RITMI BIOLOGICI
(v. ritmo: Biologia, XXIX, p. 459; ritmi biologici, App. IV, III, p. 228)
Unico meccanismo adattativo comune a tutti gli Eucarioti (organismi viventi provvisti di struttura cellulare tipica) è la capacità di scandire il tempo. Sembrava dato consolidato che i Procarioti ne fossero sprovvisti, ma dati molto recenti sembrano affermare il contrario (Huang e altri 1994). Ogni qualvolta viene studiata a fondo un'attività fisiologica (o un comportamento) di qualsiasi organismo uni o pluricellulare, vegetale o animale, si constata che il momento di ''attività'' si ripete dopo intervalli di tempo calcolabili. L'intervallo di tempo fra un momento di attività e un altro può essere di secondi (ritmi elettrici cerebrali), di minuti (ritmi cardiaci, respiratori), di 24 ore (sonno-veglia-sonno), di molti giorni (ciclo mestruale della donna), di 12 mesi (fioritura stagionale delle piante, migrazione degli uccelli, letargo dei mammiferi). Quasi tutti i r.b. in condizioni (sperimentali) costanti dei fattori ambientali (sempre alla luce oppure sempre al buio, con temperatura invariata) presentano le stesse caratteristiche: il r.b. persiste (per tempi sufficientemente lunghi); il ''periodo'' del ritmo non cambia anche quando gli organismi sono mantenuti a temperature relativamente molto differenti. La prima delle due caratteristiche ha portato a ipotizzare che la capacità intrinseca di misurare il tempo sia dovuta alla presenza, negli organismi viventi, di un orologio endogeno che consente all'individuo di stabilire quando "è giunto il momento di svegliarsi oppure di mangiare, anche se nell'ambiente il buio è ininterrotto per settimane". La seconda caratteristica ha portato a definire gli orologi endogeni come ''temperatura compensati''; l'orologio endogeno cioè compenserebbe in qualche modo l'accelerazione metabolica che si ha in aumento di temperatura e la decelerazione che si ha in diminuzione della temperatura.
Quello che rende veramente adattativo e funzionale l'orologio endogeno è tuttavia una peculiare terza caratteristica: la capacità di entrare e restare in fase con i ritmi astronomici. In natura numerosi segnali informano l'individuo che è giorno oppure notte, o che è estate, autunno, inverno, primavera, e pertanto tutta la vita fisiologica e di comportamento dell'organismo è regolata temporalmente da ritmi endogeni opportunamente sovrapposti all'alternarsi del giorno, della notte e delle stagioni. La capacità di utilizzare segnalatori ambientali per entrare e restare in fase con la periodicità astronomica è fondamentale. Infatti, tenendo forzatamente vari organismi in condizioni ambientali assolutamente costanti (per quanto riguarda luce, temperatura, umidità, nutrimento), si è potuto constatare che gli orologi endogeni non sono molto precisi. Per es. i ritmi che, in ambiente naturale, hanno un periodo di 24 ore, dopo pochi giorni di permanenza in ambiente costante mostrano alterazione del periodo che diventa più breve oppure più lungo delle 24 ore. Pertanto i ritmi giornalieri sono stati denominati circadiani (dal latino circa diem); i ritmi di durata molto inferiore alle 24 ore sono detti infradiani e quelli di durata superiore sono detti ultradiani; quelli la cui durata (in condizioni costanti) si approssima ai 365 giorni sono detti circannuali. Non appena gli individui sono riportati in ambiente naturale il ritmo riacquista un periodo di 24 ore. Il significato adattativo della sincronizzazione degli orologi endogeni con i ritmi astronomici è stato ampiamente illustrato (oltre che in App. IV, iii, p. 228) in numerosi volumi sui r.b.: fra tanti, v. Ageno 1979 e Ferraris e Oliverio 1983. Qui basterà citare un solo esempio molto esplicativo: il lampeggiamento delle lucciole ha significato adattativo solo se avviene (come avviene) di notte; se avvenisse, sfasandosi rispetto ai ritmo buio/luce della giornata, nelle ore di luce perderebbe ogni significato adattativo (Goldsmith 1989). Poche sono le odierne ricerche tese a dimostrare quale sia il fattore ambientale usato per sincronizzare i r.b. con i ritmi astronomici. Questo perché era già stata ampiamente dimostrata l'importanza della temperatura, delle maree, delle piogge stagionali e della luce (l'alternarsi del periodo di luce e di buio, e il succedersi di giornate sempre più lunghe oppure sempre più corte fra i due solstizi) come ''trascinatori'' oppure come sincronizzatori di numerosissimi r. biologici.
