RISCALDAMENTO (fr. chauffage; sp. calefacción; ted. Heizung; ingl. heating, warming)
È la somministrazione di calore, durante la stagione fredda, agli ambienti abitati, per mantenerne la temperatura ad un livello adatto al benessere fisico delle persone. I sistemi che si usano a tale scopo sono svariati. Si dicono sistemi locali quelli fondati sull'uso di apparecchi fra loro indipendenti (caminetti, stufe a combustibile solido, liquido o gassoso, stufe elettriche), in ciascuno dei quali sia generato il calore che deve essere fornito all'ambiente circostante; qualche tipo di stufa permette però di distribuire aria calda a più di un locale purché tutti situati nelle immediate vicinanze della sorgente di calore. Il sistema di riscaldamento si dice invece centrale (ad aria calda, a vapore, a termosifone), se l'aria calda o il vapore acqueo o l'acqua calda fungono da fluido intermediario che riceve il calore da un centro di produzione per distribuirlo poi agli ambienti di un edificio. Si realizzano anche sistemi centrali misti (vapore-termosifone, vapore-aria calda), nei quali il vapore generato in un gruppo unico di caldaie porta e distribuisce a singoli apparecchi riscaldatori dell'acqua o dell'aria il calore che occorre per far funzionare altrettanti impianti a termosifone o ad aria calda. Altro sistema misto è quello acqua-aria calda, in cui l'acqua trasporta il calore dal centro di produzione a uno o più centri di distribuzione, e l'aria da questi ai locali.
Gli apparecchi riscaldanti cedono calore agli ambienti trasmettendolo sia per convezione all'aria circostante, sia per irradiazione alle superficie affacciate a quelle calde; l'uno o l'altro dei fenomeni può a seconda delle circostanze essere preponderante. Così negli ordinarî caminetti il calore utilizzato è in gran parte quello che il combustibile ardente irradia verso il locale; certe stufe a gas sono costruite in modo che la quantità di calore irradiata è la più importante (talvolta un riflettore rinvia le radiazioni emesse da superficie calde non viste dall'ambiente verso questo); nelle stufe elettriche costituite con resistenze di filo non mascherato, una temperatura convenientemente alta dei fili accresce l'importanza dell'irradiazione (in certi apparecchi un riflettore parabolico, nel cui fuoco è sistemato il corpo riscaldante ridotto a piccole proporzioni, assegna una direzione preponderante ai raggi termici che rinvia). Altre forme di stufe a gas ed elettriche sono invece studiate in modo da far prevalere il fenomeno della convezione. Certe stufe a combustibile solido forniscono calore al locale specialmente in virtù di una circolazione naturale dell'aria che si stabilisce entro condotti i quali presentano superficie calde; ed è questo pure il mezzo col quale è sottratto a certe stufe elettriche ad accumulazione il calore immagazzinato. Nei sistemi centrali o misti ad aria calda il calore è direttamente dato agli ambienti dal fluido intermediario che vi giunge a una temperatura maggiore di quella dell'aria con la quale si viene a mescolare. Nei sistemi a vapore ed a termosifone il fluido scaldante trasmette calore agli ambienti attraverso la superficie delle stufe, comunemente costituite ognuna da un complesso di condotti metallici che il fluido intermediario percorre, mentre, si condensa, se è vapore, diminuisce di temperatura, se è acqua; negli usuali tipi di stufe ad elementi l'entità della convezione deve essere prevalente su quella dell'irradiazione, perché non poche parti delle loro superficie esterne sono affacciate le une alle altre; in altri tipi di stufe la superficie che cede calore è invece in gran parte in un piano, o quasi, e l'importanza della irradiazione risulta accresciuta.
Le stufe che fanno parte di un sistema centrale possono essere sistemate in varî modi nei locali da riscaldare. Se esse stanno in vicinanza del pavimento e presso muri esterni, o meglio se sotto davanzali di finestre, le correnti di aria ascendenti che si formano a contatto delle superficie calde contrastano quelle discendenti che tendono a stabilirsi in prossimità di vetrate o di pareti esterne e che addurrebbero aria più fredda nella zona inferiore dell'ambiente. Si verifica perciò un più lento aumento della temperatura dalle zone inferiori a quelle superiori dell'ambiente, realizzando quindi condizioni più favorevoli al benessere delle persone ed alla limitazione della quantità di calore richiesta per il riscaldamento. Prove eseguite in apposito ambiente sperimentale, di cui due delle pareti potevano artificialmente esser mantenute in condizioni simili a quelle dei muri esterni e le altre a quelle delle pareti interne dei locali scaldati, hanno confermato l'influenza esercitata sulla distribuzione della temperatura sia dalla posizione assegnata alla stufa, sia dalla forma della sua superficie, da tipi diversi di schermi, ecc.
Gli apparecchi in cui circola il fluido intermediario caldo possono anche essere sistemati in modo che il calore sia ceduto all'ambiente o dalla superficie stessa della soffittatura o da superficie immediatamente sottostanti ad essa; la quantità di calore così trasmessa per irradiazione risulta allora molto preponderante rispetto a quella che l'aria riceve per convezione, perché la forma piana o quasi delle superficie calde e la loro posizione, ostacolano l'attività dei movimenti convettivi; lo sviluppo notevole che possono assumere le superficie di trasmissione permette di contenere entro valori moderati la loro temperatura. Se nella struttura muraria di un solaio in prossimità dell'intradosso vengono disposti serpentini di tubo fatti percorrere, per es., da acqua calda, e se questi tubi sono mascherati da uno strato di materiale adatto, la superficie di questo strato è quella che cede calore al locale specialmente per irradiazione. Così pure il calore è ceduto al locale in massima parte per irradiazione quando il riscaldamento è ottenuto per mezzo di placche irradianti, applicate contro la soffittatura, o incassate nella struttura muraria del soffitto; in queste placche il fluido scaldante circola entro canali ricavati nel metallo; le loro facce inferiori piane costituiscono le superficie di trasmissione e possono essere verniciate o anche ricoperte da uno strato di materiale adatto a scopo decorativo. Si può usare come fluido scaldante anche l'aria che può esser fatta circolare in canali ricavati nella struttura muraria; particolarmente adatti allo scopo risultano i solai in cemento armato e laterizî, potendo i laterizî forati stessi costituire i canali in cui circola l'aria calda soffiata da un ventilatore, compiendo un ciclo chiuso. Il calore viene irradiato dalla superficie del solaio. La trasmissione di calore verso l'alto può essere limitata da uno strato di sostanza coibente disposto superiormente. Le superficie delle pareti di un locale, o parti delle medesime, possono essere mantenute a temperature convenientemente alte mediante disposizioni di corpi riscaldanti analoghe alle suddette; quando però le facce che cedono calore siano verticali, la quantità di calore ceduta per convezione deve assumere una certa importanza. Lo stesso si dica se superficie riscaldanti (per es., tubi) sono sistemate al disotto del pavimento.
Nel procedimento usuale di calcolo della potenza da assegnare all'impianto di riscaldamento, se il calore è dato ai locali prevalentemente per convezione, si fissano le condizioni atmosferiche da prevedere all'esterno, e le temperature da mantenere in ognuno dei locali: deve pure essere conosciuto il valore del volume d'aria esterna che la ventilazione artificiale o, in suo difetto, quella naturale (conseguente a non perfetta chiusura delle imposte, a saltuaria apertura di porte, ecc.) fa giungere nell'unità di tempo nel locale considerato: lo stesso si dica del valore del peso di vapore acqueo da unire se del caso ad ogni chilogrammo d'aria da ricambiare. Si eseguiscono i calcoli imponendo che, a regime, la quantità di calore da somministrare nell'unità di tempo a un locale, aggiunta a quelle che possano esservi sviluppate dagli apparecchi d'illuminazione e dalle persone presenti, deve compensare tutte le dispersioni di calore che avvengono verso l'esterno del locale stesso.
I valori delle temperature interne da adottare dipendono in primo luogo dalle destinazioni degli ambienti: in generale è richiesta una temperatura più alta dove le persone stanno in riposo o esercitano un'attività sedentaria. Nei climi temperati si ritengono adatte temperature dell'ordine di 16° a 18° per locali d'ufficio, di riunione, o di abitazione; per officine e laboratorî il limite si può abbassare a 12° ÷ 15°: valori differenti possono essere richiesti dall'età o dalle condizioni di salute delle persone, o da speciali destinazioni degli ambienti. Deve essere tenuta presente la facoltà di adattamento propria dell'organismo umano; in virtù di essa, l'individuo può non risentire scarti anche non piccoli della temperatura, del grado di purezza e dell'umidità dell'aria, dai valori ammessi come normali.
La temperatura esterna da assumere nel computo dei disperdimenti di calore conviene sia adeguata a condizioni mediamente sfavorevoli, ma non d'eccezione; queste ultime, se poste a base dei calcoli, condurrebbero ad accrescere il costo dell'impianto e quello dell'esercizio, senza che siano da attenderne reali vantaggi. Per es., 0° per Roma, + 4° per Napoli, −5°,5 per Milano, −8° per Torino, ecc., sono valori consigliati come convenienti. E dove non risulti sancita dall'uso la temperatura da adottare, dati relativi al clima di molte località, riportati nelle pubblicazioni dell'Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica, forniscono elementi di giudizio per sceglierla.
Si usa fissare le temperature da ammettere nei locali che debbono restare sprovvisti di mezzi di riscaldamento, ma che confinano con ambienti da riscaldare, con criterî consuetudinarî nelle località, e avendo riguardo alla natura e alle condizioni di ciascuno dei locali.
Sistemi locali di riscaldamento. - S'intendono quelli nei quali gli apparecchi che servono alla produzione del calore sono collocati negli ambienti stessi da riscaldare o nelle loro immediate vicinanze. La produzione del calore si ottiene spesso bruciando combustibili solidi (comunemente legna o antracite o coke), meno frequentemente combustibili liquidi (petrolio) o gassosi (gas illuminante) oppure mediante l'energia elettrica.
Caminetti. - V. camino.
Stufe Franklin. - Sono apparecchi costituiti da una cassa generalmente di cotto la cui faccia anteriore presenta una larga apertura per il governo del fuoco; un tubo spesso pure di cotto si stacca dal cielo della cassa e guida i prodotti della combustione in una canna da camino (fig. 1). Queste stufe hanno, come i caminetti, un focolare aperto a fiamma visibile, ma a differenza di questi, cedono un'importante quantità di calore per convezione dalle pareti della cassa focolare e dal tubo del fumo all'aria dell'ambiente e hanno, a parità di altre condizioni, un rendimento più elevato. Le stufe Franklin possono essere costruite come apparecchi a circolazione d'aria o a ventilazione disponendo nel focolare o anche nel tubo del fumo condotti nei quali passa, scaldandosi, aria presa dal locale nel primo caso o dall'esterno nel secondo. Quest'aria per mezzo di bocche viene riversata nel locale e contribuisce al riscaldamento dello stesso. Si migliora così il rendimento dell'apparecchio e nel caso in cui la presa d'aria sia all'esterno, è resa più difficile la formazione di correnti d'aria fastidiose attraverso gli spiragli dei serramenti.
Stufe a combustibile solida. - In questi apparecchi il focolare è completamente racchiuso entro un involucro; la superficie esterna di questo cede il calore all'ambiente; al medesimo scopo serve utilmente, se è di una certa lunghezza, anche il condotto che porta il fumo al camino. I materiali da cui sono costituite le stufe sono principalmente la terracotta, la ghisa, la lamiera di ferro. Nelle stufe in cotto (più diffuse nei paesi dell'Europa settentrionale dove si fanno anche di dimensioni molto grandi) i gas caldi partendo dal focolare percorrono, prima di arrivare al camino, una serie di canali orizzontali o verticali. Esse sono caratterizzate dal fatto che la loro capacità termica è grande e il materiale di cui sono costituite è poco conduttore del calore, per cui si scaldano lentamente e lentamente abbandonano il calore immagazzinato. Se al termine della combustione si chiude l'accesso dell'aria al focolare, la stufa cede il calore immagazzinato in misura graduale e non influenzata da irregolarità della condotta del fuoco. È però difficile la regolazione della quantità di calore che l'apparecchio cede all'ambiente, perché una variazione della quantità di calore svolta nella combustione (che si può ottenere regolando la quantità di aria introdotta nel focolare) non si fa sentire che dopo un tempo più o meno lungo, a seconda della massa muraria dell'apparecchio. La temperatura delle superficie esterne è limitata e tale risulta anche la quantità di calore trasmessa per irradiazione condizioni richieste, affinché il riscaldamento risulti soddisfacente dal lato dell'igiene. Le stufe metalliche hanno caratteristiche diverse da quelle in cotto, sono d'installazione più semplice, occupano poco spazio, hanno una capacità termica molto minore, per cui più rapidamente si portano a regime e più presto la quantità di calore che esse trasmettono varia col variare del peso di combustibile bruciato nell'unità di tempo; così che quando si fa cessare la combustione cessa rapidamente il riscaldamento. Devono essere costruite in modo da evitare che il metallo sia portato a temperature troppo alte, perché ciò oltre ad essere causa di deterioramento provocherebbe cattivo odore nell'ambiente per l'abbrustolimento del pulviscolo atmosferico che si deposita sulle superficie esterne. Se la temperatura delle superficie di trasmissione supera una sessantina di gradi, la quantità di calore trasmessa per irradiazione diventa troppo grande e può riuscire molesta; con stufe di metallo di tipo non razionale questo valore può essere superato assai. Si limita l'eccessivo riscaldamento del metallo rivestendolo internamente di materiale refrattario o anche foggiando la graticola a forma di cestello tenuto a qualche distanza dalle pareti della stufa. Tende allo stesso scopo la costruzione della stufa in ghisa con nervature sulla superficie esterna: si aumenta così il peso del metallo e la superficie di trasmissione, si facilita la formazione di circuiti d'aria ascendenti a contatto di questa e in conseguenza si limita l'aumento della sua temperatura.
