LANCIANI, Rodolfo Amedeo
Nacque a Roma il 2 genn. 1845 da Lucia Galarli de Jugellis e da Pietro, ingegnere pontificio, poi ingegnere capo e infine ingegnere delle Acque.
Il recente rinvenimento, nell'Archivio diocesano di Roma, dell'atto di battesimo redatto dal parroco della chiesa di S. Rocco a Ripetta, corregge le precedenti notizie anagrafiche (Montecelio, 1° genn. 1846 o 1847) riscontrabili nella bibliografia anche dal L. direttamente ispirata. Egli sposò nel 1875 Mary Ellen Rhodes, di Providence, Rhode Island, dalla quale ebbe l'unica figlia Marcella, sposata al tenente colonnello Adolfo Orsini. Nel 1920 il L. sposò in seconde nozze Teresa Maria Caracciolo, a sua volta vedova di Marcantonio Colonna, principe e duca di Paliano.
Il L. compì gli studi presso il collegio dei gesuiti di Fano, poi al Collegio romano, dove nel 1863 conseguì la laurea in filosofia; due anni più tardi si laureò in filosofia e matematica presso l'Università di Roma; infine, dopo il triennio di studi presso la Scuola speciale degli ingegneri, ebbe nel 1867 la matricola di architetto civile e, nel 1868, quella di ingegnere civile.
Negli studi archeologici il L. riconobbe un particolare debito di formazione nei confronti di G.B. De Rossi e di C.L. Visconti, nipote del più celebre Pietro Ercole, ultimo commissario alle Antichità dello Stato pontificio. Dal 1866 seguì le esplorazioni che sin dal 1855 i Visconti condussero a Ostia e fu al seguito di De Rossi negli scavi compiuti dal principe A. Torlonia a Porto. Notizie su tali esplorazioni furono edite dal L. nel Bullettino di archeologia cristiana, s. 1, IV (1866), pp. 100-103 e in Annali dell'Instituto di corrispondenza archeologica, XL (1868), pp. 144-195, che costituirono la prima monografia sulla città, corredata da una vera cartografia archeologica.
Queste prime esperienze di scavo ebbero un ruolo determinante nella formazione archeologica del giovane L. per l'elaborazione del metodo di esplorazione su vasta area, per l'interesse allo sviluppo diacronico del sito anche nelle sue fasi postclassiche, per l'accurata ricostruzione della precedente storia degli scavi e delle esplorazioni, per l'attenzione alla precisa documentazione delle scoperte, per la raccolta di un completo dossier delle fonti letterarie, epigrafiche e iconografiche, non solo antiche. Egli tornò a scavare a Ostia tra il 1877 e il 1889 esplorando la vasta area comprendente, tra gli altri, il teatro, il piazzale delle Corporazioni, i quattro tempietti con la vicina casa di Apuleio e il mitreo, le terme e la caserma dei vigili, conducendo un'indagine sistematica, orientata alla ricomposizione del contesto topografico e a una dettagliata documentazione delle scoperte e dei materiali recuperati.
Era ancora al seguito di Visconti quando con lui pubblicò la Guide du Palatin (Torino 1873) dedicata al complesso monumentale indagato da P. Rosa. Fu certamente grazie alla protezione e alla stima di De Rossi e dei Visconti che il L. fu nominato, appena ventisettenne, segretario della Commissione archeologica municipale, l'ufficio municipale di soprintendenza agli Scavi di Roma e del suburbio.
Il L. fu il più giovane componente della commissione, della quale rimase segretario fino al 1890 e membro fino alla morte. Sin dal primo numero del Bullettino della Commissione archeologica municipale, avviato nel 1872 (poi Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma), apparvero suoi interventi su Roma e il suburbio: in questa sede si contano oltre quaranta relazioni su ritrovamenti e più di cinquanta saggi monografici su temi di archeologia, storia della città, scultura, epigrafia, documenti iconografici e archivistici, storia dell'archeologia, con un rilevantissimo contributo all'epigrafia latina dell'Urbe. A partire dallo stesso 1872 il L. curò la miscellanea epigrafica delle numerosissime iscrizioni rinvenute a Roma.
