SANTARELLI, Santi Giuseppe
SANTARELLI, Santi Giuseppe. – Nacque a Forlì il 21 maggio 1716 da Giovanni Battista e da Cinzia Dandi, sotto la parrocchia di S. Mercuriale.
Contralto evirato, svolse la sua carriera di interprete dapprima in teatro e poi a Roma nella cappella pontificia, dove fece l’ingresso nel 1749. Fu allievo a Bologna di padre Giambattista Martini nel contrappunto e dell’abate Domenico Zanardi nel canto presso la basilica di S. Petronio.
Il debutto teatrale avvenne all’età di diciotto anni a Urbino (carnevale 1734) nell’Alessandro nell’Indie di Leonardo Vinci. Santarelli dovette attendere gli anni 1739-41 per ottenere la fama che gli permise poi di figurare nella lista dei «musici di primo rango» fornita da Giambattista Mancini (1774), attestata dall’intensificarsi dell’attività e dall’incremento della consistenza dei ruoli operistici assegnatigli in drammi di Vinci, Pier Leone Cardena, Rinaldo di Capua, Giovanni Antonio Giay, Gennaro D’Alessandro, Giovan Battista Casali nei teatri di Bologna, Roma e Venezia. Santarelli evidenziò una certa predisposizione per le arie di carattere «patetico» che esprimessero la gamma più tenue degli affetti amorosi: carattere che Pierfrancesco Tosi definiva «amico indivisibilissimo dell’Adagio» (Opinioni de’ cantori antichi e moderni, Bologna 1723, pp. 71 s.), per quella sua attitudine a esser musicato facendo ricorso a tempi lenti. L’impegno bolognese del 1741 (Ezio di Nicolò Jommelli nel ruolo eponimo al teatro Malvezzi), di cui si conservano le musiche, permette di delineare i requisiti vocali di un contralto dalle grandi possibilità tecniche e dalla tessitura considerevolmente estesa nell’acuto (dal do centrale al sol sopra il rigo), associate alle doti di uniformità tra i registri grave e acuto che Charles Burney, molti anni più tardi, vantò in lui: «he has contrived to unite so well the falset with the real voice, that it is very difficult to say where it begins or ends» (Burney, 1773, 1959, p. 221). Nel 1741 Santarelli venne aggregato alla classe dei cantori dell’Accademia Filarmonica di Bologna con l’intero organico maschile dell’opera.
Tali successi preludevano a un breve, ma significativo sviluppo internazionale della sua carriera teatrale. Già nel libretto del Tito Vespasiano dato a Bologna nel carnevale 1741 (di fatto la metastasiana Clemenza di Tito, ‘pasticcio’ di vari autori confezionato da Casali) accanto al nome di Santarelli, che vi cantò la parte del primo uomo, Sesto, appariva la qualifica di «Virtuoso di Camera di S.M. Prussiana». Il dato va collegato al clima di fervore culturale che animò la corte reale di Prussia in seguito all’ascesa al trono di Federico II (31 maggio 1740), sovrano noto per le sue virtù musicali. Sull’esempio della corte sassone, Federico aveva inviato il maestro di cappella di corte Carl Heinrich Graun in Italia nel luglio del 1740 perché reclutasse personale vocale per inscenare a Berlino opere in lingua italiana. La partenza di Santarelli per Berlino avvenne ai primi di luglio e coincise con l’avvio di una fitta corrispondenza documentata dalle lettere dei suoi interlocutori, conosciuti durante il prolungato soggiorno a Bologna; parte di esse venne pubblicata in quella città nella raccolta miscellanea Delle lettere familiari d’alcuni bolognesi del nostro secolo (a cura di D. Fabri, 1744). La raccolta, unitamente alle lettere rimaste manoscritte, testimonia come il cantante avesse frequentato in città i più distinti circoli della cultura letterario-scientifica bolognese (Flaminio Scarselli, Eustachio e Giampietro Zanotti, Domenico e Alessandro Fabri, Giuseppe Antonio Taruffi). Gli amici raccomandarono Santarelli a un altro insigne intellettuale dalle ascendenze culturali bolognesi, il veneziano Francesco Algarotti, che il futuro sovrano, quand’era ancora principe elettore, aveva voluto presso di sé.
