sanzione
Punizione prevista per una violazione di legge. Obiettivo della s. è favorire la deterrenza (➔), ossia evitare che l’infrazione venga commessa, non a risarcire eventuali danni da essa originati (➔ anche economia e diritto).
La teoria prese avvio, alla fine degli anni 1960, dall’articolo di G.S. Becker (➔), Crime and punishment: an economic approach («Journal of Political Economy», 1968, 76, 2), in cui emerge che il rispetto della legge dipende dalla s. prevista e dalle risorse pubbliche e private volte a prevenire le violazioni e a punirle. In particolare, Becker suggeriva che la legge non è seguita da un individuo se i vantaggi attesi dall’azione illegale sono superiori alla s. prevista, pesata per la probabilità di essere scoperto. Ciò implica che la s. dev’essere pari ai benefici attesi dalla violazione divisi per la probabilità di essere scoperti. Si tratta di una probabilità endogena che le autorità pubbliche controllano tramite la prevenzione e la repressione. Infatti, maggiori sono gli interventi pubblici destinati a tale scopo, più cresce la probabilità di essere scoperti. Il calcolo della s. in funzione dei guadagni attesi dalla violazione della legge non viene svolto caso per caso, ma è stabilito per classi di violazioni, con solo alcuni adeguamenti alla tipologia specifica (circostanze attenuanti o aggravanti).
In molti ordinamenti e in numerose circostanze, i recidivi sono puniti più severamente. Tuttavia, comminare una s. più elevata per i recidivi si giustifica soltanto se la s. è inferiore al suo livello di deterrenza, il che, peraltro, è possibile essendo la s. definita sulla media degli individui, non per singolo caso. Non tutte le violazioni di legge sono punite con una s. pecuniaria; talvolta è prevista una pena detentiva. In relazione a quest’ultima circostanza, l’individuo infrange la legge se la disutilità della pena detentiva moltiplicata per la probabilità di essere scoperto è inferiore ai benefici che egli consegue commettendo l’illecito. ● Dal punto di vista economico, la scelta tra prevedere una s. pecuniaria o una pena detentiva dipende dai vantaggi associati all’illecito in relazione alla ricchezza posseduta dall’individuo. Se i primi (pesati per la probabilità di essere scoperto) sono maggiori della seconda, solo una pena detentiva, eventualmente aggiunta a una s. pecuniaria, può svolgere una funzione deterrente. Se invece i benefici (pesati per la probabilità di essere scoperto) sono inferiori alla ricchezza dell’individuo, una s. pecuniaria è più che sufficiente e la società non deve destinare risorse per sostenere l’individuo nel periodo detentivo.
Considerando quanto è diffusa l’informazione su una violazione di legge (non su chi ha commesso l’illecito), si possono distinguere: le violazioni della cui esistenza tutti sono informati (per es., un omicidio), quelle dove solo chi le subisce è informato (per es., il furto), le infrazioni della cui esistenza solo chi le commette è informato (per es., la corruzione, i cartelli eccetera). Il problema delle autorità pubbliche nei primi due casi è la scoperta del colpevole, mentre nel terzo le istituzioni ignorano persino l’esistenza dell’illecito (perché chi subisce il danno – il contribuente, l’Amministrazione – non ne è informato e quindi non può denunciarlo). In tutti e 3 i casi (ma, soprattutto, nel terzo e in particolare per la scoperta dei cartelli segreti; ➔ collusione), la cooperazione dei colpevoli può essere utile per la scoperta della trasgressione e anche per provare la responsabilità degli altri colpevoli. Chi collabora viene, pertanto, premiato con una riduzione e, talvolta, con l’annullamento della sanzione. Gli incentivi alla cooperazione (insieme ai costi associati alla repressione e alla prevenzione) incidono sulla probabilità di essere scoperti, riducendo l’elevatezza della s. al fine della deterrenza.