Nel 1875 il L. fu nominato vicedirettore del Museo Kircheriano al Collegio romano, primo punto di raccolta dei numerosi materiali emersi nei cantieri urbani. Egli fu tra i primi e più stimati collaboratori romani di G. Fiorelli, che guidò, dal 1875 al 1891, la Direzione centrale, poi generale, per i musei e gli scavi, il nuovo servizio del ministero della Pubblica Istruzione per la tutela del patrimonio archeologico nazionale. Fiorelli, nel 1876, lo chiamò a far parte dell'Ufficio tecnico degli scavi di antichità: qui il L. assunse incarichi di sempre maggiore responsabilità, giungendo, nel 1886, alla nomina ad architetto di prima classe.
A partire dal 1877 gli interventi del L. a Roma e nella provincia furono innumerevoli: i resoconti delle scoperte furono regolarmente pubblicati nelle Notizie degli scavi di antichità, dove, tra il 1877 e il 1890, pubblicò 87 articoli relativi agli scavi urbani, 72 comunicazioni per le scoperte suburbane e decine di altre notizie relative a centri e località del Lazio, Ostia e Villa Adriana comprese.
Per le speciali competenze riconosciutegli sull'area archeologica centrale, il L. fu nominato alla direzione degli scavi del Palatino (1877) e poi delle vaste esplorazioni che, a partire dal 1878, ricomposero l'unità topografica dell'area archeologica del foro Romano, con l'eliminazione della residua viabilità e l'abbattimento dei bastioni farnesiani.
Le relazioni delle scoperte, spesso veri e propri studi monografici di storia urbana - di particolare pregio i saggi, tutti pubblicati nel Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma, relativi agli edifici componenti la chiesa dei Ss. Cosma e Damiano (1882), all'identificazione della Curia e gli uffici del Senato (1882), alla scoperta dell'Atrium Vestae (1884), alla basilica Emilia (1899-1900), agli horrea piperataria (1900) - furono accompagnate da una documentazione grafica senza precedenti, per la precisione e le caratteristiche della rappresentazione, per la obiettività della documentazione e per la qualità grafica.
La costituzione dell'area archeologica del Foro e del Palatino, uno degli obiettivi della politica archeologica sostenuta dal ministro della Pubblica Istruzione G. Baccelli, precedette la costituzione della "Zona monumentale riservata", la cosiddetta Passeggiata archeologica.
Una commissione guidata da Fiorelli era stata istituita sin dal 1881, ma il "Piano per la sistemazione della zona monumentale riservata di Roma" fu approvato soltanto con la legge n. 4730 del 14 luglio 1887: il progetto, in deroga al piano regolatore del 1883, vincolò a parco archeologico un'area vastissima, dal centro alla periferia cittadina, includendo i principali complessi archeologici urbani.
Il L., quasi costantemente presente nelle commissioni esecutive sin dal 1887, ne assunse la direzione nel 1910: in questa veste scavò i sotterranei delle terme di Caracalla, curò tra il 1916 e il 1917 il laborioso passaggio dell'area dal Demanio dello Stato alla proprietà comunale, e il 21 apr. 1917 ne presiedette l'inaugurazione (La zona monumentale di Roma, in Bull. della Commissione archeologica municipale, XLIV [1916], pp. 196-207).