La compagnia di canto italiana si esibì l’11 novembre in concerto alla presenza del re, e sette suoi componenti parteciparono il 13 dicembre alla prima dell’opera Rodelinda regina de’ Longobardi, composta da Graun su libretto del senese Giovan Gualberto Bottarelli (tratto dall’opera omonima di Antonio Salvi, 1710) e rappresentata nel piccolo Teatro di corte, con Santarelli primo uomo. Ancora una volta Alessandro Fabri, scrivendo da Bologna ad Algarotti, rimarcò le attitudini vocali, ossia la «dolcezza del tenero ed amoroso canto» di Santarelli, «tanto più che la Rosalinda [Rodelinda] dovrebb’esser cosa patetica, nel che egli è singolare» (F. Algarotti, Opere inedite..., 1796, III, p. 191). Santarelli fece ritorno in patria già nel maggio del 1742, e dall’anno seguente sino al 1749 tornò sulle scene di Genova, Venezia, Firenze, Verona, Ferrara, Palermo e Roma in drammi di Giovan Battista Lampugnani, Johann Adolf Hasse, Giuseppe Carcani, Pietro Pulli, Vinci, Jommelli e Di Capua. Nel 1744 figura quale interlocutore delle Lettere di Polianzio ad Ermogene intorno alla traduzione dell’Eneide del Caro (i soprannomi individuano Algarotti e Santarelli), edite l’anno dopo e poi organicamente raccolte assieme a due appendici di tre lettere ciascuna a lui indirizzate tra l’ottobre e il dicembre di quell’anno, riguardanti la poesia omerica: in queste ultime appaiono accenni agli arbitrii dei cantanti, che anticipano gli assunti del Saggio sopra l’opera in musica di Algarotti (1755) e in parte coincidono con i richiami espressi da Santarelli nelle sue Regole per gli studiosi di canto. Ciò evidenzia la vicinanza e l’influenza che le censure di Santarelli dovettero esercitare sull’atteggiamento riformistico di Algarotti nell’acceso dibattito sul teatro d’opera. Tale vicinanza è sottolineata anche dalla comune appartenenza all’Arcadia, cui Santarelli venne aggregato con il nome di Barsinide Lisiaco.
Roma, sede dell’ultimo suo impegno teatrale (in opere di Di Capua e di Davide Perez nel teatro alle Dame, carnevale 1749), sarebbe divenuta la residenza definitiva: il 19 febbraio, giorno delle Ceneri, i Diari Sistini registrano l’ingresso di Santarelli nella Cappella pontificia in qualità di soprano soprannumerario, qualifica conferitagli per disposizione del cardinale protettore e prefetto della cappella Alessandro Albani. In marzo l’eunuco, cui era inibito il sacerdozio, ricevette gli ordini minori. Girolamo Chiti, maestro di cappella in Laterano, apprezzò, in una lettera indirizzata a Martini nell’ottobre del 1751, le caratteristiche vocali del cantante, pur auspicandone «il rinforzo della voce, di cui ne fa ciò che vuole, ma si conosce qualche patimento» (Bologna, Museo della musica, I.6.10). Assai più critico sarebbe stato il giudizio da lui formulato nei confronti della progressiva crescita degli interessi intellettuali di Santarelli, cui rimproverava di aver praticato sino ad allora «più teatri che cappelle, più ariette che contrapunti» (lettera I.6.106 del 6 febbraio 1756). Dai conversari con Algarotti a Berlino (lo si evince dal loro epistolario) era scaturito in Santarelli il proposito di scrivere un saggio Della musica sagra, e della disciplina dei suoi professori, della quale l’editore Komarek impresse (ma a detta di Santarelli non pubblicò) il volume primo a Roma nel 1764: di quest’opera, descritta da Santarelli a padre Martini nel 1770 come una trattazione riguardante «istituzione, uso e decenza della musica sagra tanto gregoriana che figurata [...] per tutti i XVIII secoli della Chiesa» (lettera L.117.157), oggi non resta traccia.
Santarelli fu maestro pro tempore della Cappella pontificia nel 1770, servì come cantore anche la cappella Borghese in S. Maria Maggiore e praticò l’insegnamento del canto. Tra i numerosi allievi figurarono il giovinetto Muzio Clementi, Venanzio Rauzzini e le figlie del pittore Pompeo Batoni, il quale lo raffigurò con il primo tomo della sua opera in un ritratto conservato alla Pinacoteca di Forlì (1779) e in un altro, perduto, inviato nel 1776 a padre Martini. Lo stato deplorevole della cappella pontificia, sguarnita a causa della morte di alcuni valenti cantori e delle defezioni di un drappello di elementi recatisi in servizio presso la corte portoghese, e gli incitamenti del suo protettore, il cardinale Albani, lo spinsero a dare alle stampe nel marzo del 1761 un progetto di riforma dell’istituzione. Nello scritto il cantore formulava, introdotto da una premessa storica, un piano di ripristino di consuetudini esecutive e istituzionali in vigore al tempo del Palestrina nella Cappella pontificia. Il progetto, mai attuato, fu evocato nell’accesa polemica che si scatenò in quell’anno tra un gruppo di cantori e il cardinale Albani. La controversia, documentata dai Diari Sistini, venne definita in favore dei decreti auspicati da Albani con una costituzione emanata da Clemente XIII nel 1762. Nel 1774 Santarelli fu giubilato.
Morì il 16 gennaio 1790 a Roma, nella parrocchia di S. Salvatore in Onda.
Degli scritti di Santarelli rimangono una lettera pubblicata in De cantu et musica sacra (1774) di Martin Gerbert, un’aria, un mottetto a 10 voci e, nel Fondo Busi del Museo della musica di Bologna, le sintetiche ma pregnanti Regole per gli studiosi di canto e una dissertazione di argomento paleografico musicale.
