Salomonio degli Alberteschi, Mario
Nato a Roma nel 1450 e ivi morto forse nel 1533, S. (noto anche come Salamonio, Salamone o Salamoni) è conosciuto soprattutto per il De principatu, dialogo sulle origini del pensiero politico tra un filosofo, un giurista, un teologo e uno storico. Pubblicato postumo nel 1544, questo testo è considerato fondamentale per la riscoperta dell’origine contrattuale del potere. Tale idea, inaugurata dai sofisti e tenuta in vita durante il Medioevo da Tommaso d’Aquino, Guglielmo di Ockham e Marsilio da Padova, fu difesa, ai tempi delle guerre di religione in Francia, dagli scrittori monarcomachi, come Philippe Duplessis-Mornay e François Hotman. Proprio in questo periodo l’opera di S. conobbe un momento di grande fortuna quando fu ripubblicata a Parigi nel 1578 dall’esule fiorentino Jacopo Corbinelli, fautore di Caterina de’ Medici e sostenitore di una «religion politique, à la Florentine, mais [...] homme de bonnes moeurs» (J.-A. de Thou, Historiarum sui temporis, 1° vol., 1604, rist. 1733, p. 196).
Il rapporto tra il De principatu di S. e il Principe di M. è stato valutato secondo diverse prospettive. Chi si è posto in un’ottica di storia letteraria ha enfatizzato le coincidenze tra le due opere – a partire dal titolo, dalla data di stesura (1513) e dalla dedica a un membro della famiglia Medici (il papa Leone X per S.) –, ascrivendo tuttavia il De principatu alla tradizionale letteratura degli specula principum da cui M. dichiarò di prendere le distanze, e indicando come soli punti d’accordo tra S. e M. il rifiuto delle armi mercenarie e il sentimento anticuriale (V. Cian, Un trattatista del Principe a [sic] tempo di Niccolò Machiavelli: Mario Salamoni, 1900). Dal punto di vista, invece, della storia delle idee, si è fatta maggiore attenzione ai contenuti dell’opera e si è rovesciata la prospettiva:
Si può dire che tutto il De principatu è volto a confutare la tesi principale del De principatibus, dato che l’idea contrattualistica nasce per l’appunto come esigenza di dimostrare che la summa potestas non può rivendicare un fondamento estraneo agli individui che formano la società (D’Addio 1954, p. 115).
La teoria di S., infatti, prevedeva l’origine convenzionale dello Stato, quando, per soddisfare i bisogni della società, da Dio creata in perfetta uguaglianza, non era più sufficiente l’opera dei privati, ma era necessario un potere superiore. L’origine del potere risiede dunque nella società, ed è nel suo interesse che il sovrano deve esercitarlo. Lo stesso vale per quel particolare tipo di sovrano che è il papa, la cui autorità non può in nessun modo essere superiore a quella divina, che gli ha conferito l’incarico per mezzo del collegio cardinalizio. Tale giudizio, unito alle frequenti rampogne di S. contro la corruzione ecclesiastica, contribuisce a spiegare, tra l’altro, perché l’opera, nonostante la dedica al pontefice, sia stata pubblicata solo dopo la morte del suo autore.
L’incompatibilità delle prospettive di M. e S. si misurerebbe nel giudizio su Cesare Borgia, dal primo indicato come modello, dal secondo equiparato non a un legittimo principe, ma a un tiranno, per le sue pressioni sul collegio cardinalizio alla morte di suo padre, Alessandro VI (D’Addio 1954, p. 75).
Se non si considera M. semplicemente il primo teorico della sovranità e non si limita lo studio della sua opera al solo Principe, il giudizio può forse essere più sfumato. La critica al potere tirannico dei principi avvicina, infatti, il De principatu a certe pagine filorepubblicane dei Discorsi. Inoltre, se, com’è ben probabile, M. non ebbe mai modo di leggere il De principatu (andato in stampa quando sia M. sia S. erano morti), né S. ebbe modo di tener conto del Principe (iniziato quando il De principatu era ultimato), non per questo un rapporto tra i due autori dev’essere escluso a priori. Non è da scartare, infatti, la possibilità che M. abbia presenziato alla lettura delle Orationes ad priores Florentinos (si citerà direttamente dal ms. della Biblioteca medicea laurenziana, Plut. 51, 19, in quanto l’edizione moderna presenta numerose imprecisioni). Le Orationes furono recitate da S., «summa omnium attentione ac plausu [con somma attenzione e plauso di tutti]» (f. 1r), tra il 21 ottobre 1498 e il 4 aprile 1499, periodo in cui S. fu capitano del popolo a Firenze. Nelle Orationes M., appena entrato in cancelleria, avrebbe potuto cogliere il riferimento a Numa, re nascentis quidem urbis («di una città nascente») e adhuc rudis populi («di un popolo fino ad allora rozzo», f. 2v); l’elogio di coloro che, riunendo i «dispersos mortales», diedero vita alle prime aggregazioni statali, come, tra gli altri, Mosè e Romolo (f. 16 r-v); la celebrazione dei «magni vostri non men che nostri Romani» che «incutevano timore de relligione» e dei «vostri antiqui», che «se exercitavano in militia, prima invadessi l’uso de belligerare con peregrini militi» (f. 27 r). Il riconoscimento dell’origine contrattuale dell’autorità politica e il conseguente limite imposto alla summa potestas del principe portavano S. a mettere i rapporti tra il potere e il popolo al centro delle Orationes, che si concludevano con queste parole:
Né reputate sia in inferior grado per esser gubernation populare subiecta ad vari modi et turbulentie per lo incerto et obscuro vulgo, facile, credulo, suspecto, geloso, timido, ma però più laudabile, quia virtus circa difficillia et ardua; et la populare è vera Republica, id est res populi, non regia, non optimatum, dove se vive secondo primi termini naturali, tucti nascono liberi, tucti in conversazione equali, tucti morono liberi (f. 42r).
Se lo ascoltò, M. avrebbe potuto sottoscrivere il giudizio di S.: anche per lui, infatti, «el vulgo ne va preso con quello che pare e con lo evento della cosa» (Principe xviii 18), ma era altrettanto vero che «quello del popolo è più onesto fine che quel de’ grandi, volendo questi opprimere, e quello non essere oppresso» (Principe ix 6).
Bibliografia: De principatu libri septem nec non orationes ad priores Florentinos, a cura di M. D’Addio, Milano 1955.
Per gli studi critici si vedano: M. D’Addio, L’idea del contratto sociale dai sofisti alla Riforma e il De principatu di Mario Salamonio, Milano 1954; M.A. Salamone, La idea del contrato social en Mario Salamone de Alberteschi. Sus vínculos con la Escuela de Salamanca y el Constitucionalismo inglés, tesi di dottorato in filosofia del diritto, Universidad Complutense di Madrid, a.a. 2004-2005, http://biblioteca.ucm.es/tesis/fsl/ucm-t28421.pdf.