Tra i più importanti cantieri urbani di competenza statale che videro l'intervento del L., meritevoli di essere ricordati per il particolare valore politico, ideologico e simbolico assunto per Roma capitale furono: l'arginatura del Tevere (1875-1910), significativa per la modernizzazione della città e per le conseguenze sul patrimonio archeologico cittadino; l'isolamento del Pantheon (1881-82), il tempio romano trasformato in chiesa e destinato ad accogliere le tombe reali; la costruzione del monumento a Vittorio Emanuele II (1880-1911), il più impegnativo monumento della nuova capitale d'Italia: sul futuro sacrario nazionale si alimentò una forte polemica sulla conservazione del patrimonio culturale urbano, in difesa del quale, forse anche strumentalmente, si schierarono la commissione archeologica comunale e lo stesso L. (Il monumento nazionale a Vittorio Emanuele, in L'Opinione, 23 genn. 1878).
Nell'ambito del riordino del patrimonio museale cittadino il L. fu impegnato nella realizzazione del nuovo Museo archeologico nazionale, il controverso progetto intorno al quale si mossero i principali protagonisti - Stato e Comune di Roma - in materia di proprietà e gestione del patrimonio archeologico.
L'ambizioso progetto espositivo (per reperire i fondi per il nuovo museo si fece promotore di una sottoscrizione negli Stati Uniti, in seguito assi criticata) elaborato dal L. nel 1888 per la nuova sede che già si andava costruendo in via di S. Gregorio al Celio su progetto di C. Sneider, prevedeva un ampio allestimento secondo criteri topografici e cronologici. Venuta meno ogni possibilità di collaborazione tra Stato e Comune, l'allestimento subì drastici ridimensionamenti, fino a configurarsi come magazzino archeologico, aperto al pubblico nel 1894 (il L. ne riferì in Bull. della Commissione archeologica municipale, XIV [1886], p. 7; XXII [1894], pp. 138-157), ma ultimato, con ulteriori sostanziali varianti, solo nel 1928.
Anche i Musei Capitolini, già interessati da un allestimento provvisorio, ebbero una nuova sistemazione nel 1903-04 da parte dello stesso L., che riordinò le collezioni del palazzo dei Conservatori.
Per questa sua lunga e attiva permanenza nelle istituzioni municipali e nazionali preposte alla tutela archeologica di Roma, il L. fu spesso considerato tra i maggiori responsabili delle gravi perdite provocate al patrimonio archeologico in quella stagione urbanistica: valutazione maturata nel corso degli anni Ottanta del '900, nel contesto, fortemente polemico, del dibattito sugli orientamenti della politica culturale nazionale e municipale intorno alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio archeologico di Roma. Eppure il L. non mancò di esprimere perplessità sui principî urbanistici della nuova pianificazione edilizia (Sulle vicende edilizie di Roma, in Monografia della città di Roma e della Campagna romana presentata all'Esposizione universale di Parigi del 1878, Roma 1878, pp. 1-49), di condannare apertamente la sistematica distruzione delle ville storiche stimolata dai risvolti affaristici della nobiltà romana (Ancient Rome in the light of recent discoveries, Boston 1888; trad. it., Roma 1970, pp. 19 s.), e di sollecitare una maggiore attenzione per il patrimonio archeologico del sottosuolo urbano. Al contempo, nel discorso Sulla conservazione dei monumenti di Roma (in Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche e morali, s. 4, II [1886], 1, pp. 355-369) fece una difesa convinta e orgogliosa dell'operato delle istituzioni nazionali preposte alla documentazione e alla tutela del patrimonio storico della capitale, mentre, nella rubrica del Bullettino dedicata al "movimento edilizio della città in relazione con l'archeologia e l'arte", provvide a documentare le iniziative del Campidoglio in difesa del patrimonio monumentale urbano (Bull. della Commissione archeologica municipale, XIV [1886], pp. 27-41, 79 s.; XVI [1888], pp. 127-137, 159-166). L'insistenza sul tema della distruzione di Roma antica che caratterizzò l'impostazione di questi interventi e di diversi studi (in particolare The destruction of ancient Rome, London-New York 1901) parrebbe proporre una giustificazione storica anche per le radicali trasformazioni di Roma moderna.
