Roberto I re di Francia, detto il Pio
I Figlio di Ugo Capeto, è citato da D. in Pg XX 58-60, dove il re Ugo dice ch'a la corona vedova promossa / la testa di mio figlio fu, dal quale / cominciar di costor le sacrate ossa. Ma sussistono alcune difficoltà: infatti non fu R. a impadronirsi del regno dopo la deposizione dell'ultimo Carolingio, ma lo stesso Ugo. Dovrebbe, quindi, qui parlare non Ugo Capeto, bensì Ugo il Grande, padre di Ugo Capeto, e il figlio non dovrebb'essere R., ma il Capeto stesso. Questa soluzione, abbastanza logica, potrebb'essere esatta, e infatti fu adottata dal Vellutello, con riferimento ad autori precedenti, ed ebbe largo seguito. Tuttavia si prospetta una terza ipotesi, che pare la più probabile, cioè che le figure di Ugo il Grande e Ugo Capeto siano state confuse e sovrapposte. Il soprannome " Capeto ", infatti, fu originariamente di Ugo il Grande e fu dato al figlio più tardi, finché non diventò esclusivamente suo. Che ambedue avessero questo soprannome è già noto al Vellutello; la sovrapposizione, per altro, non è opera di D., che, come ha dimostrato il Rajna, riecheggiò voci già esistenti. Si deve notare, inoltre, che la confusione è anche favorita dal fatto che R. fu associato al trono dal padre un anno dopo la sua elezione, nel Natale del 977.
D., quindi, in questa occasione, come in molte altre, non dimostra una conoscenza profonda di fatti e figure lontani dalle vicende della sua Firenze; ma bisogna dire che il poeta ha un solo intento in questo episodio, quello di " interpretare la storia dei re Capetingi come un esempio mostruoso del maggior male che, a suo avviso, affliggeva la terra cristiana " (Bonora). A D., quindi, non importava verificare le notizie a sua disposizione, cosa per altro assai disagevole, quanto procurare degli argomenti alla sua polemica politica. Si può, dunque, concludere che D. alluda a R., unificando Ugo il Grande e Ugo Capeto in una sola persona e interpretando l'associazione di R. al trono come la presa di possesso del potere da parte dei Capetingi.
R., nato a Orléans da Adelaide di Aquitania nel 970, fu educato da Gerberto d'Aurillac (il futuro Silvestro II); regnò dal 996 al 1031. Dopo due matrimoni finiti nell'insuccesso, sposò tra il 1001 e il 1003 Costanza d'Arles da cui ebbe discendenza. Di animo molto religioso, tanto da meritarsi il soprannome di Pio, ebbe grande aiuto nella sua politica dalla Chiesa nazionale, da cui ricevette fedeltà e risorse in cambio di protezione. Re di uno stato non solido, fece molti progressi nell'azione di accentramento regio, reprimendo gli eccessi della piccola feudalità, abbassando la potenza dei grandi duchi e imponendosi quale elemento equilibratore nei contrasti delle famiglie nobiliari. Non poté fare una politica di espansione di grande respiro sia per i contrasti interni sia perché dovette combattere contro la ribellione dei figli. Alla morte di Ottone III avanzò pretese sul titolo imperiale senza alcun risultato; comunque in un incontro con l'imperatore Enrico II (1021) compose varie pendenze tra i due stati. Morì a Melun il 20 luglio del 1031.
Bibl.-A.F. Ozanam, Le Purgatoire. Traduction et commentaire, Parigi 1862, 324; C. Pfister, Études sur le règne de R. le Pieux, ibid. 1885; F. Lot, Études sur le règne de Hugues Capet et la fin du X.e siècle, ibid. 1903, 304 ss.; P. Rajna, Ugo Ciappetta nella D.C., in " Studi d. " XXXVII (1960) 5-20 (già pubbl. in francese in " Nouvelle Revue d'Italie " XXI [1924] 317-330); N. Zingarelli, Il canto XX del Purgatorio, Firenze 1925; C. Varese, Il ventesimo del Purgatorio, in " Studi Urbinati " n.s., XXXI (1957) 23-29; E. Bonora, Il canto XX del Purgatorio, in Stile e tradizione, Milano-Varese 1960; G. Grana, Il canto XX del Purgatorio, Torino 1961.