Le informazioni più interessanti sulla presenza di un orologio e di un calendario endogeno totalmente indipendente dai fattori astronomici sono state raccolte in due zone della terra dove le variazioni sono molto modeste o nulle, propriamente nella fascia tropicale e nel continente antartico, durante il solstizio d'estate (australe). Nella fascia tropicale le variazioni del fotoperiodo sono molto piccole, in particolare fra il 10° di latitudine e l'equatore, dove tutto l'anno il numero di ore luce giornaliere è di 12 contro le 12 ore di buio. Nella fascia tropicale molti mammiferi mostrano ritmi circadiani e circannuali ma non vengono influenzati dai fotoperiodi artificiali loro forniti sperimentalmente allo scopo di provocare anticipo o ritardo del passaggio da uno stato fisiologico a un altro (Heindeman e Bronson 1993). Solo quelli che vivono nelle zone tropicali marginali mostrano qualche risposta fisiologica, peraltro non chiara, e del comportamento al variare artificiale del fotoperiodo (Obrien 1993). Tutti i ricercatori che lavorano su animali che vivono ai tropici concordano nel dichiarare che il r.b. nella fascia tropicale non dipende dal fotoperiodo, ma che non si è neanche trovato, finora, nessun altro fattore ambientale che provochi variazioni ritmiche sia della fisiologia stagionale sia del comportamento di molti mammiferi.
Nel continente antartico, durante il solstizio d'estate (australe), il sole non tramonta mai. Esperimenti su colonie di pinguini alla latitudine di 80° S mostrano ritmi circadiani relativi a cambiamenti quantitativi dell'urea, dei trigliceridi, del colesterolo e di altri parametri. Poiché il numero di ore di luce giornaliere è, per un lungo periodo, di 24 ore su 24, i ricercatori suppongono che i pinguini subiscano l'influenza delle variazioni giornaliere dell'intensità della luce (Ferrer e altri 1994). Altro interessante reperto sulla persistenza di ritmi circadiani in ambiente naturale con luce continua e temperatura costante è stato ottenuto nei giorni del solstizio d'estate sul crostaceo anfipode Orchomene plebs. Esso vive nel mare di Ross (Oceano Antartico) alla profondità di 400 m, dove la luce penetra ma la temperatura non varia, è costante a + 1,8°C. Gli autori di questa ricerca (Harijama e altri 1993) hanno riscontrato in esso un r.b. con periodo di 24 ore con un picco a mezzogiorno e un secondo a mezzanotte, pur restando il sole sempre sotto l'orizzonte.