Tra il 1889 e il 1890, il L. fu sottoposto a un'inchiesta disciplinare ordinata dal ministro della Pubblica Istruzione P. Boselli, a seguito di segnalazioni da parte di personaggi e istituzioni italiane negli Stati Uniti, riguardo un eventuale suo coinvolgimento nel commercio clandestino di opere d'arte (il materiale documentario è raccolto e commentato in Barnabei - Delpino, 1991, pp. 453-477): il L. fu accusato di avere operato in favore dei musei di Boston e Chicago per l'individuazione, il reperimento e l'acquisto di materiali archeologici da Roma e da altre località italiane.
L'inchiesta - strumentalmente valorizzata dagli ambienti della Direzione generale di antichità e belle arti ostili al L. e in particolare modo da F. Barnabei, che ne fu il vero istruttore occulto - toccò un punto dolente dell'operato professionale degli studiosi e degli antichisti italiani e stranieri in Italia; essa assunse, coinvolgendo anche altri aspetti dell'operato del L., procedure inquisitorie. L'inchiesta, nonostante la difesa dell'indagato e lo scarso riscontro degli elementi d'accusa nelle indagini condotte dalla Pubblica Sicurezza, condusse all'esonero del L. dal servizio alla fine del 1890.
Lasciata anche la segreteria della Commissione archeologica comunale (fu del 24 dic. 1889 l'esonero per i suoi numerosi incarichi e la contestuale nomina a incaricato speciale per gli studi e scoperte di topografia e archeologia romana), al L. rimase l'insegnamento universitario di topografia di Roma antica presso l'Università di Roma: già professore incaricato (1878), poi professore straordinario (1882) e infine professore ordinario (1894), il L. insegnò fino al 1922, dando un contributo fondamentale allo sviluppo degli studi archeologici su Roma e il Lazio in un momento particolarmente significativo per la definizione scientifico-disciplinare dell'Università romana. Sempre nell'ambito dell'attività didattica il L. insegnò presso la R. Scuola italiana di archeologia e partecipò alla commissione ministeriale per il riordinamento della stessa Scuola (1888) della quale divenne presidente del consiglio direttivo nel 1895.
In occasione dell'Esposizione di Roma inaugurata l'8 apr. 1911 gli fu affidata la sezione archeologica, allestita negli spazi del nuovo Museo delle Terme di Diocleziano: il L. volle - forse non inconsapevole del nesso tra lo spirito delle celebrazioni e l'incipiente spedizione militare in Libia - "ricomporre un quadro della civiltà romana, domandando a ciascuna delle sue trentatré province qualche ricordo dei benefici avuti da Roma, sotto i vari aspetti della vita civile e privata, e specialmente nel ramo delle opere pubbliche" (Introduzione, in Esposizione internazionale di Roma, Bergamo 1911, p. 10).
L'iniziativa riscosse un vastissimo successo nazionale e internazionale; i materiali allora raccolti e le potenzialità ideologiche da essi espressi in chiave nazionalistica vennero largamente recuperati dal regime fascista nell'allestimento del Museo dell'Impero, curato da G.Q. Giglioli, inaugurato nel 1929 alla Bocca della verità, e poi nella grande mostra Augustea della romanità aperta nel 1937 al palazzo delle Esposizioni; gli stessi materiali confluirono infine nel Museo della civiltà romana aperto al pubblico a partire dal 1952.
Fu certamente tra le conseguenze del successo delle manifestazioni del 1911, la nomina del L., il 3 giugno dello stesso anno, a senatore del Regno. I suoi interventi al Senato - sostanzialmente concentrati tra il 1911 e il 1920, con una vistosa e forse significativa flessione nel periodo del regime fascista - si caratterizzarono per vivacità e forza polemica e, benché marginali e di dettaglio rispetto al dibattito politico generale, risultano rivelatori degli orientamenti politici e ideologici del L. in materia di politica culturale. L'attività politica del L. si estese anche alle istituzioni capitoline: tra il 1914 e il 1920 egli fu eletto consigliere comunale di Roma; fece parte della giunta composta da conservatori, nazionalisti e cattolici guidata da Prospero Colonna (1914), poi fu assessore effettivo nella giunta guidata dal liberalmoderato Adolfo Apolloni (1919).