La fig. 2 rappresenta un tipo comune di stufa: l'involucro metallico cilindrico è rivestito internamente di materiale refrattario; la griglia G si può per mezzo di un braccio b far ruotare entro un telaio fisso che la contiene, in modo da provocare la caduta della cenere e delle scorie nel sottostante cinerario senza essere obbligati ad aprire la porta dello stesso. La porta p serve per il caricamento del combustibile. Dalla parte superiore si stacca il condotto C che guida il fumo al camino; r è un registro per la regolazione del tiraggio (è bene che esso non possa chiudere completamente il passaggio del fumo affinché non sia possibile che i prodotti della combustione si diffondano nell'ambiente). Stufe di questo genere sono adatte principalmente per la combustione di antracite, coke, litantrace magro; possono servire anche per la combustione di legna; il peso di combustibile in esse contenuto è sufficiente per un funzionamento di molte ore.
L'apparecchio rappresentato in fig. 3 comprende un involucro metallico, focolaio a cestello con sottostante griglia mobile, magazzino del combustibile di capacità sufficiente per il funzionamento di una giornata. Dalla camera di combustione il fumo può, mediante la manovra di opportuni registri, o essere guidato direttamente al camino, oppure essere obbligato, come appare dalle frecce, a discendere nello zoccolo, compiere ivi un doppio giro e risalire al condotto che va al camino. Questo tipo di stufa è specialmente usato per riscaldamento continuo; combustibile adatto è l'antracite; se si tiene in azione la stufa ininterrottamente, occorre che il combustibile impiegato sia povero di materie volatili perché la combustione non si propaghi nella massa contenuta nel magazzino, e che la sua temperatura di combustione non sia troppo alta affinché la combustione si mantenga anche durante la notte. Però se si vuole adoperare il coke è bene mescolarlo con combustibile più facilmente infiammabile.
Si può trasformare una stufa metallica in una stufa a circolazione, fasciandola con un involucro di metallo o di cotto per tutta la sua altezza. L'intercapedine fra la stufa e l'involucro, che deve essere di sezione bene proporzionata, aspira dal basso l'aria dell'ambiente e la riversa scaldata nello stesso attraverso aperture o bocche disposte nella sua parte più alta. Se invece che dall'ambiente l'aria è aspirata tutta o in parte da un canale comunicante con l'esterno la stufa serve, oltre che al riscaldamento, alla ventilazione del locale. L'involucro utile anche per limitare l'irradiazione del calore verso l'ambiente; la circolazione dell'aria a contatto della parete della stufa facilita la sottrazione di calore alla superficie esterna e limita quindi l'elevazione di temperatura della stessa. Le stufe, quando non sono ventilatrici, producono il rinnovamento dell'aria del locale solo per quel tanto che corrisporide al volume occorrente per la combustione e quindi in misura assai scarsa; l'aria nelle vicinanze della stufa risulta facilmente troppo secca, per cui è bene disporre sulla stufa o entro l'involucro (nel, caso di stufe a circolazione) un saturatore (recipiente contenente acqua che per effetto del calore ricevuto dalla stufa evapora).
Stufe a gas. - Sono quelle nelle quali si utilizza un combustibile gassoso (gas illuminante); poiché nella combustione oltre a CO2 e vapor d'acqua si possono formare anche composti nocivi, le stufe debbono essere provviste di camino atto a smaltire all'esterno i prodotti della combustione.
Nei tipi detti a irradiazione si brucia il gas in becchi Bunsen, le fiamme portano all'incandescenza del materiale refrattario disposto sopra esse e foggiato in varie forme. Il calore irradiato da questo materiale costituisce la maggior parte di quello utilizzato per il riscaldamento dell'ambiente. Questo apparecchio presenta il vantaggio della visibilità della fiamma; è adatto per gli ambienti di dimensioni non troppo grandi, nei quali si faccia un riscaldamento saltuario e quindi si voglia sentirne presto l'effetto. Nel caso di apparecchi di dimensioni non piccole l'irradiazione può risultare fastidiosa nelle vicinanze. Nei tipi a convezione o a circolazione d'aria il calore viene trasmesso per la maggior parte per convezione, da superficie di tubi o condotti di metallo. Una seconda forma di stufa comprende una serie di condotti di lamiera metallica che partono da uno zoccolo ove sono collocati i becchi bruciatori e terminano in un cappello dal quale si stacca il camino.
In altra forma di apparecchio, la superficie di trasmissione è, in gran parte, quella di tubi percorsi internamente dall'aria e lambiti esternamente dal fumo; una lastra di rame a forma parabolica serve a dirigere verso l'ambiente parte del calore irradiato dalle fiamme..
Stufe a combustibile liquido. - Sono interamente metalliche ed utilizzano petrolio o alcool che è bruciato in un fornello situato nella parte più bassa dell'apparecchio. Spesso non sono munite di una canna per lo scarico all'esterno dei gas combusti, ciò che, dal punto di vista igienico, è da riprovare.
Stufe elettriche. - La produzione di calore per scopo di riscaldamento si può ottenere mediante l'energia elettrica; per ogni Watt consumato si ottengono circa 0,86 calorie-ora. Vantaggi del riscaldamento elettrico sono i seguenti: l'energia spesa è utilizzata completamente (salvo le perdite nella conduttura di distribuzione) se l'apparecchio nel quale essa si dissipa è collocato nell'ambiente stesso che si vuole scaldare; l'installazione è semplice, la regolazione anche; gli apparecchi si mettono e si tolgono dal servizio con la massima facilità e non richiedono sorveglianza; i radiatori si possono collocare nella posizione più utile per il riscaldamento e si possono facilmente trasportare; quindi la quantità di calore che si spende per scaldare un ambiente può, a parità di altre condizioni, risultare con questo sistema minore che con altri. È prevedibile che questo sistema di riscaldamento sarà sempre più apprezzato in avvenire; ma l'elevato costo dell'energia elettrica ne limita le applicazioni a casi speciali. Nelle mezze stagioni la potenzialità e la durata richieste per il riscaldamento di locali d'abitazione non sono molto grandi e i particolari vantaggi che presentano gli apparecchi utilizzanti energia elettrica ne consigliano l'adozione. Essi risultano poi economicamente preferibili quando si può usare l'energia elettrica durante le ore della notte - nelle quali essa può essere venduta a minor prezzo - per produrre calore che, accumulato, viene poi utilizzato durante la giornata; quando il riscaldamento è limitato ai giorni festivi nei quali l'energia si possa ottenere a basso prezzo (riscaldamento di chiese in certe località); quando si dispone di energia idroelettrica in eccesso e che non può essere impiegata per illuminazione o forza motrice, ecc. Gli apparecchi locali di riscaldamento elettrico sostanzialmente sono costituiti da resistenze in forma di fili o di nastri che, percorsi dalla corrente, vengono portati a temperatura più o meno alta a seconda dei casi e trasmettono calore all'ambiente per convezione e per irradiazione. La resistenza può essere racchiusa in un involucro di vetro (parecchi di questi corpi riscaldanti che hanno la forma di una lampada a incandescenza costituiscono una stufa), oppure essa può essere avvolta su un sostegno di materiale adatto; la temperatura che assume il filo resistente in questi apparecchi è tale che la trasmissione di calore avviene in gran parte per irradiazione (un riflettore può concentrare i raggi in una direzione). Altri tipi di stufa sono costituiti da spirali di filo resistente disposti nell'interno di un involucro di lamiera perforata, oppure da fili disposti nell'interno di placche scaldanti (in questi tipi la quantità di calore trasmessa per irradiazione ha minore importanza che non nei precedenti); si regola la quantità di calore prodotta tenendo inserite in circuito tutte o parte delle resistenze costituenti la stufa.
Nelle stufe ad accumulazione i fili percorsi dalla corrente (per es., fili di nickel-cromo) sono avvolti attorno a lastre e fra queste sono intercalati blocchi di materiale refrattario (per es., di steatite); il tutto è racchiuso in un involucro metallico. L'apparecchio s'inserisce in circuito durante le ore nelle quali si può avere l'energia a basso prezzo, il calore svolto viene per la massima parte immagazzinato, perché è impedita la circolazione dell'aria dell'ambiente attraverso l'involucro; quando poi, mediante un adatto dispositivo, questa circolazione è permessa (e questo normalmente avviene quando durante la giornata la stufa non è inserita in circuito) il calore immagazzinato è sottratto alla massa riscaldata e trasportato nell'ambiente.
Si usa anche introdurre nell'interno di un comune radiatore ad acqua calda una resistenza elettrica (a forma, per es., tubolare) e si ottiene così una forma semplicissima di stufa elettrica. Il radiatore può essere quello stesso che fa parte di un impianto di termosifone; viene utilizzato per il riscaldamento elettrico quando l'impianto, di termosifone non è in attività (naturalmente in tal caso deve essere chiuso il rubinetto che stabilisce la comunicazione con la tubazione dell'impianto). Si costruiscono anche radiatori nei quali l'acqua è riscaldata per mezzo di resistenze elettriche a intervalli di tempo perché quando, per effetto del calore prodotto dalla corrente, la pressione nell'interno del radiatore ha raggiunto un certo valore, automaticamente viene aperto il circuito; quando poi, in conseguenza della trasmissione di calore all'esterno, la pressione è discesa al disotto di un certo limite, il circuito viene automaticamente richiuso.
Impianti di riscaldamento centralizzati nei quali il calore è ottenuto per mezzo di energia elettrica possono, in condizioni speciali, risultare convenienti. Accenniamo, p. es., che in paesi a clima più rigido del nostro il riscaldamento di chiese fu fatto mediante tubi, disposti sotto i banchi, percorsi da vapore, il quale è prodotto in una caldaia elettrica ad elettrodi, alimentata da corrente ad alta tensione (chiesa in Winterthur) o con sistema misto acqua-aria calda essendo l'acqua calda prodotta in una caldaia elettrica ad elettrodi e ad alta tensione (chiesa in Berna). Accenniamo inoltre all'impianto di riscaldamento elettrico, con distribuzione ad acqua calda con pompa, dei locali della Banca Commerciale Italiana, sede di Roma (volume degli ambienti riscaldati circa 37.000 mc., superficie complessiva dei radiatori 840 mq.). Questo impianto fu studiato supponendo che l'energia elettrica sia fornita durante 8 ore della notte e quindi per un funzionamento ad accumulazione di calore. Furono installate 4 caldaie ad accumulazione, munite di elettrodi sistema Mascarini, le quali per una temperatura dell'acqua di 1200 (la pressione in caldaia è di 29 m. di colonna d'acqua) e per una temperatura di ritorno dell'acqua in caldaia di 400 possono immagazzinare circa 6.700.000 calorie.
Nell'esercizio invernale 1922-23 è risultato un consumo di circa 3,25 calorie per metro cubo di ambiente scaldato e per ora. Nelle condizioni di prezzi relative all'anno suddetto il riscaldamento elettrico ha rappresentato in questo impianto una buona economia di fronte ad un esercizio con un impianto a carbone.
Riscaldamento ad acqua calda o a termosifone. - Negli impianti di riscaldamento così denominati l'acqua serve come veicolo del calore che le viene somministrato in una caldaia e sottratto principalmente attraverso le superficie di apparecchi scaldanti, i quali vengono installati negli ambienti che si vogliono mantenere a temperature stabilite. Nei termosifoni detti a circolazione naturale o a gravità l'acqua circola in uno qualunque dei circuiti costituiti dalla caldaia C (fig. 4), da una stufa S e dai tratti di tubo che li riuniscono - e il cui complesso essa riempie completamente - nel senso indicato dalle frecce. Difatti dalla caldaia sale nel tubo i liquido più caldo (e quindi di minor peso specifico) mentre alla stessa ritorna per mezzo del tubo 2 altro liquido il quale ha ceduto calore all'esterno attraverso le superficie dei tubi e della stufa S e quindi ha assunto un peso specifico più grande. Sostanzialmente la differenza di pressione che produce il movimento dell'acqua nel circuito suddetto è dovuta alle differenze di peso specifico che presentano colonne liquide di temperature differenti; per analogia con quello che avviene in un sifone (nel quale però la differenza di pressione motrice è invece dovuta alla diversa altezza delle colonne che ne occupano le branche) è stato dato il nome di termosifone agli apparecchi di cui si tratta. La rete dei tubi si fa comunicare con la parte inferiore di un recipiente V detto vaso di espansione, il quale deve essere situato al di sopra di tutto l'impianto. Di regola questo vaso è in libera comunicazione con l'esterno. Esso serve ad impedire che l'aumento di volume del liquido - conseguente all'aumento della sua temperatura - produca sollecitazioni eccessive nei materiali costituenti l'impianto.
