RIPARAZIONI (XXIX, p. 390)
Riparazioni derivanti dalla seconda Guerra mondiale. - Il problema delle riparazioni tedesche derivanti dalla seconda Guerra mondiale fu impostato ancor prima della fine delle ostilità, nel corso della conferenza di Jalta (gennaio 1945), dove le tre grandi potenze alleate, Gran Bretagna, Stati Uniti e URSS definirono i principî generali della politica delle riparazioni nell'economia del dopoguerra. Tali principî furono successivamente approfonditi durante la conferenza di Potsdam (luglio 1945), convocata subito dopo la capitolazione della Germania.
L'esperienza negativa delle riparazioni derivanti dalla prima Guerra mondiale ha portato ad invertire i criterî allora adottati, sicché, in luogo di stabilire il pagamento di una indennità da parte della Germania, mediante prestazioni annue determinate in termini monetarî e corrisposte attraverso l'eccedenza della produzione corrente - con conseguente intensificazione della produzione e quindi del potenziale industriale germanico - si è cercato di fissare un limite allo sviluppo dell'economia tedesca, impedendole, contemporaneamente, di frustrare gli scopi delle riparazioni per mezzo del gioco combinato dei prezzi e dei cambî. A tale scopo i tre governi decisero, sin dalla conferenza di Crimea, che le riparazioni sarebbero state corrisposte per la maggiore misura possibile in natura, impegnandosi, nello stesso tempo, ad assicurare il disarmo della Germania mediante l'eliminazione o il trasferimento ai paesi vincitori delle sue industrie di guerra. Conseguentemente, il problema dei trasferimenti, dal punto di vista tecnico, era semplificato, poiché non si trattava che di prevedere la consegna di beni specifici, mentre si riteneva di poter così armonizzare le riparazioni all'economia tedesca, adattando le prime alla seconda anziché l'inverso.
La Dichiarazione di Potsdam (2 agosto 1945) non prevedeva alcuna categoria particolare di riparazioni, ma indicava come fonte principale, oltre il materiale industriale superfluo per l'economia di pace, i beni tedeschi all'estero. Il principio della confisca dei beni del paese vinto nei territorî sotto la giurisdizione dei paesi vincitori - benché in contrasto con la prassi dell'inviolabilità della proprietà privata nel corso della guerra - era già stato sancito dai trattati di pace del 1919-20, ma la Conferenza delle riparazioni, tenutasi a Parigi dal 9 novembre al 21 dicembre 1945, ha stabilito che le potenze alleate hanno non solo il diritto, ma l'obbligo di confiscare tutti i beni tedeschi nei territorî sotto le loro rispettive giurisdizioni e di agire in modo da impedire che questi beni possano mai più cadere sotto il controllo della Germania. Questa clausola, che oltre che da giuristi era stata vivamente criticata da economisti eminenti, come J. M. Keynes nella sua classica opera Economic Consequences of the Peace, è stata estesa nel senso di colpire anche i beni situati, sia nei paesi neutri, sia in quelli già alleati della Germania, in modo da eliminare nella misura più completa qualsiasi proprietà tedesca all'estero.
Sempre connesso con il problema delle riparazioni è quello delle restituzioni. Ci si trova anche qui innanzi a un nuovo principio, non previsto nei precedenti trattati di pace. Già con la Dichiarazione del 5 gennaio 1943 le potenze alleate, sulla base dell'illegalità delle spoliazioni effettuate dalla Germania nei paesi occupati, avevano espresso l'intenzione di dichiarare nulle le relative contrattazioni, partendo dal principio che i pagamenti effettuati dall'autorità tedesca non corrispondevano a un reale potere d'acquisto dato in cambio delle prestazioni in natura, ma solo a un'espansione dei mezzi di pagamento. In base a tali principî, la Conferenza delle riparazioni ha previsto l'obbligo di restituzione dei beni identificabili asportati in Germania, indipendentemente dal loro eventuale pagamento.