Negli ultimi anni la ricerca in materia di r.b. ha avuto un forte impulso, tanto da indurre la pubblicazione di una rivista specializzata, il Journal of Biological Rhythms. Nell'uomo, questi studi hanno coinvolto le branche più differenti della medicina, dalla pediatria, con lo studio dell'attivazione dell'attività ritmica nei neonati (Weinert e altri 1994), all'oftalmologia, per i ritmi di flusso dell'umor acqueo indotti dalla melatonina plasmatica (Viggiano e altri 1994), all'angiologia, per le variazioni del flusso sanguigno generale (Spallone e altri 1993) e del microcircolo cutaneo nel corso della giornata, per l'endocrinologia e la neuroendocrinologia, nello studio della variazione degli ormoni tiroidei (Hackney e Gulledge 1994), della melatonina (Zatz 1994) anche in individui sottoposti a fotoperiodi alterati come gli abitanti delle zone urbane artiche (Stokkan e Reiter 1994), per citare solo le problematiche più recenti. La neurofisiologia è quella che ha raccolto la maggior messe di risultati: nei mammiferi in generale e nell'uomo in particolare, il nucleo soprachiasmatico del Sistema Nervoso Centrale (SNC) costituisce una componente cruciale del sistema neuronale che coordina l'organizzazione temporale di numerosi processi biologici (Locatelli e altri 1994). Viene sincronizzato dai cicli luce/buio, responsabili delle variazioni periodiche nell'attività di gruppi di neuroni. Tra questi stanno dimostrando sempre maggiore rilevanza fisiologica i neuroni produttori di vasopressina: mostrano attività sia circadiane sia stagionali, e ci sono evidenze che queste attività si alterano con la senescenza (Hofman e Swaab 1993; Murphy e altri 1993). La sincronizzazione circadiana del nucleo soprachiasmatico del SNC è mediata dalla variazione dell'espressione genica in zone specifiche (Mick e altri 1994): ne sono esempi il livello di mRNA per la preprosomatostatina che si alza alla luce e si abbassa con il buio (Yang e altri 1994) e il livello di messaggero del c-fos e di proteina FOS che variano in funzione della luce: essi sono attivati durante il periodo luminoso e depressi durante la fase oscura del giorno (Schwartz e altri 1994). Nei ratti è stato inoltre dimostrato che l'invecchiamento agisce sia alterando la connessione tra le cellule ritmiche del SNC e i suoi sistemi bersaglio, sia causando il deterioramento delle proprietà ritmiche del SNC stesso (Satinoff e altri 1993). Altre importanti ricerche sui r.b., ancora oggetto di approfondimento, sono quelle utilizzabili in agraria e/o ecologia applicata. Infatti identificare un metodo per sfasare il momento dello sfarfallamento dei parassiti delle piante dal momento della fioritura delle stesse, è il vero obiettivo di molte ricerche di ecologia applicata (Koveos e altri 1993).
Anche le ricerche sulla sensibilità alla luce dell'orologio endogeno umano sono numerose e interessanti. Esso infatti è sensibile anche alla luce artificiale. Questo comporta uno sfasamento di molti ritmi endogeni rispetto ai ritmi ambientali per tutti coloro che alterano fortemente i tempi della veglia e del sonno. È stato anche dimostrato che esporre i soggetti cronici (durante le ore di buio) per cinque ore e per tre cicli consecutivi a luce molto intensa rimette in fase i ritmi endogeni con i ritmi ambientali. Il che può avere importanti implicazioni nell'uso terapeutico della luce (Czeisler e altri 1989).
Molte ricerche sono volte a identificare la localizzazione morfologica dell'orologio endogeno (a livello cellulare, tissutare, dell'organo, dell'individuo) e il meccanismo che sincronizza il ritmo endogeno con i ritmi ambientali. Per la localizzazione, le ricerche più significative sono state eseguite sui mammiferi e sul moscerino Drosophila melanogaster. Quasi tutte sono relative ai ritmi circadiani. Sembra dimostrato che nei mammiferi il nucleo soprachiasmatico dell'ipotalamo sia il sito delle cellule che generano degli evidenti ritmi circadiani in fase con la ritmicità ambientale (Ralph 1990). Infatti l'ablazione del nucleo soprachiasmatico rende aritmici gli animali. Inoltre questi stessi animali riacquistano i ritmi se viene loro impiantato tessuto fetale di cervello che contenga il nucleo soprachiasmatico. Il ritmo neoacquisito mostra sempre un ''periodo'' del tipo del donatore: periodo corto o lungo a seconda del donatore. L'interesse della ricerca oggi è inoltre rivolto a stabilire se esiste o no un master clock (processo oscillatorio centrale) che coordini i numerosi ritmi presenti in un individuo, anche unicellulare: ritmi che sono fra loro molto sfasati. Ad es. la temperatura corporea massima in tutti gli esseri umani si ha nelle ore pomeridiane, quella minima nelle ore antimeridiane, mentre il massimo di escrezione del potassio, sodio, calcio nelle urine, si ha in altri momenti della giornata e il rilascio della vasopressina in altri momenti ancora diversi. Una risposta definitiva ancora non esiste, anche se le ricerche di biologia molecolare sono molto promettenti.