La capacità di questo recipiente si deve stabilire in relazione al volume d'acqua contenuto nell'impianto, in modo che, quando la temperatura raggiunga il valore massimo oppure quello minimo ammissibili, il livello del liquido rimanga ancora a distanze convenienti dal bordo o dal fondo del vaso.
Prescindendo dalle notizie che si hanno sulle disposizioni con le quali nell'antichità l'acqua calda venne usata come fluido trasmettente calore e da quelle che da tempi meno remoti (seconda metà del sec. XVII e prima metà del XVIII) ci sono giunte sulle applicazioni dell'acqua calda per il riscaldamento di serre, si deve far risalire alla 2ª metà del sec. XVIII l'invenzione del termosifone. Difatti nel 1777 Bonnemain ideò, allo scopo di riscaldare un locale destinato all'incubazione delle uova, un apparecchio comprendente caldaia, relativo regolatore della combustione, tubi trasmettenti calore percorsi in discesa dall'acqua circolante per differenza di temperatura e vaso di espansione aperto. Applicazioni del termosifone al riscaldamento di edifici a più piani furono poi fatti dal De Chabannes in Londra verso il 1820. Nel 1830 il Perkins brevettò il termosifone con vaso d'espansione chiuso. Negl'impianti fatti con questo sistema l'acqua circolava per gravità in un circuito costituito interamente con robusto tubo metallico; con questo venivano pertanto formate anche spirali costituenti la superficie attraverso alla quale veniva trasmesso all'acqua il calore prodotto in un focolare e le superficie destinate a cedere calore agli ambienti; poiché il vaso d'espansione era chiuso, l'acqua poteva essere riscaldata in funzionamento normale fino, ad es., a 180° ÷ 200° senza che ne venisse provocata l'ebollizione.
Verso la metà del sec. XIX si diffuse poi un altro sistema di termosifone a circolazione naturale nel quale la pressione che si poteva stabilire nella parte più alta della rete dei tubi veniva limitata per mezzo di una valvola caricata con un peso. L'acqua poteva così essere riscaldata fino ad una temperatura dell'ordine di 1100 - 1400 senza bollire.
Nei termosifoni a gravità, nei quali il vaso d'espansione è in libera comunicazione con l'esterno, la pressione che può sussistere nella parte più bassa dell'impianto è limitata dall'altezza della colonna soprastante, e la temperatura media delle superficie riscaldanti può essere facilmente contenuta, in condizioni normali di funzionamento, entro valori convenientemente limitati. Per queste ed altre ragioni nei moderni impianti a circolazione naturale destinati al riscaldamento di locali abitati si adotta di regola il sistema con vaso d'espansione aperto. Se l'edificio è a più piani (figg. 5 e 6) la caldaia C viene installata nel sotterraneo, il vaso di espansione V nel sottotetto, le stufe S, situate nei diversi piani e a non grande distanza da una stessa linea verticale, vengono inserite fra tubazioni verticali 3 e 5 (sistema a due tubi), comunicanti le prime coi condotti 2 distributori dell'acqua calda e le seconde coi collettori 6 dell'acqua fredda. La circolazione avviene nel senso indicato delle frecce. Nella fig. 5 è rappresentato lo schema d'impianto con distribuzione dal basso; le tubazioni 2 e 6 sono disposte nel sotterraneo e in salita a partire dalla caldaia, il vaso d'espansione comunica con la condotta di ritorno. Negli impianti con distribuzione dall'alto (fig. 6) i condotti distributori dell'acqua calda vengono disposti in alto (per es. nel sottotetto) e in salita verso il vaso di espansione; quelli di ritorno nel sotterraneo. La disposizione d'impianto rappresentata schematicamente nella fig. 7 si denomina ad un tubo perché gli apparecchi scaldanti, situati ad altezze diverse ed in prossimità delle tubazioni 3 discendenti, vengono inseriti in derivazione su tratti di queste; naturalmente l'acqua giunge alle stufe situate nei diversi piani dell'edificio con temperature diverse e decrescenti col decrescere dell'altezza. Nella fig. 8 è infine rappresentato uno schema d'impianto a due tubi con distribuzione dall'alto nel quale le mezzerie delle singole stufe stanno di poco al disopra della mezzeria della caldaia; esso è applicato, per es., quando si vogliono riscaldare con impianti separati i singoli appartamenti di una casa d'abitazione.
In uno stesso impianto le condotte possono anche - quando esigenze speciali lo consiglino - essere sistemate in parte secondo uno e in parte secondo un altro dei sistemi ai quali si è accennato e questi possono anche essere modificati. Per es., il sistema di distribuzione a un solo tubo è stato realizzato anche inserendo le stufe situate allo stesso livello in derivazione su tubazioni disposte sotto il pavimento. Le condotte sono generalmente costituite da tubazioni di ferro. Le variazioni di temperatura che esse subiscono, principalmente a seconda che siano o non siano tenute in azione, dànno luogo a variazioni della loro lunghezza. Affinché non possano derivarne sollecitazioni del materiale tali da comprometterne la resistenza e la tenuta dei giunti, i tubi - di diametro non troppo piccolo - vengono sostenuti per mezzo di dispositivi che permettano spostamenti nel senso longitudinale e talora anche trasversale (per es., per mezzo di catenelle o di manicotti collegati con parti flessibili ai pezzi fissati nei muri o nei soffitti, o anche per mezzo di supporti scorrevoli su rulli, ecc.).
Se una tubazione viene fissata mediante attacchi rigidi in alcune sezioni scelte convenientemente e se tra queste essa presenta un andamento curvilineo o a zig-zag opportunamente studiato, le variazioni di lunghezza così consentite bastano spesso ad evitare che si producano sforzi eccessivi. Nelle lunghe condotte rettilinee si possono poi intercalare compensatori di dilatazione a forma, p. es., di un Ω o di un ??? le cui branche aprendosi e chiudendosi permettono spostamenti delle estremità dei tubi fra le quali sono inserite. Occorre poi eliminare la possibilità che l'aria, la quale viene spostata dall'acqua quando si riempie l'impianto oppure si libera da questa durante il funzionamento, ostacoli o eventualmente impedisca la circolazione del liquido; a tale scopo le condotte si dispongono come è indicato schematicamente nelle figg. 6, 7 e 8, affinché venga facilitato il moto ascensionale dell'aria verso il vaso d'espansione. E le parti dell'impianto nelle quali questa possa rimanere accumulata (per es., stufe, tratti di condotte nelle quali non si siano potute evitare le contropendenze, ecc.) si muniscono di rubinetti che permettano di scaricarla all'esterno. Ma il mezzo più sicuro per eliminare l'aria consiste nella disposizione di tubi d'aria i quali, dipartendosi dagli spazî nei quali essa si può raccogliere, sbocchino nell'atmosfera ad un'altezza superiore a quella alla quale l'acqua può giungere; nella fig. 5 i tubi 8,8, che per mezzo del collettore 9 comunicano con la parte del vaso di espansione soprastante al massimo livello dell'acqua, servono appunto a permettere che l'aria dalle estremità superiori delle condotte ascendenti possa sfuggire all'esterno.
Nelle condotte si debbono installare organi d'intercettazione i quali permettano d'isolare parte dell'impianto, per es., a scopo di riparazioni. Così si può intercalare un rubinetto o una valvola tanto sul tubo d'ingresso quanto su quello d'uscita di ciascuna stufa (il primo serve generalmente anche per la regolazione della temperatura degli ambienti); spesso però viene installato soltanto il primo e in tal caso conviene disporre valvole, le quali permettano d'intercettare le comunicazioni fra le tubazioni verticali e i condotti distributori principali.
Naturalmente occorre proteggere le tubazioni contro il disperdimento di calore verso l'esterno o verso gli ambienti che non debbono essere riscaldati; a tale scopo esse vengono rivestite con strati di sostanze termocoibenti e resistenti alle temperature alle quali debbono essere portate.
Per riscaldare l'acqua si usano caldaie di lamiera di ferro o d'acciaio e caldaie di ghisa. Le prime vengono costruite in forme simili a quelle dei generatori di vapore; i tipi che si adoperano più comunemente sono a grande corpo orizzontale e focolare interno (Cornovaglia). Essi, per la grande massa d'acqua contenuta, risultano specialmente adatti in quei casi nei quali sono prevedibili variazioni brusche e notevoli nella richiesta di calore. Spesso la caldaia viene munita (specialmente negl'impianti di piccola e di media importanza) di una tramoggia atta a contenere una conveniente riserva di combustibile.
Sono molto diffuse le caldaie di ghisa. Con questo materiale si costruiscono caldaie verticali a focolare interno di piccola superficie, che vengono, per es., usate negl'impianti destinati al riscaldamento di un solo appartamento.
Più spesso le caldaie di ghisa sono costituite con elementi uguali fra di loro (salvo quello anteriore formante la facciata e quello di fondo) riuniti in numeio diverso a seconda della superficie che si vuole ottenere.
Le caldaie sono di regola provviste di un apparecchio che è destinato a regolare l'attività della combustione in modo da correggere le variazioni che la temperatura dell'acqua calda verrebbe a subire quando variasse la quantità di calore che deve essere somministrata agli ambienti. Si costruiscono tipi svariati di tali regolatori.
Accenniamo al principio sul quale è fondato il funzionamento di uno di tali regolatori: un bulbo metallico contenente un liquido molto dilatabile pesca nell'acqua della caldaia a breve distanza dalla sua sommità. Le variazioni di volume che il suddetto liquido subisce quando cambia la temperatura dell'acqua calda vengono utilizzate per provocare lo spostamento di un organo il quale, con l'intermezzo di braccio e di una catenella, regola l'apertura, per es., della porta del cinerario e in conseguenza la quantità d'aria che alimenta la combustione.
La quantità media di calore che giornalmente deve essere data agli ambienti varia notevolmente durante il periodo del riscaldamento invernale, riducendosi in buona parte dello stesso alla metà (o a meno della metà) della massima. Conviene dunque, quando le condizioni d'impianto lo permettano, frazionare la potenza richiesta installando più di una caldaia, eventualmente anche di diversa superficie. In questo caso conviene disporre tanto sul tubo d'ingresso quanto su quello di uscita di ciascuna caldaia, una valvola per poterla isolare (anche a scopo di riparazioni) senza che si debba sospendere il funzionamento di tutto l'impianto. Si deve però in tal caso eliminare la possibilità di danni che si verificherebbe quando per inavvertenza la caldaia fosse messa in azione e le valvole suddette fossero rimaste chiuse, venendo in essa a prodursi pressioni non previste. Servono a tale scopo dispositivi di sicurezza i quali, per es., stabiliscano in modo permanente adatte comunicazioni fra la caldaia e l'esterno oppure le stabiliscano o le tolgano in conseguenza delle manovre stesse che si fanno per chiudere o aprire gli organi d'intercettazione suddetti.
Gli apparecchi di riscaldamento possono essere costituiti da tratti di tubo liscio disposti orizzontalmente o quasi e inseriti fra collettori di estremità, oppure piegati a serpentino. Apparecchi di questo genere possono facilmente avere uno sviluppo notevole in senso orizzontale e limitato in senso verticale; quando, p. es., essi vengano disposti in prossimità di muri esterni al disotto di grandi vetrate servono bene per ostacolare la formazione di correnti d'aria fredda. Svariate altre forme di apparecchi riscaldanti sono state usate, tra le quali: tubi di ghisa muniti di alette sulla loro superficie esterna; recipienti in metallo, p. es., di forma cilindrica, disposti con l'asse verticale e riuniti mediante collettori di estremità; stufe ottenute riunendo tratti di condotti o di cassette in ghisa orizzontali e munite di nervature esterne, ecc.
Le alette sono utili allo scopo di aumentare la quantità di calore trasmesso dall'apparecchio; quest'ultimo risulta però poco estetico, trattiene più facilmente la polvere ed è di più difficile pulizia. Attualmente è molto diffuso l'uso di stufe ad elementi di ghisa, denominate radiatori, con superficie esterna liscia verniciata. Si costruiscono svariati tipi di elementi che differiscono fra di loro per la forma, le dimensioni, il valore del rapporto fra il volume d'acqua che essi contengono e la loro superficie esterna.
Con una scelta opportuna del tipo e del numero degli elementi si possono costituire apparecchi riscaldanti i quali, oltre a presentare superficie prestabilite, possono soddisfare particolari esigenze, quali lo spazio disponibile, la limitazione del tempo occorrente affinché vengano risentiti negli ambienti gli effetti di una regolazione della temperatura con la quale l'acqua esce dalla caldaia, ecc.
Nella fig. 9 sono rappresentati alcuni tipi costruiti dalla Società nazionale dei radiatori.
