CADDEO, Rinaldo
Nacque a San Gavino Monreale, in provincia di Cagliari, il 19 dic. 1881, da Celestino e da Battista Congiu Meloni. Giovanissimo ancora, si dedicò al giornalismo e, dopo avere appreso i rudimenti del mestiere su fogli locali, entrò a far parte della redazione della Unione Sarda di Cagliari in qualità di collaboratore; passato poi alla Nuova Sardegna di Sassari, vi si impegnò con i primi articoli di una certa importanza dispiegando una vena di polemista ancora in formazione, ma già acuto e intelligente nel proporre le sue idee per la soluzione di alcuni problemi pratici quale quello di un più razionale collegamento dell'isola con il continente. In seguito, dopo aver tentato un esordio letterario pubblicando a Cagliari nel 1901 una raccolta di novelle, Le adultere, il C. tornava alla pubblicistica con un volumetto intitolato L'isola dei Sardi (Sassari 1903), per il quale scrisse una prefazione Napoleone Colajanni.
Nel 1903 il giovane giornalista si trasferiva a Milano per collaborare alla Lombardia, giornale che lasciò qualche anno più tardi per entrare nella redazione del Piccolo di Trieste; fu poi la volta del Secolo di Milano al quale doveva in pratica rimanere fino all'avvento del fascismo.
Politicamente il C. era un liberale di vecchio stampo e come tale sentiva il fascino del Risorgimento che per lui costituì sempre il termine ultimo di riferimento; nel 1914 si schierava tra gli interventisti, scelta che volle accompagnare fondando nel giugno del 1914 una sua casa editrice che chiamò "Risorgimento" in cui tra i testi pubblicati avevano posto preminente i saggi sulla questione giuliana, efficace contributo alla diffusione dell'idea irredentista.
Nell'aprile del 1915 il C. compilava una raccolta di Inni di guerra e canti patriottici del popolo italiano (Milano 1915), spiegando nella presentazione che li precedeva le ragioni del suo interventismo: fondamentale quella per la quale la guerra sarebbe stata il compimento dell'Unità e avrebbe portato, secondo il concetto mazziniano, alla distruzione dell'Impero asburgico, perno di una situazione in cui le nazionalità erano irrimediabilmente costrette al silenzio.
La guerra comportò una riduzione della sua attività editoriale, mentre d'altro canto l'avvento del fascismo e la conseguente compressione della libertà di stampa indussero il C., che da qualche anno era passato al Secolo, a dare un temporaneo addio anche al giornalismo per dedicarsi alla storia delle navigazioni e delle scoperte, dirigendo le collane della Alpes e della Bompiani e curando personalmente la pubblicazione di testi classici, quali il Giornale di bordo di Cristoforo Colombo (1492-1493), Milano 1939, 0, sempre di Colombo, le Relazioni di viaggio e lettere (1493-1506), Milano 1941, o ancora Le navigazioni atlantiche di Alvise Da Mosto, Antoniotto Usodimare e Niccoloso da Recco (ibid. 1938) e, di Fernando Colombo, Le historie della vita e dei fatti di Cristoforo Colombo (ibid. 1930); nel 1942 infine scriveva tre lunghi contributi per la Storia marittima dell'Italia dall'evo antico ai nostri giorni (ibid.) esaminando il periodo compreso tra le origini e la dominazione genovese in Oriente.
Ma l'attività storiografica più originale del C. è senza dubbio quella che riguarda il Risorgimento, alla cui scoperta egli fu spinto tra l'altro dalla sua passione di bibliofilo e dalla possibilità di accedere per primo alle carte lasciate da Alessandro Repetti, proprietario della Tipografia elvetica di Capolago negli anni del suo maggiore sviluppo: se infatti fu il materiale d'archivio a guidarlo nella stesura del volume La Tipografia Elvetica di Capolago (1830-1835). Uomini, vicende, tempi (Milano 1931), per pubblicare il volume successivo, Le edizioni di Capolago (1830-1835). Storia e critica (Milano 1934), fu indispensabile tutta la pazienza dell'amatore e collezionista di edizioni rare.