Considerevole e degno di ulteriori approfondimenti, fu il ruolo politico svolto dal L. nelle istituzioni capitoline durante la Grande Guerra e all'avvio delle reiterate crisi amministrative che condussero al definitivo scioglimento del Consiglio comunale capitolino nel contesto del nuovo regime (1923). Per le sue specifiche competenze il L. fu nominato dal sindaco Colonna nel 1917 vicepresidente della prima sezione del comitato di storia e arte dell'ufficio X (Antichità e belle arti), poi nel 1919 dal sindaco Apolloni presidente dell'ufficio X e del Servizio delle passeggiate e dei giardini pubblici.
Sono riconducibili a questo particolare impegno politico i discorsi patriottici tenuti dal L. durante il conflitto mondiale: La difesa del confine veneto-istriano sotto l'impero romano (in Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti delle adunanze solenni, III [1916], pp. 9-22) e Disfattismo e resistenza dopo il disastro di Canne (in Nuova Antologia, 1° maggio 1918, pp. 29-33).
L'assidua sorveglianza dei numerosi cantieri archeologici urbani e suburbani, non impedì al L. di affrontare importanti temi di ricerca (l'anno precedente la morte si contavano 639 titoli: cfr. Ashby, 1928), identificando filoni di indagine originali nelle tematiche, innovativi nei metodi, fruttuosi nei risultati, promettenti per gli sviluppi della successiva storia delle ricerca, specificatamente nell'ambito della topografia romana. Le ricerche del L. proposero un approccio "di lungo periodo" alle problematiche di storia urbana, che fu recepito con molti decenni di ritardo.
La personalità scientifica del L. spiccò per vivacità e ampiezza di interessi: dalla preistoria di Roma, allora appena rivelata dalle recenti scoperte della necropoli esquilina (Bull. della Commissione archeologica comunale di Roma, II [1874], pp. 33-88, 195-223; III [1875], pp. 41-56), alla forma, alle istituzioni, alla cultura della città medievale, rinascimentale e barocca: fondamentali i suoi lavori su L'itinerario di Einsiedeln e l'Ordo di Benedetto Canonico (nella collana Monumenti antichi dell'Acc. nazionale dei Lincei, Milano 1890-92, I, 1, pp. 437-452), come anche la storia di alcune importanti famiglie romane, gli studi su vari quartieri della città; la valorizzazione degli archivi notarili per la ricostruzione della topografia e la toponomastica medievale e rinascimentale dell'area dei fori imperiali.
Impossibile rendere conto di tutti i temi affrontati dal Lanciani. Nel 1875 apparve la magistrale pubblicazione sul tempio di Giove Capitolino (in Bull. della Commissione archeologica comunale di Roma, III [1875], pp. 167-189) che finalmente risolse la questione della localizzazione del santuario; nel 1880 ottenne il premio dei Lincei con la monografia dedicata agli acquedotti dell'antica Roma, pubblicata dalla stessa Accademia (Topografia di Roma antica. I comentarii di Frontino intorno le acque e gli acquedotti. Silloge epigrafica aquaria, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Memorie, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 3, IV [1880]): il tema - particolarmente congeniale alla formazione tecnica dello studioso - fu affrontato con ampio e costante riferimento alle fonti antiche; l'originalità del lavoro risalta dal confronto con le precedenti trattazioni antiquarie e dalla feconda stagione di studi che da quel lavoro prese l'avvio nei decenni successivi, in special modo a opera di Ashby e E.B. van Deman.
