RICCA
– Famiglia di architetti originaria di Lavina, piccola frazione di Rezzo, nelle valli di Oneglia, enclave sabauda nella Repubblica di Genova, che fu attiva in Liguria e Piemonte tra la fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo.
I Ricca si distinsero nel panorama costruttivo ligure per avere elaborato un linguaggio riconoscibile soprattutto nell’edilizia religiosa, dove rivelano una conoscenza delle migliori espressioni del barocco italiano.
Figura di spicco di questa dinastia di ‘capi d’opera’ e architetti da generazioni fu senza dubbio Giovanni Antonio seniore, nato a Lavina il 22 luglio 1651 da Giovanni Giacomo e da Antonina Bonanato, quarto di sette figli, tra i quali si distinsero Domenico (1653-?), Giovanni Battista (1657- dopo il 1730) e Antonio Maria, nato nel 1660, che rivelò una notevole personalità artistica. Dalle seconde nozze di Giovanni Giacomo con Giovannetta Marino nacque Giacomo Maria (1666-1737), abile capomastro e padre del più noto architetto Giovanni Antonio iuniore, che vide i natali a Genova nel 1699 (o nel 1692).
Di Giovanni Antonio seniore, che ha lasciato una copiosa produzione grafica a conferma di un’agile padronanza del disegno, non si conosce la formazione. Nel suo studio presso la casa genovese di piazza Tessitori, dove visse con la moglie Anna Maria e l’unica figlia Maria Antonia, vennero custoditi gli strumenti del mestiere, numerosi disegni e i libri di architettura, che alla sua morte furono ereditati dal nipote omonimo ex fratre. La sua attività si svolse prevalentemente nella capitale della Repubblica, per la quale solo in tarda età ricoprì la carica di architetto camerale (1722-24). Il primo incarico noto a Genova risale al 1675, con il progetto di una strada di collegamento tra la basilica gentilizia dei Sauli in Carignano – di cui avrebbe progettato nel 1698 la canonica (non più esistente) – e l’adiacente piazza S. Maria in Via Lata, cui seguirono altre commissioni affidategli da alcune magistrature di governo, come la progettazione dei forni pubblici nel 1678.
La personalità poliedrica di Giovanni Antonio seniore si espresse soprattutto quale imprenditore nella realizzazione di residenze a basso reddito legate al tracciamento di stradone S. Agostino, operazione che lo impegnò, insieme ai fratelli Giovanni Battista e Giacomo Maria, per circa trent’anni a partire dal 1689.
In questo stesso tempo propose diverse soluzioni, mai realizzate, per il taglio di strada Nuovissima (oggi via Cairoli), aperta settant’anni dopo su progetto dell’architetto Gregorio Petondi.
Tra il 1711 e il 1727 realizzò una serie di disegni relativi al prolungamento e all’edificazione di via Giulia, attuale via XX Settembre (Archivio storico del Comune di Genova, Padri del Comune, Pratiche pubbliche, filza 289).
Chiamato oltre i confini della Repubblica, forse più per le sue capacità manageriali che per la sua fama di architetto, subentrò a Michelangelo Garove nell’edificazione del palazzo dell’Università di Torino (1714), per il quale forse ideò il cortile interno, prima dell’arrivo di Filippo Juvarra.
Nella città sabauda sono conservate alcune mappe del territorio ligure realizzate dall’architetto onegliese, qui nella veste di topografo e cartografo, a conferma della sua versatilità. A questa serie di disegni appartiene anche il progetto per i quartieri militari del palazzo pubblico di Savona (fine del XVII secolo), che rientra nella categoria della progettazione di opere pubbliche, come l’ampliamento del carcere genovese di Malapaga del 1714 (Archivio di Stato di Torino, Cartografia, cartelle 1, 11; Archivio di Stato di Genova, Disegni e mappe, Guerra e Marina, filza 1272).
