CALANDRA, Sabino
Fratello di Endimio, appartenne alla famiglia di gentiluomini mantovani, di cui numerosi esponenti servirono i duchi di Mantova già a partire dal 1490, succedendo di padre in figlio o di fratello in fratello negli uffici di castellano, segretario, cameriere ducale. Oltre al C. si ricordano, infatti, della famiglia Calandra, Silvestro, Federico, Giovanni Giacomo, segretario di Isabella d'Este, Ippolito, Silvio, Endimio. Ignoriamo l'esatta data di nascita del C. che possiamo tuttavia porre nella seconda decade del sec. XVI.
Il C. era castellano già durante la reggenza di Margherita e del cardinal Ercole Gonzaga, in seguito, sotto il governo di Francesco I (proclamato duca di Mantova nel 1549) e quello del duca Guglielmo; in tale carica fu sostituito poi nel 1567 dal fratello Endimio. L'importanza del suo incarico, mantenuto per più di un ventennio, in un periodo particolarmente delicato e complesso per la storia d'Italia in generale, e la cura e l'attenzione poste dal C. nello svolgimento del suo compito fanno sì che il carteggio da lui tenuto con i vari agenti mantovami operanti presso le altre corti sia particolarmente ricco e interessante.
Vari erano i suoi compiti: doveva tenere la segreteria del duca, occuparsi delle varie cerimonie di corte, fornire di volta in volta suggerimenti e consigli al suo signore, concernenti gli affari di Stato. Già il 31 dic. 1549 al C., "secretario ducale et castellano di Mantov", giungono dettagliate notizie da Roma riguardanti il conclave da cui uscirà eletto, dopo lunghe e faticose trattative, Giulio III. In seguito giunsero al C. saporite relazioni sugli usi e le abitudini del pontefice, nonché sulla politica conciliativa da lui intrapresa sia nei riguardi del Farnese sia di altre famiglie quali i Baglioni e i Colonna, nonché sulla nuova riunione del concilio a Trento, che era stato uno dei punti centrali su cui si erano svolte le trattative durante il conclave. Un'attività che molto assorbì il C. nello stesso anno furono i preparativi per le nozze tra Francesco Gonzaga e Caterina d'Asburgo, nipote di Carlo V. Le trattative a tale scopo erano iniziate già nel 1543 e dimostrano quanto i Gonzaga avessero a cuore un matrimonio di tale livello; esso servì infatti a togliere la corte mantovana dalla situazione stagnante succeduta alla morte di Federico ed acuita dalla successiva reggenza di una donna fiacca e stanca.
Nella preparazione dei festeggiamenti il C. si valse dei consigli di Ferrante Gonzaga, governatore dello Stato di Milano e zio dello sposo. Il C. ci fornisce un dettagliato elenco dei preparativi fatti per le nozze, dei doni in vestiti e gioielli presentati alla sposa, per comperare i quali non si esitò a ricorrere ai prestiti dei banchieri veneziani. Ma l'anno seguente il giovane duca venne a morte: il C. ce ne fornisce dettagliati particolari in una lettera indirizzata al cardinale Ercole Gonzaga.
A Francesco successe Guglielmo, sotto il cui governo Mantova conobbe un periodo di ripresa; in politica estera il ducato gravita nell'orbita imperiale e, attraverso varie vicissitudini e complicati maneggi diplomatici, Guglielmo estende il suo dominio al Monferrato, che, per quanto già dal 1536 assegnato da Carlo V ai Gonzaga, entra a far parte dei loro domini solo dopo la pace di Cateau Cambrésis; in politica interna sempre più il ducato assume l'aspetto di Stato moderno assoluto, sotto la guida ferrea di Guglielmo, energico riformatore e saggio amministratore che anche in campo religioso dimostrò un'autonomia compatibile coi tempi resistendo all'instaurazione dell'Inquisizione e mostrando una certa tolleranza verso gli ebrei, che peraltro, con notevoli somme, contribuivano al buon andamento del bilancio dello Stato. Infatti molti sono i decreti adottati, durante il tempo in cui il C. occupò il suo ufficio, per permettere all'università ebraica qualsiasi attività commerciale. per concedere il permesso a cinque ebrei di riaprire i banchi di prestito su pegno (concessioni del 1º ott. 1557, 1º luglio 1558, 27 apr. 1566) che, chiusi nel 1547, avevano causato un grave danno, alla popolazione costretta ad impegnare fuori dello Stato i propri beni.
Ciò non toglie però che anche i Gonzaga contribuirono all'estirpazione nel proprio Stato dell'"eresia" luterana, e tale atteggiamento è ricollegabile in parte alla posizione subordinata nei confronti dell'Impero assunta dal Gonzaga. In tale quadro è da porsi la pubblicazione della prammatica contro il lusso stesa dal C. e pubblicata per volere del card. Ercole il 25 genn. 1551, e di cui ampiamente ci ragguaglia il C. stesso nelle lettere inviate ai residenti mantovani presso le varie corti sia italiane sia europee. Grande rilievo hanno in questo periodo gli sforzi del duca e del suo segretario C. per migliorare rorganizzazione della vita amministrativa della città. Molte sono le grida scritte di mano del C. e ispirate per ordine dei Gonzaga, contenute nell'Archivio di Mantova, tese ad imporre il rispetto della legge e ad assicurare l'ordine pubblico. Non sempre però tali norme furono rispettate: ad esempio, con una grida del 6 maggio 1551 il C. ordinava, in nome del duca, che le guardie alle porte dovessero annotare per ogni passeggero che entrava in città nome, cognome, patria, luogo di provenienza, alloggio in Mantova e il numero delle armi in suo possesso; ma le tabelle giornaliere dell'ufficio delle guardie alle porte risultano altrettanto sommarie di quelle compilate precedentemente alla grida, malgrado gli sforzi del C. di far rispettare i nuovi ordinamenti.