La "scoperta" e lo studio dei disegni e delle mappe di Roma redatte da artisti e architetti a partire dal Rinascimento - considerati come strumenti storiografici per la ricostruzione della storia della città e del suburbio di Roma - costituì una fra le maggiori acquisizioni dell'archeologia romana della seconda metà dell'800. Sulla scia di De Rossi, e insieme con Chr. Hülsen e Ashby, il L. seppe valorizzare importanti documenti iconografici scovati in archivi italiani e stranieri. Alcuni di questi materiali diedero spunto per approfondire rilevanti temi di topografia romana: Praefectura Urbi (1892); Curia Senatus (1882-83); complesso dei Ss. Cosma e Damiano (1882); tempio del Quirinale (1894) da lui ritenuto dedicato al Sole o a Serapide, in una celebre polemica che lo oppose a Hülsen.
La Forma Urbis marmorea, l'eccezionale documento "cartografico" di Roma antica redatto nel primo decennio del III sec. d.C., fu tra i principali interessi del L.: lo studioso dedicò al documento una serie di impegnativi studi a partire dal 1885 e ne curò, nel 1903, insieme con Hülsen e A. Marucchi, il riordino e la ricomposizione su una parete esterna del palazzo dei Conservatori (Discorso sul nuovo ordinamento della "Forma Urbis", tenuto il 21 apr. 1903, poi confluito in Atti del Congresso internazionale di scienze storiche, I [parte generale], Roma 1907, pp. 111-114; nel 1924 i frammenti originali furono sostituiti da copie).
Imprescindibili per gli studi su Roma antica rimangono le due principali opere elaborate dal L., originalissime nella concezione, straordinarie per l'impianto e per la ricchezza delle informazioni.
La monumentale Forma Urbis Romae, edita tra il 1893 e il 1901 sotto gli auspici dell'Accademia dei Lincei dall'editore Hoepli di Milano (rist., con introd. di F. Coarelli, Roma 1990), rappresentò una sintesi di cartografia storica senza precedenti e ancora insuperata. I 46 fogli in scala 1: 1000 proponevano una cartografia diacronica evidenziata con diversi colori dall'età antica al piano regolatore del 30 giugno 1892, arricchita dalle quote altimetriche dei resti antichi e dei livelli moderni e da annotazioni archivistiche e bibliografiche. La pianta si proponeva quale documentazione oggettiva e affidabile dei resti archeologici e costituì la sintesi di un lavoro di raccolta dei dati iniziato sin dal 1867 e aggiornato fino al 1889 con i risultati degli scavi condotti in merito alla "febbre edilizia" di Roma (Intorno alla grande pianta di Roma antica, in Atti della R. Acc. nazionale dei Lincei. Memorie, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 2, III [1875-76], pp. 296-305).
Costituì un fondamentale contributo alla storia della cultura europea la Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità: dei previsti cinque volumi, destinati alla storia delle scoperte archeologiche di Roma dall'inizio del IX secolo fino al 1870, furono dati alle stampe (a spese dell'autore) tra il 1902 e il 1913 solo i primi quattro (fino alla morte di Clemente VIII nel 1605).
Eccezionale la mole del materiale raccolto, come documenta la presentazione statistica proposta dallo stesso L., nella prefazione al primo volume. La recente riedizione integrale dell'opera, a cura di G. Carettoni, F. Castagnoli, A.M. Colini, A. La Regina, C. Pietrangeli, P. Sommella, F. Zevi (I-VI, Roma 1989-2000), sotto gli auspici dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, ha consentito la pubblicazione anche delle parti lasciate manoscritte dal L. (1605-1878), e di corredare il testo con una ricca serie di illustrazioni per gran parte tratte dallo stessa raccolta Lanciani.
