SARΕΡΤA (ugaritico e fenicio ṣrpt; ebraico Ṡarĕfat, greco Σάρεπτα)
greco Σάρεπτα). Basso tell sulla costa libanese a c.a 10 km da Sidone, sul Ra's al-Qantara a S del porto dell'odierno villaggio di Sarafand, che ripete nel nome moderno le tre consonanti del nome antico; l'identificazione è assicurata da un'iscrizione in lettere greche su un blocco di marmo proveniente da Sarafand, su cui compare una dedica al «santo dio Sarapten[o]». Il nome di S. è scritto anche in lettere fenicie (ṣrpt) su un sigillo rinvenuto nel 1971.
Riferimenti a S. nelle fonti antiche attestano l'esistenza della città in diversi periodi dall'Età del Bronzo Tardo a quella del Ferro: la prima menzione è in un testo di Ugarit del XIV sec. a.C. che, insieme con un'iscrizione in alfabeto ugaritico sull'ansa di un vaso di S., testimonia contatti commerciali tra le due città; nel XIII sec. a.C. S. è menzionata accanto a Sidone e a Tiro nel Papyrus Anastasi I. Il nome di S. compare due volte anche negli annali dei re assiri: Sennacherib dice di averla presa nella campagna del 701 a.C., quando S. apparteneva a Luli re di Sidone; Esarhaddon dice di averla consegnata a Baʽal di Tiro. Nel racconto della vedova e del profeta Elia si nota che S. apparteneva a Sidone e si ricorda la «porta della città» (I Reg., 17, 8-28). L'episodio fece di S. una meta di pellegrinaggio fin dai primi secoli dell'èra cristiana, quando sul sito sorgeva la chiesa di S. Elia; i resti della città erano visibili ancora ai tempi dei Crociati.
Nel secolo scorso, nel 1857, Guillaume Rey acquistò a Sarafand un torso di statua, che donò al Louvre, raffigurante un personaggio in abbigliamento egittizzante; ceramica dell'Età del Bronzo Tardo fu rinvenuta in una tomba a E dell'attuale strada costiera. Nel 1968 R. Saïdah trovò tre tombe non saccheggiate tra una quarantina scoperte sulla costa rocciosa a oriente di S., con corredi databili a partire dal VI sec. a.C. Dal 1969 al 1974, S. è stata oggetto di scavi del Museo dell'Università di Filadelfia, diretti da J. B. Pritchard, il cui principale obiettivo è stato quello di un'accurata ricostruzione stratigrafica dei resti e dell'evoluzione della ceramica in un insediamento urbano fenicio di notevole rilevanza storica nel periodo tra il 1200 e il 600 a.C., non contaminato da insediamenti moderni. La prima campagna del 1969 ha comunque messo in luce a Ra's eš-Siq, c.a 500 m a SO del tell, i resti di un porto romano risalente al I sec. a.C., con una banchina, un sistema di approvvigionamento di acqua potabile per la navigazione, magazzini per le merci; una cisterna quadrata di 3,10 m di lato tagliata nella roccia era forse un bacino per l'allevamento del murex, la fonte della tintura rosso porpora per cui S. andò famosa in epoca romana. Nell'area del porto, presso la banchina, un bagno con calidarium e i resti delle fondazioni di una chiesa bizantina, insieme con numerose monete, attestano periodi di floridezza nel IV e nel VII sec. d.C.
Gli scavi degli anni seguenti hanno rivelato che S. fu occupata ininterrottamente dagli inizî del Bronzo Tardo (c.a 1600 a.C.) fino all'età ellenistica. I sondaggi in due aree del tell (X e Y) hanno mostrato l'esistenza di un insediamento fenicio, caratterizzato da una tecnica edilizia con «muri a telaio», in cui a quartieri residenziali (Y) si alternavano quartieri industriali, come l'area X nella città bassa, ove per c.a 800 m2 di superficie si estende una serie di ventiquattro forni per ceramica e oltre quindici botteghe, appartenenti a diversi periodi di occupazione del sito, dalla fine dell'Età del Bronzo all'Età del Ferro; essi forniscono informazioni uniche sulla storia e sul carattere dell'industria ceramica levantina. Sul bordo del teli è stata messa in luce un'area sacra, c.a 50 m a S del porto e a N dell'area industriale, da cui è separata da una stretta strada; dell'edificio sacro sono state riconosciute due fasi, una databile all'VIII-VII sec., l'altra al V-IV sec. a.C.; era un ambiente rettangolare, orientato E-O, di 6,40 X 2,50 m, costruito con blocchi ben tagliati; l'apertura originaria all'estremità orientale del lato lungo S fu chiusa nella seconda fase e un nuovo ingresso fu aperto all'estremità settentrionale del lato corto E, di fronte all'altare. Intorno a questo sono stati rinvenuti c.a 200 oggetti votivi, figurine e oggetti di terracotta, amuleti, avorî, una fiala in alabastro egiziano. L'identità della divinità a cui era dedicato il tempio è verosimilmente rivelata dall'iscrizione fenicia incisa su una placchetta d'avorio trovata nella favissa, in cui si ricorda la dedica di una statua alla coppia divina Tanit-Astarte. Tra le altre sedici iscrizioni in lettere fenicie, una su scaraboide reca il nome della città ṣrpt, un'altra, incisa sulla spalla di una giara del V sec. a.C. contiene il nome del dio Šadrapa.
Bibl.: D. C. Baramki, A Late Bronze Age Tomb at Sarafend, Ancient Sarepta, in Berytus, XII, 1956-58, pp. 129-142; R. Saïdah, Archaeology in the Lebanon 1968-1969. Sarafand, ibid., XVIII, 1969, pp. 134-137; J. B. Pritchard, Sarepta. A Preliminary Report on the Iron Age. Excavations of the University Museum of the University of Pennsylvania, 1970-72, Filadelfia 1975; id., Recovering Sarepta, A Phoenician City. Excavations at Sarafand, Lebanon 1969-1974, Princeton (N.J.) 1978; R. B. Koehl, Sarepta, III. The Imported Bronze and Iron Age Wares from Area II, X, Beirut 1985; A. Ciasca, in S. Moscati (ed.), I Fenici (cat.), Milano 1988, pp. 148-149; W. P. Anderson, Sarepta, I. The Late Bronze and Iron Age Strata of Area II, Y, Beirut 1988; A. Khalifeh, Sarepta, II. The Late Bronze and Iron Age Strata of Area II, X I, Beirut 1988; J. B. Pritchard, Sarepta, IV. The Objects from Area II, X, Beirut 1988. Per il porto romano, v.: J. Â. Pritchard, The Roman Port at Sarafand (Sarepta). Preliminary Report on the Season of 1969 and 1970, in BMusBeyr, XXIV, 1971, pp. 39-56. - Per l'iscrizione fenicia su avorio, v.: M. G. Guzzo Amadasi, Two Phoenician Inscriptions Carved on Ivory. Again the Ur Box and Sarepta Plaque, in Orientalia, n.s., LIX, 1990, pp. 58-66 (con bibl.).
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