Si costruiscono anche apparecchi riscaldanti a elementi formati con lamiera d'acciaio saldata; essi risultano leggieri e risulta piccolo il rapporto fra il peso d'acqua che essi contengono e la loro superficie. I radiatori vengono o posati sul pavimento o fissati a mensole infisse nei muri. Talvolta poi sono collocati entro nicchie praticate nei muri oppure entro involucri perforati o muniti di luci atte a permettere la circolazione dell'aria; in queste condizioni risulta meno agevole la loro pulitura.
Gli apparecchi riscaldanti vengono comunemente inseriti fra le condotte in modo che l'acqua entri negli stessi dall'alto e ne esca dal basso. Si può anche collegare tanto il tubo d'ingresso quanto quello di uscita dell'acqua con la parte più bassa dell'apparecchio; la distribuzione della temperatura risulta più uniforme col secondo sistema che con il primo, ma viene anche aumentata la possibilità che resti aria accumulata nella parte più alta dell'apparecchio (a meno che non venga provvisto con valvole o con condotte apposite a sfogarla all'esterno).
Come si è già accennato, sul tubo d'ingresso viene intercalato un rubinetto o una valvola che serve anche per la regolazione. È preferibile che questo organo sia costruito in modo da permettere di graduare la portata della vena liquida (per regolare la temperatura degli ambienti) e d'intercalare nel circuito una resistenza addizionale appropriata, ciò che si fa (quando si prova l'impianto) allo scopo di ottenere una conveniente uniformità delle condizioni di funzionamento dei diversi radiatori.
Termosifoni a circolazione forzata. - Sono così denominati quei sistemi di termosifone che comprendono dispositivi atti a produrre differenze di pressione motrici maggiori, anche notevolmente, di quelle che risultano dalle differenze di temperatura sussistenti fra colonne ascendenti e discendenti. Essi risultano naturalmente alquanto più complessi di quelli a circolazione naturale, ma presentano, di fronte a questi, vantaggi che in certi casi ne consigliano e talvolta ne impongamo l'adozione.
Accenniamo ai più importanti: l'acqua può essere fatta circolare con velocità relativamente elevate e col crescere della velocità risulta più piccolo, a parità di altre condizioni, il peso d'acqua contenuto nell'impianto, più facile la regolazione centrale del riscaldamento degli ambienti, minore la durata del tempo occorrente per portare l'impianto a regime; il costo degli apparecchi utilizzatori diviene anch'esso più piccolo (perché il salto di temperatura che l'acqua subisce nell'attraversarli può essere contenuto entro limiti più ristretti) e tale diviene anche quello delle tubazioni.
Il poter disporre di una differenza di pressione motrice elevata permette di estendere notevolmente il raggio di azione dell'impianto di sistemare eventualmente apparecchi utilizzatori ad un livello più basso di quello delle caldaie, e diminuisce le difficoltà che si possono presentare nello studio e nella messa in opera delle condotte. Queste ed altre proprietà caratteristiche hanno rese numerose le applicazioni dei sistemi a circolazione accelerata specialmente quando si tratta di riscaldare grandi edifici o gruppi di edifici.
Fra i diversi metodi che furono applicati per produrre in un termosifone una differenza di pressione motrice ausiliaria - cioè indipendente da quella dovuta a differenze di temperature fra colonne ascendenti e discendenti - ricordiamo quelli consistenti nell'alleggerire un tratto della colonna ascendente iniettandovi vapore oppure aria. Lo stesso risultato si può anche ottenere riscaldando l'acqua nella caldaia fino a una temperatura conveniente per modo che la vaporizzazione cominci ad avvenire in una sezione del tubo ascendente situata ad altezza prestabilita. L'aria oppure il vapore d'acqua si separano dal liquido nel vaso d'espansione.
Senza diffonderci sulle particolarità relative a ciascuno dei sistemi sopra ricordati, osserviamo che l'accelerazione della circolazione ottenuta mediante iniezione d'aria può avvenire anche se la temperatura dell'acqua è assai inferiore a quella alla quale essa vaporizza; se invece come fluido acceleratore s'impiega vapore, si deve evitare che esso si condensi troppo presto e quindi la temperatura dell'acqua nella quale esso viene iniettato non deve discostarsi troppo da quella di vaporizzazione; questa condizione risulta naturalmente d'ostacolo alla possibilità di regolare il riscaldamento degli ambienti limitando più o meno il valore della temperatura alla quale l'acqua viene portata in caldaia, a meno che non si ricorra a disposizione d'impianto del tipo di quella schizzata schematicamente in fig. 10. Essa consiste sostanzialmente nel collegare le condotte 3 e 4 (tra le quali gli apparecchi utilizzatori sono inseriti come in un sistema a circolazione naturale) con le condotte 1 e 2 di andata e di ritorno di un termosifone a circolazione accelerata (di cui in figura non sono rappresentate le parti principali); il tubo di salita 3 comunica per mezzo del tratto mn con la condotta di ritorno; v1 e v2 sono due valvole. Regolando convenientemente l'apertura di queste si può ottenere che il tubo 3 sia percorso in salita dall'acqua calda che giunge in m per mezzo del condotto i e da parte dell'acqua fredda che giunge in n mediante il tubo 4; la rimanente parte del liquido che proviene da questo tubo passa nel condotto 2; si possono così far variare le proporzioni della miscela e quindi il valore della temperatura con la quale essa giunge agli apparecchi riscaldanti.
Svariati altri metodi sono stati proposti e applicati per ottenere l'accelerazione della circolazione nei termosifoni. Attualmente è diffuso il sistema di termosifone a circolazione forzata per mezzo di pompe, le quali permettono di ottenere differenze di pressione motrici anche elevate e circolazione sicura con qualunque temperatura dell'acqua. Naturalmente le esigenze inerenti all'installazione ed all'esercizio di organi meccanici in movimento ne consigliano l'impiego soltanto per impianti di una certa importanza.
Le tubazioni che servono per distribuire l'acqua calda agli apparecchi utilizzatori e per ricondurla da questi alla caldaia possono essere disposte secondo schemi che sostanzialmente non differiscono da quelli ai quali si è accennato trattando della circolazione naturale. In fig. 11 è rappresentato schematicamente un impianto nel quale l'acqua calda è distribuita dall'alto, gli apparecchi riscaldanti sono inseriti fra due tubi nella parte destra, su un tubo solo in quella sinistra; il vaso V′, che è intercalato nella tubazione 1 dove essa cambia d'inclinazione, serve a facilitare la separazione dell'aria dall'acqua perché questa nell'attraversarlo diminuisce di velocità; l'aria può sfogare all'esterno per mezzo del tubo 8. Nella stessa figura è indicata con C la caldaia, con P la pompa e con V il vaso d'espansione.
Nella fig. 12 è indicata schematicamente una disposizione del distributore di andata I e del collettore di ritorno II, che permette di rendere sensibilmente costante la lunghezza complessiva dei tratti di tubazione principale che l'acqua deve percorrere per giungere dalla pompa alle diverse derivazioni (contrassegnate nella figura con le lettere a, b, c... g) e ritornare da queste a quella. La differenza di pressione che sussiste fra i capi di ciascuna derivazione risulta così indipendente dalla distanza della caldaia. Combinando i sistemi di distribuzione ai quali si è accennato si possono realizzare altri sistemi di disposizione delle condotte che meglio soddisfino ad esigenze particolari dell'impianto. Ad es., nei grandi impianti nei quali il calore da un centro di produzione viene distribuito a edifici diversi, una rete di tubazioni principali convenientemente ramificata (e in gran parte disposta entro canali sotterranei quando le distanze da superare sono notevoli) serve a collegare con le caldaie i distributori di andata e i collettori di ritorno che si debbono installare in ogni edificio. Fra ogni distributore e il relativo collettore vengono derivati i circuiti che comprendono gli apparecchi utilizzatori. E in essi l'acqua può circolare o prevalentemente in conseguenza della differenza di pressione prodotta dalla pompa oppure quasi esclusivamente per differenza di temperatura. Nel secondo caso il collegamento fra le tubazioni principali e la rete secondaria dei tubi che è disposta in uno qualunque degli edifici può essere fatto mediante una disposizione analoga a quella schematizzata in fig. 10. Si può così mantenere nella tubazione principale una temperatura più elevata di quella che regna nel distributore di andata (p. es., dell'ordine di 125° ÷ 135°) perché, come si è visto, il liquido che giunge a una qualunque delle stufe proviene in parte dalla tubazione principale di andata e in parte dal collettore di ritorno. E il peso d'acqua che deve nell'unità di tempo percorrere le tubazioni principali risulta così minore di quello che occorrerebbe se esso dovesse da solo circolare negli apparecchi utilizzatori; risultano quindi, a parità di altre condizioni, più piccole le sezioni delle tubazioni principali e quindi minore la spesa di impianto relativa.
La pompa viene di regola inserita in vicinanza della caldaia sulla condotta di ritorno (dove la temperatura dell'acqua è minore). Il tipo generalmente usato è quello centrifugo. Fra le ragioni che lo fanno preferire ricordiamo la seguente: che per questa macchina la curva ottenuta portando come ascisse i valori della portata e come ordinate quelli della differenza di pressione prodotta - a parità del numero di giri della ruota - presenta col variare dell'ascissa entro limiti sufficientemente ampî un andamento convenientemente piatto. Se pertanto la pompa è comandata da un motore elettrico e se questo, come spesso succede, è di tipo tale che il suo numero di giri rimanga sensibilmente costante col variare del carico, quando una parte delle stufe venga esclusa dal funzionamento e quindi venga aumentata la resistenza del circuito sul quale la pompa lavora, la differenza di pressione prodotta dalla pompa non subisce variazioni tali che possano dare luogo a inconvenienti.
Le pompe centrifughe vengono spesso comandate da motore elettrico direttamente accoppiato; in casi speciali possono essere anche azionate da turbina a vapore; si utilizza allora il vapore di scarico per il riscaldamento dell'acqua che serve come veicolo del calore e si riduce così il costo della potenza motrice occorrente per produrre la circolazione. Nella fig. 13 è schizzata schematicamente la disposizione d'impianto di una pompa centrifuga P inserita nella condotta di ritorno prima della caldaia C; il tubo mn stabilisce una comunicazione diretta fra la condotta aspirante e quella premente (by-pass) e comprende una valvola di regolazione v1; con v2 e v3 sono indicate altre due valvole.
Quando un gruppo di stufe debba rimanere inattivo e non si voglia che vengano ad essere modificate le condizioni dalle quali dipende il funzionamento degli apparecchi riscaldanti rimasti in attività, si deve fare in modo che le velocità con le quali l'acqua circola nelle condotte (e specialmente in quelle secondarie comprendenti gli apparecchi rimasti in azione) non si scostino troppo dai valori normali, e questo si può ottenere mediante una conveniente regolazione delle valvole indicate in fig. 13.
Per lo stesso scopo si usa anche disporre tratti di tubo che stabiliscono una comunicazione diretta fra l'ingresso e l'uscita di ciascuna stufa installando sugli ingressi valvole che, quando chiudono l'accesso dell'acqua all'apparecchio, aprono la comunicazione con l'uscita. Si deve, specialmente nei grandi impianti, disporre un gruppo motore-pompa di riserva affinché un eventuale guasto al gruppo acceleratore non possa causare la sospensione del riscaldamento o la sua limitazione a quanto può essere consentito dalla circolazione naturale dell'acqua. Per evitare poi che vibrazioni e rumori possano giungere dalla pompa agli ambienti è bene interporre strati di materiali fonoisolanti fra il macchinario e i basamenti ed anche fra questi e il suolo, come pure conviene intercalare, p. es., dischi di gomma e di piombo fra la pompa e le tubazioni con essa collegate, adottare per la girante un numero di giri limitato, ecc. Anche le pompe a stantuffo possono essere usate come organo acceleratore della circolazione. La loro portata dipende però sostanzialmente dal numero delle corse che lo stantuffo compie nell'unità di tempo e quindi, quando venga ad aumentare la resistenza del circuito sul quale la pompa lavora, se non diminuisce la velocità dello stantuffo cresce la contropressione che esso deve vincere; si debbono in questo caso usare apparecchi di sicurezza o dispositivi atti ad evitare che la pressione a valle della pompa superi valori prestabiliti. Ma, se si usano pompe a vapore senza volante (del tipo comunemente impiegato per l'alimentazione delle caldaie a vapore), a un aumento della resistenza opposta al movimento dello stantuffo corrisponde una diminuzione della sua velocità. In questo caso conviene naturalmente usare il vapore di scarico della motrice per riscaldare l'acqua che serve come veicolo del calore. Negl'impianti a circolazione accelerata, il vaso di espansione viene di regola collegato colla condotta di ritorno in precedenza ed in vicinanza della pompa. Ma, quando la differenza di pressione che la pompa produce è rilevante e tale è pure lo sviluppo in altezza dei circuiti dell'impianto, possono risultare convenienti altre sistemazioni. Difatti la pressione statica che regna in quella sezione della tubazione principale nella quale giunge il tubo che proviene dal vaso di espansione (sezione passante per m, fig. 11) è misurata dal peso della colonna liquida soprastante. La pressione che regna in una sezione qualunque di un circuito costituito dalla caldaia, da una stufa e dai tratti di tubo che riuniscono questa con quella, diviene, a parità di altre condizioni, tanto più grande quanto più breve è il tratto di condotta di ritorno compreso fra il punto m e la pompa. Se il punto m fosse situato, anziché sul ritorno (come in fig. 11), sulla condotta principale d'andata, la stessa pressione diminuirebbe col diminuire della lunghezza della condotta interposta fra esso e la pompa. Il valore della pressione non deve in nessuna parte dell'impianto né superare certi limiti dipendenti dalla resistenza che presentano i materiali né discendere al disotto dei valori in corrispondenza dei quali potrebbe iniziarsi la vaporizzazione dell'acqua (con conseguenti disturbi della circolazione e possibilità di inconvenienti). Si deve quindi in certi casi determinare in quale sezione delle condotte principali conviene stabilire l'attacco del tubo che comunica col vaso d'espansione.
