RINALDI (Regnaud), Giovanni (Jean), detto Jean de Champagne
RINALDI (Regnaud), Giovanni (Jean), detto Jean de Champagne. – Attivo durante la seconda metà del XVII secolo a Roma e in area umbra come scultore, stuccatore e architetto, giunse presumibilmente in Italia dall’omonima regione della Francia settentrionale, da cui prese l’appellativo Jean de Champagne italianizzato poi in Giovanni di Sciampagna; non sono tuttavia ancora noti con esattezza né il luogo né l’anno di nascita.
Malgrado già Stanislas Lami (1906) lo annoverasse tra gli artisti francesi presenti nell’Urbe in qualità di pensionnaire dell’Académie de France, a lungo prevalse l’ipotesi di una sua origine ticinese formulata da Ugo Donati (1942, p. 501); questi, considerandone l’attività in cantieri affidati a maestranze provenienti dalla Svizzera italiana, si spinse a ipotizzare come luogo natio il piccolo villaggio di Tremona, non ultimo considerando l’omonimia con il pittore Antonio Rinaldi, che lì nacque nel 1816. Solamente in anni recenti l’origine francese è stata riconsiderata criticamente (Weil, 1966-1967, p. 12 n. 14), trovando poi numerose conferme a livello documentario tanto nelle registrazioni contabili delle fabbriche cui Rinaldi prese parte quanto nei censimenti parrocchiali romani.
Assieme a Michel Maille, Rinaldi rappresentò in ordine di tempo uno degli ultimi assistenti d’Oltralpe di cui si avvalse Gian Lorenzo Bernini dopo le già note collaborazioni con Nicolò Sale, Claude Poussin e Arrigo Giardé.
La sua presenza nella città pontificia e l’attività al fianco di Bernini risalgono entrambe agli inizi degli anni Sessanta, allorché lo scultore si trovò coinvolto nel cantiere della Cattedra nella basilica di S. Pietro in Vaticano; accanto ai più esperti Ercole Ferrata, Antonio Raggi e Lazzaro Morelli, Rinaldi fu impegnato nel ruolo invero più marginale di fornire i modelli preparatori alla fusione in bronzo del seggio pietrino, ottenendo 10 scudi e 80 baiocchi il 3 agosto 1663 per aver realizzato alcuni prototipi in terracotta «attorno alla sedia della Chatreda», cui si aggiunsero 17 scudi e 50 baiocchi il 26 aprile dell’anno seguente per avere rinettato «le cere de bassorilievi» raffiguranti il Pasce oves meas, la Consegna delle chiavi e la Lavanda dei piedi, destinati a decorarne rispettivamente la spalliera e i fianchi (Battaglia, 1943, pp. 218 n. 403bis, 220 n. 427).
Allo scadere di quello stesso decennio l’artista prese parte in veste di stuccatore al cantiere berniniano di S. Andrea al Quirinale, venendo remunerato l’8 maggio 1670 per il suo impegno nel modellare i tre angeli posizionati a sostegno della pala d’altare di Guillaume Courtois raffigurante il Martirio di s. Andrea e nel realizzare nove putti e settantacinque teste di cherubini collocati a impreziosire il cupolino sovrastante; per queste sculture, rivestite di foglia d’oro da Vincenzo Coralli, Rinaldi avanzò una richiesta di pagamento pari a 390 scudi, poi ridotti a 254 su indicazione di Bernini. Per la stessa chiesta, il seguente 7 settembre, l’artista propose di essere retribuito 98 scudi, cifra ribassata a 60 in seguito a un nuovo intervento di Bernini, come compenso per aver realizzato per la controfacciata due figure di Fama in atto di sostenere lo stemma di Camillo Pamphilj, l’una mentre suona una tromba e l’altra a sostenere il cartiglio con l’iscrizione dedicatoria (Donati, 1941, pp. 144 s.).
Pur nel ridotto numero di opere realizzate, già dall’analisi di questa prima produzione è possibile valutare il grado di completa assimilazione del linguaggio berniniano, tanto nel modo di disporre le sculture nello spazio quanto nella scelta di accentuarne con intento retorico i gesti e le pose. Nondimeno è possibile rilevare anche un’indubbia attenzione alla lavorazione dei panneggi condotti con notevole virtuosismo tecnico e una propensione alle forme anatomiche affusolate con cui sono connotate plasticamente le figure; componenti stilistiche, queste, che trovarono forse in Antonio Raggi un modello di riferimento e nella produzione di un artista come Filippo Carcani una comune ricerca.
