PIAGGIO, Rinaldo
PIAGGIO, Rinaldo. – Nacque il 15 luglio 1864 a Genova da Enrico, armatore e negoziante, e da Francesca Dapino.
Il padre fu esponente di quel ceto di homines novi protagonista nei decenni centrali dell’Ottocento dello sviluppo della marineria genovese, che si rivelò un potente fattore di accumulazione di capitali, impiegati poi, a partire dalla fine degli anni Settanta, in vari settori industriali.
Non a caso nel 1882 Enrico decise di impiantare, a Sestri Ponente – allora comune autonomo in piena trasformazione industriale – una moderna segheria a vapore, nei pressi dei Cantieri navali Odero e del cantiere dei fratelli Cadenaccio, acquisita pochi anni dopo da Ansaldo, due tra i maggiori cantieri allora attivi in Liguria. Una simile localizzazione induce a ritenere che, sin dall’inizio, l’attività della segheria fosse orientata verso l’arredamento navale, un settore correlato proprio all’espansione dell’attività cantieristica.
La letteratura documenta che già nel 1884 fu il figlio Rinaldo a sviluppare in modo significativo l’impegno della segheria, attraverso la costituzione della società Rinaldo Piaggio: insieme ad altri quattro soci specializzò la segheria paterna nella costruzione degli interni di navi. Dopo tre anni, Rinaldo trasformò la società in un’accomandita, la Piaggio & C., di cui fu accomandatario, con Nicolò Odero unico accomandante. I rapporti con gli Odero, rafforzati dal matrimonio di Piaggio con Elena, figlia di Nicolò, furono probabilmente decisivi nel procacciare un flusso ingente di commesse. Certo è che Piaggio lavorò molto anche per gli altri costruttori navali genovesi, come Ansaldo, se si dà credito alle pubblicazioni aziendali secondo cui poche erano le navi uscite dai cantieri liguri il cui arredamento non fosse stato eseguito nello stabilimento di Sestri Ponente della Piaggio & C.: dalla fondazione ai primi anni del Novecento ben 63 piroscafi, mercantili e bellici, furono arredati dall’impresa Piaggio.
Le competenze sviluppatesi in questo ambito furono impiegate anche nel settore ferroviario allorché gli ebanisti della Piaggio iniziarono a costruire e a riparare carri merci e carrozze passeggeri per le società ferroviarie italiane. Per rispondere alle prospettive di crescita del settore – particolarmente interessanti dopo il 1905 quando, a seguito della nazionalizzazione delle ferrovie, lo Stato decise un ammodernamento complessivo delle linee – nel 1906 Piaggio impiantò a Finale Ligure, insieme al cognato Attilio Odero, che fornì ben due terzi del capitale sociale pari a 500.000 lire, le Officine di Finalmarina.
Il sodalizio con gli Odero, peraltro, era stato rafforzato quando, nel 1905, Piaggio aveva partecipato alla fondazione della San Giorgio – promossa da Attilio Odero – impresa impegnata nell’industria automobilistica e della quale fu membro del Consiglio di amministrazione fino alla morte. Il successo imprenditoriale, come si intuisce fortemente intrecciato a quello di Odero, proiettò Piaggio sulla ribalta nazionale e nel 1908 fu nominato cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia.
Con lo scoppio della Grande Guerra gli stabilimenti di Sestri Ponente e di Finale furono convertiti alla produzione bellica. In questa congiuntura Piaggio decise di diversificare ulteriormente la produzione, lanciando l’impresa nel nascente settore aeronautico. Nel 1915 fu, prima, avviata un’attività di riparazione, poi di costruzione di parti di aereo come eliche, ali e carlinghe. Dall’anno successivo iniziò la costruzione di idrovolanti militari su licenza (Farman mod. 1914 e Caproni 600 hp). Le numerose commesse belliche spinsero Piaggio a espandere la produzione e nel 1917 rilevò le Officine aeronautiche Francesco Oneto di Pisa e le riorganizzò radicalmente.
Nonostante la diversificazione avesse consentito alla società di attraversare, meglio di altre grandi imprese, il tormentato dopo guerra, tuttavia Piaggio avvertì l’esigenza di rafforzare finanziariamente la compagine societaria. Così nel 1920, l’accomandita fu trasformata in società anonima con un capitale sociale di dieci milioni, per il 70% di proprietà di Piaggio, amministratore delegato, e per il restante 30% nelle mani di Odero, nominato presidente. Questa alleanza fu proiettata anche sul piano politico giacché Piaggio si schierò a favore della destra estrema, fondando a Genova, insieme a Odero, nel 1919 l’Associazione per il rinnovamento, assorbita successivamente dal Partito nazionale fascista (PNF), al quale egli stesso si iscrisse nel luglio del 1926.