I sistemi di riscaldamento ad acqua calda presentano requisiti che in moltissimi casi li fanno adottare. La moderata temperatura delle superficie riscaldanti risponde alle esigenze igieniche. La possibilità di commisurare il valore della temperatura con la quale l'acqua esce dalla caldaia a quello della temperatura esterna (e quindi di regolare così la quantità di calore che le stufe cedono agli ambienti) è vantaggiosa anche nei riguardi dell'economia. E lo è pure il fatto che le perdite di calore attraverso le superficie dei tubi (non sempre totalmente utilizzate per il riscaldamento) decrescono col diminuire della temperatura media dell'acqua circolante e quindi della quantità di calore trasportata.
Gl'impianti di piccola e media importanza, soprattutto quando la loro estensione non è grande, si fanno di regola a circolazione naturale. Ma al di là di certi limiti si dovrebbero adottare tubazioni di diametro ragguardevole che, oltre a risultare costose, potrebbero dar luogo a notevoli perdite di calore. L'impianto diverrebbe in tali condizioni anche meno sensibile alla regolazione e richiederebbe un tempo lungo per raggiungere le condizioni di regime. Queste difficoltà vengono eliminate adottando la circolazione forzata. Il sistema con pompa viene talora usato anche in impianti d'importanza limitata, molto spesso invece, quando si tratta di riscaldare grandi edifici o di distribuire il calore da un centro di produzione a gruppi di edifici.
In condizioni speciali è risultata conveniente l'utilizzazione del vapore di scarico di motrici termiche allo scopo di riscaldare l'acqua usata come veicolo del calore, e sono stati raggiunti valori elevati della quantità di calore così trasportata (dell'ordine di parecchi milioni di calorie all'ora) e della distanza massima superata (dell'ordine di un chilometro o più).
Riscaldamento a Vapore. - Questo sistema di riscaldamento consiste nel distribuire il vapor d'acqua prodotto in una caldaia mediante una rete di tubi, alle stufe disposte negli ambienti da riscaldare. In questi apparecchi esso si condensa cedendo calore all'esterno; l'acqua che così si forma è ricondotta per mezzo di un'altra rete di tubi al generatore di vapore o direttamente oppure col sussidio, per es., di una pompa che la riprende da una vasca raccoglitrice.
Le prime notizie relative all'uso del vapore come fluido riscaldante si fanno risalire alla metà del sec. XVIII. In tale epoca esso fu proposto dal Cook; risulterebbe che non molto più tardi la ditta della quale faceva parte James Watt utilizzava nella sua industria il vapore anche per il riscaldamento di locali. Nella seconda metà del sec. XVIII e nella prima metà del XIX le applicazioni del sistema di cui si tratta debbono essere state poco numerose; si trova menzione di qualche impianto il cui scopo più spesso era quello di mantenere temperature convenienti in serre o locali destinati a uso analogo. Merita di essere ricordato che nel 1818 in un impianto il vapore era distribuito da un centro di produzione a diverse serre e a una distanza massima di circa 270 m. Nel 1828, su proposta di una commissione della quale fecero parte il Gay-Lussac, il Thénard e il Darcet, il sistema a vapore fu adottato per il riscaldamento del palazzo della Borsa di Parigi. Poco dopo in Germania fu utilizzato il vapore di scarico di una motrice per scaldare un'officina. Nel 1877 è stato fatto a Lockport un impianto in cui il vapore serviva da fluido intermediario per distribuire il calore da un centro di produzione a edifici distinti.
Verso la fine del sec. XIX il vapore fu spesso adottato invece dell'aria calda per riscaldare i locali, specialmente dopo che acquistarono maggiore importanza per le loro speciali qualità i sistemi funzionanti con valori molto limitati della pressione; nell'America Settentrionale furono realizzati impianti ad aspirazione.
Il sistema a vapore è attualmente preferito ad altri sistemi per il riscaldamento diretto di alcuni generi di locali. Il fluido scaldante giunge nelle stufe allo stato di vapore saturo e quindi con una temperatura che è funzione esclusivamente della pressione e cresce con essa. La quantità di calore che 1 kg. di fluido cede all'esterno è principalmente quella corrispondente al cambiamento di stato che esso subisce e, nel campo dei valori che interessano, essa varia di poco. D'altra parte, a parità di altre condizioni, la temperatura esterna delle stufe risulta tanto più grande quanto più alta è la pressione d'introduzione del vapore.
Per queste e per altre ragioni, nella maggior parte dei casi in cui il vapore è usato come fluido scaldante, la sovrapressione che regna nelle stufe è piccolissima; in queste condizioni, se in caldaia essa è dell'ordine di 0,05 a 0,2 kg./cmq. (o pochissimo più alta), si dice che l'impianto è a bassa pressione, se invece il generatore funziona a qualche o a parecchie atmosfere il sistema si chiama misto. In certi casi (per es., se le esigenze relative ai requisiti del riscaldamento possono essere minori o se la riduzione del costo dell'impianto ha particolare importanza, ecc.) si usano pressioni effettive più elevate, di regola però non superiori a 2 kg./cmq. nelle stufe e a 5 kg./cmq. in caldaia; in queste condizioni si dice che il sistema è ad alta pressione. Accenniamo che si possono realizzare impianti in cui, mediante il sussidio di una pompa aspirante, il vapore è fatto condensare nelle stufe ad una pressione più piccola di quella esterna, così che le temperature delle loro superficie possono risultare dell'ordine di quelle che si realizzano negli impianti a termosifone (sistema ad aspirazione).
Sistema a bassa pressione. - Nelle figure 14, 15 e 16 sono rappresentate schematicamente disposizioni d'impianto. Il vapore prodotto nella caldaia C è distribuito alle stufe S, S,... per mezzo delle condotte principali I, I,... dalle quali si staccano i tubi1,1,... ascendenti se la distribuzione avviene dal basso (figg. 14 e 15), discendenti se essa si fa dall'alto (fig. 16); l'acqua di condensazione che si forma negli apparecchi che trasmettono il calore agli ambienti ritorna per mezzo dei tubi 2, 2... e delle tubazioni principali di ritorno II, II,... alla caldaia. Lo stesso liquido (salvo le aggiunte che debbano essere fatte per sopperire ad eventuali perdite) resta sempre contenuto nell'impianto e quindi risulta limitata la possibilità che vi si formino incrostazioni o depositi. Di regola le condotte di ritorno sono mantenute in comunicazione con l'esterno (sistema a circuito aperto); nelle figg. 14, 15 e 16 è indicato con t il tubo che serve a questo scopo.
La pressione effettiva alla quale funziona il generatore di vapore è misurata dalla differenza di altezza che sussiste tra il livello mm al quale il liquido giunge nella tubazione di ritorno e quello nn a cui esso arriva in caldaia: (un decimo di kg./cmq. equivale sensibilmente ad un metro di altezza di colonna d'acqua).
Nello schema rappresentato in fig. 14 le tubazioni I, I, II, II,... sono occupate da acqua e da aria (condotte di ritorno asciutte); nel caso della fig. 15 le condotte principali di ritorno sono piene di liquido (condotte annegate); i tubi III, III (tubi d'aria) che stanno al di sopra di mm comunicano coi singoli tubi discendenti 2, 2,... e, per mezzo del tubo t, coll'esterno. Nello schema rappresentato in fig. 16 le condotte II, II sono annegate e sussistono i tubi d'aria III, III. S'immagina facilmente la forma che assumerebbe lo schema con distribuzione dall'alto se le condotte di ritorno fossero sistemate in un sotterraneo ad un'altezza tale da risultare asciutte, se le stufe fossero distribuite su diversi piani, ecc.
Affinché l'acqua di condensazione possa rientrare in caldaia pel proprio peso (ritorno diretto) occorre che tutte le stufe siano situate più in alto di mm (e, nel caso della fig. 14, anche delle tubazioni II, II), dunque lo schema con condotte annegate risulta più adatto nei casi in cui qualche apparecchio riscaldante debba essere disposto poco più in alto di mm. Se poi qualche stufa dovesse essere sistemata al disotto di mm, si dovrebbe raccogliere l'acqua di condensazione che da esse proviene e rimandarla in caldaia per mezzo, p. es., di una pompa; di rado però si rinuncia ai vantaggi che presenta il ritorno diretto.
Accenniamo che nella letteratura tecnica (specialmente inglese ed americana) si trovano menzionati schemi di distribuzione ad un solo tubo: in fig. 17 ne è schizzato un esempio. Il vapore giunge alle stufe per mezzo dei tubi 1, 1, ... che servono anche a riportare nelle condotte I, I l'acqua di condensazione. Su ogni stufa viene sistemato in alto e dalla parte opposta a quella collegata col tubo 1, una valvola la quale serve a scaricare all'esterno l'aria che si sia raccolta nell'apparecchio scaldante; le condotte II, II possono essere disposte al disotto del livello dell'acqua come in fig. 17, oppure anche al di sopra dell'altezza massima alla quale essa può giungere. Di fronte alla maggiore semplicità di impianto che presenta il sistema ad un tubo sta l'inconveniente che le condotte di vapore debbono in buona parte della loro estensione servire anche per lo scarico dell'acqua proveniente dalle stufe e che i due fluidi debbono muoversi spesso in direzioni opposte. Nella trattazione che segue supporremo sempre che le tubazioni di ritorno siano distinte da quelle di andata.
In queste ultime si troverà sempre anche liquido, o perché trascinato meccanicamente dal vapore o perché formatosi in conseguenza delle inevitabili perdite di calore verso l'esterno. Possono derivarne inconvenienti e specialmente rumori sgradevoli dovuti a urti fra acqua e vapore, a brusche dilatazioni e contrazioni di certe parti delle condotte che vengano alternativamente messe a contatto col vapore o con acqua più fredda, ecc. Per liberare il vapore (almeno in buona parte) dall'acqua trascinata meccanicamente si può inserire all'inizio della condotta principale d'andata un separatore di liquido (tipi semplici di questo apparecchio sono fondati sul principio di obbligare la vena fluida a subire, mentre attraversa un recipiente, bruschi cambiamenti di sezione e di direzione; le goccioline di liquido si separano così dalla vena in movimento; l'acqua si raccoglie sul fondo del recipiente e viene scaricata nella condotta di ritorno).
I tratti delle condotte d'andata che si sviluppano in senso quasi orizzontale devono essere disposti in discesa a partire dalla caldaia affinché il vapore e l'acqua si muovano nello stesso senso. Se lo sviluppo delle condotte è ragguardevole si usa la disposizione rappresentata nella parte di sinistra delle figure 14 e 15. Se la tubazione II è sistemata in alto (fig. 14) si dispongono sifoni come quello indicato con r, i quali permettono all'acqua di condensazione che giunge in y di passare nella condotta di ritorno (l'altezza della colonna d'acqua che misura la pressione del vapore deve naturalmente essere minore della differenza di livello che sussiste fra le estremità della branca zr del sifone). Allo stesso scopo servono i tratti di tubo come ys nel caso in cui le condotte principali di ritorno siano disposte in basso (fig. 15). Se l'altezza dei locali nei quali si trovano le tubazioni non permette un sufficiente sviluppo in senso verticale dei sifoni si inserisce fra la condotta di andata e quella di ritorno, dove si vuole che l'acqua venga scaricata, un apparecchio detto purgatore o scaricatore automatico, il quale permette il passaggio del liquido, ma non quello del vapore. Si costruiscono tipi diversi di questi apparecchi i quali differiscono e pel principio sul quale è fondato il loro funzionamento e per la forma. Ad es., lo scaricatore detto a dilatazione comprende essenzialmente una scatola di ghisa nella quale è contenuto un tubo metallico piegato a forma di semicerchio, chiuso alle estremità e contenente un liquido molto dilatabile; un'estremità del tubo è mantenuta in posizione fissa (ma regolabile mediante vite e molla antagonista), l'altra estremità comanda il tappo di una valvola. Se nella scatola giunge vapore, il tubo si dilata deformandosi in modo da applicare il tappo contro la sede della valvola e quindi da impedire il passaggio del fluido; nel caso contrario il tubo si contrae allontanando il tappo dalla sede; l'acqua di condensazione può quindi, attraversando la valvola, scaricarsi nella condotta di ritorno. In modo analogo viene scaricata l'acqua da quelle altre parti delle condotte nelle quali essa può raccogliersi e ristagnare (estremità delle tubazioni principali d'andata, attacchi delle colonne ascendenti, ecc.).