Sempre nel 1551 grande preoccupazione desta alla corte di Mantova l'atteggiamento di Ottavio Farnese che, privato del feudo di Parma e forte dell'appoggio francese, penetra con le sue truppe nel territorio pontificio. Ferrante Gonzaga, comandante delle forze imperiali, passa alla controffensiva mentre Giulio III, il 22 maggio 1551, priva Ottavio del feudo concessogli. Il C., preoccupato della posizione strategica della fortezza di Sermide, consiglia al duca di abbatterla, per evitare in tal modo che questa possa avere un posto nella lotta tra le due parti coinvolgendo così il duca di Mantova nella contesa. Nel settembre dello stesso anno i Francesi, che per appoggiare Ottavio Farnese muovono attraverso il Piemonte minacciando il Milanese, obbligano Ferrante Gonzaga a difendere non solo il territorio affidatogli dall'imperatore, ma anche gli interessi della sua famiglia nel Monferrato. Nel corso di tali operazioni militari e della guerra di Siena, il cui andamento ha dei notevoli riflessi e riveste grande importanza nei dispacci e nelle relazioni che il C. scriveva per il suo signore, essendo costui schierato dalla parte imperiale ed appoggiando quindi Firenze e Cosimo de' Medici contro Siena sostenuta dai Francesi, i Gonzaga persero il Monferrato, occupato dai Francesi, e da questi riottenuto solo con la pace di Cateau Cambrésis.
Anche per quanto riguarda la corte di Roma il C. viene tenuto minutamente informato: la morte di Giulio III (1555), le misure prese per assicurare la difesa di Roma, il tumulto scoppiato il 27 marzo, le varie posizioni dei partiti spagnolo e francese, il conclave da cui uscirà eletto Marcello II e il successivo che porterà sul soglio pontificio il Carafa sono dettagliatamente riferiti al C. e alcune di queste relazioni sono riportate dal Pastor. Bisogna peraltro tenere presente che la diplomazia gonzaghesca nel corso del sec. XVI si era andata arricchendo di ottimi elementi, per cui da tutte le corti presso le quali il ducato era rappresentato giungevano relazioni accurate, chiare ed acute.
Inoltre il C. manteneva i rapporti con Margherita Paleologa, cognata del card. Ercole, e con Giulia Gonzaga, le cui lettere inviate al C. da Napoli (marzo 1552, ott. 1554 e 16 febbr. 1555) dimostrano la sua stima e il suo affetto nei confronti del segretario ducale.
Per quanto riguarda la personalità del C., si può affermare nel complesso che egli fu senz'altro un ottimo funzionario e svolse il suo ufficio con abilità e destrezza, dimostrando indiscussa fedeltà al suo signore; inoltre esercitò una certa influenza sulle decisioni del duca, come è dimostrato dai consigli suggeriti, per esempio, riguardo alla questione della fortezza di Sermide e per quanto riguardava l'opera intrapresa da Guglielmo per sopprimere l'autonomia di Casale e per conservare il Monferrato contro i maneggi di Emanuele Filiberto. Purtroppo mancano notizie biografiche su di lui, e ignoriamo anche l'esatta data della sua morte, che però possiamo porre intorno al 1567, anno in cui venne sostituito nella carica di segretario ducale dal fratello Endimio.
Fonti e Bibl.: Nuntiaturberichte aus Deutschland, XII, 1553-1559, Berlin 1901, pp. 86, 145, 168, 213, 274; B. Amante, GiuliaGonzaga contessa di Fondi, Bologna 1893, pp. 446, 456, 477 s.; G. B. Intra, Nozze e funerali alla corte dei Gonzaga, in Archivio stor. lomb., s. 3, V (1896), pp. 385 ss.; M. E. Brambilla, Ludovico Gonzaga, Udine 1905, pp. 107 ss.; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, I-II, Paris 1913, ad Indicem; A. Luzio, L'Archivio Gonzaga, Verona 1922, p. 80; P. Torelli, L'Archivio Gonzaga di Mantova, II, Ostiglia 1922, ad Indicem; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1927, ad Indicem; R. Quazza, Mantova attraverso 2 secoli, Mantova 1933, pp. 125, 127; Id., La diplomazia gonzaghese, Milano 1941, p. 40; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, II, Mantova 1955, p. 657; L. Bertazzi Nizzola, Infiltrazioni protestanti nel ducato di Mantova, in Boll. storico mantovano, I (1956), p. 112; II (1957), p. 213; Mantova. La Storia, III, Mantova 1963, ad Indicem.