In quegli anni turbolenti Piaggio rilanciò la produzione ferroviaria, con l’acquisizione di commesse importanti (come ad esempio la costruzione del treno per la casa regnante) e inserendosi anche nella produzione innovativa di elettromotrici; tuttavia, la crescente popolarità dell’aeronautica e la rilevanza che essa venne ad assumere in termini propagandistici nel quadro dell’affermazione del fascismo costituirono un terreno favorevole per un maggiore impegno imprenditoriale e Piaggio vi dedicò molte energie e risorse diventando negli anni Venti uno dei leader del settore. Nel 1921, sempre insieme ad Attilio Odero, ad altri soci piemontesi tra i quali Giovanni Agnelli e con il sostegno della Banca commerciale italiana, partecipò alla costituzione della Società anonima italiana costruzioni meccaniche (SAICM) con sede a Pisa, avviando, in uno stabilimento localizzato a Marina di Pisa, la produzione di idrovolanti in metallo su licenza della Dornier Metalbauten, approfittando dell’impossibilità di produrre in Germania simili aerei, a causa delle restrizioni imposte dal Trattato di Versailles. Il successo dell’iniziativa spinse Piaggio, vicepresidente della società, a introdurre questo tipo di produzione anche negli stabilimenti di Finale.
La realizzazione di prodotti su licenza rappresentò la base di partenza per lo sviluppo di autonome capacità tecnologiche e produttive, tanto che nel 1922 venne realizzato il P1, primo aereo bimotore progettato dall’impresa. Il consolidamento delle competenze nell’ambito aeronautico proseguì poi attraverso l’acquisizione di brevetti esteri e, nel 1923, della Compagnia nazionale aeronautica Pegna-Bonmartini, con stabilimenti a Roma ma assorbita esclusivamente per assumere uno dei progettisti di valore del settore, l’ingegnere navale Giovanni Pegna, al quale Piaggio affidò la direzione degli uffici di progettazione della società. Le competenze tecniche di Pegna si concretizzarono nell’entrata in produzione del monoplano da caccia P2.
Nel 1924, per accrescere la scala di produzione, Piaggio rilevò a Pontedera, in provincia di Pisa, lo stabilimento Costruzioni meccaniche nazionali, legato alle esigenze motoristiche del locale consorzio agrario, adibendolo alla produzione di velivoli e di motori. Continuò, peraltro, l’importazione di conoscenze tecnologiche dall’estero e proprio nel nuovo stabilimento di Pontedera fu avviata, su licenza della Société des moteurs Gnome et Rhône, la produzione di motori Jupiter. Piaggio contribuì allo sviluppo dell’aeronautica italiana partecipando anche alla fondazione, a Genova, della Società anonima di navigazione aerea (SANA), che nel 1926 istituì la prima linea aerea italiana di trasporto passeggeri e di servizi postali, sovvenzionata dallo Stato, acquistando gli idrovolanti Dornier costruiti dalla SAICM e dalla Piaggio stessa, cui seguirono linee di navigazione internazionali che collegarono la penisola alla Spagna, alla Francia, all’Egitto e alla Tripolitania. In quest’ottica, negli anni successivi, contribuì finanziariamente alla costruzione dell’idroscalo genovese da dove partivano gli idrovolanti della compagnia. In seguito, nel 1934, la SANA fu inglobata nella Ala littoria, la prima compagnia aerea di proprietà statale.
Nel 1927 Piaggio assunse un altro grande tecnico, Giuseppe Gabrielli, formatosi in Germania. Nello stesso anno fu avviato un ambizioso programma di ricerca e sviluppo che culminò nella costruzione di un laboratorio sperimentale a Finale dotato di una galleria del vento e di una vasca per le prove idrodinamiche di scafi e galleggianti. Il suo dinamismo fu riconosciuto dalle massime cariche del Regno, tanto che nel 1922 fu insignito del titolo di commendatore dell’Ordine della Corona mentre nel 1925 divenne Grande ufficiale della Corona.
Alla metà degli anni Venti, Piaggio dirigeva una società diversificata (arredi navali, materiale rotabile per le ferrovie, aeronautica), articolata su quattro stabilimenti a Genova, a Finale, a Pisa e a Pontedera, che possedeva anche diverse grandi aziende forestali localizzate nell’Appennino ligure, nella Maremma e nell’Agro romano, orientate alla produzione di carbone e di legname, utilizzato nelle costruzioni navali e ferroviarie.