Tra i numerosi interventi per alcune delle maggiori famiglie nobili genovesi si annoverano quelli al palazzo di Agostino Spinola presso il convento di S. Domenico (1684, distrutto), alla casa di Luisa Fieschi vicino alla loggia mercantile di Banchi (1685) e al palazzo di Paola Francesca Balbi Durazzo al Campo (1686); la chiusura della loggia dei Giustiniani sulla piazza omonima (1691), l’ampliamento di palazzo Spinola del Serriglio in via S. Luca (1696) e il progetto per il palazzo di Giacomo Lomellini vicino alla chiesa di S. Siro (1723). L’incarico più prestigioso fu quello per il disegno della facciata del palazzo di Giovanni Battista Spinola (oggi Doria) in strada Nuova, risalente al 1684, che per il suo carattere marcatamente plastico rappresenta un unicum nel catalogo delle architetture residenziali realizzate da Giovanni Antonio seniore, solitamente risolte con la totale assenza di membrature in risalto.
Prima opera nota di architettura religiosa è la parrocchiale di S. Nicolò a Novi Ligure (1683), avamposto della Repubblica ai confini con lo Stato di Milano, per la quale progettò il nuovo coro. La chiesa dei filippini di S. Pancrazio, realizzata tra il 1690 e il 1692, è la prima testimonianza nella capitale e introduce nella cultura architettonica genovese un nuovo concetto di spazialità definita dall’andamento curvilineo delle pareti. Del 1708 è il progetto della chiesa del Ss. Nome di Maria e degli Angeli Custodi dei padri scolopi presso il duomo di S. Lorenzo, realizzata poi dal fratello Giacomo Maria.
Il vano ottagonale allungato inscritto in un rettangolo che ne caratterizza la pianta è simile a quello proposto qualche anno prima da Giovanni Antonio seniore per la chiesa del collegio barnabita di S. Paolo sempre a Genova (1683, distrutta).
L’architetto onegliese fu anche autore del restauro della chiesa romanica di S. Maria delle Vigne (inizi del XVIII secolo) e della costruzione degli oratori dei Ss. Pietro e Paolo in piazza S. Bernardo (1714-22) e di S. Antonio in strada Giulia (1719, demolito).
Fuori dalla capitale, tra il 1703 e il 1724, realizzò tre imponenti chiese: Ss. Nazario e Celso ad Arenzano (in collaborazione con il fratello Antonio Maria), S. Margherita a Sori (1711, attribuita) e S. Antonio Abate nel borgo natio di Lavina, sua ultima opera, da lui stesso finanziata, ma eretta sotto la direzione dell’architetto imperiese Giacomo Filippo Marvaldi.
Morì a Genova il 6 giugno 1725 e fu sepolto, per sua espressa volontà, nella cripta della chiesa di Nostra Signora Assunta di Castelletto, meglio nota come santuario della Madonnetta.
Personaggio altrettanto rilevante fu Antonio Maria, nato il 22 luglio 1660, il quale alla morte della moglie Antonia Garello, sul finire del Seicento, si ritirò in convento presso i padri agostiniani scalzi, assumendo il nome di padre Marino dell’Assunta ma continuando a esercitare, almeno per un certo tempo, la professione di architetto.
Personalità indubbiamente originale, uomo colto e non solo di cantiere, propose un’interpretazione nuova della spazialità architettonica chiesastica, di cui restano importanti testimonianze.
Documentato come disegnatore-cartografo di una mappa del territorio della Repubblica compreso tra le località di Sarzana e Avenza nel 1688, sembra aver esordito nella progettazione architettonica quello stesso anno, con la realizzazione della chiesa di S. Antonino a Lucinasco, vicino alla natia Lavina.
I caratteri iconografici e spaziali collocano S. Antonino tra i più aggiornati esempi di chiese liguri tardosecentesche.
È tuttavia la chiesa-santuario della Madonnetta, considerata tra i più interessanti esempi di architettura barocca genovese e progettata nel 1695 per il suo ordine religioso, a rappresentare la più vivida espressione della sua cultura architettonica, forse influenzata dai coevi esempi romani. L’impianto planimetrico evoca, infatti, quello della chiesa di S. Maria Maddalena a Roma, disegnata da Carlo Fontana poco più di due decenni prima.
Decisamente meno severa è la parrocchiale dei Ss. Nazario e Celso di Arenzano, del 1703, realizzata in collaborazione con Giovanni Antonio seniore ma quasi certamente progettata dal solo Antonio Maria.
Fortemente legato al fratello maggiore, Antonio Maria morì anch’egli nel 1725 e scelse di essere sepolto con lui.