Già previste, invece, nei precedenti trattati sono le norme che fanno carico alla Germania del ripristino o dell'indennizzo dei danni subìti nel territorio tedesco dai beni appartenenti alle Nazioni Unite o ai loro sudditi.
Per la realizzazione di tale programma, a Potsdam fu confermata la costituzione della "Commissione alleata delle riparazioni", già prevista a Jalta. Questa commissione, composta dai rappresentanti delle quattro potenze occupanti, avrebbe dovuto usufruire di una piena indipendenza nei confronti delle autorità alleate di controllo in Germania, ma, non avendo potuto raggiungere un accordo sulle modalità pratiche d'attuazione dei proprî compiti, si sciolse nel settembre 1945.
La determinazione della natura e del valore dei beni disponibili a titolo di riparazione e la decisione sulla data di trasmissione ai paesi aventi diritto rimasero così compito esclusivo delle autorità alleate di controllo. D'altra parte, sottolineando l'urgenza della consegna degl'impianti industriali in tempo utile per contribuire alla ricostruzione dei paesi interessati, la Dichiarazione di Potsdam aveva già previsto date limite per l'esecuzione del programma di trasferimento: l'ammontare globale dell'attrezzatura disponibile doveva essere calcolato entro sei mesi dalla data della Dichiarazione stessa ed i trasferimenti dovevano essere ultimati nei due anni successivi. Inoltre, senza attendere la conclusione d'un accordo tra le potenze interessate sulla natura e sul valore totale degli impianti da trasferire, era previsto che le riparazioni dovessero cominciare ad effettuarsi immediatamente sotto forma di consegne anticipate.
Il problema più urgente da risolvere era quindi quello della ripartizione. A Potsdam era stato fissato un primo criterio di ripartizione, determinandosi che l'URSS avrebbe prelevato le riparazioni dalla sua zona, restando a suo carico d'indennizzare la Polonia; essa avrebbe, altresì, disposto dei beni tedeschi situati in Finlandia, in Bulgaria, in Ungheria, in Romania e nell'Austria orientale. Inoltre, avrebbe ricevuto il 25 per cento degl'impianti industriali delle zone occidentali, dei quali il 15 per cento avrebbe dato luogo a controprestazioni quinquennali sotto forma di prodotti alimentari, potassa, zinco, petrolio, ecc. Le domande degli altri stati sarebbero state soddisfatte attraverso prelevamenti sugl'impianti industriali nelle tre zone occidentali e il sequestro dei beni tedeschi all'estero, all'infuori di quelli riservati all'URSS. Principalmente allo scopo di determinare i criterî di ripartizione tra questi paesi fu convocata la conferenza di Parigi. Suddivise le riparazioni in due categorie: a) tutte le forme di riparazioni eccettuate quelle della categoria seguente; b) impianti industriali e altri beni d'equipaggiamento, navi mercantili e battelli fluviali, sulla base "dei danni subìti dalla guerra e degli sforzi compiuti per la vittoria", furono determinate le seguenti percentuali di attribuzione delle riparazioni:
Così l'accordo di Parigi, entrato in vigore il 14 gennaio 1946, costituisce la "carta" fondamentale nella quale sono iscritti i diritti e gli obblighi rispettivi dei 18 paesi partecipanti. Esso non intende pregiudicare, né l'ammontare totale e la durata delle riparazioni, né gli obblighi delle competenti autorità germaniche per quanto riguarda il regolamento definitivo di questo problema; le stesse quote fissate hanno solo valore provvisorio e approssimativo. L'accordo stabilisce, altresì, le regole generali per l'attribuzione dei beni formanti oggetto delle riparazioni e istituisce a Bruxelles l'Agenzia interalleata delle riparazioni (Interallied Reparations Agency, IRA).