Sulla base dell’attività in S. Andrea al Quirinale Donati (1942, p. 501) ha attribuito a Rinaldi anche gli stucchi nella berniniana cappella Fonseca in S. Lorenzo in Lucina (1663-64), da ricondurre invece alla mano di Antonio Raggi e Pietro Sassi, come documentato dai pagamenti rintracciati da Fabio Barry (2004, pp. 398 s.); resta invece incerta una sua partecipazione agli interventi commissionati a Bernini dal nobile portoghese Rodrigo López de Sylva al fine di qualificare figurativamente la propria cappella nella chiesa romana di S. Isidoro (1663 circa), la cui decorazione presenta caratteri di affinità compositiva e stilistica tanto con quella dell’altare maggiore in S. Andrea al Quirinale quanto con quella del citato sacello Fonseca.
Documentata è invece l’attività di stuccatore nella nicchia alle spalle della berniniana statua equestre di Costantino ai piedi della Scala Santa, per cui Rinaldi ricevette 30 scudi tra il marzo e l’aprile del 1669 (Falaschi, 1996, p. 98 n. 95); sempre sotto la direzione di Bernini prese parte ai lavori del Monumento funebre di Alessandro VII Chigi (1672) e a quelli del Ciborio nella cappella del Ss. Sacramento (1672-74), entrambi in S. Pietro in Vaticano: per il primo realizzò in creta i modelli «in grande e in piccolo» delle quattro figure allegoriche della Verità, Carità, Prudenza e Giustizia, oltre a quelli della Morte e della coltre poi tradotta in diaspro di Sicilia (Golzio, 1939, pp. 117-120); nel secondo cantiere si impegnò a «fare li modelli di creta e rinettare le cere» dapprima degli Angeli oranti ai lati del ciborio (Città del Vaticano, Museo del Tesoro di S. Pietro; Cambridge, Mass., The Fogg Art Museum), successivamente del Cristo risorto e degli Apostoli a coronamento della struttura, tutte opere poi gettate in bronzo da Girolamo Lucenti (Menichella, 1993, passim).
Agli anni Settanta del secolo si daterebbe anche l’intervento nel cantiere decorativo della chiesa del Ss. Nome di Gesù, sotto la direzione di Giovan Battista Gaulli; la sua effettiva partecipazione ai lavori accanto ai più noti Raggi, Leonardo Retti e Michel Maille è tuttavia attestata unicamente dalla guidistica contemporanea (Titi, 1686, p. 155), e manca tuttora di opportuni riscontri archivistici (Curzietti, 2011).
Dal 1669 al 1685 «Monsù Giovanni Rinaldi scultore francese» risulta registrato tra gli abitanti della parrocchia di S. Andrea delle Fratte come dimorante in un caseggiato in Strada Felice; privo di un proprio nucleo familiare, coabitò in questo frangente con artigiani e artisti stranieri (Bartoni, 2012, pp. 312 s.). Per quanto i dati anagrafici forniti dagli stati delle anime non siano sovente attendibili e si dimostrino come in questo caso incoerenti con una corretta progressione cronologica, l’età registrata farebbe ipotizzare un anno di nascita tra il 1635 e il 1643.