Frammentarie sono le notizie relative all’attività architettonica dei restanti fratelli Ricca: Domenico, Giovanni Battista e Giacomo Maria.
Se Domenico apparve saltuariamente come capomastro in alcuni cantieri avviati dai fratelli, senza intraprendere una carriera professionale autonoma, Giovanni Battista, pur presente al fianco di Giovanni Antonio seniore nell’operazione speculativa di stradone S. Agostino, si rese artefice, nel 1689, della progettazione della nuova sede dell’Arte dei bancalari (la corporazione dei falegnami) lungo il nuovo asse viario, dove è riaffermata la tradizione genovese di sovrapporre spazi abitativi a spazi ecclesiali. A lui vennero attribuiti in Genova il progetto per l’oratorio di S. Maria Maddalena de’ Pazzi presso la chiesa del Carmine (oggi distrutta), «architettato con vago disegno» (C.G. Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova, in pittura, scultura ed architettura, I, Genova 1780, p. 167), e il restauro del conservatorio delle suore figlie di s. Giuseppe (1708).
L’edificio più complesso della produzione architettonica di Giovanni Battista è senza dubbio la chiesa di S. Ignazio per il noviziato dei padri gesuiti (primi anni Venti del Settecento), contraddistinta da un impianto che evoca quello della chiesa di S. Paolo realizzato da Giovanni Antonio seniore.
Le ultime notizie di Giovanni Battista si hanno in Genova nel 1730, mentre il figlio Giacomo Maria, anch’egli architetto ma di cui è sconosciuta l’attività, morì ad Albenga nel 1746.
Di Giacomo Maria, il più giovane dei fratelli di Giovanni Antonio seniore, sono documentati numerosi interventi di architettura residenziale, il più prestigioso dei quali è l’ampliamento di palazzo Sauli in piazza S. Genesio a Genova (1704, oggi scomparso). Suo è anche il disegno per l’oratorio di S. Maria dei Greci, di qualche anno prima (1696), che ripropone lo schema compositivo già adottato dal fratello Giovanni Battista per la sede dell’Arte dei bancalari. Morì a Borgomaro, nell’Imperiese, il 12 dicembre 1737.
La dinastia dei Ricca sembra concludersi a Genova con Giovanni Antonio iuniore detto il Gobbo, figlio di Giacomo Maria, che si formò studiando i libri di architettura ereditati dallo zio omonimo e attraverso l’esperienza di cantiere. La sua carriera si circoscrive entro un arco cronologico limitato, tra l’esordio del 1724 accanto a Giovanni Battista nella fabbrica di S. Ignazio e il 1737, con il progetto della chiesa gentilizia di S. Torpete, che per intensità espressiva rappresenta senza ombra di dubbio un episodio notevole nel panorama architettonico settecentesco ligure.
Di essa rimangono due interessanti disegni che mostrano l’abilità grafica di Giovanni Antonio iuniore.
Coeve o di poco precedenti sono la cappella gentilizia del Ss. Rosario costruita in appendice a villa Durazzo a Sestri Levante e la chiesa della Ss. Concezione di Savona, in tutto simili a S. Torpete.
In questo torno di tempo Giovanni Antonio iuniore realizzò nel Levante ligure le chiese di S. Martino di Zoagli (1726-28) – sua prima opera autonoma – e di Nostra Signora del Carmine a Nozarego (1727), oltre alla parrocchiale di S. Maria di Bogliasco (1729), estremamente essenziale per chiarezza d’impianto.
Unico progetto di edilizia residenziale noto è quello per il palazzo di Giuseppe Maria Brignole Sale a Novi Ligure (1736), poi realizzato dal ‘capo d’opera’ Pietro Cantoni.
Divenuto ingegnere dell’armata spagnola d’istanza a Genova (1745-46) e suo concessionario per la distribuzione delle paghe, a seguito di un furto fu costretto a reintegrare la somma perduta alienando quasi tutto il patrimonio immobiliare. Si ritirò a Borgomaro, dove morì nel 1753 in totale stato di indigenza e prostrazione psicologica, al limite della pazzia, interdetto dal figlio Giacomo, che nel 1798 risiedeva ancora a Genova in vico del Filo, presso il duomo, nell’unica dimora paterna rimasta.
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