ROE (Return On Equity)
ROE (Return On Equity) Saggio di rendimento (return) sul capitale proprio (equity). È una misura sintetica del profitto ottenuto dagli azionisti di un’impresa. Si ottiene dividendo l’utile netto (net income) per il capitale proprio. Poiché l’investimento in azioni di un’impresa implica incertezza, il ROE dovrebbe essere maggiore del saggio di rendimento in titoli privi di rischio; la differenza dovrebbe rappresentare il compenso per l’assunzione (pro quota) del rischio d’impresa. Gli analisti di bilancio suggeriscono di procedere a scomposizioni dell’indice in più fattori per ottenere preziose informazioni sull’efficienza della gestione dell’azienda e sulle reali fonti della creazione di valore per gli azionisti tramite il ROE. A tale scopo viene molto utilizzato il metodo Du Pont (o identità Du Pont), dal nome dalla nota azienda statunitense che lo elaborò e lo perfezionò negli anni 1920. Esso scompone il ROE nel prodotto di tre fattori: il margine sulle vendite, il tasso di rotazione e la leva finanziaria. Il margine sulle vendite (net margin) è il rapporto fra utile netto e volume delle vendite; il tasso di rotazione dell’attivo (asset turnover) è quello fra volume delle vendite e valore dell’attivo dell’impresa; la leva finanziaria (financial leverage) si ottiene dividendo attivo dell’impresa per il capitale proprio. Il prodotto dei primi due fattori è il ROA (➔). Ne consegue che il ROE si calcola moltiplicando il ROA per la leva finanziaria. Quest’ultima si può anche esprimere come la somma dell’unità (1) più il rapporto debito su mezzi propri (debt equity ratio).
Apparentemente, aumentare la leva finanziaria, cioè l’indebitamento rispetto ai mezzi propri, consente di incrementare il ROE. Peraltro, ciò accade solo se tale modifica non incide sugli altri due fattori del ROE. Un’altra versione più precisa dell’identità Du Pont cerca di chiarire questo punto, introducendo ulteriori fattori nella scomposizione del ROE. In dettaglio, il margine sulle vendite è a sua volta scomposto nel prodotto di 3 fattori: il primo è il rapporto utile netto su utile prima delle imposte; il secondo quello fra utile prima delle imposte e il cosiddetto EBIT (Earning Before Interest and Taxis, l’utile prima delle imposte e degli interessi passivi); il terzo si ottiene dividendo l’EBIT per volume delle vendite. Ciò permette di ottenere preziose informazioni sull’incidenza indiretta della leva finanziaria sull’utile, analizzando in particolare il suo effetto sugli interessi passivi, da un lato, e sulla fiscalità complessiva, dall’altro (in molte legislazioni gli interessi passivi sono deducibili ai fini fiscali dai profitti). Vincoli all’espansione indiscriminata della leva finanziaria sono stati imposti a partire dagli anni 1990 sulle banche e sulle imprese finanziarie che canalizzano il pubblico risparmio; in particolare i protocolli di Basilea I e Basilea II (➔ Basilea, accordi di) hanno imposto limiti collegati alla rischiosità dell’attivo.