CAETANI, Roffredo
Terzo di questo nome, pronipote del pontefice Bonifacio VIII, nacque intorno al 1270 da Pietro (II), nipote del papa, e da Giovanna da Ceccano. Nulla sappiamo dei suoi primi anni: comunque, la sua educazione dovette essere diretta a prepararlo alla carriera ecclesiastica. Il 28 febbr. 1288 (probabilmente mentre era impegnato nei suoi studi) ottenne un canonicato ad Amiens e nel corso dello stesso anno un beneficio a Sgurgola, presso Anagni, ove si trovavano le più importanti proprietà dei Caetani. Intorno al 1290 - forse ancora studente - era titolare di un canonicato con prebenda ad Anagni, di un altro canonicato ad Amiens e di due benefici a Sgurgola; a questi aggiunse, il 23 febbraio di quell'anno, un canonicato a Chartres.
L'ascesa del prozio al soglio pontificio (dicembre 1294) coinvolse il C. nell'ambiziosa politica territoriale della famiglia. È probabile che allora egli abbandonasse la carriera ecclesiastica per dedicarsi alla realizzazione della politica familiare nell'Italia centrale e nel Regno. La sua nuova attività iniziò con la nomina a rettore del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, come successore del padre, il 31 marzo 1296. Il C. non svolse personalmente i compiti del suo ufficio, ma si fece rappresentare, come già suo padre, da un vicario, Amato di Anagni.
Nella bolla di nomina il C. è indicato come "conte palatino" e questa dignità fu certamente in rapporto con il suo fidanzamento con la contessa Margherita Aldobrandeschi. La contessa (n. 1254 c.) era stata sposata varie volte e da ultimo con Orsello Orsini. La morte di questo nell'ottobre del 1295 consentì a Bonifacio VIII di realizzare un progetto da tempo preparato, in virtù del quale il Comune di Orvieto riceveva dal Papato la contesa zona della valle del lago di Bolsena e rinunciava in cambio alle sue pretese sul contado aldobrandesco. Quest'ultimo doveva passare ai Caetani, mediante il matrimonio del C. con la contessa Margherita, che fu celebrato ad Anagni il 19 sett. 1296. A Roma il C. fu fatto cavaliere e venne festeggiato con un torneo nei pressi di S. Pietro in Vaticano, in mezzo ad una moltitudine di pellegrini; l'episodio scandalizzò profondamente il cardinale Pietro Colonna e fu oggetto di amari versi di Iacopone da Todi ("mandasti tua famigla per Roma andar al salto: / lance andaro rompendo, facendo dança et canto; / … li piligrini tucti scandaliçati fuoro, / maledicendo tuo oro et te e tuo cavalieri"). Quando il C. giunse con la moglie ad Orvieto fu accolto davanti alla città con una grande festa e un torneo (che costarono al papa più di 5.000 fiorini); poi un corteo di cavalieri e di paggi scortò la coppia a Soana nel contado aldobrandesco. Il matrimonio del C. con Margherita, però, al pari della conservazione delle terre aldobrandesche, dovette essere di breve durata. Un precedente marito, o amante, di Margherita, Nello de' Pannocchieschi, era ancora in vita; e ciò offriva un pretesto per invalidare il matrimonio del Caetani. Questa era forse sempre stata l'intenzione di Bonifacio VIII; ma è più probabile che il fallimento del matrimonio fosse dovuto ad una incompatibilità tra i coniugi o alla mancanza di figli.
Come il primo, anche il secondo matrimonio del C. fu preceduto dalla sua nomina ad un ufficio nello Stato pontificio. Intorno al gennaio 1298 (o forse qualche mese prima) infatti fu nominato rettore della Campagna e Marittima e nel febbraio podestà di Terracina "usque beneplacitum"; poco più tardi (15 luglio 1298) fu sostituito come rettore del Patrimonio. Il matrimonio in tal modo predisposto, con la figlia del conte di Fondi, si riallacciava ai rapporti, allora ancora stretti, tra Bonifacio VIII e la corte angioina. Il 3 ott. 1298 il cardinale vescovo di Sabina riceveva istruzioni dal papa di annullare il matrimonio del C. con la contessa Margherita e di concedergli il permesso di sposarsi di nuovo. Un anno più tardi (ottobre 1299) il C. sposò la quindicenne Giovanna dell'Aquila, erede del padre, Riccardo conte di Fondi, morto da poco. Nello stesso tempo prese possesso delle sue nuove terre (comprendenti Traetto, Suio e Itri) che aggiunsero alla signoria dei Caetani in Campagna un bastione meridionale al di là del confine del Regno, bastione al quale il papa aspirava da tempo, a detta dell'inviato aragonese ("et sic habebit comitatum illum, quem diu desideravit"). Ci furono di nuovo festeggiamenti. Nacquero vari figli (tra cui Nicolò, Roffredo [IV] e Cristoforo, e una figlia di nome Francesca) da questo matrimonio che durò fino alla morte di Giovanna avvenuta tra il 1312 e il 1316. Nel 1306-1307 il C. fu coinvolto in una vertenza con la suocera, la contessa Giacoma di Catanzaro, a proposito del possesso di Traetto. Sembra che Giovanna in quell'occasione si sia schierata dalla parte della madre.
