SANSEVERINO, Ruggero
– Nacque ai primi del Trecento dal ramo dei Sanseverino conti di Marsico, forse da un Tommaso. Nulla è noto della sua formazione. Al momento della sua elezione ad arcivescovo di Bari, aveva i titoli di canonico della cattedrale di Napoli e di cappellano di papa Benedetto XII.
La sua elezione alla cattedra barese fu l’ultima compiuta dai canonici del capitolo; essa avvenne tra il 4 ottobre 1336 (morte di Landolfo I, il predecessore) e il 24 marzo 1337 (conferma di Benedetto XII), e non nel 1338 (secondo l’opinione di Michele Garruba, 1844, p. 269 nota 1). Seguì la consacrazione a Roma, da parte di Pietro Després cardinale Prenestino, con dispensa per il difetto di età e di ordini.
Ottenne nel 1339, certo grazie ai buoni rapporti tra i Sanseverino e re Roberto d’Angiò, un privilegio a proposito di una fiera, che si celebrava in Bari a partire dal 1291, per concessione di Carlo Martello (quando era arcivescovo Romualdo Grisone, che ne consacrò la cattedrale dopo il suo rifacimento); Ruggero ottenne appunto che fosse prolungata da tre a sette giorni. Nel 1340, partecipò con altri arcivescovi – tra cui quelli di Brindisi, Trani e Amalfi – alla consacrazione della chiesa ‘angioina’ di S. Chiara in Napoli, fondata da re Roberto; ricorda l’evento un’epigrafe apposta sulla facciata orientale di quel campanile. La concessione delle decime sulle entrate della bagliva della città di Gioia del Colle (1341) conferma il favore di re Roberto, ma è probabile che l’attribuzione a Sanseverino dei titoli di logoteta e gran protonotario del Regno risalga all’inizio del regno di Giovanna I e non agli ultimi anni del predecessore, morto nel gennaio del 1343, che aveva lasciato scoperte tali cariche affidandole (dopo la scomparsa di Bartolomeo da Capua nel 1328) a sostituti. Sanseverino ricoprì questi uffici, che avevano entrambi ricadute sulla fiscalità barese, almeno nel periodo dal 6 al 20 aprile 1344.
La partecipazione, il 28 agosto 1344, alla solenne investitura della regina Giovanna in S. Chiara a Napoli, celebrata dal legato apostolico Aimeric de Châtelus, conferma il favore di cui Sanseverino godeva a corte e ad Avignone.
In quanto protonotario e logoteta, Sanseverino è citato anche in un paio di documenti del 9 luglio e 21 dicembre 1346, e in un diploma del 7 ottobre dello stesso anno, concernenti la punizione dei responsabili dell’assassinio del principe Andrea d’Ungheria (18 settembre 1345). Nel luglio del 1346, Ruggero interpose certamente i suoi buoni uffici per l’accoglimento della richiesta, avanzata dagli abitanti di Bari, che volevano scongiurare un indebolimento delle difese cittadine. Essi infatti avevano supplicato la regina di annullare l’ordine, emanato dal giustiziere di Terra di Bari, di inviare un contingente di 100 fanti e di 20 cavalieri baresi alla difesa di Barletta, che si temeva potesse essere attaccata («quae timebatur invadi») dalle truppe del re Luigi d’Ungheria, fratello di Andrea (F. Carabellese, La Puglia nel secolo XV, 1901-1907, II, n. 112, p. 174). Il documento del 21 dicembre concerne invece la tutela e il reintegro dei beni demaniali contro gli abusi del baronaggio.
Secondo la tradizione storiografica locale, in quanto arcivescovo Sanseverino non fu privo di zelo personale, ma – frequentemente assente dalla sede – esercitò prevalentemente il governo pastorale mediante l’operato di vicari generali, come un Giovanni de Dalfio, canonico barese, il quale il 26 agosto 1343 emanò una sentenza in favore del monaco benedettino Giacomo de Adria, abate del convento di San Giorgio de Culfo (o del Golfo), in diocesi di Cattaro, che era suffraganea della metropolia di Bari (Codice diplomatico pugliese (CDP), XXVIII, n. 3, pp. 11-14).
