LOMBARDI, Riccardo
Nacque a Regalbuto, in provincia di Enna, il 16 ag. 1901 da Gustavo, ufficiale dei carabinieri, e da Maria Marraro, donna di intensi sentimenti religiosi. Iscrittosi alla facoltà di ingegneria dell'Università di Catania, nel 1919 si trasferì a Milano, dove nel 1922 si laureò in ingegneria industriale al Politecnico. Insieme con il fratello Ruggero aderì al Partito popolare italiano (PPI) e fu tra i seguaci della sinistra interna capeggiata dal sindacalista G. Miglioli, ma, all'inizio degli anni Venti, maturò il distacco dalla cultura cattolica avvicinandosi al marxismo. Dopo aver preso parte ad alcune azioni degli Arditi del popolo, il movimento che tentava di opporsi con la forza allo squadrismo fascista, il L. cominciò a collaborare con l'organizzazione clandestina comunista, continuando a svolgere la professione di ingegnere presso un'impresa privata. Nell'agosto 1930, mentre era impegnato nella diffusione di volantini davanti ad alcune fabbriche milanesi, venne arrestato dalla milizia fascista e sottoposto a percosse che gli procurarono una lesione permanente al polmone, destinata a creargli problemi di salute per tutta la vita.
Entrato nel novero dei sorvegliati, negli anni Trenta il L., oltre che alla professione, si dedicò allo studio dell'economia, approfondendo in particolare le analisi di J.M. Keynes e di J.A. Schumpeter. L'esperienza del New Deal e le teorie sul sistema economico misto furono alla base di un ripensamento critico, che lo avvicinò al socialismo liberale di C. Rosselli e al movimento Giustizia e libertà. Nel luglio 1942 fu tra i fondatori del Partito d'azione (Pd'A), in rappresentanza del quale il 24 giugno 1943 partecipò a Milano alla prima riunione del Comitato dei partiti antifascisti, poi Comitato di liberazione nazionale per l'Alta Italia (CLNAI).
Il 25 apr. 1945 il L. fece parte della delegazione del CLNAI che incontrò B. Mussolini all'arcivescovado di Milano chiedendogli la resa incondizionata, e il giorno successivo, nella città liberata, assunse la carica di prefetto. Fu quindi nominato ministro dei Trasporti nel primo governo De Gasperi (10 dic. 1945 - 1° luglio 1946), avviando un immediato piano di ricostruzione delle più importanti vie di comunicazione stradali e ferroviarie distrutte o gravemente danneggiate dalla guerra.
Le responsabilità di governo non lo distolsero dal dibattito interno al Pd'A, il cui congresso, svoltosi a Roma dal 4 all'8 febbr. 1946, registrò l'inasprimento dello scontro tra le correnti liberale e socialista.
Il L., che si collocava in una posizione intermedia, fu allora chiamato con T. Codignola ad affiancare F. Schiavetti nella segreteria del partito. Le elezioni del 2 giugno, nelle quali fu eletto all'Assemblea costituente nel collegio unico nazionale, rivelarono lo scarso radicamento del Pd'A e ne fecero precipitare la crisi. Eletto segretario unico, il L. si trovò a gestire l'inesorabile declino del partito, che portò al suo scioglimento nel giugno 1947.
Decise allora di aderire al Partito socialista italiano (PSI), senza però allinearsi all'orientamento della maggioranza raccolta intorno a P. Nenni. Pur favorevole all'alleanza con il Partito comunista italiano (PCI), il L. era infatti contrario alla presentazione della lista unica del Fronte popolare alle elezioni del 18 apr. 1948. L'esito del voto determinò la crisi della segreteria di L. Basso e al congresso nazionale straordinario, convocato a Genova dal 27 giugno al 1° luglio 1948, prevalse la linea autonomista propugnata dalla corrente di Riscossa socialista, della quale il L. era uno dei massimi esponenti. Il L. assunse allora la direzione dell'Avanti!, che mantenne fino al maggio 1949, allorché, al XXVIII Congresso nazionale del PSI (Firenze 11-15 maggio 1949), gli equilibri interni mutarono ancora e la guida del partito tornò nella mani della sinistra di Nenni e R. Morandi.
Si esauriva così il primo breve tentativo di politica autonomista del PSI e per il L. - cui Morandi e i frontisti rimproveravano la provenienza "liberalsocialista" - iniziò un lungo periodo di emarginazione.
Escluso dalla direzione e nominato vicepresidente dei Partigiani della pace, il L. si concentrò nell'attività parlamentare (nel 1948 era stato eletto alla Camera nella circoscrizione IV di Milano, nella quale sarà riconfermato nelle successive elezioni dal 1958 al 1979, salvo che nel 1953 quando fu eletto nel collegio unico nazionale).
Seguì in particolare i problemi dell'economia e del lavoro, intervenendo più volte per denunciare la politica del governo in materia.
Il L. tornò a svolgere un ruolo di primo piano nel 1956, anno in cui, in seguito all'intervento sovietico in Ungheria, si dimise dai Partigiani della pace e vide il suo partito imboccare con decisione la strada dell'autonomia dal PCI.
In tema di rapporti con il PCI è stato giustamente rilevato come il L. rifuggisse dallo schema comunista-anticomunista: "si autodefiniva a-comunista, intendendo con questo termine sottolineare la sua estraneità culturale al comunismo, senza che questo significasse una preclusione di principio ad una collaborazione con il PCI. Insieme ai comunisti ha lottato nei primi anni della battaglia antifascista; con il PCI penserà di realizzare negli anni Settanta la politica di alternativa di sinistra, nel momento in cui riterrà matura la preparazione di una piattaforma comune di riforme strutturali" (Colarizi, 1991, p. 342).
