RITENZIONE
. È la facoltà che la legge, in casi determinati, concede alla persona, che abbia la detenzione di una cosa altrui, per cagione o in occasione della quale il credito sia sorto, di ritenere la cosa stessa finché il credito non sia soddisfatto. Da tale definizione appare che l'istituto non funziona nel senso che il creditore possa esercitare la propria ragione creditoria facendo sua e ritenendo una cosa qualunque del debitore, ma solo che lo possa quando sussiste un rapporto di connessione tra la cosa detenuta e il credito del detentore. Negli affari commerciali, e per una più spedita tutela dei rapporti di credito reciproco su cui essi si fondano, un diritto di garanzia sulle cose del debitore che si trovino nelle mani del creditore è, assai spesso, stipulato. Ad es., l'assicuratore si riserva il diritto di poter ritenere quanto gli spetta in ordine ai premî sulle somme dovute all'assicurato come indennità.
Dalla dottrina più autorevole è stata giustamente invocata una estensione maggiore del diritto di ritenzione in materia di obbligazioni commerciali, con l'ammissione, in via generale, del principio che il commerciante possa, nei riguardi di altro commerciante con il quale sia in relazione di affari, esercitare un diritto privilegiato di ritenzione, a garanzia dei suoi crediti, sopra tutte le cose mobili del commerciante debitore. Questa larga applicazione dell'istituto si ha già in alcune legislazioni straniere, con ottimi risultati, specialmente nel campo mercantile.
Applicazioni del diritto di ritenzione ammesse nella legge italiana sono le seguenti: 1. a favore del possessore di buona fede convenuto nel giudizio di rivendicazione dal proprietario della cosa (qui, è il riguardo alla buona fede del possessore che fa concedere la ritenzione della cosa per i miglioramenti che egli vi abbia apportati; occorre tuttavia che i miglioramenti siano esistenti al momento della rivendica e che una prova di tale esistenza sia stata già fornita almeno in modo generico: art. 706 cod. civ.); 2. a favore del compratore di una cosa rubata o smarrita se l'acquisto sia stato fatto in una fiera, in un mercato, in una vendita pubblica o da un commerciante di oggetti consimili: il compratore può trattenere la cosa finché non sia stato rimborsato del prezzo pagato (art. 709 cod. civ.); 3. a favore del compratore con patto di riscatto, il quale può trattenere la cosa finché non sia stato rimborsato del prezzo, delle spese e di ogni altro pagamento fatto (art. 1528 cod. civ.); 4. a favore del depositario per le spese eventualmente incontrate a causa del deposito; in ordine a esse è concesso al depositario di trattenere la cosa fino all'intero pagamento di ciò che gli è dovuto (art. 1863 cod. civ.); 5. al coerede che abbia conferito un immobile sino al rimborso delle somme dovutegli per spese e miglioramenti (art. 1023 cod. civ.); 6. all'espropriato per causa di pubblica utilità; questi non è obbligato a cedere il suo diritto se non premesso il pagamento di una giusta indennità (art. 438 cod. civ.; articoli 30 e 48 della legge 23 giugno 1865 sulla espropriazione per pubblica utililà). Alcuni scrittori (R. De Ruggiero) ravvisano un diritto di ritenzione anche nel diritto del creditore anticretico, di ritenere l'immobile dato in anticresi finché non sia soddisfatto del suo credito; ma si oppone giustamente da altri (G. Venzi) che in questo, come in altri simili casi, il diritto di ritenzione costituisce il contenuto stesso del rapporto giuridico: esso è l'esecuzione del contratto, non un diritto accessorio di garanzia.
Si disputa se sia ammissibile il diritto di ritenzione in casi non contemplati dalla legge. Alcuni lo affermano osservando che si tratta di un istituto che ha le sue radici nell'equità e nei principî generali del diritto: suscettibile, pertanto, di estensione analogica. E così ammettono il diritto di ritenzione a favore dell'enfiteuta e del conduttore per miglioramenti apportati al fondo; a favore dell'artefice che ha riparato la cosa per il pagamento della mercede che gli spetta. Altri, con maggiore fondamento, lo negano, osservando che lo ius retentionis costituisce una difesa straordinaria ed eccezionale del creditore - quasi una ragion fattasi legalizzata - e non è per ciò applicabile fuori dei limiti in cui la legge espressamente l'autorizza.
Grave disputa esiste anche circa la natura del diritto di ritenzione: se, cioè, esso sia un diritto reale o personale. Il carattere reale di un diritto importa, com'è noto, che esso possa farsi valere erga omnes. Ora, poiché questa intensa efficacia il diritto di ritenzione ha in alcuni casi, non in altri, si deve considerare un diritto, in via di principio, personale, per quanto partecipante, in determinati casi, della natura dei diritti reali.
Bibl.: G. E. Groskopff, Zur Lehre von Retentionsrecht, Oldenburg 1858; É. Cabrye, Du droit de rétention, Parigi 1860; E. Glasson, Du droit de rétention, in Du droit d'accroissement, ecc., Strasburgo 1862; L. Guillouard, Traités du nantissement et du droit de rétention, Parigi 1895; G. Semeraro, La dottrina del iure retentionis, Roma 1875; A. Manaresi, De iure retentionis, in Arch. giur., XXXIII (1884), p. 172 segg.; A. Guarracino, Il diritto di ritenzione nella legislazione italiana, Napoli 1884; L. Ramponi, Il diritto di ritenzione, in Il codice di commercio commentato, Torino 1922, p. 626 segg. (con ampia bibliografia); G. Venzi, Manuale di dir. civ. it., 3ª ed., ivi 1928; R. De Ruggiero, Ist. di dir. civ., 6ª ed., Messina s. a., III, p. 149.