astrale nel centro.
(Z. Kadar)