Le tubazioni principali di ritorno debbono essere disposte in discesa verso la caldaia; i tubi d'aria devono pure essere sistemati in modo che l'acqua la quale eventualmente vi si fosse raccolta, possa riversarsi nella condotta di ritorno. Gli schemi d'impianto rappresentati nelle figg. 14, 15 e 16, sono quelli di uso più comune. Il sistema con distribuzione dall'alto risulta specialmente adatto negl'impianti in cui la rete delle tubazioni è complessa e di notevole estensione. Le condotte si fanno con tubi di ferro o di acciaio senza saldatura. È bene prevedere possibili variazioni delle lunghezze dei tubi (dovute a variazioni di temperatura) dell'ordine di 1 a 1,2 mm. per metro. A fine di evitare che possano derivarne sollecitazioni tali da compromettere la resistenza dei materiali o la buona tenuta dei giunti si usano disposizioni accessorie analoghe a quelle alle quali è stato accennato trattando dei termosifoni.
Le caldaie che si usano per produrre vapore a bassa pressione possono essere di lamiera di ferro o d'acciaio; il tipo Cornovaglia e quello semitubolare a focolare interno sono spesso preferiti perché l'ampio specchio d'evaporazione facilita la produzione di vapore a titolo alto e il valore elevato del rapporto fra il peso d'acqua contenuto nel generatore e la sua superficie di trasmissione limita le oscillazioni di pressione conseguenti a brusche variazioni della erogazione di vapore.
Sono poi di uso comune le caldaie di ghisa che si costruiscono in forme simili a quelle che servono per il riscaldamento dell'acqua.
Le caldaie sono provviste di un apparecchio di sicurezza atto a impedire che la pressione possa superare un valore prestabilito.
Esso può essere del tipo schizzato in fig. 18. Il recipiente R1 contiene acqua e comunica colla camera di vapore della caldaia per mezzo del tubo 3; i tubi 1 e 2 sboccano il primo sul fondo, il secondo ad una certa distanza da questo nel recipiente R2 che è aperto. La differenza di altezza che si stabilisce tra il pelo del liquido che occupa il tubo 1 e quello dell'acqua contenuta nel recipiente inferiore misura sensibilmente la pressione effettiva che regna in caldaia. Se questa cresce, il livello del liquido nel recipiente R1 si abbassa fino a tanto che la bocca del tubo 2 rimanga scoperta e questo tubo si vuota permettendo così al vapore di sfogarsi all'esterno. Quando la pressione è convenientemente diminuita, l'acqua che era passata attraverso il tubo 1 dal recipiente inferiore in quello superiore discende e sopprime la comunicazione fra R1 e l'esterno.
Spesso la caldaia è munita di un regolatore automatico della combustione. Si costruiscono tipi diversi di questo apparecchio: alcuni di essi sostanzialmente comprendono un dispositivo il quale comanda un registro disposto sul percorso dell'aria alimentatrice della combustione. Quando la pressione del vapore cresce o diminuisce allontanandosi dal valore prestabilito, il suddetto dispositivo entra in azione provocando una riduzione od un aumento dell'intensità della combustione ed in conseguenza anche della pressione che regna nel generatore.
Gli apparecchi riscaldanti a vapore sono spesso del tipo a elementi; in casi speciali sono costituiti da tubi o tratti di tubo, lisci o muniti esternamente di alette. Fra ogni stufa e il tubo di presa del vapore si dispone una valvola di regolazione; spesso essa è del tipo a doppia regolazione il quale comprende un dispositivo che obbliga la vena fluida a subire uno strozzamento prima di giungere nella sezione libera compresa fra il tappo e la sede. La posizione dell'organo che provoca lo strozzamento viene stabilita in modo che quando la valvola è completamente aperta, il peso di vapore che giunge nella stufa vi si condensi completamente.
Non potrà quindi giungere vapore nella condotta di ritorno se la pressione a monte della valvola non supera quella in corrispondenza della quale fu fatta la suddetta regolazione. Allo scopo d'impedire che il vapore possa sfuggire dalle stufe insieme con l'acqua di condensazione, si può anche inserire fra ciascuna di esse e la condotta di ritorno uno scaricatore automatico (se esso è del tipo a dilatazione, tanto l'acqua quanto l'aria possono uscire dall'apparecchio scaldante).
Il sistema a bassa pressione è bene adatto per il riscaldamento di edifici (anche di grande importanza), specialmente se il funzionamento dell'impianto deve essere saltuario e se ha particolare importanza la limitazione del tempo occorrente per preriscaldare gli ambienti (teatri, sale di assemblee, ecc.).
Sistema misto. - Negl'impianti fatti con questo sistema, le reti dei tubi (non rappresentate nella fig. 19), fra i quali sono inseriti i gruppi degli apparecchi riscaldanti, si sviluppano secondo uno degli schemi ai quali è stato accennato precedentemente; esse ricevono il vapore a bassa pressione dal distributore D2 per mezzo dei tubi I, I e scaricano l'acqua di condensazione nella condotta II la quale sbocca in una vasca di raccolta S.
La caldaia C (che è spesso del tipo a focolare interno e a grande corpo d'acqua) è provvista di tutti gli accessorî richiesti per un funzionamento a pressione relativamente elevata; nella fig. 19 è indicata con p una pompa di alimentazione a vapore (tipo d'apparecchio d'uso frequente negl'impianti di cui si tratta); naturalmente esiste un secondo apparecchio d'alimentazione. Il vapore è condotto per mezzo della tubazione IV a un distributore D1; fra questo e D2 è intercalato un riduttore-regolatore della pressione R (detto anche valvola riduttrice): il vapore nell'attraversarlo si espande fino a una pressione effettiva che - come si è detto - di regola è dell'ordine di 0,05 a 0,2 kg./cmq. (o poco più grande). Tale espansione avviene principalmente mentre il fluido passa, ad. es., attraverso le due sezioni anulari comprese fra i tappi e le sedi di una valvola equilibrata, e può essere considerata approssimativamente come una trasformazione a entalpia costante (accompagnata quindi da un aumento del titolo). Il riduttore comprende un dispositivo il quale permette di ottenere a valle un valore prestabilito della pressione e di correggere le eventuali oscillazioni che questa può subire (ad es., perché varia la pressione a monte). In uno dei tipi di valvole riduttrici che si costruiscono, fa parte del dispositivo suddetto uno stantuffo solidale col gambo al quale sono fissati i due tappi della valvola equilibrata: una delle facce dello stantuffo è assoggettata alla pressione ridotta, l'altra alla pressione esterna e alla spinta esercitata da una molla. Questa spinta viene regolata in modo che la pressione ridotta assuma un valore prestabilito. Se poi durante il funzionamento questa pressione aumenta o diminuisce, lo stantuffo è obbligato a spostarsi facendo avvicinare o allontanare i tappi dalle rispettive sedi fino a tanto che la pressione ridotta non ha sensibilmente ripreso il valore fissato.
Naturalmente uno stesso impianto può comprendere più di una valvola riduttrice (e relativi distributori). Nella fig. 19 sono indicati con s, s scaricatori automatici dell'acqua di condensazione, e con T è indicato un tubo di sicurezza il quale ha lo scopo di stabilire automaticamente una comunicazione fra D2 e l'esterno quando la pressione nel distributore venisse ad assumere un valore maggiore di quello prestabilito. Dal distributore D1 si possono fare, per mezzo di tubi come III, III, prese di vapore a pressione non ridotta nel caso in cui esso sia richiesto per scopi diversi da quello del riscaldamento a bassa pressione. Le condotte di vapore a pressione elevata - come la IV - devono essere bene isolate e sistemate in modo che ne sia assicurata la libera dilatazione, devono essere provviste di scaricatori automatici dell'acqua di condensazione ed eventualmente di dispositivi per lo sfogo dell'aria (da comandarsi a mano).
Vantaggi evidenti che si ottengono distribuendo il vapore con valori relativamente elevati della pressione iniziale sono la possibilità di estendere il raggio d'azione dell'impianto e quella di limitare la sezione dei tubi. Si deve però tener presente che col crescere della pressione del vapore - e quindi anche della sua temperatura - aumentano le esigenze alle quali debbono soddisfare i materiali costituenti le condotte, gli accessorî, gl'isolanti, ecc.
Il sistema misto viene specialmente applicato nel caso d'impianti di media o di grande importanza. Se, ad es., si vuole riscaldare con vapore a bassa pressione un gruppo di edifici distinti, come quelli di un ospedale del tipo a padiglioni, conviene produrre tutto il vapore in una batteria centrale di caldaie, immetterlo con una pressione convenientemente elevata in condotte che lo distribuiscono ai singoli edifici, e utilizzarlo poi nei medesimi a pressione ridotta per il riscaldamento.
Sistema ad alta pressione. - Questo sistema viene applicato negli edifici d'uso industriale, specialmente se si deve produrre vapore ad alta pressione anche per scopi diversi da quello di cui si tratta (ad es., per azionare motrici). Tutto il vapore può essere in tal caso generato mediante un solo gruppo di caldaie; quella parte di esso che serve per riscaldare i locali è fatta espandere mediante valvole riduttrici prima di essere utilizzata. La pressione effettiva alla quale il vapore giunge agli apparecchi utilizzatori di regola non supera 2 kg./cmq.; ma già in queste condizioni le temperature che assumono le superficie che trasmettono il calore agli ambienti risultano più grandi di quelle che si ritengono bene rispondenti alle esigenze igieniche.
Nella fig. 20 è rappresentata schematicamente una disposizione d'impianto.
Il vapore a pressione elevata giunge per mezzo della condotta III e attraversando il separatore d'acqua S e la valvola riduttrice V, al distributore D, questo deve essere munito di una valvola di sicurezza V, la quale permetta al fluido di sfogarsi all'esterno se la pressione in D superasse un valore prestabilito. Dal distributore si staccano i tubi d'andata I, I del vapore a pressione ridotta. Nella fig. 20 si è supposto che esso venga distribuito agli apparecchi utilizzatori r, r dall'alto; si usa però comunemente anche il sistema di distribuzione dal basso. L'acqua di condensazione che esce dagli apparecchi scaldanti e dagli scaricatori automatici s, s è condotta per mezzo del tubo IV in una vasca di raccolta e di qui viene ripresa per l'alimentazione della caldaia. Gli apparecchi utilizzatori sono costituiti spesso da tubi, o da tratti di tubo, lisci (preferibilmente) o ad alette.
Ognuno di essi è provvisto all'ingresso di una valvola, all'uscita o di una valvola o di uno scaricatore automatico; inoltre deve anche essere munito di una valvola d'aria (a funzionamento automatico, oppure da comandare a mano) la quale serve ad impedire che nell'apparecchio si crei una depressione rispetto all'esterno quando l'introduzione del vapore viene soppressa e a permettere lo sfogo dell'aria. La regolazione della quantità di calore trasmessa da una stufa si fa però meglio suddividendone la superficie in parti, che possano essere mantenute o escluse dal funzionamento, che non facendo variare l'apertura della valvola d'introduzione del vapore.
Come si è accennato, l'alta pressione si usa in certi casi per il riscaldamento diretto di ambienti destinati ad uso industriale: essa permette di limitare il costo dell'impianto e di raggiungere valori elevati della potenza e del raggio d'azione. Nei grandi locali d'officina il riscaldamento diretto può essere vantaggiosamente combinato con quello misto a vapore e ad aria: le superficie di tubi percorsi da vapore a pressione elevata cedono all'ambiente parte del calore richiesto (sufficiente per un moderato riscaldamento); la rimanente parte viene fornita da aria (mossa da ventilatori) la quale ha subito un riscaldamento preventivo a contatto delle superficie di riscaldatori a vapore: si ottiene così una buona ripartizione della temperatura nel locale e si limita la durata del periodo di preriscaldamento.
Riscaldamento ad aria calda. - Già dai Romani furono realizzati sistemi nei quali l'aria serviva a trasportare calore nell'ambiente.
Nelle case private di agiati aventi sale da bagno e nelle pubbliche terme, sotto le sale destinate ai bagni tiepidi (tepidarium) e caldi (calidarium), e ai sudatorî (laconicum), in un vano sotterraneo si praticava una fornace (hypocausis, hypocaustum, ὑπόκαυσις, ὑπόκαυστου) col suo camerino d'accendimento, in cui si apriva la bocca del fornello, per cui si introduceva il combustibile (praefurnium, propnigeum). Alla fornace si sovrapponevano una o più caldaie donde il vapore caldo si diffondeva a mezzo di tubature correnti sotto e lungo le pareti degli ambienti da riscaldare. A facilitare la diffusione del calore sotto le camere da bagno, formando il vuoto al disopra dei tubi si usava sostenerne il pavimento a mezzo di bassi pilastrini in cotto, detti suspensurae. Dagli esempî di tale caratteristico sistema di riscaldamento, che è dato vedere ancora fra i ruderi delle terme romane, si può stabilire che i pilastrini erano alti circa 60 cm., ed erano disposti in file parallele, alla distanza media l'uno dall'altro di cm. 50. Le tubature erano per lo più di terracotta o di piombo.