Le ricerche più probative vuoi per la localizzazione dell'orologio endogeno vuoi per l'ipotetica presenza del master clock sono quelle effettuate sulla Drosophila melanogaster (organismo sul quale è stata in gran parte costruita la genetica formale e in parte quella molecolare). R.J. Konopka e S. Benzer nel 1971 sono riusciti a ottenere in questo moscerino tre mutazioni che colpiscono sia r.b. circadiani (lo sfarfallamento e la locomozione) sia ritmi ultradiani (vibrazioni delle ali del maschio durante il corteggiamento, che hanno un periodo di millesimi di secondo). Una delle mutazioni rende il periodo più lungo di cinque ore (cioè lo sfarfallamento avviene ogni 30, anziché ogni 24 ore come nei moscerini selvatici), la seconda accorcia il periodo di cinque ore, la terza mutazione rende l'individuo aritmico. In seguito è stato localizzato, sempre nella Drosophila, il gene responsabile di queste tre mutazioni. Questo gene, definito ''per + '', è sito nel cromosoma X in posizione 3B1-2. Si è individuato il prodotto genico: una proteina di cui si conosce tutta la sequenza dei 1218 amminoacidi. Si è stabilito che il livello della proteina subisce delle oscillazioni circadiane. Si conosce tanto l'RNA normale trascritto dal gene ''per+'' quanto l'RNA trascritto dai geni ''per S'', ''per L'', ''per null'' (v. fig.; S, L, null stanno a indicare le tre mutazioni del gene normale ''+'', rispettivamente periodo corto, lungo, assenza di ritmo). Si conosce anche il ''prodotto'' genico mutato: la stessa proteina nella quale però alcuni amminoacidi sono sostituiti da altri. La differenza è dovuta a una singola sostituzione nucleotidica. Ad es. la mutazione ''per null'' è dovuta a una sostituzione, nella sequenza proteica, della serina con l'asparagina; la mutazione ''per S'' è dovuta alla sostituzione della valina con l'acido aspartico. La mutazione ''per null'' deriva da una traslazione del sito ''stop'' ''amber''. Alcuni ricercatori (Hardin e altri 1990) sostengono inoltre che il livello della proteina PER regola mediante feedback negativo il livello dell'RNA messaggero. Pertanto, secondo numerosi autori, bisogna considerare la proteina PER come la diretta responsabile delle ciclicità circadiane e di quelle ultradiane. Negli ultimi anni, dopo il lavoro di R.J. Konopka e S. Benzer (1971) e fino al 1994, le numerosissime ricerche sui r.b. della Drosophila, regolati dal gene per e dai suoi mutanti, sono rivolte a decifrare la biologia molecolare dell'RNA messaggero e della proteina PER (normali e mutanti) prodotti dal gene per e dai suoi mutanti: ad es., 1) la ricerca della variazione circadiana della ''massa'' molecolare della proteina PER e della sua abbondanza; e le reazioni chimiche responsabili delle sue variazioni circadiane (fosforilazioni multiple, Edery e altri 1994); 2) l'individuazione del ''primo introne'' e della sua posizione rispetto al codone in un frammento di DNA che contiene il gene per (Frisch e altri 1994).