Il C. era presente ad Anagni quando Bonifacio VIII fu attaccato dai suoi nemici (7 sett. 1303). Fu fatto prigioniero e rilasciato, insieme col papa, due giorni dopo. Ma la morte di Bonifacio VIII poco tempo dopo (11 ott. 1303) modificò profondamente la posizione del C., il quale, da quel momento, dovette lottare per salvare quanto era possibile della signoria dei Caetani, minacciata dai Colonna e da altri nemici grandi signori feudali di Campagna. Con il padre ed il fratello Benedetto concluse con i Colonna nel 1304-1305 un accordo provvisorio, per la permuta di terre, che però non fu rispettato; il C. si trovò ben presto coinvolto nelle lotte contro la lega formata da Alatri, Ferentino, i signori di Ceccano e di Supino e la famiglia anagnina de Papa (1304). Nell'autunno del 1305 stava reclutando mercenari nel Regno quando una tregua pose termine alla lotta contro la città di Sezze; le clausole della tregua (26 ott. 1305) attestano che il C. si era alleato con le città di Sermoneta, Norma e Bassiano, fedeli dei Caetani, contro Sezze e Trevi. Erano anni difficili per i Caetani e le responsabilità del C. dovettero aumentare dopo la morte del padre, avvenuta nel 1308. Il C. stesso aveva rinunciato alle pretese sul contado aldobrandesco, ove la causa familiare era portata avanti da altri; in Campagna, invece, era il capo principale della famiglia. L'11 ott. 1308 raggiunse un accordo con i signori di Ceccano e quelli di Supino; ma la pace non dovette durare a lungo. Intorno al 1310 combatteva, con l'appoggio di Alatri e di Anagni, contro Ferentino e vari feudatari. Il 20 apr. 1312 Clemente V confermò le clausole della pace conclusa tra i Caetani e i loro nemici che erano state concordate dai cardinali Francesco Caetani e Napoleone Orsini. Ma neanche questa pace venne rispettata; nel luglio del 1314 il C. e il fratello Benedetto tentarono di recuperare Sgurgola che la pace aveva assegnato loro, ma che si trovava allora in mano di un certo Gualgano.
Durante la spedizione italiana di Enrico VII. (1310-1313) e i conseguenti moti ghibellini, i Caetani si trovarono sempre più coinvolti nella vasta alleanza guelfa capeggiata dagli Angioini. Non c'è dubbio che allora il C. e il fratello Benedetto tenessero insieme il rettorato di Campagna e Marittima (ufficio che il C. aveva già ricoperto nel 1298-1303) a nome di Roberto d'Angiò. In seguito Giovanni XXII lamentò che i due fratelli non avevano presentato alcun rendiconto finanziario della loro gestione. Firenze, la principale potenza guelfa in Toscana, assegnò un donativo di 400 fiorini al C. e al fratello alla morte del loro padre (1308), e nel 1312, quando era minacciata dall'esercito di Enrico VII, chiese loro di predisporre truppe per intervenire in caso di necessità. Il C. però non fa chiamato a prestare servizio militare in Toscana nel 1312; fu invece a Roma con una guarnigione nel 1314, in qualità di capitano angioino.
In questo torno di anni era morta la sua seconda moglie Giovanna, e ancora una volta un'alleanza matrimoniale illumina la sua politica e i suoi metodi. Il 17 ott. 1317, a Napoli, raggiunse un accordo con Diego della Ratta, conte di Caserta e gran camerario del Regno, un catalano che aveva fatto una fortunata carriera di condottiero in Italia: l'accordo riguardava la dote di Caterina, figlia ed crede presumibile di Diego (la dote veniva stabilita in 4.000 fiorini) e disponeva che, ove Diego fosse morto senza figli maschi, il C. avrebbe ereditato anche la città di Caserta (tuttavia più tardi Diego ebbe un figlio maschio che divenne il suo erede). Dal terzo matrimonio, concluso con l'assenso di Roberto d'Angiò, nacquero vari figli (due maschi di nome Giacomo e Giovanni).
Sempre più impegnato negli affari del Regno, il C. restaurò e ricostruì Fondi che era in condizioni rovinose. Fu al servizio del re Roberto come comandante militare, con il compito particolare di difendere la costa del Regno nei pressi della frontiera con lo Stato pontificio. Una serie di lettere regie (del 1320, 1322, e 1324) gli affidavano, quale capitano generale, il comando della regione comprendente la città di Gaeta e la zona a sud di essa. In momenti critici gli vennero affidati anche altri incarichi. Così nel maggio del 1326 fu convocato a Napoli, con altri Caetani, per unirsi alle truppe che, agli ordini del duca d'Atene, andavano a combattere contro Ludovico il Bavaro in Toscana. Nel 1328, poi, era nell'esercito angioino che rioccupò Roma, dopo la partenza di Ludovico. Nello stesso anno convinse il Comune di Anagni ad accogliere una guarnigione angioina, di fronte alla minaccia di un'avanzata degli Imperiali. In precedenza, come incombenza derivantegli dalla sua posizione di capo guelfo, aveva ricoperto, sempre con il permesso di Roberto d'Angiò, a Siena, l'ufficio di podestà (gennaio-giugno 1322) e poi quello di capitano di guerra, cariche che coinvolsero il C. nelle lotte cittadine senesi. La sua condotta come comandante delle truppe senesi contro Deo Tolomei, che aveva occupato parte del contado, gli valsero i versi di una sdegnata ballata di un poeta favorevole al Tolomei ("Deh Contin, torna in Campagna…").