Benché presente a Roma sino alla metà dell’ottavo decennio, le maggiori opportunità di lavoro nell’ultima fase nota della sua attività pervennero a Rinaldi da centri periferici dello Stato della Chiesa, attestando dunque una scarsa rilevanza del suo profilo professionale nella città pontificia, forse in coincidenza con il venir meno di grandi commissioni all’ormai anziano Bernini, nella cui bottega Rinaldi trascorse gran parte della propria carriera spesso vestendo i panni di semplice aiuto con mansioni di scarsa visibilità e privo di sostanziale autonomia. Tra il 1675 e il 1676 realizzò gli stucchi nell’atrio dell’oratorio di S. Francesco a Perugia raffigurandovi l’Ascensione circondata da Putti con i simboli della Passione e scene della vita di Cristo, mentre nelle lunette laterali modellò il S. Francesco e il S. Ludovico da Tolosa; per questo lavoro l’artista ricevette 350 scudi suddivisi in diversi mandati di pagamento indirizzati tutti a Monsù Giovanni Rinaldi e firmati dall’artista con il nome Jean Regnaud (Basta, 1986). Al 1675, anno in cui negli stati delle anime romani Rinaldi è registrato come «partito per Assisi» (Bartoni, 2012, p. 502), risale la progettazione dell’altare nel transetto destro della basilica di S. Maria degli Angeli dove, su commissione del folignate Pietro Giuliano, realizzò il gruppo in stucco nell’edicola centrale con l’Angelo libera s. Pietro dal carcere, insieme decorativo che richiama il precedente berniniano della cappella Cornaro in S. Maria della Vittoria. Nel 1682 decorò l’altare dedicato a S. Ambrogio in S. Benedetto a Fabriano e terminò gli stucchi sugli altari di S. Martino e S. Carlo nella chiesa di S. Ercolano a Perugia (Basta, 1986).
Tra il 1676 e il 1679 si data la progettazione del fastoso altare maggiore nella chiesa romana della Ss. Trinità dei Monti, interamente impostato sulla disposizione di possenti colonne corinzie in due ali laterali sporgenti e contraddistinto da un turbinio di stucchi che le fonti descrivono come una rappresentazione del «Mistero della Santissima Trinità, di sopra Angioli, e Puttini, e dai lati le statue di S. Luigi, e S. Francesco di Paola» (Titi, 1686, p. 344); gli interventi primo-ottocenteschi commissionati da Guillaume Lethière hanno tuttavia alterato l’impianto decorativo, modificando la parte superiore del fastigio e rimuovendo le sculture ai lati dell’altare. Ancora incerta si presenta l’identificazione con lo scultore Francesco Rainoldi menzionato da Filippo Titi (1686, p. 145) come autore della statua in stucco della Fede, parte di un ciclo realizzato entro il 1686 assieme a Jacopo Antonio Lavaggi, Simone Giorgini e Francesco Nuvolone per decorare l’andito a sinistra del presbiterio di S. Ignazio, messo in relazione dalla critica con un supposto progetto ideato da Raggi (Enggass, 1974).
Mentre nel campo della progettazione architettonica la produzione dell’artista presenta caratteri di assoluta eterogeneità in cui echi di Bernini quanto di Carlo Fontana e Carlo Rainaldi si ravvisano fusi insieme con tale disinvoltura da rasentare formule bizzarre e stravaganti, nell’ambito della plastica in stucco Rinaldi dimostra a questa data di aver intrapreso una ricerca espressiva contraddistinta dal progressivo accentuarsi di quegli stilemi figurativi già riscontrabili nelle prime opere romane e dalla predilezione per le composizioni in guisa di tableaux vivants sempre più complessi e artificiosi.
Il 15 settembre 1679, frattanto, Jean-Baptiste Colbert propose all’allora direttore Charles Errard l’ingresso del «S.r Jehan Champagne» nell’Académie de France a Roma (Correspondance…, 1887, p. 88), presumibilmente per assicurare la presenza nell’istituzione di un allievo già affermato (Verdier, 2002, pp. 49 s.) e proseguire così una politica culturale volta ad affermare il prestigio e il potere francese nell’Urbe avvalendosi di personalità provenienti in larga parte dalla bottega berniniana, come già verificatosi al momento di selezionare Giulio Cartari come scultore di riferimento negli anni tra il 1672 e il 1674 (Roma, Archivio storico della Banca d’Italia, Banco di Santo Spirito, Contabilità, Registri, sez. II.1.78, p. 721; sez. II.1.79, pp. 608, 945; sez. II.1.80, p. 472); dell’attività in seno all’Académie resta documentato un busto ritraente Luigi XIV «plus grand que le naturelle, dorré» ricordato in un inventario stilato il 6 dicembre 1684 in occasione della nomina del nuovo direttore Matthieu de La Teulière (Correspondance…, 1887, p. 132).
