MALISPINI, Ricordano
Nacque probabilmente a Firenze. Le scarse notizie sul M. e sul nipote Giacotto Malispini si ricavano dalla Storia fiorentina, attribuibile al M. fino agli avvenimenti del 1282 e a Giacotto per gli anni 1282-86.
Il M. apparteneva a una nobile famiglia guelfa che risiedeva presso la chiesa di S. Cecilia (piazza della Signoria) e per parte di madre era imparentato con gli Ormanni o Foraboschi; sposò una figlia di messer Bonaguisa de' Bonaguisi, parente per parte di madre dei Bisdomini; dal matrimonio nacque una figlia che andò in sposa ad Arrigo degli Ormanni.
Il M. avrebbe trascorso un periodo a Roma, in una data che lo stato lacunoso del testo non consente di precisare ("E in Roma istetti dal dì II d'agosto anni MCC[(] infino al dì XI d'aprile anni", cap. XLI), ospite dei Capocci, suoi parenti. Durante il soggiorno romano il M. avrebbe ricevuto da Fiorello di Liello Capocci alcune antiche scritture sull'origine e la storia di Firenze; tornato nella sua città, si sarebbe dedicato alla stesura della cronaca integrando le scritture di casa Capocci con documenti rinvenuti nella badia di Firenze.
La Storia fiorentina si apre con alcuni capitoli sulla divisione del mondo in tre parti, sulla fondazione di Fiesole, sulla vicenda troiana e sulle peripezie di Enea, fino alla fondazione di Roma. Dopo il racconto romanzato della congiura di Catilina, che si conclude con la distruzione di Fiesole (rifugio del congiurato e dei suoi seguaci), è descritta la fondazione di Firenze, a somiglianza della Roma pagana, per iniziativa di Giulio Cesare. La storia cittadina assume poi un andamento simmetrico: distrutta 500 anni dopo la sua fondazione dal re barbaro Attila o Totila, che favorisce la rinascita di Fiesole, Firenze è ricostruita sul modello della Roma cristiana; dopo altri 500 anni i Fiorentini conquistano e radono al suolo nuovamente la città rivale. Per tutta la sezione leggendaria, che rappresenta circa un quinto dell'opera, la fonte principale della cronaca è stata riconosciuta in una redazione del volgarizzamento della Chronica de origine civitatis, nota con il nome di Libro fiesolano; a partire da questo punto (ma con alcune evidenti contaminazioni già nel racconto della seconda fondazione di Firenze) la Storia fiorentina corrisponde, sia pure in forma più sintetica e con l'inserzione di interessanti notizie di archeologia nobiliare fiorentina, al testo della Nuova cronica di Giovanni Villani.
Tale circostanza ha suscitato, specialmente dalla seconda metà dell'800, un acceso dibattito sulla natura del rapporto, evidente e innegabile, fra i due testi. Per molto tempo la Storia fiorentina è stata ritenuta la prima cronaca fiorentina in volgare, a cui avrebbero attinto sia Giovanni Villani sia Dante; attualmente sembra invece prevalere l'ipotesi dell'anteriorità della cronaca villaniana sulla Storia fiorentina, che andrebbe perciò ascritta alla seconda metà del XIV secolo. Sia pur destituita di autorità come fonte storica duecentesca, la Storia fiorentina conserva comunque un certo interesse per il rilievo (accentuato rispetto alle fonti) che accorda alle notizie sulle antiche famiglie fiorentine, di cui vengono indicate le origini, le parentele e le dimore in città e in contado.
La tradizione del testo è prevalentemente quattrocentesca o cinquecentesca; nessuno dei tredici testimoni noti può risalire a prima dell'ultimo quarto del '300. Fra i codici più antichi, il Vitt. Em., 499 della Biblioteca nazionale di Roma e l'Ashb., 510 e il Plut., LXI.29 della Biblioteca Medicea-Laurenziana di Firenze possono essere fatti risalire al periodo tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XV, mentre ci sarebbero indizi di maggiore antichità per il Magl., II.IV.27 della Biblioteca nazionale di Firenze, sul quale si fonda l'edizione Follini, che tuttora rappresenta la vulgata. Il Plut., LXI.29, insieme con altri sei testimoni, si interrompe prima del racconto dei Vespri siciliani (1282), omettendo perciò l'intero proseguimento di Giacotto.