Nella prima delle sue opere il C., dopo aver brevemente esaminato la nascita dello stabilimento, dimostrava che nell'attività iniziale, diretta da uomini di scarsa capacità, la tipografia non si era davvero segnalata per anticonformismo nei confronti dell'Austria: soltanto con l'avvento del Repetti e con la collaborazione di uomini come il Dottesio, l'Elvetica aveva acquistato una funzione di primo piano nella lotta ideologica contro la, dominazione austriaca nel Lombardo-Veneto.
A proposito dell'arresto del Dottesio il C. riprendeva, suffragandola con nuovi indizi, l'accusa di tradimento rivolta dai contemporanei a Gino Daelli, il futuro editore di Mazzini. Il volume del 1934 si imperniava invece s una bibliografia ragionata delle 493 opere sicuramente provenienti da Capolago; nell'appendice che seguiva il catalogo il C. approfondiva le ricerche sui primi anni di vita della tipografia e confermava il giudizio negativo già espresso tre anni innanzi.
Nel 1932, in un intervallo tra le due fatiche maggiori, aveva pubblicato per Mondadori un volume divulgativo: L'attentato di Orsini: 1858.Successivamente, limitando il campo di indagine alla storia del Canton Ticino, pubblicava alcuni articoli nell'Archivio storico della Svizzeraital. (notevole quello su Giansenisti, giacobini e patrioti ticinesi prima della rivoluzione del 1798, XIV [1936], pp. 170-97) e, nel 1938, I primi anni del Risorgimento ticinese nella Cronaca inedita di Antonio M. Laghi;seguirononumerosi altri articoli su riviste specializzate e, a concludere questa sorta di ciclo, nel 1945 il volume Gliunitari lombardi e ticinesi e la Repubblica Cisalpina (Milano). Tale era ormai il grado di preparazione raggiunto dal C. in fatto di storia lombarda, come attestavano tutti questi studi, che Alessandro Levi, presidente del Comitato italo-svizzero per la pubblicazione delle opere di Carlo Cattaneo, volle affidargli nel 1947 la pubblicazione in edizione critica di tutto l'Epistolario.Atale fatica il C. si dedicò con la serietà che gli era consueta, tanto che alla fine tutte le lettere del pensatore lombardo potevano dirsi degnamente sistemate, ben diversamente che nella vecchia edizione curata da G. Rosa e J. White Mario: i quattro volumi, che uscirono per i tipi dell'editore Barbera di Firenze dal 1949 al 1956, potevano dunque costituire la base per una conoscenza sicura e della complessa figura del Cattaneo e dell'ambiente in cui egli visse e operò, anche per l'abbondante e preciso apparato critico di cui il C. li aveva dotati.
Durante la preparazione dell'epistolario cattaneano lo studioso sardo aveva anche dato alle stampe una serie di articoli per riviste quali IlRisorgimento e La Martinella, entrambe di Milano; articoli che, pur nella loro brevità, testimoniavano in tutta semplicità il suo amore per Findagine storica e confermavano quella interpretazione liberale, aliena da ogni forma di estremismo e tesa essenzialmente a una ricostruzione limpida del passato.
Nel 1955, dopo il favore con cui generalmente era stato accolto l'Epistolario di Cattaneo, il C. riceveva da Tommaso Gallarati Scotti, presidente del comitato di studio istituito all'uopo, l'invito a pubblicare l'Epistolario di Francesco Melzi d'Eril, duca di Lodi:superate alcune difficoltà dovute all'età avanzata, il C. si metteva all'opera. Ma il 21 sett. 1956 la morte improvvisa interrompeva ad Albosaggia di Sondrio il suo ultimo impegno.
Bibl.: R. Ciasca, Bibliografia sarda, Roma 1931, I, p. 239;G. Martinola, R. C., in Il Risorgimento, IX (1957), pp. 77-79;L.Marchetti, R. C., in Rassegna storica del Risorgimento, XLIV (1957), pp. 123 s.;R. Bonu, Scrittori sardi nati nel secolo XIX…, Sassari 1961, pp. 886-90.