L’assenza di qualsiasi informazione documentaria successiva al 1685 lascia ipotizzare un rientro dello scultore in patria, tramite l’interessamento della stessa Académie de France. A Parigi le fonti annoveravano un S. Agostino sul portale d’accesso al chiostro nel distrutto convento «des Grands-Augustins» (Lami, 1906), e dinanzi alla chiesa del S. Sepolcro in rue Saint-Denis una perduta statua in marmo del Ss. Salvatore «de Jean Champagne, élève de Bernin» (Dezallier d’Argenville, 1752; Piganiol de La Force, 1765; Thiéry, 1787); incerta è l’identificazione con lo «Champagne» che, assieme a «MM. Anguier, Coyzevox» e Robert Le Lorrain, partecipò alla decorazione del palazzo Saverne su commissione del cardinale Armand-Gaston-Maximilien de Rohan (Mémoires…, 1854).
Fonti e Bibl.: F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura nelle chiese di Roma, Roma 1674, p. 341; Id., Ammaestramento utile e curioso di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma, Roma 1686, pp. 145, 155, 271, 344; A.N. Dezallier d’Argenville, Voyage pittoresque de Paris, Parigi 1752, p. 127; J.-A. Piganiol de La Force, Description historique de la Ville de Paris et des environs, II, Parigi 1765, p. 145; L.-V. Thiéry, Guide des amateurs et des étrangers voyageurs a Paris, I, Parigi 1787, p. 499; Mémoires inédits sur la vie et les ouvrages des membres de l’Académie Royale de peinture et de sculpture, II, Parigi 1854, p. 216; L. Dussieux, Les artistes français à l’étranger, Parigi 1876, p. 479; Correspondance des directeurs de l’Académie de France a Rome avec les surintendants des bâtiments, a cura di A. de Montaiglon, I, Parigi 1887, pp. 88, 132; S. Lami, Dictionnaire des sculpteurs de l’École française sous le règne de Louis XIV, Parigi 1906, pp. 83 s.; Champagne Jean, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, VI, Leipzig 1912, p. 352; V. Golzio, Documenti artistici sul Seicento nell’Archivio Chigi, Roma 1939, passim; U. Donati, Gli autori degli stucchi in S. Andrea al Quirinale, in Rivista del Reale Istituto d’archeologia e storia dell’arte, VIII (1941), pp. 144-150; Id., Artisti ticinesi a Roma, Bellinzona 1942, pp. 500-503; R. Battaglia, La cattedra berniniana di San Pietro, Roma 1943, ad ind.; M.S. Weil, A statuette of the risen Christ designed by Gian Lorenzo Bernini, in The Journal of the Walters Art Gallery, XXIX-XXX (1966-1967), pp. 7-15; R. Enggass, Rusconi and Raggi in Sant’Ignazio, in The Burlington Magazine, CXVI (1974), pp. 258-262; C. Basta, Un artista berniniano in Umbria: “Monsù Giovanni di Champagne”, in Esercizi, IX (1986), pp. 72-82; A. Menichella, Documenti della Reverenda Fabbrica di San Pietro per il Ciborio berniniano del Santissimo Sacramento, in Archivio della Società romana di storia patria, CXVI (1993), pp. 213-241; L. Falaschi, Il ciborio del Santissimo Sacramento in San Pietro in Vaticano, secondo i disegni e i progetti di Gian Lorenzo Bernini da Urbano VIII Barberini a Clemente X Altieri, in L’ultimo Bernini 1665-1680. Nuovi argomenti, documenti e immagini, a cura di V. Martinelli, Roma 1996, pp. 69-136; S. Zanuso, Giovanni Rinaldi, in Scultura del ’600 a Roma, a cura di A. Bacchi, Milano 1996, p. 838; O. Ferrari - S. Papaldo, Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, pp. 29, 30, 93, 174, 561, 581; T. Verdier, Architectes et décorateurs français dans la Rome de la fin du XVIIe siècle, in Studiolo, I (2002), pp. 41-63; F. Barry, New documents on the decoration of Bernini’s Fonseca Chapel, in The Burlington Magazine, CXLVI (2004), pp. 396-399; J. Curzietti, Giovan Battista Gaulli. La decorazione della chiesa del SS. Nome di Gesù, Roma 2011, p. 53; L. Bartoni, Le vie degli artisti. Residenze e botteghe nella Roma barocca dai registri di Sant’Andrea delle Fratte (1650-1699), Roma 2012, pp. 312 s., 501 s.