Le tracce della sua presenza in sede e dei suoi rapporti con l’ambiente locale sono invero più fitte nei primi anni dell’episcopato. Il 28 aprile 1339, il canonico della cattedrale Goffredo de Corticio, nominava Ruggero suo esecutore testamentario, riservandogli l’assegnazione di un legato (CDP, XXVII, n. 74, pp. 239-242); analogamente si comportò poco dopo (1° luglio 1339) Marino de Corticio, canonico di S. Nicola (e non della cattedrale), e forse imparentato con Goffredo, che incaricò l’arcivescovo di scegliere il sacerdote destinato a celebrare le messe di suffragio (Codice diplomatico barese (CDB), XVI, n. 117, pp. 205 s.). Altri legati egli ricevette dai testamenti di Nicola de Spina e della vedova Churagayta, rispettivamente del 27 agosto 1339 e 22 gennaio 1340 (CDB, XVI, n. 118, pp. 207-209, n. 119, pp. 209-211), e da altri atti di ultima volontà del 1341 (o 1340), come quello di Giovanni Bonicordis, canonico di S. Nicola, per il quale Ruggero garantì presso la curia pontificia l’esatta esecuzione di un suo lascito, riguardante la costruzione di una cappella all’interno della basilica e le eventuali alternative (CDB, XVI, n. 123, pp. 217-221). All’impegno della costruzione di una cappella nella cattedrale di Bari si lega nel 1342 anche l’accettazione, in praesentia, della donazione inter vivos di beni immobiliari a Bitonto, provenienti dal patrimonio di Matteo di Bitonto «medicinalis scientie professor» (CDP, XXVII, n. 88, pp. 278-280). L’arcivescovo Ruggero osservò anche l’antica tradizione di offrire tredici volte l’anno il pranzo ai suoi canonici di Bari, «per quel tempo che se li permetta di far residenza nella sua sede».
Qualche suo atto testimonia inoltre una significativa attenzione alla tutela del patrimonio e dei diritti della Chiesa di Bari: il 27 agosto 1341, ad esempio, Caterina II di Valois-Courtenay – vedova di Filippo I d’Angiò, principe di Taranto – accoglieva la petitio, presentata dall’arcivescovo e dal suo Capitolo, perché impedisse gli abusi praticati dai funzionari regi nei confronti degli abitanti del casale di Santeramo, in quanto vassalli del duomo di Bari (CDP, XXVII, n. 81, pp. 261-264). Nella stessa direzione va letta la riscossione, rivendicata da lui sulle orme dei più recenti predecessori, della decima su tutte le entrate fiscali della città di Gioia del Colle: «... integram decimam omnium iurium, fructuum et proventum ipsius terre Iohe ad Iohensem curiam pertinentium» (CDP, XXVIII, n. 38, pp. 106-109).
Un altro diritto consuetudinario che l’arcivescovo non trascurò di assicurare (anche per l’entità degli introiti che ne derivavano) fu quello concernente le decime giornaliere sui proventi della dogana di Bari e, nella ricorrenza della festività delle Palme, il prelievo annuale per l’acquisto di cento libbre di cera, destinate alla confezione del cero pasquale della cattedrale. A tale scopo egli designò come procuratore, nel 1348 e nel 1350, l’arciprete Angelo de Pollica (ibid., n. 18, pp. 45-51, n. 23, pp. 63-68).
Infine, Sanseverino continuò i lavori di restauro della cattedrale, facendo rivestire di piombo la cupola e costruire il nuovo tetto della navata; donò suppellettili sacre; rinnovò e abbellì (anche con l’anello usato per la sua consacrazione) il reliquiario nel quale si conservava il braccio del patrono san Sabino.