Mancando dunque una prova codicologica dell'anteriorità della Storia fiorentina rispetto alla cronaca del Villani, l'attenzione degli studiosi si è concentrata da un lato sugli elementi storico-biografici forniti dallo stesso M. (peraltro generici proprio dal punto di vista della determinazione temporale), dall'altro, e soprattutto, sul confronto con il testo villaniano.
Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna rilevare che non risultano documenti relativi al M., il cui nome non compare nemmeno nell'onomastica della famiglia Malispini. Tale circostanza ha prodotto nel corso dei secoli varie congetture sulla forma del nome, per esempio Ricco, Riccardo o Dino; secondo l'editore Follini, che ha ricostruito un minuzioso albero genealogico dei Malispini, Ricordano può essere la deformazione di Guardino, nome che appare, attribuito a una persona ancora vivente, in un documento del 1278. Nella ricostruzione del Follini, Guardino avrebbe avuto un fratello di nome Ceffo (possibile diminutivo di Francesco), padre di un Giacotto.
Nella Storia fiorentina Giacotto si mostra parco di notizie su di sé, limitandosi a segnalare, al cap. CCXXXI, il proprio intervento nella stesura della cronaca dello zio. L'identificazione non è affatto priva di ostacoli, in quanto il nome Giacotto, a differenza di Ricordano, appare frequentemente nell'onomastica della famiglia. In un documento del 1275 compare un Giacotto Malispini, ma è figlio di Tedaldo e non di Francesco. In un altro documento del 1290, è nominato un "Iohannis filii quondam Giachotti Malaspina" - probabilmente lo stesso Giovanni che morì nel 1315 nella battaglia di Montecatini e che fu sepolto nel cimitero di Pisa - mentre vi sono indizi che suggeriscono, per la sezione della cronaca relativa a Giacotto, una data di composizione più tarda (per esempio l'accenno a una lunga decadenza dei Pisani dopo la battaglia della Meloria, avvenuta nel 1284).
Non mancano inoltre documenti relativi alla famiglia Malispini nel suo complesso. In un documento del 1269, contenente una stima dei danni arrecati dai ghibellini ai guelfi nel 1260, i Malispini appaiono nell'elenco delle famiglie guelfe costrette ad abbandonare la patria. Follini utilizzò questo documento per precisare la data del soggiorno a Roma del M., ipotizzando che fosse stato ospitato dai parenti romani proprio in seguito alla cacciata dei guelfi da Firenze; il capovolgimento delle fortune guelfe avrebbe poi permesso il suo rientro in patria. L'ipotesi di Follini incontrò nel secolo successivo l'approvazione di Morghen, il quale addusse, a conferma delle parole del M., una Historia de gente Capoccina, scritta nel 1623 da Vincenzo Capocci, che riporta una lettera di papa Onorio IV del 25 genn. 1286, in cui si fa riferimento a un Fiorello Capocci, figlio ed erede di un Angelo (di cui Liello è il caratteristico diminutivo dialettale).
Sebbene i primi dubbi sull'autenticità della Storia fiorentina e sulla sua anteriorità rispetto alla Nuova cronica fossero già stati sollevati nella seconda metà del XVI secolo, il dibattito critico si inasprì nell'ultimo quarto del XIX secolo con la pubblicazione di un saggio di Scheffer-Boichorst, in cui si sosteneva che la cronaca malispiniana fosse una falsificazione tardotrecentesca compilata saccheggiando il testo del Villani allo scopo di glorificare alcune famiglie fiorentine, in particolar modo quella dei Bonaguisi. Secondo Scheffer-Boichorst, il plagio sarebbe stato concepito e redatto in occasione del matrimonio di Averardo de' Medici con una donna della famiglia Bonaguisi, avvenuto nel 1370 (anno che potrebbe accordarsi con la datazione del testimone più antico della cronaca malispiniana).