Malgrado questa regolamentazione e le possibilità derivanti dall'occupazione della Germania e dallo stretto controllo instaurato dalle quattro potenze alleate sull'economia tedesca, di attuare alcuni principî della politica delle riparazioni indipendentemente dalla stipulazione del trattato di pace con la Germania, il ritmo delle dichiarazioni di disponibilità e delle consegne dei beni d'attrezzatura industriale nelle zone occidentali è stato assai più lento del previsto; egualmente, seppure per cause diverse, per quanto riguarda le altre forme di riparazione e in particolare i beni tedeschi all'estero e le controprestazioni in natura da parte dell'URSS. Alla fine del marzo 1946 le quattro potenze occupanti pubblicarono un "Piano delle riparazioni e del livello dell'economia tedesca del dopoguerra", nel cui preambolo era riaffermato il principio dell'unità economica della Germania, senza precisare i mezzi pratici per realizzarla. Due mesi dopo il governo militare della zona americana faceva conoscere la sua decisione di sospendere qualsiasi consegna di beni d'attrezzatura fino alla realizzazione di questa unità; pur senza alcuna dichiarazione ufficiale, le autorità britanniche assumevano lo stesso atteggiamento.
Sino all'ottobre 1947 le sole fonti di riparazioni furono gl'impianti industriali, forniti a titolo di consegne anticipate dai comandi delle zone britannica e francese nel quadro di quelli che si è convenuto chiamare i "Piani d'attribuzione d'urgenza". Con la pubblicazione del "Piano rettificato del livello dell'industria nelle zone britannica ed americana della Germania" (ottobre 1947), il numero totale degl'impianti industriali da concedere a titolo di riparazione è stato provvisoriamente fissato a 682; aggiungendo i 176 impianti che sono o saranno disponibili nella zona francese si raggiunge un totale di 858 impianti, ben lungi da quello di 1600 previsto dal piano del marzo 1946. Va inoltre tenuto presente che un quarto di tali impianti dovrà essere attribuito all'URSS, oltre ai prelevamenti dalla sua zona sui quali mancano dati ufficiali o comunque definitivi. In relazione a queste vicende il numero totale degli impianti già ripartiti al 31 dicembre 1948 era di 354 per un valore di attribuzione di 387 milioni di Reichsmark (circa 97 milioni di dollari 1938), ivi compreso il valore del materiale d'attrezzatura distribuito in base ai piani d'urgenza inglese e francese. Alla stessa data l'Agenzia aveva già ricevuto inventarî dettagliati che le avrebbero permesso di provvedere alla distribuzione di 50 impianti supplementari. Risultati più soddisfacenti sono stati ottenuti con la ripartizione della flotta mercantile tedesca essendosi provveduto all'assegnazione ai paesi aventi diritto, in base ad apposite percentuali, di 274 navi per complessive 695.149 t. s. l. valutate a 171 milioni di Reichsmark (circa 43 milioni di dollari 1938). Le navi rimanenti, utilizzabili solo come rottami per 53.435 t. s. l. e valutate a 757.000 Rm. (circa 189.000 dollari 1938), erano state egualmente assegnate.
Per quanto riguarda i beni tedeschi all'estero, oltre i provvedimenti di liquidazione adottati o in corso nei diversi paesi interessati, sono stati stipulati accoidi con alcuni paesi neutri, come la Svizzera, la Svezia, la Spagna, in base ai quali questi s'impegnano a liquidare i beni tedeschi situati nei territorî sotto la loro giurisdizione, trattenendo il 50 per cento del ricavato e versando l'altro 50 per cento ai tre governi alleati di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, i quali, d'altra parte, provvederanno a indennizzare i proprietarî tedeschi; inoltre gli stessi paesi si sono impegnati a compensare eventuali acquisti "incauti" di oro dalla Germania durante la guerra. Tali accordi non hanno ancora avuto pratica attuazione per difficoltà sopravvenute (determinazione del tasso di conversione del marco, nel caso della Svizzera; accordi con l'IRA per la ripartizione dei fondi disponibili, nel caso della Svezia); soltanto la Spagna ha già messo a disposizione dell'IRA 80 milioni di pesetas. Un accordo per la liquidazione dei beni tedeschi in Italia è stato altresì stipulato dal governo italiano il 14 agosto 1947 a Washington.