Le ricerche sulla Campagna romana costituirono un altro rilevante capitolo degli studi del L. con diverse decine di saggi dedicati al suburbio e ai dintorni di Roma. Il L. si impegnò anche in un ambizioso progetto di cartografia archeologica su base cartografica IGM 1: 10.000 per il suburbio e 1: 25.000 per l'Agro, già promosso dall'Accademia dei Lincei, ma mai giunto a pubblicazione: la documentazione manoscritta è conservata in Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 13045-13047 e in Biblioteca dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte, Manoscritti Lanciani (per l'elenco di queste carte, Frutaz, 1972, pp. 165 s.). L'iniziativa del L. si inserì nel nuovo filone di ricerche sulla Campagna romana che vide contemporaneamente impegnati G. Tomassetti sulla storia dell'età medievale e P. Rosa nel rilevamento topografico del Lazio; al contempo si istituì la Commissione per la Carta archeologica d'Italia (1889), che prevedeva la documentazione cartografica in scala 1: 50.000 di tutte le presenze archeologiche verificate sul territorio nazionale.
Rappresentò un capitolo a parte della produzione del L. la ricca serie di opere divulgative in lingua inglese, efficace veicolo di conoscenza e promozione del patrimonio culturale italiano presso il pubblico colto internazionale: Ancient Rome in the light of modern discoveries, cit.; Pagan and Christian Rome (London-Boston-New York 1892); The ruins and excavations of ancient Rome (London-Boston 1897); New tales of old Rome (Boston-New York 1901); The destruction of ancient Rome, cit.; Golden days of the Renaissance in Rome (London-Boston-New York 1906); Wanderings through ancient Roman churches (Boston-New York 1924); Ancient and modern Rome (Boston 1925). Esse ebbero un'immensa fortuna editoriale e rappresentarono un esempio di alta divulgazione scientifica raramente eguagliato: nate talvolta dalla raccolta di notizie già edite in riviste anglosassoni o da una serie di conferenze tenute in Inghilterra e negli Stati Uniti, esse affiancarono costantemente la produzione scientifica del L., in ricercata autonomia rispetto all'imperante germanesimo della cultura antichistica italiana dell'epoca.
Il L. morì a Roma il 21 maggio 1929. I funerali ufficiali si celebrarono il giorno seguente; la commemorazione al Senato si tenne il 23 maggio, presente B. Mussolini, in un contesto politico e culturale ormai lontanissimo dalla formazione e dalla personalità dello studioso.
La carriera professionale del L. fu densa di importanti affermazioni. Innumerevoli le onorificenze e i riconoscimenti accademici ricevuti dai più prestigiosi centri di ricerca e istituzioni culturali italiani e stranieri, cui si aggiunsero le lauree ad honorem ricevute da università straniere (Glasgow, Harvard, Oxford, Würzburg), nonché le decorazioni di cui fu insignito in Italia e in vari Stati europei.
L'impressionante messe di materiale documentario raccolta dal L. nel corso della sua vita seguì destini differenti.
Lo schedario personale del L., nell'ordine di migliaia di schede topografiche, fu donato dallo studioso alla Biblioteca apostolica Vaticana nel 1925: ai Vat. lat. 13031-13047 si aggiunsero altri 14 grandi quaderni di appunti (Vat. lat., 15216-15229) organizzati dallo stesso L. a partire dal 1911, di non accertata accessione e identificati nel 1990, sono dedicati alle 14 Regiones urbane, all'epigrafia latina, alla Campagna romana e al Lazio. La recente edizione dei manoscritti (arricchita da schede bibliografiche in appendice: Buonocore, 1972-2000) raccoglie il materiale grafico e le note redatte dal L., oltre a numerose lettere che lo stesso L. aveva incluso nel dossier. A sua volta la biblioteca (contenente anche le raccolte bibliografiche di Visconti e V. Vespignani), la collezione di stampe e disegni per lo più relativi a Roma e al Lazio dal Rinascimento in poi, gli appunti con le foto e i disegni relativi alle sue indagini archeologiche e topografiche e alle sue ricerche archivistiche e bibliotecarie, furono acquistati dallo Stato, per il R. Istituto di archeologia e storia dell'arte a Roma. Dopo varie vicissitudini il Fondo Lanciani possiede ora un regesto sintetico, strumento indispensabile per la consultazione (Muzzioli - Pellegrino, 1991-92 e 1994).
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