PELLEGRI, Rina
PELLEGRI, Rina. – Nacque ad Arcola, antico borgo dell’estremo Levante ligure, il 29 giugno 1903, da Tito, maggiore del Genio navale, e da Marina Paola Bertagna.
Da un anno appena si era consumata la tragedia familiare che ne segnò indelebilmente l’esistenza: la scomparsa per meningite, in meno di una settimana, dei più piccoli tra i suoi cinque fratelli: Rina, Flavio e Ugo. La madre, inconsolabile, volle imporre il nome della figlia morta alla neonata, salutandola come una rediviva. Quel battesimo e la sorprendente somiglianza con la defunta sorellina acuirono precocemente la sensibilità della «seconda Rina», alimentando in lei fantasie funeree e un oscuro senso d’imperfezione che la portò a sentirsi per tutta la vita la metà «dispersa» di un’entità ultraterrena.
Trasferitasi con la famiglia a La Spezia nel 1910, dopo una parentesi romana presso un educandato delle suore dorotee, completò nella città ligure il corso magistrale e si iscrisse all’Istituto superiore di magistero di Genova, senza tuttavia conseguire la laurea. Insegnante elementare dal 1927 a Bocca di Magra, nel 1928 pubblicò ad Aulla, con il patrocinio del conterraneo Ettore Cozzani, fondatore e direttore dell’Eroica, la sua acerba silloge lirica d’esordio, Frulli d’ala, presto disconosciuta. Affinati gusto poetico e strumentazione tecnica con la frequentazione di cenacoli letterari à la page di Liguria e Toscana, in breve tempo diede vita alle più consistenti e sostanziose raccolte: Musiche d’acque (Genova 1933) e Fiori sulla sabbia (Como 1934).
Qui, ai pregressi influssi carducciani, negriani e pascoliano-dannunziani, si aggiungono echi dal primo Ungaretti, da Aldo Capasso e, soprattutto, dal mentore Elpidio Jenco (anche nel segno nipponizzante dei tanka e degli haikai), generando un amalgama diseguale, ma a tratti di innegabile suggestione e originalità.
Nel 1937, per intervento del ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai, che ne apprezzava militanza fascista (dell’anno precedente la composizione di un Inno dei legionari in Africa orientale, musicato da Settimia Addis) e talento artistico, fu comandata a Roma presso la Direzione generale per la propaganda del ministero della Cultura popolare, dove, sotto l’egida di Francesco Guerri, abbracciò la causa dell’annessione della Corsica, componendo una bolsa epitome in versi di storia dell’«isola persa», i Vespri còrsi (Livorno 1939).
Nella capitale consolidò una già avviata carriera di pubblicista redigendo testi per l’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR) e collaborando, con articoli di varia, recensioni e novelle di consumo, a quotidiani e periodici tra i quali Il giornale d’Italia e il suo supplemento domenicale La voce d’Italia, Il Piccolo e, più tardi, Il giornale di Sicilia. Soppresso nel 1944 il dicastero, dopo un periodo di ozio forzato e di ristrettezze economiche, venne integrata nel dopoguerra nel neoistituito Sottosegretariato per la stampa e lo spettacolo.
Il travaglio spirituale di quegli anni rovinosi, ulteriormente angustiati da sventure e lutti familiari, ne rinsaldò la fede religiosa, originando le rime di Àncore e vele (Siena 1950), riconducibili all’alveo di quel «realismo lirico» che Capasso, con Jenco e Lionello Fiumi, andava frattanto teorizzando quale «terza corrente» antitetica così all’engagement ideologizzato e alla cruda prosaicità dell’indirizzo neorealista come all’autoreferenziale orfismo dell’epigonato ermetico.
Tra il 1952 e il 1953 curò trasmissioni radiofoniche culturali per la RAI e nel 1956 ratificò una lunga fedeltà sabauda dedicando all’amico senatore Raffele Paolucci di Valmaggiore, presidente dell’Unione monarchica italiana prima e del Consiglio nazionale del Partito nazionale monarchico poi, la monografia Il vessillifero della bianca croce (Milano), seguita negli anni successivi da interventi – perlopiù rievocazioni di personaggi di casa Savoia – apparsi sull’organo monarchico Il Corriere della nazione e, dal 1960, sul settimanale di azione politica La rivolta nazionale.
Una sempre più acuta nostalgia del paese nativo le ispirò le accorate prose memoriali Richiamo da una stella (Sarzana 1959) e, irreparabilmente incrinatosi il rapporto con il rumenista Raoul Lucidi, sposato nel 1942, la spinse a legarsi al conterraneo Antonio Del Santo, ispettore a riposo del ministero del Tesoro e cultore di antiquaria e poesia. Frutto di quel sodalizio d’arte e di vita fu, nell’anno stesso delle seconde nozze, la plaquette lirica Canto a due (Sarzana 1965). Nel 1966 i coniugi lasciarono definitivamente Roma per la Lunigiana, dividendosi tra Sarzana, dove risiedevano, e la vicina Arcola, sede di lunghe permanenze estive. Il rimpatrio coincise per «la PellegRina», come ormai usava autoappellarsi, con un periodo di rinnovato fervore.
Tornò al giornalismo letterario, collaborando con svariate testate regionali (Liguria, Arte Stampa, Ponente d’Italia); pubblicò Le predilette, una selezione-rivisitazione della propria produzione in versi (Savona 1969) subito tradotta in francese dalla poetessa Solange de Bressieux (La guirlande éphémère, Rodez 1970); ricevette l’omaggio di un volume critico collettaneo intitolato alla sua figura di scrittrice (Rime Pellegri, a cura di P. Raimondi, Savona 1970).
Poi l’estrema sciagura: l’antivigilia di Natale del 1971 il marito morì travolto da un’auto, mentre era in bozze il suo ultimo libro, Miracolo d’amore a rate, epopea semiseria delle gesta del nonno paterno, che uscì comunque pochi mesi più tardi (Savona 1972).
Rina Pellegri morì a La Spezia, dove si era trasferita, in seguito a breve malattia, il 17 maggio 1975.
Fonti e Bibl.: Oltre alla citata miscellanea di saggi, M. Gastaldi, Donne luce d’Italia. Panorama della letteratura femminile contemporanea, Milano 1936, pp. 739 s.; M. Bandini Buti, Poetesse e scrittrici, in Enciclopedia biografica e bibliografica ‘Italiana’, II, Roma 1942, pp. 120 s.; L. Fiumi, Giunta a Parnaso. Saggi e note su poeti del secolo XX, Bergamo 1954, p. 198; M. Gastaldi - C. Scano, Dizionario delle scrittrici italiane contemporanee: arte, lettere, scienze, Milano 1961, p. 153; S. Verdino, La cultura tra le due guerre, in La letteratura ligure. Il Novecento, I, Genova 1988, p. 346; M. Minutelli, “effimera ghirlanda” di una poetessa dimenticata: dodici liriche di R. P., in Soglie, XV (2013), 3, pp. 29-56.