Attualmente negl'impianti fatti con questo sistema l'aria utilizzata come veicolo del calore può essere presa totalmente, ovvero solo in parte, sia dall'esterno sia dagli ambienti che si debbono riscaldare. Essa viene introdotta nei locali a temperatura convenientemente più elevata di quella che vi si vuole mantenere; un peso d'aria uguale a quello che nell'unità di tempo viene introdotto in ciascun ambiente esce dallo stesso, quando non venga provvisto mediante disposizioni speciali alla sua estrazione, principalmente in conseguenza della non perfetta tenuta delle vetrate, porte, ecc. Il calore può essere somministrato all'aria in un apparecchio nel quale si condensa vapore oppure circola, raffreddandosi, acqua calda; nel primo caso il sistema si dice misto a vapore e aria, nel secondo misto ad acqua calda ed aria; se invece nell'apparecchio riscaldatore il calore viene sviluppato mediante energia elettrica, si realizza il sistema di riscaldamento elettrico ad aria; quando poi nell'apparecchio sudddetto il calore venga prodotto bruciando un combustibile, si ha il sistema di riscaldamento con calorifero.
Si dice che l'impianto funziona con circolazione naturale (e anche per differenza di temperatura) quando le cause che provocano il movimento dell'aria sono la somministrazione di calore ad essa fatta e la differenza di livello fra gli ambienti e la camera che contiene l'apparecchio riscaldatore; si dice invece che l'impianto funziona con circolazione forzata se il movimento dell'aria è dovuto principalmente all'azione di un ventilatore.
Sistema misto a vapore (o ad acqua calda) e aria. - La parte dell'impianto che si riferisce alla produzione del vapore o dell'acqua calda e alla loro distribuzione agli apparecchi riscaldatori dell'aria si realizza con disposizioni simili, nelle loro linee generali, a quelle che si impiegano negl'impianti a vapore o ad acqua calda nei quali gli apparecchi utilizzatori sono collocati negli ambienti stessi che si debbono riscaldare; la rimanente parte comprende principalmente la presa dell'aria, i condotti che la guidano alla camera di riscaldamento, eventualmente il ventilatore, il riscaldatore dell'aria, i condotti che la distribuiscono attraverso bocche d'introduzione ai locali, eventualmente altri condotti che attraverso bocche di estrazione prendono aria dagli ambienti e la riconducono alla camera di riscaldamento.
La presa dell'aria deve essere situata dove non siano da temere possibilità d'inquinamento; deve essere protetta contro l'introduzione di pioggia, neve, sostanze solide, ecc., e contro l'azione del vento, il quale può, oltre che trasportare polvere nel canale di presa, ostacolare il regolare funzionamento dell'impianto, specialmente se esso funziona con circolazione naturale. Per limitare l'influenza dannosa del vento può in certi casi essere utile l'adozione di due prese orientate verso direzioni diverse. Si può lavare l'aria obbligandola ad attraversare una fine pioggia d'acqua, si può liberarla dalla polvere per mezzo di filtri (costituiti, per es., da tessuti speciali disposti su telai di forma appropriata o da sostanze in grani contenute fra tele metalliche, ecc.); la resistenza che i filtri oppongono al movimento dell'aria può sconsigliarne l'impiego nel caso di impianti funzionanti per differenza di temperatura.
I condotti si costruiscono a seconda dei casi in muratura, in cotto, o in lamiera metallica; affinché ne sia assicurato il regolare funzionamento occorre che i giunti siano ermetici, è utile che le superficie interne siano lisce e con gli spigoli arrotondati, che siano adottati dispositivi i quali ne permettano facilmente la pulizia (specialmente nei tratti poco inclinati), che i cambiamenti di sezione e di direzione avvengano gradualmente, che i tratti percorsi da aria calda, e situati esternamente ai locali che si vogliono riscaldare, siano convenientemente protetti contro le dispersioni di calore (mediante sovrapposizione di strati coibenti, intercapedini, ecc.). Nei condotti si dispongono organi per la regolazione della portata; le bocche d'introduzione e di estrazione si muniscono di serrande e di griglie.
I ventilatori possono essere del tipo centrifugo o elicoidale; la scelta dell'apparecchio si deve fare in base all'esame delle curve caratteristiche affinché esso soddisfi alle esigenze di portata e di differenza di pressione richieste, mantenendo nel tempo stesso un rendimento sufficientemente elevato nel campo dei valori della sezione equivalente sui quali esso deve normalmente funzionare. Generalmente i ventilatori sono azionati da motori elettrici mediante accoppiamento diretto o a cinghia. I tipi di motori elettrici per i quali si può regolare il numero dei giri entro limiti sufficientemente ampî senza che ne consegua una diminuzione troppo sentita del rendimento sono più adatti, perchè consentono di regolare la portata indipendentemente dalla manovra di registri. I ventilatori possono essere installati in modo che l'aria venga soffiata contro l'apparecchio riscaldatore oppure aspirata attraverso lo stesso. In casi speciali può essere conveniente comandare il ventilatore, ad es., per mezzo di una turbina a vapore, utilizzando il vapore di scarico per il riscaldamento dell'aria.
Allo scopo di attenuare la propagazione di vibrazioni o rumori, inerenti al funzionamento di organi in movimento, è utile separare, mediante interposizione di strati di sostanze adatte per es., lastre di sughero compresso) le parti che sostengono il macchinario dalle murature dell'edificio, inserire fra i condotti metallici e il ventilatore un tratto di condotto costituito con materiale adatto (per es., cuoio); è bene soprattutto, per ottenere più facilmente un funzionamento silenzioso, adottare un basso numero di giri, e quindi un diametro convenientemente grande per la girante del ventilatore. La camera di riscaldamento comprende l'apparecchio che trasmette calore all'aria, eventualmente l'apparecchio inumiditore, gli accessorî (registri di regolazione, ecc.), talora anche il filtro; essa può essere costruita in muratura, o interamente con materiale metallico.
Il riscaldatore dell'aria consta generalmente di tubi o di condotti inseriti fra collettori e percorsi da vapore o da acqua calda; l'aria ne lambisce le superficie esterne e generalmente i due fluidi circolano in direzioni ortogonali. Si possono adoperare come corpi riscaldanti i radiatori a elementi; essi presentano superficie liscie (le quali più difficilmente trattengono la polvere), oppongono una piccola resistenza al movimento dell'aria, ma occupano uno spazio notevole; la camera di riscaldamento si costruisce in questo caso in muratura. L'aria, soffiata p. es. da un ventilatore, può essere riscaldata mentre attraversa un cassone metallico, lambendo la superficie di tubi lisci disposti normalmente alla direzione secondo la quale essa si muove; i due collettori, destinati l'uno all'introduzione del vapore nei tubi, l'altro allo scarico dell'acqua di condensazione, possono essere ricavati nel basamento dell'apparecchio. Si usano anche come corpi scaldanti tubi muniti esternamente di alette trasversali; essi occupano un volume minore di quello richiesto dai tubi lisci a parità di superficie lambita dall'aria. Conviene sistemare i tubi per modo che le alette risultino disposte verticalmente, affinché esse non trattengano facilmente la polvere; l'adozione di velocità elevate dell'aria è anche utile a questo scopo.
Nella fig. 21 è schizzata schematicamente la disposizione di una camera di riscaldamento di lamiera metallica. L'aria aspirata dal canale 1 attraversa prima la serranda di regolazione r e il riscaldatore R1, poi lo spazio I nel quale essa incontra una finissima pioggia d'acqua proveniente da ugelli polverizzatori; in seguito essa lambisce le lamiere d disposte in modo da trattenere le goccioline d'acqua rimaste in sospensione e successivamente la superficie di un secondo riscaldatore R2; il ventilatore V la spinge poi nel condotto 2.
L'apparecchio inumiditore fornisce all'aria il peso di vapore occorrente per portarne l'umidità relativa al valore prestabilito. Esso può essere costituito da bacinelle contenenti acqua e comunicanti con un serbatoio situato esternamente alla camera di riscaldamento (il quale serve a mantenere sensibilmente costante il livello del liquido); nelle bacinelle sono disposti tubi nei quali si fa circolare vapore o acqua calda; si può così regolare la temperatura dell'acqua per modo da rendere l'evaporazione più o meno intensa a seconda del bisogno. Se poi le bacinelle hanno una forma tale che la superficie libera del liquido cresca col crescere del livello, regolando l'altezza di questo si fa variare l'area della superficie evaporante e quindi anche con questo mezzo la quantità di vapore che si produce nell'unità di tempo. L'inumidimento dell'aria si può ottenere anche per mezzo di ugelli polverizzatori dai quali si fa affluire acqua sotto pressione; i getti possono essere diretti o contro pareti che l'aria lambisce oppure in modo da formare veli liquidi che essa attraversa. L'attività dell'evaporazione si regola facendo variare la temperatura alla quale l'acqua viene portata in un preriscaldatore. Quando si adottano due riscaldatori comprendenti l'apparecchio inumiditore si può regolare il funzionamento in modo che l'aria, resa satura prima di giungere al secondo riscaldatore, assuma, dopo averlo attraversato, la temperatura e l'umidità relativa prestabilite.
La temperatura con la quale l'aria esce dal secondo riscaldatore può essere mantenuta entro limiti fissati regolando, con mezzi adatti alla natura del fluido riscaldante, la quantità di calore che passa nell'unità di tempo attraverso la superficie di trasmissione. Allo stesso scopo sono anche impiegate disposizioni che permettono di far arrivare nei condotti distributori aria fredda e aria calda in proporzioni regolabili; nella fig. 22 è rappresentato lo schema di una camera di riscaldamento alla quale l'aria giunge dopo di avere attraversato un apparecchio preriscaldatore un apparecchio unimiditore; le luci L1 e L2 munite di registri (del tipo, p. es., a persiana) permettono al ventilatore V di aspirare aria totalmente o solo in parte attraverso la camera C nella quale è disposto un apparecchio riscaldatore a vapore R; il ventilatore provvede anche a mescolare intimamente le due vene d'aria a temperature diverse.
La fig. 23 è lo schema della disposizione di una camera di riscaldamento che fa parte di un impianto misto a vapore e ad aria calda. L'aria dalla bocca di presa giunge, per mezzo del condotto I, alla camera in muratura C nella quale è situato l'apparecchio riscaldatore R, composto di serpentini verticali costituiti con tubi ad alette; v è una bacinella destinata all'inumidimento dell'aria, r è una serranda di regolazione. La canna 1 comunica per mezzo delle bocche c, d con la camera C; il registro r permette di far giungere in detta canna (e quindi attraverso la bocca b nel locale A) aria riscaldata a contatto dell'apparecchio R ed aria presa dalla parte inferiore della camera C (e quindi più fredda) in proporzioni regolabili. Da questa camera si dipartono diverse altre canne, come ad es., la 2, che presentano tutte disposizioni analoghe; ciascuna di esse serve per il riscaldamento di uno degli ambienti situati ai piani soprastanti e cui il muro MNPQ forma una delle pareti. L'impianto comprende parecchie camere come la C; esso funziona con vapore a bassa pressione. Nel caso d'impianti destinati a edifici importanti si possono far comunicare le diverse camere di riscaldamento ciascuna delle quali è destinata al servizio di un gruppo di ambienti, anziché con altrettanti condotti di presa distinti, con un canale distributore nel quale viene soffiata per mezzo di un ventilatore aria presa dall'esterno. Nella fig. 24 è rappresentato lo schema di un impianto a circolazione forzata d'aria destinato al riscaldamento di un grande salone. L'aria può giungere nel canale I dall'estemo per mezzo del canale 3, dalla parte superiore del salone mediante le bocche e2 e i condotti 2 e 4 e infine dalla parte inferiore dello stesso per mezzo delle bocche e1 e delle canne1.
Il ventilatore V può pertanto aspirare aria totalmente ovvero solo in in parte (e in quantità regolabile) sia dall'esterno sia dall'interno dell'ambiente, obbligandola ad attraversare la camera di riscaldamento R; esso la spinge poi nel salone per mezzo delle canne 5 e delle bocche i. Nella parte anteriore del locale e verso il fondo dello stesso la sistemazione delle bocche d'introduzione e di quelle di estrazione è in parte diversa da quella che appare nella figura; in questa non è poi rappresentata la disposizione adottata per smaltire all'esterno mediante un secondo ventilatore aria presa dal salone.
Nella figura 25 è rappresentata schematicamente la disposizione di un impianto per il riscaldamento di un grande ambiente ad uso industriale; V è il ventilatore, R il riscaldatore, II un canale distributore in lamiera, a sezione, p. es., rettangolare e decrescente nel senso del movimento dell'aria, da questo si staccano brevi tronchi di condotto di forma adatta allo scopo di limitare la resistenza opposta al movimento del fluido, i quali terminano con bocche d'introduzione i. I condotti III disposti sotto il pavimento ricevono l'aria dall'ambiente attraverso bocche di aspirazione a. Il ventilatore aspira aria totalmente o solo in parte sia dall'ambiente (per mezzo dei condotti III) sia dall'esterno (mediante il canale I) a seconda della posizione del registro r.