Tra i vari stabilimenti, quello di Pontedera attraversò una fase di grande espansione, passando da 136 occupati su una superficie di appena 4800 m2 del 1926, a ben 6950 lavoratori su un’area di oltre 44.000 m2 nel 1934. La società con un capitale sociale aumentato da dieci a quindici milioni nel dicembre del 1930, «ben diretta e saggiamente amministrata» – come si legge nei bollettini d’informazioni della sede genovese della Banca d’Italia, presso cui la Piaggio & C. era ammessa allo sconto – si reggeva su un costante flusso di commesse statali e sulle risorse dei due grandi azionisti, Piaggio e Odero, i soli componenti del consiglio di amministrazione sino al 1930, quando fu ammesso come consigliere Filippo Schiaffino, marito della figlia di Piaggio, Hilda. In particolare, oltre all’autofinanziamento, il fabbisogno finanziario era largamente coperto da Attilio Odero, che nel 1930 su un totale delle passività di circa 49.000.000 deteneva crediti per circa 20.000.000, riducendo, così, il ricorso al credito bancario.
La solidità della Piaggio & C. fu messa a dura prova dalla crisi del 1929: nel 1931 fu registrata una perdita consistente di ben 2.700.000 lire, alla quale Piaggio e Odero fecero fronte diminuendo il capitale sociale da quindici a dieci milioni. Soltanto a partire dal 1934-35, le conseguenze di questa consistente flessione della redditività furono superate, nel quadro di un rilancio della produzione, legato alle nuove mire espansionistiche del fascismo.
Anche in quella situazione critica, Piaggio continuò nella sua linea di adeguamento tecnologico e progettuale, attirando le migliori intelligenze disponibili in Italia. Già nel 1931 Pegna aveva presentato a Piaggio il famoso progettista e inventore aeronautico Corradino D’Ascanio, con esperienze statunitensi alle spalle.
L’assunzione di D’Ascanio consentì alla Piaggio di sviluppare in maniera innovativa la produzione delle eliche, soprattutto quella a passo variabile brevettata dall’ingegnere abruzzese e di avviare progetti di frontiera relativi alla realizzazione di prototipi di elicottero. La domanda di aerei, soprattutto militari, crebbe e, per lo stabilimento di Pontedera, dove era concentrata la maggior parte della produzione aeronautica, ciò si tradusse in un aumento delle commesse con relativa crescita dell’occupazione: nel 1940 furono oltrepassate le 12.000 unità.
Nel 1937 il rapporto con Pegna si interruppe e Piaggio assunse un altro brillante progettista, l’ingegnere Giovanni Casiraghi, anch’egli, come D’Ascanio, formatosi negli Stati Uniti. Fu Casiraghi a sviluppare il P 108, il primo quadrimotore Piaggio, una delle macchine meglio riuscite, considerata una pietra miliare della storia aziendale. La notevole attività di progettazione e di costruzione di modelli (si calcolano ben 33 nuovi progetti tra il 1937 e il 1943) ebbe però una scarsa concretizzazione se si pensa che solo tre di questi sfociarono in prodotti commerciali.
Il rilievo assunto in ambito industriale, soprattutto nel settore aeronautico, nonché il convinto sostegno al fascismo, furono elementi decisivi per la nomina a senatore di Piaggio nell’aprile 1934. Proprio in quell’anno iniziò a mutare la composizione dell’azionariato della società, prima con l’entrata della moglie Elena Odero e poi, nel 1936, in coincidenza con un aumento del capitale, dei figli Armando ed Enrico e delle figlie Hilda Piaggio Schiaffino, Giorgina Piaggio Marsano, Carmen Piaggio Vianson e Rinalda.
Si trattò di una sorta di cambio della guardia, poiché il 15 gennaio 1938 Piaggio morì a Genova.
La morte di Piaggio coincise con una fase di forte ripresa dell’attività produttiva dell’impresa, ancora una volta legata alla domanda statale, in particolare militare.
I due figli Armando (1901-1978) ed Enrico (1905-1965) diventarono entrambi amministratori delegati, ma con compiti differenziati giacché da alcuni anni Armando si occupava delle attività genovesi ed Enrico di quelle pisane. Nel novembre incrementarono il capitale sociale da 22.500.000 a 52.500.000, interamente nelle mani dei membri della famiglia (anche se le figlie di Piaggio si fecero sempre rappresentare dai mariti che entrarono a far parte del Consiglio di amministrazione).