Nonostante tutti questi impegni, la maggior preoccupazione del C. rimaneva la difesa delle proprietà familiari in Campagna. Nel 1317 prese parte all'accordo, stipulato nella sua casa di Anagni, in merito alla divisione dell'eredità paterna. La sua porzione (una parte della proprietà paterna restava in comune) comprendeva Pofi, Selvamolle, Torre, Trivigliano, Trevi, Filettino, Vallepietra, Ienne, Carpino, alcune proprietà a Ferentino e terre - che però dovevano essere recuperate - nella zona tra Ferentino e il confine del Regno e nelle montagne tra Veroli e Subiaco.
Negli anni successivi il C. fu impegnato in molte dispute e a volta anche in combattimenti, come ad esempio contro Terracina negli anni 1319-1320. Nel 1327 fu tra i Caetani cui si rivolse il tentativo di pacificazione con i Colonna promosso da Roberto d'Angiò. Fu ad un certo momento in disaccordo con il fratello Francesco, ma poi il dissidio venne sanato. Il testamento di Francesco (morto nel 1330 circa), però, fece sorgere nuove dispute tra il C. ed altri membri della sua famiglia per l'attribuzione delle terre di Sermoneta e Bassiano. Il 29 genn. 1333, tuttavia, il C. raggiunse ad Anagni un accordo con i suoi pronipoti, in virtù del quale egli ricevette Sermoneta e Bassiano (entrambe contesegli dalla Chiesa in base al testamento di Francesco), San Donato, Trevi, Pofi, Gaiatanello, i due terzi di Felice e alcune proprietà ad Anagni. Probabilmente nel 1334 si accordò con la Chiesa per le rendite di Sermoneta e di Bassiano. In questo periodo, ormai anziano, fece donazioni e rilasciò alcune disposizioni relative alla destinazione delle sue proprietà. Morì tra il 23 apr. 1335 e il settembre 1336 e fu probabilmente sepolto a Traetto. Non conosciamo il suo testamento.
Fonti e Bibl.: Acta Henrici VII, a cura di F. Bonaini, II, Firenze 1877, p. 164; Les registres de Nicolas IV, a cura di E. Langlois, Paris 1886-93, n. 7369; Les registres de Boniface VIII, a cura di A. Thomas-M. Faucon-G. Digard-R. Fawtier, Paris 1884-1935, nn. 3479, 5452-54, 5459, 5508-09; Regestum Clementis papae V, Roma 1884-1947, n. 8393; Jean XXII, Lettres communes, a cura di G. Mollat, Paris 1904-1947, nn. 12154, 16097 s., 46515, 62519; Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, I, Berlin-Leipzig 1908, p. 71; Regesta chartarum, a cura di G. Caetani, I, Perugia 1925, pp. 147, 174-176, 246 s.; II, San Casciano Val di Pesa 1927, pp. 5, 11-17, 40, 47, 52 s., 69 s., 75 s., 81 ss., 97, 102; Iacopone da Todi, Laude, a cura di F. A. Ugolini, Torino 1947, p. 79; P. Dupuy, Histoire du differend d'entre le pape Boniface VIII et Philippe le Bel…, Paris 1655, pp. 338, 344; L. Mohler, Die Kardinäle Jakob und Peter Colonna…, Paderborn 1914, pp. 221 ss., 263; G. Caetani, Caietanorum genealogia, Perugia 1920, pp. 52 s., tavv. A-XXXVII s. (contiene però delle inesattezze); R. Caggese, Roberto d'Angiò…, I-II, Firenze 1922-30, ad Indicem;G. Falco, IComuni della Campagna e della Marittima nel Medio Evo, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XLVIII(1925), p. 68 n.; XLIX (1926), pp. 143, 159, 166 s., 172 ss.; G. Caetani, Domus Caietana, I, 1, San Casciano Val di Pesa 1927, pp. 175-178, 191-192, 204, 206-210, 213; G. Falco, Sulla formazione e la costituzione della signoria dei Caetani (1283-1303), in Riv. stor. ital., XLV (1928), pp. 228, 271 s.; G. Digard, Philippe le Bel et le Saint-Siège…, I, Paris 1936, p. 244; D. Waley, Mediaeval Orvieto, Cambridge 1952, pp. 67-71; Id., The Papal State in the thirteenth Century, London 1961, pp. 246 s., 308, 311.