Riformatore religioso (m. Milano 1075). Appartenente a famiglia capitaneale milanese (è di tarda tradizione il cognome Cotta) fu persuaso dal diacono Arialdo, capo dei patarini, a continuare la lotta antisimoniaca e anticoncubinaria intrapresa dal fratello Landolfo. Recatosi a Roma (1063), Alessandro II gl'ingiunse di affiancarsi ad Arialdo, consegnandogli il vexillum sancti Petri, quasi investitura alla guida militare della pataria. In un secondo viaggio a Roma (1066), ottenne dal papa la scomunica dell'arcivescovo di Milano Guido da Velate, accusato dai patarini di simonia. Costretto alla fuga, insieme con Arialdo, da una sommossa suscitata dall'arcivescovo, E. riuscì a non essere trucidato come il compagno Arialdo, divenendo, nel 1067, unico capo della pataria. Proseguendo la lotta anche contro il nuovo arcivescovo Goffredo, E. fece eleggere Attone (1072) che per l'ostilità popolare dovette però fuggire a Roma. Nel 1075, in un'atmosfera già eccitata contro i patarini, ritenuti responsabili di un incendio scoppiato a Milano (30 marzo) E., avendo rifiutato, in occasione delle celebrazioni pasquali, il crisma consacrato da un vescovo considerato simoniaco, fu aggredito e ucciso davanti alla cattedrale. Gregorio VII, nel 1078, faceva riconoscere i miracoli avvenuti presso la tomba di E. in S. Dionigi; durante il passaggio di Urbano II a Milano (1095), i resti di E. furono traslati in un nuovo sepolcro, recante un'epigrafe celebrativa del "miles Christi".