La congiuntura favorevole si interruppe durante la seconda guerra mondiale, quando, oltre alla diminuzione delle commesse statali, la Piaggio subì numerose devastazioni e sottrazioni di materiale. Il dopoguerra si aprì con forti limitazioni alla produzione aeronautica imposte dagli Alleati, al punto che nei primi anni l’attività di costruzione venne abbandonata quasi completamente.
Nel clima della guerra fredda, l’atteggiamento degli Stati Uniti mutò e la produzione poté riprendere. Si assisté a una specializzazione produttiva degli stabilimenti: quello di Pontedera gestito da Enrico puntò sulla Vespa e sull’Ape, facendo leva sulle stratificate competenze motoristiche dei tecnici, come D’Ascanio, e della forza lavoro, conseguendo un successo straordinario, e gli stabilimenti liguri, diretti da Armando, si orientarono sulla produzione ferroviaria e aeronautica, mentre entrò in crisi il settore originario degli arredi navali, a causa della perdita d’importanza delle grandi navi passeggeri.
Nel febbraio 1964 i due fratelli si divisero i rami dell’impresa: nacquero la Piaggio & C., centrata sui ciclomotori, e la Industrie aeronautiche e meccaniche Rinaldo Piaggio (IAM), che conservò i business storici dell’impresa. Le due aziende ebbero traiettorie piuttosto diverse: mentre la Piaggio toscana proseguì sulla strada della produzione di massa, introducendo altre importanti innovazioni di prodotto, la IAM puntò su prodotti hi-tech di nicchia, fino al P 180, un jet executive giunto sul mercato nel 1990. Un destino simile ha accomunato le due società, poiché in entrambe, alla fine degli anni Novanta, la famiglia Piaggio ha passato la mano.
Dopo la morte di Enrico fu suo genero Umberto Agnelli – marito di Antonella Bechi Piaggio – ad assumere la guida della Piaggio, ma la vera rottura con la tradizione del capitalismo familiare è avvenuta tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, quando – a seguito della morte, nel 1997, di Giovanni Alberto Agnelli, figlio di Umberto – la Piaggio fu rilevata dal gruppo IMMSI di Roberto Colaninno e quotata in borsa nel 2006. Una sorte simile ha sperimentato anche la IAM, che – dopo essere entrata in crisi negli anni Novanta – ha visto l’uscita di scena di Rinaldo Piaggio jr (n. 1937), che ha ceduto l’impresa a una cordata di imprenditori, tra cui Piero Ferrari. In anni recenti la Piaggio Aeroindustries è stata di fatto rilevata dal Mubadala Development Company, fondo sovrano di Abu Dhabi, che attualmente ne possiede il 98,05%.
Fonti e Bibl.: Presso l’Archivio storico Piaggio di Pontedera è conservata un’ampia parte della documentazione relativa alla storia delle società Piaggio, dalla fondazione al presente, e riguardante soprattutto gli impianti toscani. Utili elementi sono rintracciabili nell’Archivio storico della Banca d’Italia, a Genova, Ufficio sconti, Informazioni A.C., Velinari, n. 2 (10 novembre 1930 - 11 gennaio 1936), pp. 14, 44, 156-159, 231-233; ibid., Informazioni su stabilimenti, Velinari, n. 8 (15 novembre 1929 - 24 giugno 1930), p. 308; n. 9 (24 giugno 1930 - 9 dicembre 1930), pp. 74-76, 241; n. 14 (20 luglio 1933 - 22 marzo 1934), pp. 305-308. Altre notizie interessanti si trovano nel fascicolo conservato presso l’Archivio storico del Senato, ad nomen, consultabile all’indirizzo http:// notes9.senato.it/web/senregno.nsf/All/CAE8CEFE03ACEFBB4125646F005E7692/$FILE/1748%20Piaggio%20Rinaldo%20fascicolo.pdf (ultimo accesso 25 febbraio 2015).
Molti elementi relativi all’attività di Piaggio si desumono da: Piaggio & C, 75 anni di attività, Genova 1960; G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, II, 1883-1914, Milano 1973; T. Fanfani, Una leggenda verso il futuro. La storia della Piaggio, Pisa 2001. Sulla produzione aeronautica si rimanda a P. Gavazzi, Volare avanti. Storia degli aerei Piaggio, Milano 2000. Tra i lavori più recenti, A. Rapini, La nazionalizzazione a due ruote: genesi e decollo di uno scooter italiano, Bologna 2009.