Fra gli studiosi italiani più vicini alle posizioni dello Scheffer-Boichorst è Lami, che concorda nel ritenere la cronaca posteriore al Villani, ma non ritiene che i Malispini abbiano utilizzato direttamente il testo villaniano e ipotizza che si siano serviti di un compendio anonimo della Nuova cronica, contenuto nel ms. Magl., II.I.252 della Bibl. naz. di Firenze, della seconda metà del '300, in cui la storia di Firenze giunge fino al 1336. Il testo malispiniano presenterebbe dunque di originale, per la sezione attribuita al M., soltanto alcuni passi di raccordo inseriti per necessità di compilazione, notizie più particolareggiate su alcune famiglie fiorentine e informazioni relative a se stesso e alle fonti utilizzate; nel proseguimento di Giacotto sarebbero indipendenti dal compendio villaniano soltanto la frase del cap. CCXXXI in cui Giacotto segnala il proprio intervento e il breve cap. CCXLIV sull'incendio di Firenze del dicembre 1284, che avrebbe provocato danni anche alle case dei Bonaguisi.
Una parola definitiva sul rapporto fra le due cronache sembra essere stata espressa, in anni più recenti, da Davis, il quale, riprendendo la tesi di Scheffer-Boichorst, ha sostenuto con nuovi argomenti la dipendenza della Storia fiorentina dall'anonimo compendio villaniano segnalato dal Lami.
Il più convinto assertore dell'autorità del M. fu Morghen, che nel tentativo di ancorare il testo malispiniano agli ultimi decenni del Duecento si impegnò non solo a ricostruire una biografia plausibile del M., ma anche a riconoscere nelle parole del cronista uno spirito feudale e aristocratico, più "duecentesco" dello spirito borghese del Villani. Secondo Morghen, il M. avrebbe iniziato a scrivere intorno al 1270, mentre Giacotto sarebbe subentrato allo zio prima del 1309 (anno in cui salì al trono Roberto d'Angiò, sempre indicato con il titolo di duca di Calabria) e, in ogni caso, non dopo il 1323, anno della canonizzazione di Tommaso d'Aquino, perché nel cap. CCXLI la sua morte sarebbe narrata con scarsa reverenza. Morghen esaminò numerosi casi di affinità, tematiche e verbali, fra il testo malispiniano e alcuni passi della Commedia: questi rilievi, certamente suggestivi, risulterebbero però destituiti di ogni valore partendo dal presupposto della dipendenza della Storia fiorentina dal testo villaniano, soprattutto alla luce della possibilità che il Villani stesso abbia subito influssi danteschi.
La ricostruzione di Davis risulta però tuttora la più convincente, come alcuni recenti riscontri sembrano confermare. Di estrema importanza per la definizione dei rapporti fra testo villaniano, compendio anonimo e Storia fiorentina è per esempio la circostanza rilevata da G. Porta, editore della cronaca villaniana: confrontando il testo malispiniano e il compendio Lami con alcuni luoghi della Nuova cronica per i quali si individua una doppia redazione, Porta ha osservato che la Storia fiorentina e il compendio villaniano condividono sistematicamente la redazione giudicata più tarda. Un'ulteriore conferma indiretta della tesi di Davis può essere ricavata anche dalla data di composizione dell'altra fonte principale della Storia fiorentina, il cosiddetto Libro fiesolano. Il Libro fiesolano è contenuto in testimoni che non possono risalire a prima della metà del '300; tuttavia indizi esterni portano a ritenere che questa forma del volgarizzamento si sia diffusa nell'ultimo decennio del '200 o nei primi anni del secolo successivo, troppo tardi dunque perché possa essere accettata, per la sezione della Storia fiorentina attribuita al M., la cronologia proposta da Morghen o quella avanzata da Minervini.
Edizioni della Storia fiorentina: in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., VIII, Mediolani 1726, coll. 881-1046; per Filippo e Iacopo Giunti, Firenze 1568 (ristampata nel 1598); per Tartini e Franchi, Firenze 1718, pp. 1-228; a cura di V. Follini, Firenze 1816 (rist. anast. Roma 1976); a cura di A. Benci, Livorno 1830; a cura di C. Giannini, Bologna 1867.
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