Opere. Aria Non ti sdegnar, ben mio, Dresda, Sächsische Landesbibliothek, Mss., Mus. 1-F28, 7, cc. 34-46; mottetto Plaudite manibus omnes gentes a 10 voci e b.c. («per la consecrazione in Arcivescovo di Corinto di S.A.R. il Cardinale duca di York», 1758, dedicato ad Algarotti), Bologna, Museo della musica, KK.36; Informazione del Cantor fra G. S., cappellano d’onore dell’eminentissimo [...] cardinale Alessandro Albani [...] in risposta ad un biglietto di esso eminentissimo, Roma 1761; una lettera (11 settembre 1774) in M. Gerbert, De cantu et musica sacra, II, St. Blasien 1774, p. 370; Regole per gli studiosi di canto, Bologna, Museo della musica, Fondo Busi (copia in Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, Accademico A.Ms.43: Regole ed esercizi di canto. Ad uso della dilettante Anna Cades); una dissertazione sulla trascrizione delle musiche di Giovanni Pierluigi da Palestrina (Bologna, Fondo Busi cit.).
Epistolario: Bologna, Museo della musica, epistolario martiniano (cfr. A. Schnoebelen, Padre Martini’s collection of letters, New York 1979, e www.bibliotecamusica.it); Fondo Busi; Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 72.IV, c. 166v; Lettere familiari di alcuni Bolognesi, II, Bologna 1744, pp. 249-258, 338-351, 369; Alla sagra congregrazione particolare deputata da nostro Signore papa Clemente XIII [...] per il cardinal Alessandro Albani [...] Sommario, Roma 1761, nz. 5; F. Algarotti, Opere inedite [...] per servire di supplemento all’Edizioni di Livorno e di Cremona, Venezia 1796, I, p. 246; II, pp. 344, 373; III, pp. 187, 191, 196; IX, pp. 100-108.
Fonti e Bibl.: Forlì, Archivio parrocchiale di S. Mercuriale, Libro L Battezzati, c. 70v; Bologna, Archivio di S. Petronio, 584, 237, 334, 612, 689, 723 (1730-1736); Bologna, Archivio dell’Accademia Filarmonica, Registri delle congregazioni ed atti, anni 1737-1750, cc. 103-105, 285; F. Algarotti, Lettere di Polianzio ad Ermogene intorno alla traduzione dell’Eneide, Venezia 1745; Alla sagra congregrazione particolare deputata da nostro Signore papa Clemente XIII. [...] Sommario; Memoriale di risposta; Risposta al Voto Romana Decretorum, Roma 1761 (controversia tra il Collegio dei cappellani cantori pontifici e il cardinale Albani, protettore e prefetto della Cappella); Roma, Biblioteca Vaticana, Diari della Cappella Sistina, 166 (1749), cc. 17-17v; 178 (1761), cc. 117v, 124, 131; 197 (1774), cc. 17-17v; 213 (1790), c. 6v; Roma, Archivio del S.M.O. di Malta, A/329/8; Roma, Archivio segreto Vaticano, Archivio Borghese, Libri mastri, 232-241, passim; Roma, Archivio storico del Vicariato, San Salvatore in Onda, Libri dei morti, 2 (1686-1797), c. 262; Ch. Burney, The present state of music in France and Italy, London 1773, pp. 277-288, 381-384 (ed. critica del ms. a cura di P.A. Scholes, London 1959); G. Mancini, Pensieri e riflessioni pratiche sul canto figurato, Vienna 1774, p. 27; Ch. Burney, A general history of music, III, London 1789, pp. 189 s.; E.L. Gerber, Historisch-biographisches Lexicon der Tonkünstler, II, Leipzig 1792, ad vocem; L. Busi, Il padre G.B. Martini, Bologna 1891, pp. 384-386; W. Altmann, Zur Geschichte der königlichen preussischen Hofkapelle, in Die Musik, II (1903-1904), pp. 457-459; A. Mambelli, Musica e teatro in Forlì nel secolo XVIII, Forlì 1933, pp. 34-37; P. Fabbri, Tre secoli di musica a Ravenna, Ravenna 1983, pp. 78 s., 195 s.; P. Da Col, Dal teatro al santuario: la carriera teatrale del cantante G. S. (1716-1790), in Mozart, Padova e la Betulia liberata, a cura di P. Pinamonti, Firenze 1991, pp. 357-394; K. Keil, “Che si canta nella Cappella Sistina”: Quellen zur Rezeption des Repertoires der päpstlichen Kapelle, in Festschrift für Winfried Kirsch zum 65. Geburtstag, Tutzing 1996, pp. 130-142; S. Bettini, scheda Pompeo Batoni - Ritratto di G. S., in Lungo il tragitto crociato della vita, a cura di L. Corti, Venezia 2000, pp. 178-180; E.P. Bowron, Pompeo Batoni: a complete catalogue of his paintings, New Haven 2016, pp. 432 s.; Catalogo generale di ritratti del Museo internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna, Firenze 2017.