Questi pochi esempi, appena riassunti, servono però a far comprendere quale importanza venga data dai genetisti ai r. biologici. Interessante è il ritrovamento e la mappatura di un altro gene ''aritmico'', il gene tim (dall'inglese timeless). Questo gene è sito sul ii cromosoma di Drosophila in posizione tra il gene dump e il gene dpp (Sehgal e altri 1994). Il gene tim sembrerebbe correlato al gene per nel regolare l'abbondanza della proteina PER e la sua localizzazione cellulare (Vosshall 1994).
Altro gruppo di ricerche molto promettenti è rivolto a indagare il funzionamento dell'orologio biologico che regola i ritmi ultradiani, infradiani e circannuali, e che stabilisce in quale momento della vita dell'individuo deve avvenire un dato fenomeno fisiologico, in quale altro momento deve avvenirne un altro e così via fino all'insorgenza della senescenza e della morte. È a tutti noto infatti che lo sviluppo embrionale − di tutti gli organismi viventi − si svolge secondo un programma temporale oltre che morfologico e funzionale, ed è altrettanto noto che la durata di vita è diversa nelle diverse specie.
Ad es., nell'uovo di riccio di mare, dal momento della fecondazione, la formazione dei ''micromeri'' avviene sempre e soltanto dopo un certo tempo (che sembra calcolato) e indipendentemente dalle segmentazioni precedenti. Malgrado sia ancora sconosciuta la natura dell'orologio che stabilisce il momento della formazione dei micromeri, oggi si attribuisce all'alternanza (ciclica) tra forma ossidata e forma ridotta dei gruppi solfidrilici nelle proteine la sostanziale modificazione del metabolismo cellulare; è questa una modificazione di grande importanza. È stato dimostrato (mediante inibizione del picco di gruppi sulfidrilici) che la formazione dei micromeri avviene sempre e soltanto al quarto picco di -SH dopo la fecondazione (Gilbert 1988).
Anche il motivo della diversa ''durata di vita'' sembra avviarsi a spiegazione: la Drosophila melanogaster infatti vive normalmente non più di un mese. Mediante raffinate tecniche genetiche, L.S. Luckinbill e altri (1988) hanno potuto selezionare ceppi di Drosophila melanogaster con durata di vita molto superiore o molto inferiore alla durata media di vita che viene ereditata geneticamente dalla discendenza. I geni che in Drosophila ''scandiscono il tempo'', determinando una certa durata di vita, sono localizzati in tutti i cromosomi, ma il più importante per quanto attiene il controllo della genetica della longevità è il cromosoma iii, mentre il meno importante è il cromosoma i.
Ultimo gruppo di ricerche molto interessanti è quello rivolto a decifrare la sincronizzazione ritmica fra tutte le cellule dello stesso tessuto e quella fra gli individui di molte popolazioni vegetali e animali. I ritmi sincronizzati sono quelli relativi a gruppi di individui della stessa specie che sono tra loro coordinati nell'iniziare il fenomeno ritmico simultaneamente, nonché nell'avere lo stesso periodo e la medesima ampiezza del periodo.
Ad es., i maschi delle lucciole (delle zone tropicali) per molte ore di seguito, notte dopo notte e per settimane e talvolta per mesi, ''lampeggiano'' in coincidenza talmente perfetta che è impossibile distinguere il lampeggiamento del singolo individuo (Buck 1988). Sembra, addirittura, che i pochi maschi asincroni siano ignorati dalle femmine che ''rispondono'' soltanto a segnali sincronizzati. Anche in questo caso le ricerche indicano che il controllo del ritmo sincronizzato è effettuato dal sistema nervoso.
Si può dunque concludere che i r.b. sono, fra tutti i processi adattativi, non solo incredibilmente diffusi, ma anche di particolare importanza. Infatti, accordare la propria organizzazione temporale interna con le variazioni periodiche dell'ambiente, utilizzando i fenomeni periodici ambientali come sincronizzatori significa raggiungere la massima speranza possibile di sopravvivenza in un ambiente talvolta ostile.
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