Connesso con la questione delle riparazioni si presenta il problema della ripartizione dell'oro monetario ricuperato in Germania. L'accordo di Parigi ha stabilito al riguardo che tutto l'oro di tale natura trovato in Germania dalle forze alleate o ricuperato in un terzo paese nel quale esso fosse stato trasferito dalla Germania, sarebbe stato riunito in una massa comune da ripartire, a titolo di restituzione, tra i paesi firmatarî dell'accordo in proporzione ai quantitativi dagli stessi perduti a seguito di spoliazione da parte della Germania o di illegittimo trasferimento nella Germania stessa. Allo scopo di predisporre un piano di ripartizione dell'oro ricuperato, dopo aver raccolto dai governi interessati gli elementi atti a stabilire la fondatezza delle rivendicazioni da ciascuno di esse avanzate, nel settembre 1946 fu istituita a Bruxelles una commissione tripartita composta da rappresentanti dei governi americano, inglese e francese. Circa i paesi non rappresentati alla Conferenza delle riparazioni - esclusa la Germania, ma esplicitamente comprese l'Italia e l'Austria - era prevista la possibilità della loro partecipazione al riparto, subordinata però alla clausola che l'ammontare delle quote assegnate avrebbe dovuto essere accantonato e attribuito solo successivamente in relazione alle decisioni dei governi alleati interessati. Il Governo italiano che, come è noto, rivendica la restituzione di 71.098 kg. di oro monetario trasportato in Germania nel febbraio e nell'ottobre 1944 (v. riserva, in questa App.), otteneva di partecipare al pool con l'accordo stipulato a Londra il 26 dicembre 1947 con i delegati delle tre potenze rappresentate nella commissione tripartita. Eguale concessione veniva stabilita in favore dell'Austria.
Finora la commissione ha potuto attribuire a favore dell'Albania, del Belgio, della Cecoslovacchia, del Lussemburgo, dell'Olanda, dell'Austria e dell'Italia solo una parte dell'oro asportato dai Tedeschi e che da questi paesi è stato rivendicato.
Tali modesti risultati giustificano l'asserzione del presidente dell'IRA alla conferenza di Mosca (marzo 1947) di un "fallimento delle prime riparazioni tedesche", fallimento tanto più evidente ove si consideri che due anni dopo la fine della prima Guerra mondiale la Germania aveva già pagato ai paesi creditori 8 miliardi di marchi oro a titolo di riparazione.
D'altra parte va considerato che la risoluzione del problema delle riparazioni fu una delle cause fondamentali dell'insuccesso della conferenza di Londra (novembre-dicembre 1947) nel corso della quale fu anche posta la questione delle riparazioni provenienti dalla produzione corrente. Alla richiesta sovietica di 10 miliardi di dollari di riparazioni da prelevare, oltre che dagl'impianti industriali e dai beni tedeschi all'estero, dalla produzione corrente, il rappresentante americano opponeva che un tale ricorso avrebbe comportato un aumento degli aiuti statunitensi alle zone occidentali o la riduzione del livello di vita tedesco in tali proporzioni da creare un focolaio di disordini nel cuore dell'Europa. Il problema delle riparazioni veniva così ad inserirsi in quello della ricostruzione della Germania, che è tra gli scopi del programma statunitense di ripresa europea, conosciuto come il piano Marshall.