Il riscaldamento di capannoni destinati ad uso industriale si può anche realizzare fissando, ad es., alle colonne che sostengono le incavallature (e poco al di sotto di queste) gruppi comprendenti ciascuno un elettroventilatore centrifugo e un apparecchio riscaldatore al quale fa seguito una condotta che si sviluppa in direzione orizzontale suddividendosi in condotti parziali; questi poi, nelle vicinanze delle pareti e delle colonne che sostengono le capriate, si ripiegano e discendono verticalmente sboccando nel locale a non grande distanza dal pavimento. I ventilatori aspirano pertanto aria dalla parte superiore del locale e la soffiano, dopo che essa è stata scaldata, nella parte più bassa dello stesso. Si eliminano i condotti distributori dell'aria (che possono essere di ostacolo all'installazione di trasmissioni, gru scorrevoli, ecc.) usando apparecchi la cui forma può essere quella rappresentata schematicamente nella fig. 26. Il ventilatore V (elicoidale) direttamente accoppiato con un motore elettrico M, aspira attraverso il riscaldatore R aria da un breve tronco di condotto C nel quale essa può giungere dall'esterno per mezzo del canale i e dall'interno del locale per mezzo del canale 2 in proporzioni regolabili mediante il registro r. L'aria calda è soffiata nel locale attraverso la serranda s; se la direzione della vena fluida è inclinata verso il basso risulta facilitato il riscaldamento della zona inferiore del locale e diminuita la durata del preriscaldamento.
Apparecchi riscaldatori di tipo simile a questo vengono fissati ai muri o alle colonne che sostengono le capriate a conveniente altezza dal pavimento; se ne costruiscono anche diversi altri tipi: il ventilatore può essere centrifugo, il comando dello stesso può essere fatto con cinghia, la presa d'aria può essere fatta esclusivamente sia dall'interno, sia dall'esterno dell'ambiente, ecc.; il fluido scaldante è spesso vapore.
Nel sistema di riscaldamento misto elettrico e ad aria, l'apparecchio riscaldatore comprende resistenze nelle quali si dissipa energia elettrica; l'aria mossa da un ventilatore riceve calore attraversandolo e giunge quindi ai condotti distributori. Può essere conveniente installare in uno stesso impianto riscaldatori elettrici e riscaldatori, ad es., a vapore; si provvede così, oltre che alla riserva, alla possibilità di utilizzare ciascuno dei sistemi nelle condizioni più convenienti. L'impianto a vapore potrà essere tenuto in azione, ad es., quando la temperatura esterna è bassa; il riscaldamento elettrico invece quando il fabbisogno di calore è limitato. La rapidità con la quale i riscaldatori elettrici possono essere messi o esclusi dal servizio, la facilità con la quale si regola in essi la produzione di calore, le poche esigenze di sorveglianza e di manutenzione, ecc., possono in certe condizioni rendere vantaggiosa l'utilizzazione dell'energia elettrica per scopo di riscaldamento.
Sistema di riscaldamento con calorifero. - Il calorifero nella sua forma più comune comprende un focolare e condotti del fumo racchiusi in una camera in muratura; il calore è trasmesso all'aria attraverso le superficie dei detti condotti e spesso anche attraverso la superficie esterna della camera di combustione o di parte di essa. Il focolare può essere costruito in ghisa (con o senza alette sulla sua superficie esterna) o in muratura; nel primo caso è bene che la camera di combustione venga internamente rivestita tutta o in gran parte mediante materiale refrattario affinché il metallo non venga portato a temperatura troppo elevata. I condotti del fumo si fanno comunemente in ghisa o in lamiera; possono, ad es., essere costituiti da tubi (lisci oppure muniti esternamente di alette longitudinali o trasversali) a sezione circolare, rettangolare, ecc., ad asse rettilineo o curvilineo, ecc. La buona tenuta dei giunti è condizione essenziale per il regolare funzionamento dell'apparecchio; quando essa fosse deficiente e quando la depressione che il camino mantiene nella camera di combustione risultasse minore di quella che regna nello spazio in cuî circola l'aria, i prodotti della combustione potrebbero mescolarsi con l'aria stessa e quindi giungere negli ambienti.
Le disposizioni che sono state realizzate nella costruzione dei caloriferi sono svariatissime. Accenniamo che il fumo, uscendo dalla camera di combustione, può percorrere, suddividendosi in vene parziali, tratti di tubo disposti orizzontalmente e riuniti in modo da formare dei serpentini, ovvero muoversi in condotti ad assi curvilinei e a sezione variabile i quali o discendono quasi verticalmente o sono inclinati verso il basso, ecc.; un collettore inferiore riunisce le vene parziali di fumo e le guida al camino. Si costruiscono anche tipi di caloriferi nei quali la camera di combustione e i condotti del fumo, la camera di riscaldamento e i canali nei quali circola l'aria sono in metallo; sono anche stati realizzati caloriferi nei quali le parti suddette erano interamente in cotto.
La temperatura alla quale viene portata l'aria nella camera di riscaldamento può essere regolata per mezzo di luci munite di registri le quali permettano di introdurre nella parte superiore della camera aria presa dall'esterno. Il raggio d'azione di un calorifero funzionante con circolazione naturale è limitato (si ritiene che esso non debba superare 10-15 metri). La circolazione dell'aria può anche essere forzata. Installazioni importanti di questo genere furono fatte in passato disponendo il ventilatore come apparecchio soffiante verso il calorifero; ricordiamo fra esse quella destinata al riscaldamento delle sale del Museo del Louvre a Parigi, nella quale la distanza fra l'apparecchio riscaldatore e la bocca d'introduzione più lontana superò i 150 metri.
Accenniamo ad altre caratteristiche dei sistemi di riscaldamento ad aria. La durata del periodo di preriscaldamento risulta minore di quella richiesta da altri sistemi. Gli apparecchi riscaldatori possono essere sistemati esternamente ai locali e questo può avere importanza (ad es, quando sussistano speciali esigenze di decorazione degli ambienti). In casi speciali l'impianto di caloriferi può essere consigliato al fine di escludere la possibilità di avarie dovute a congelamento (adatte disposizioni limitano però questa possibilità anche quando si impieghino riscaldatori a vapore o ad acqua calda). È utile che la temperatura delle superficie scaldanti sia bassa affinché le condizioni dell'aria non risultino, dopo il riscaldamento, peggiorate in conseguenza della presenza di polvere; conviene quindi, sotto questo punto di vista, alimentare i riscaldatori con vapore a pressione limitata, oppure adottare come fluido scaldante l'acqua piuttosto che il vapore; i caloriferi presentano sotto questo punto di vista condizioni meno favorevoli. È utile allo stesso scopo che l'aria lambisca le superficie di trasmissione con velocità elevata perché così viene limitato il tempo durante il quale le particelle di polvere restano a contatto con le superficie calde. Il sistema con circolazione forzata permette di mantenere eventualmente negli ambienti una pressione maggiore di quella esterna, e quindi di ostacolare lo stabilirsi di correnti di aria fastidiose; d'altra parte il sistema a circolazione naturale non richiede la presenza di organi meccanici in movimento, ciò che in certi casi può essere di primaria importanza. Questi ed altri elementi (costo d'impianto e di esercizio, ecc.) devono essere tenuti presenti nel decidere quale sistema sia più adatto per il riscaldamento di un dato edificio.
Gl'impianti con calorifero sono usati in certe condizioni per il riscaldamento di chiese, case di abitazione, scuole, ecc.; poiché comunemente la circolazione dell'aria avviene per differenza di temperatura, la quantità di calore che occorre fornire nell'unità di tempo deve essere limitata, e così pure il raggio d'azione, se non si vogliono installare diversi caloriferi per il riscaldamento di un edificio.
Il sistema misto, ad es. a vapore e ad aria con circolazione naturale, è adatto anche per edifici importanti, perché il vapore generato con un gruppo centrale di caldaie può essere distribuito facilmente ad apparecchi riscaldatori convenientemente disposti anche se la loro distanza dal centro di produzione del vapore non è piccola. Il riscaldamento dell'aria mediante apparecchi elettrici è limitato a casi particolari nei quali la trasformazione di energia elettrica in calore possa risultare conveniente specialmeme sotto il punto di vista dell'economia di esercizio. Il campo più vasto di applicazione del riscaldamento ad aria è quello relativo al servizio di ambienti di grande volume, quali saloni per assemblee, teatri, saloni per concerti o spettacoli, grandi locali ad uso industriale, ecc.; il sistema con circolazione forzata dell'aria è di regola preferito.
Riscaldamento a distanza. - Il riscaldamento di edifici separati o di gruppi di edifici mediante produzione del calore in un centro unico e sua distribuzione per mezzo di vapore od acqua calda sotto pressione può in certi casi risultare più conveniente di quello ottenuto installando impianti separati distribuiti nei singoli edifici. Tra i vantaggi che la prima soluzione presenta sono da elencarsi, oltre all'economia di personale, la possibilità di ottenere rendimenti più elevati, di utilizzare combustibili meno costosi o anche scadenti, e specialmente di poter adibire la stessa centrale alla produzione di energia motrice; hanno poi importanza non trascurabile la centralizzazione dei servizî di trasporto del combustibile e delle scorie e la soppressione, nei singoli edifici, dei pericoli d'incendio e della produzione di fumo.
Per contro il trasporto del vapore o dell'acqua calda a distanza richiede spese generalmente rilevanti per le tubazioni e loro accessorî e per i canali sotterranei in cui esse vanno disposte; le dispersioni di calore attraverso le pareti delle dette tubazioni possono risultare importanti, col crescere della loro lunghezza, così che solo caso per caso si può giudicare se la centralizzazione è economicamente conveniente.
Grandi impianti del genere furono già da tempo costruiti negli Stati Uniti d'America (dove ora esistono centinaia d'impianti che servono interi quartieri). Nel continente europeo sono stati pure installati grandi impianti per il riscaldamento di gruppi di edifici con estensione in lunghezza fino a 2,5 km. a partire dalle caldaie, e benché essi siano ancora eccezionali, impianti simili, ma di proporzioni più modeste (come quelli installati negli ospedali a padiglioni separati), sono ormai entrati nell'uso corrente. Negl'impianti a vapore questo è prodotto nella centrale a pressione convenientemente elevata (generalmente però non sopra 8 atm.) in ragione della distanza massima a cui la distribuzione deve avvenire; un moderato surriscaldamento può essere utile. La tubazione distributrice può essere o non disposta ad anello chiuso. La disposizione ad anello presenta il vantaggio che in caso di avaria in una porzione dell'anello il fluido scaldante può ugualmente arrivare a tutte le derivazioni che non si dipartono dal tratto danneggiato; però non potendosi sempre realizzarla economicamente, si preferisce spesso installare una doppia condotta aperta, adottando due diametri diversi, dei quali l'uno proporzionato al pieno carico, l'altro al carico ridotto relativo ai periodi dell'anno nei quali, essendo il riscaldamento limitato o soppresso, si deve ugualmente distribuire vapore per altri scopi (cucine, bagni, ecc.). I canali sotterranei nei quali si collocano le tubazioni devono risultare acccessibili ed essere muniti di aperture di sicurezza per il caso di rotture di tubi. Deve pure provvedersi a dare alle condotte una conveniente pendenza, ad isolarle efficacemente, a munirle di robusti compensatori di dilatazione (per es., del tipo a tubo corrugato) e a scaricare di tratto in tratto nella condotta di ritorno l'acqua di condensazione. In corrispondenza dei diversi centri di utilizzazione si deriva vapore dalla condotta principale e lo si immette a pressione convenientemente ridotta nelle reti di distribuzione. L'acqua di condensazione o per il proprio peso (se la differenza di livello lo consente) o col sussidio di pompe è rimandata alla centrale. Spesso il vapore è inviato in apparecchi riscaldatori dell'acqua che circola in comuni termosifoni.
Attualmente sono più diffusi gl'impianti ad acqua calda, nei quali la circolazione è attivata col sussidio di pompe. Il riscaldamento dell'acqua può avvenire o in caldaie a fuoco diretto o in riscaldatori utilizzanti, per es., vapore di scarico; la sua distribuzione ai varî edifici per mezzo di tubazioni disposte in canali, ove occorra, sotterranei. Numerosi vantaggi fanno spesso preferire questo sistema a quello a vapore; il minor numero di accessorî richiesti rende più semplice l'installazione e l'esercizio sia della centrale di produzione sia della condotta principale di distribuzione; questa si può adattare meglio alle esigenze del terreno ed essendo meno soggetta a guasti può disporsi in canali non accessibili (con notevole economia d'impianto).
Altro vantaggio è costituito dal fatto che nelle condotte di vapore la perdita per trasmissione di calore all'esterno è quasi costante qualunque sia la portata perché la temperatura del vapore varia di poco col variare del carico; negl'impianti ad acqua calda invece, ottenendosi la regolazione centrale del riscaldamento col variare la temperatura d'ingresso nelle condotte distributrici, a minori valori di quella corrispondono perdite minori.
Per quanto riguarda la suddetta regolazione centrale occorre tuttavia aggiungere che non potendosi adottare velocità dell'acqua, e quindi potenze assorbite dalla pompa di circolazione, troppo elevate (3 m. al secondo si deve già considerare come eccezionale), nel caso di grandi distanze da superare può decorrere un tempo non breve prima che una variazione della temperatura d'uscita dalla caldaia si faccia sentire negli apparecchi utilizzatori.
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