Lucia, santa
Martire di Siracusa, perita durante la persecuzione di Diocleziano; la sua venerazione si estese fin dall'antichità in tutta la Chiesa: in suo onore infatti furono innalzate chiese e altari, la sua immagine fu riprodotta in mosaici e pitture, il suo nome fu inserito nel canone della Messa romana, milanese e ravennate.
Nella devozione popolare essa fu ed è tuttora invocata come protettrice della vista e contro tutte le malattie oftalmiche. Questo patrocinio però non è collegato, come comunemente si crede, al fatto che la santa si sarebbe strappati gli occhi per inviarli a un uomo di lei innamorato; questo episodio è assolutamente estraneo alla sua leggenda, ma è raccontato da Mosco nel Prato spirituale per una monaca, ed è attribuito alla beata Lucia, soprannominata la Casta, terziaria domenicana morta agl'inizi del sec. XV. Il fondamento della devozione a L. è piuttosto derivato dal nome stesso della santa, interpretato, grazie a una facile assonanza etimologica, come simbolo della luce, sia materiale che spirituale, come attesta Iacopo da Varazze: " Lucia dicitur a luce. Lux enim habet pulchritudinem in aspectione, quia ut dicit Ambrosius, lucis natura haec est, ut omnis in aspectu eius gratia sit... Vel Lucia dicitur quasi lucis via " (Legenda aurea, ediz. T. Graesse, Bratislava 1890, 29-30), etimologia che D. certamente conosceva e accettava (cfr. Vn XIII 4).
La devozione di D. per la santa è attestata dal figlio Iacopo e da Graziolo de' Bambaglioli, il quale scriveva: " Beata Lucia, in qua ipse Dantes tempore vitae suae habuit maximam devotionem ", notizia confermata dallo stesso poeta che si dichiara fedele, cioè devoto di L. (If II 98) come s. Bernardo si professa fedele di Maria (Pd XXXI 132); questa devozione è stata collegata da qualche critico alla grave malattia di occhi sofferta da D. in gioventù, a causa delle prolungate letture (Cv III IX 15).
Alla luce di queste considerazioni si devono leggere i passi della Commedia in cui appare L.: If II 94-126, Pg IX 19-63, Pd XXXII 136-138. Nei primi due episodi L. è certamente un personaggio simbolico, ma non per significare la speranza o la Provvidenza, come ritiene qualche commentatore, bensì la grazia illuminante, dono gratuito di Dio, che coopera con l'uomo per condurlo alla vita eterna, alla salvezza (si veda però il Boccaccio: " dovemo intendere per Lucia la divina clemenza, la divina misericordia, la divina benignità ").
Quando il poeta è smarrito nella selva oscura, la Madonna spontaneamente si muove in suo aiuto inviando L. (‛ grazia ' e ‛ luce ') che a sua volta si rivolge a Beatrice: la grazia è donata gratuitamente da Dio, ma non può operare senza la collaborazione dell'uomo, che vi deve impegnare le sue facoltà: volontà di salvarsi (Beatrice e amore) e ricerca dei mezzi necessari (Virgilio - intelletto - cultura e scienza). Non è però dimenticata nell'episodio l'allusione al fondamento etimologico del nome di L. (occhi - luce - grazia), concretizzato negli occhi di Beatrice, che muovono Virgilio ad agire: li occhi lucenti lagrimando volse (If II 116).
Addormentatosi nella valletta amena, D. sogna di essere trasportato in alto da un'aquila, scesa dal cielo come folgore, e deposto alla porta del Purgatorio; ma non è stata un'aquila, bensì L., come gli spiega Virgilio. La stessa grazia dunque, che già l'aveva aiutato a fare il primo passo nella via della purgazione, adesso lo pone in condizione d'incamminarsi per la via dell'illuminazione. E anche qui è un chiaro accenno agli occhi di L.: Qui ti posò, ma pria mi dimostraro / li occhi suoi belli quella intrata aperta (Pg IX 61-62).
Dopo questi due interventi di L. era quasi naturale che D. ritrovasse la santa nell'Empireo accanto a s. Anna, che in ebraico significa " grazia ", di fronte ad Adamo, l'uomo che per primo perdette la grazia, facendo corona a Maria, mediatrice di ogni grazia e simbolo di quella preveniente: è certamente il posto che più le compete per il suo simboleggiare la grazia, ma non può dimenticarsi l'affettuosa devozione personale del poeta.
Bibl. - A. Masseron, Quelques énigmes hagiographiques de la " Divine Comédie ", in " Analecta Bollandiana " LXVIII (1950) 372-375; A. Amore, L., in Enc. Cattolica, VII, Città del Vaticano 1951, 1618-1620; ID., L., in Bibliotheca Sanctorum, VIII, Roma 1966, 241-252.