Problemi analoghi d'impostazione si sono presentati per il Giappone. Affermati nell'art. 11 dell'ultimatum di Potsdam (26 luglio 1945) gli obblighi complementari delle riparazioni e del disarmo, nella "Dichiarazione dei principî della politica d'occupazione" preparata dai dipartimenti americani di Stato, della Guerra e della Marina e approvata dal presidente degli stati Uniti il 6 settembre 1945 (parte 4ª, par. 4°) fu stabilito che le fonti delle riparazioni sarebbero state: a) il trasferimento dei beni giapponesi all'estero; b) il trasferimento dei prodotti e dei materiali non necessarî all'economia giapponese di pace o al mantenimento delle forze d'occupazione, evitando qualsiasi forma di riparazione che potesse pregiudicare il programma di disarmo. I piani delle riparazioni sono stati stabiliti rapidamente, ma non hanno ancora avuto esecuzione, essendosi il problema trasferito sul piano politico. Sinora è stato effettuato un esame delle possibilità di pagamento del Giappone e nel novembre-dicembre 1945 una commissione presieduta da E. W. Pauley ha compilato sul luogo un programma provvisorio degl'impianti da prelevare, preferibilmente alle imprese appartenenti ai gruppi monopolistici dei "Zaibatsus". La lista definitiva, preparata dallo SCAP (Supreme Commander for the Allied Powers) è stata pubblicata nell'agosto 1945 (Summation of non-military activities in Japan) e l'esecuzione è stata affidata al governo giapponese, il quale si è limitato ad avvertire le direzioni degl'impianti contemplati di sospendere la produzione subito o entro un certo termine.
Nessuna disposizione per le riparazioni sembra sia stata sinora prevista per l'Austria, la Corea e il Siam.
Nella stesura definitiva, invece, dei trattati di pace con l'Italia, la Romania, la Bulgaria, l'Ungheria e la Finlandia, firmati a Parigi il 10 febbraio 1947, i paesi vincitori hanno adottato gli stessi principî già seguiti a Versailles. Risolto il problema del disarmo indipendentemente - attraverso, cioè, una limitazione degli effettivi delle forze armate e l'inibizione dell'uso, costruzione o sperimentazione di determinati strumenti bellici -, per le riparazioni sono stati fissati dei totali complessivi in termini monetarî, da corrispondere, prevalentemente, mediante l'eccesso della produzione corrente, in un determinato numero di anni. A tali disposizioni si accompagnano quelle relative alla confisca dei beni all'estero, limitatamente ai territorî sotto la giurisdizione dei paesi vincitori, alle restituzioni dei beni asportati e all'indennizzo dei danni subìti dai beni delle Nazioni Unite nei territorî degli stati vinti.
Il trattato di pace con l'Italia (art. 74) dispone il pagamento di 360 milioni di dollari così distribuiti: 100 milioni all'URSS, 5 all'Albania, 25 all'Etiopia, 105 alla Grecia e 125 alla Iugoslavia. Le riparazioni saranno tratte dalle seguenti fonti: a) macchinario e attrezzature utensili destinate alla fabbricazione di materiale bellico eccedente ai bisogni degli effettivi militari concessi e non convertibile ad usi di pace; b) produzione industriale corrente, ivi inclusa quella delle industrie estrattive. È altresì previsto che l'URSS possa prelevare le sue riparazioni sui beni italiani in Romania, Bulgaria e Ungheria, e gli altri stati su qualsiasi altra categoria di beni e servizî, esclusi i beni italiani nei rispettivi territorî. I pagamenti dovranno essere effettuati in un periodo di 7 anni a decorrere dall'entrata in vigore del trattato, salvo per le prestazioni in produzione corrente per le quali è prevista una sospensione di due anni. A quest'ultimo proposito è stabilito che gli stati aventi diritto a riparazioni da trarsi sulla produzione corrente, dovranno fornire le materie prime o i prodotti che l'Italia normalmente importa e che siano necessarî alla produzione delle merci stesse; il pagamento di queste materie prime o prodotti sarà effettuato deducendo il relativo valore da quello delle merci consegnate a titolo di riparazione. Un primo accordo per l'esecuzione delle riparazioni dovute all'URSS è stato firmato a Mosca l'11 dicembre 1948.