Il 23 maggio 1347, Ruggero fu traslato da Clemente VI alla sede arcivescovile di Salerno, rimasta vacante per la recente morte di Benedetto de Palmerio; forse anche la crisi dinastica conseguente all’assassinio del principe Andrea di Ungheria influì sul suo trasferimento (al quale successe in Bari, sicuramente ante 23 agosto 1347, Bartolomeo Carafa). Nel mese di luglio, stando ai registri pontifici, Sanseverino sborsò 1500 fiorini d’oro per i «communia servitia» (Taxae Episcopatuum et Abbatiarum, 1949, p. 104); il 17 luglio 1347, il capitolo salernitano chiese al papa l’invio del pallio per il nuovo arcivescovo; il 29 ottobre Clemente VI lo autorizzò a sciogliere dalla scomunica, insieme con il vescovo di Cassino, i chierici che avevano favorito il matrimonio fra Giovanna I d’Angiò e Luigi di Taranto, celebrato nell’agosto del 1347 senza il preventivo consenso papale.
A tal proposito, è opportuno ricordare che il papa aveva in precedenza incaricato Ruggero, ancora arcivescovo di Bari, e altri prelati di rappresentarlo (in risposta a una supplica della regina) al battesimo del piccolo Carlo Martello, il figlio postumo di lei e del principe Andrea, nato il 24 dicembre 1345. Ruggero si mantenne dunque estraneo alla rete di intrighi che si svilupparono intorno a Giovanna.
Nell’anno successivo, Ruggero si trovò nuovamente, dopo lungo tempo, a svolgere un ruolo di rilievo nell’agnazione Sanseverino. Fuggiti in Provenza Giovanna d’Angiò e Luigi di Taranto, dopo l’ingresso in Napoli di Luigi d’Ungheria (23 gennaio 1348), i membri della casata – temendone fondatamente vendette e ritorsioni («[eorum] corda sincera non erant», afferma il cronista Domenico di Gravina, Chronicon..., a cura di A. Sorbelli, 1903, p. 42) – tennero consiglio a Salerno in vista del consueto giuramento di fedeltà al nuovo re. Nell’occasione, Ruggero fu designato a presentarsi per primo. Non solo venne accolto benevolmente, ma fu insignito anche della carica di consigliere del re e suo protonotario. Egli pertanto scrisse ai suoi fratelli e agli altri parenti di non avere alcun timore.
Dell’esercizio effettivo della sua carica di protonotario, in tale occasione di nuovo conferita a Ruggero, non ci è pervenuta tuttavia alcuna traccia. Nel giro di pochi mesi, d’altro canto, si registra la partenza di re Luigi per l’Ungheria (27 maggio 1348), a causa dell’aggravarsi del conflitto con Venezia, per il controllo della Dalmazia, e della peste.
Ruggero Sanseverino morì non dopo il settembre del 1348: il 2 ottobre di quell’anno la Chiesa di Salerno era infatti considerata ‘sede vacante’, «per mortem [...] domini Rogerii» (Crisci, 1976, p. 356). Del tutto erronea è dunque l’opinione di chi fissa la sua morte in altra data, magari molto più tarda. La permanenza di Sanseverino sul soglio arcivescovile di Salerno fu quindi abbastanza breve e, pertanto, difficilmente valutabile sul piano locale, dal punto di vista pastorale e amministrativo; gli successe il francese Bertrando de Castronovo, traslato il 7 gennaio 1349 dalla sede arcivescovile di Taranto.
Fonti e Bibl.: Le pergamene del duomo di Bari, 1266-1309, a cura di G.B. Nitto De Rossi - F. Nitti (CDB, II), Bari 1899 (rist. anast. 1964); F. Carabellese, La Puglia nel secolo XV, I-II, Bari 1901-1907; Dominici de Gravina notarii Chronicon de rebus in Apulia gestis, a cura di A. Sorbelli, in RIS2, XII, 3, Città di Castello 1903, p. III; R. Trifone, La legislazione angioina, Napoli 1921; Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo angioino (1309-1343), a cura di F. Nitti (CDB, XVI), Trani 1941 (rist. anast. 1979); Taxae episcopatuum et abbatiarum pro communibus servitiis solvendis..., a cura di H. Hoberg, Città del Vaticano 1949, p. 104; Le pergamene del duomo di Bari (1294-1343), a cura di P. Cordasco (CDP, XXVII), Bari 1984; Le pergamene del duomo di Bari (1343-1381), a cura di M. Cannataro Cordasco (CDP, XXVIII), Bari 1985; Il Libro Rosso di Bari, a cura di V.A. Melchiorre, I-II, Bari 1993.
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