Il nuovo corso socialista non poteva non incontrare l'adesione convinta del L., che, come responsabile economico del PSI dal 1956 al 1964, fu l'ispiratore della politica con la quale questo partito si proponeva di "operare dentro la società capitalistica per modificarne gli equilibri di potere e di reddito a favore delle classi lavoratrici" (V. Spini, Presentazione, in R. Lombardi, Discorsi parlamentari, p. XVIII). Tale prospettiva faceva affidamento, oltre che sulla positiva congiuntura economica, sul prevalere in seno alla Democrazia cristiana (DC) di un orientamento favorevole all'intervento pubblico in economia.
Il L. e i suoi collaboratori elaborarono un programma di riforme - tra le quali spiccavano la nazionalizzazione dell'energia elettrica e una nuova legge urbanistica -, che avrebbero dovuto distogliere il capitalismo italiano dalle posizioni di rendita e orientarlo verso un equilibrato sviluppo.
Tale programma costituì la piattaforma del confronto con la DC, il Partito socialista democratico italiano (PSDI) e il Partito repubblicano italiano (PRI) che portò, il 21 febbr. 1962, alla formazione del primo governo di centrosinistra, presieduto da A. Fanfani. I socialisti, pur non partecipando con propri ministri alla compagine governativa, espressero il loro sostegno attraverso una benevola astensione sul voto di fiducia.
Il 1° ag. 1962 il L. tenne alla Camera uno dei suoi più importanti discorsi per esporre le ragioni tecniche, economiche e politiche che rendevano necessaria la nazionalizzazione dell'energia elettrica. Dopo la realizzazione di questa nel novembre 1962, alla vigilia delle elezioni politiche del 28 aprile 1963, la segreteria nazionale della DC sconfessò il progetto di legge urbanistica di Fiorentino Sullo.
Questo fu un chiaro segno, secondo il L., del venire meno dello slancio riformatore del centrosinistra. Ritenendo che non ci fossero più le condizioni per l'impegno dei socialisti, il L. ruppe l'intesa con Nenni e passò all'opposizione sia rispetto al governo sia nel partito. Il 17 giugno 1963, nel comitato centrale del PSI, Nenni fu messo in minoranza da uno schieramento guidato dal L., da A. Valori e da T. Vecchietti, tanto che fu impossibile riprendere subito l'esperienza di centrosinistra e fu varato un monocolore democristiano presieduto da G. Leone (21 giugno - 4 dic. 1963). Il L. rimase in posizione fortemente critica anche nei confronti del successivo governo Moro, primo governo in cui entrarono esponenti socialisti.
Dalle colonne dell'Avanti!, di cui tornò a essere direttore dall'11 gennaio al 21 luglio 1964, quindi nei suoi argomentati interventi nel dibattito politico, il L. condusse una tenace battaglia di minoranza per costruire l'alternativa di governo alla DC.
Più che il Parlamento e le sedi ufficiali del partito, il L. predilesse come luogo di confronto il vasto e variegato arcipelago della sinistra, intervenendo a convegni, dibattiti, assemblee promosse da associazioni e movimenti sui temi dello sviluppo economico, dei diritti civili, delle libertà democratiche e della politica internazionale. Per le sue posizioni, spesso fuori dagli schemi e comunque mai condizionate dalle convenienze e dalle compatibilità del momento politico, il L. venne rappresentato come "socialista inquieto" e "coscienza critica della sinistra". Questo suo modo di essere ne fece uno dei politici più ricettivi delle istanze di rinnovamento avanzate, sul finire degli anni Sessanta, dai movimenti degli studenti e dei lavoratori e dal cosiddetto dissenso cattolico.
L'8 marzo 1969, insieme con l'ex presidente delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI), L. Labor, patrocinò la nascita dell'Associazione di cultura politica (Acpol), che avrebbe dovuto essere il laboratorio di una nuova forza progressista.
Oltre alla maggioranza del PSI, a non riconoscersi nella prospettiva dell'alternativa di sinistra era soprattutto il PCI, il cui processo di revisione ideologica approdò negli anni Settanta alla formulazione del compromesso storico.
Proprio la necessità di rompere un equilibrio politico basato sull'asse preferenziale tra i due maggiori partiti, la DC e il PCI, con i socialisti destinati a svolgere un ruolo ininfluente, indusse il L. a favorire nel 1976 l'avvento alla segreteria del PSI di B. Craxi. Ben presto tuttavia, allorché fu chiaro che la politica di riscatto autonomista del partito non era finalizzata alla costruzione dell'alternativa bensì alla ripresa della collaborazione con la DC, il L. entrò in aperto contrasto con Craxi. Dopo aver tentato di far eleggere nuovo segretario A. Giolitti, il L. acconsentì a una ricomposizione unitaria e il 18 genn. 1980 fu eletto presidente del partito. Il compromesso saltò dopo poche settimane e il 13 marzo il L. si dimise da presidente, mentre la maggior parte della cosiddetta "sinistra lombardiana" era ormai divenuta organica alla maggioranza craxiana. I suoi ultimi mesi di vita furono segnati dall'amarezza e dalla preoccupazione per l'acuirsi dello scontro tra il PSI e il PCI.
Il L. morì a Roma il 22 sett. 1984.
Opere: L'alternativa socialista, intervista a cura di C. Vallauri, Cosenza 1976; Scritti politici, a cura di S. Colarizi, Venezia 1978; Lettere e documenti (1943-1947), a cura di A. Ragusa, Manduria-Bari-Roma 1998; Discorsi parlamentari, a cura di M. Baccianini, Roma 2001.
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