Lo stesso art. 74 concede a tutte le Nazioni Unite di soddisfare i loro reclami sugli averi italiani sottoposti alle loro rispettive giurisdizioni, assumendosi il governo italiano l'obbligo dell'indennizzo ai rispettivi proprietarî; la stessa facoltà è prevista, per le nazioni aventi diritto a riparazioni dirette, relativamente alle pretese eccedenti l'ammontare delle riparazioni concesse. L'art. 79, infine, concede la stessa facoltà alle Potenze Alleate ed Associate per tutti i crediti delle potenze stesse o dei loro cittadini non soddisfatti da altri articoli del trattato.
Il governo italiano, conscio della gravità di quest'ultima clausola, la quale poteva anche colpire beni di prevalente carattere commerciale o industriale collegati con analoghe attività esercitate in patria, ha posto ogni cura nel facilitare e accelerare lo sblocco dei nostri beni. Varî stati, con dichiarazioni unilaterali, hanno rinunciato ad avvalersi della facoltà di cui all'art. 74 e all'art. 79, provvedendo contemporaneamente ad uno sblocco dei beni italiani. Tra essi, in prima linea, numerosi paesi dell'America Latina. La stessa concessione è stata inclusa negli accordi stipulati con la Cecoslovacchia, la Cina, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. La Francia e l'Egitto hanno, infine, liberato i beni italiani sottoposti alle loro giurisdizioni contro un compenso a forfait rispettivamente di 15 e di 9 miliardi di lire, mentre altri accordi sono in corso.
I rimanenti trattati di pace presentano una costante uniformità nelle disposizioni riguardanti le riparazioni, salvo per quanto concerne l'ammontare, fissato rispettivamente in 300 milioni di dollari per la Romania (a favore dell'URSS), 70 milioni per la Bulgaria (45 alla Grecia e 25 alla Iugoslavia), 300 milioni per l'Ungheria (200 all'URSS e 50, rispettivamente, alla Iugoslavia e alla Cecoslovacchia) e 300 milioni per la Finlandia (a favore dell'URSS). Le riparazioni dovranno essere soddisfatte con materie prime e prodotti correnti (grano, legname, prodotti petroliferi e delle industrie estrattive, naviglio marittimo e fluviale, ecc.), e le consegne hanno avuto inizio dalle rispettive date d'armistizio per la Romania, Ungheria e Finlandia, e dalla data d'entrata in vigore del trattato per la Bulgaria. È altresì prevista la liquidazione dei beni romeni, bulgari, ungheresi e finlandesi nei territorî sotto la giurisdizione delle Nazioni Unite, nonché il passaggio in proprietà dell'URSS, in esecuzione degli accordi di Potsdam, dei beni tedeschi nei singoli paesi.
La clausola relativa all'inizio delle prestazioni dalla data dei relativi armistizî ha fatto sì che le merci sinora consegnate all'URSS a titolo di riparazione rappresentino circa la metà dell'onere complessivo. Il 1° luglio 1948 l'URSS ha accordato una riduzione del 50% sulla quota delle riparazioni che devono essere ancora soddisfatte.
Bibl.: É. Mantoux, La paix colomniée ou les conséquences économiques de M. Keynes, Parigi 1946; J. Rueff, Les nouvelles réparations allemandes, in Nouveaux aspects du problème allemand, 1947; I.R.A., First annual report of the Secretary general, Bruxelles 1946; id., Second annual report, ecc., ivi 1947; Reparations from Germany, in The Economist, 23 e 30 novembre 1946; A. G. B. F., A note on the reparations at the peace conference, in The World to-day, novembre 1946; British economist, The reparations problem, in International Affairs, 3 luglio 1945; B. Ratchford e W. Ross, Berlin reparations assignment, New York 1947.