rete elettrica
La luce in ogni casa
La rete elettrica è il sistema che permette di trasportare l’energia elettrica generata nelle centrali e di distribuirla capillarmente a utenti, singole abitazioni e grandi industrie. L’energia elettrica è trasportata, anche per centinaia di chilometri, mediante linee aeree ad altissimo voltaggio realizzate con conduttori metallici. Per la distribuzione sono usate invece linee a medio o basso voltaggio, aeree o, specie nelle città, interrate. Il passaggio da un tipo di linea all’altro è realizzato grazie ad apparecchiature che trasformano il voltaggio
Quando inseriamo una spina – per esempio di un apparecchio televisivo o di un elettrodomestico – in una presa di corrente probabilmente pensiamo che sia un compito relativamente semplice portare la corrente elettrica dalla centrale, dove viene generata, fin nelle stanze delle nostre case. Al contrario, le reti elettriche per la produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia costituiscono uno degli impianti più complessi mai costruiti dall’uomo, e sono oggi costituite da centinaia di migliaia di elementi chiamati nodi.
Possiamo schematizzare la costituzione e il funzionamento di una rete elettrica in pochi elementi di base. Il primo è ovviamente la centrale di produzione dell’energia elettrica, dove sono presenti potenti trasformatori che portano il voltaggio dell’energia generata dalla centrale elettrica – da 1.000 a 20.000 V – a livelli molto più elevati, più adatti per il trasporto su lunghe tratte di percorso, per esempio fino alle porte di una città. La maggior parte delle reti utilizza la corrente alternata, ossia una corrente elettrica il cui flusso muta intensità e direzione diverse volte al secondo. Questo tipo di corrente ha sostituito quella continua, utilizzata nei primi impianti elettrici alla fine dell’Ottocento, perché è indispensabile per far funzionare i trasformatori elettrici. L’utilizzo di questi ultimi permette di coprire lunghe tratte di percorso, anche centinaia di chilometri, e quindi grandi economie di scala e capillarità nella distribuzione. Quando dalle linee di trasporto occorre dare il via a una distribuzione più capillare – per esempio, all’interno di una città – bisogna usare nuovamente i trasformatori per ridurre il voltaggio dell’energia elettrica (elettricità) prima a un valore intermedio e poi al valore finale che si vuole ottenere per l’utilizzo sia domestico sia industriale.
È facile capire quanto possa essere complessa una rete elettrica che deve estendersi a un territorio molto ampio e deve essere in grado di soddisfare le esigenze, anche molto diverse, di milioni di abitazioni, uffici, edifici pubblici, fabbriche, oltre che del sistema di illuminazione pubblica.
Una rete, inoltre, deve essere costruita sempre con criteri che consentano di espanderla in ogni momento, dato che si costruiscono in continuazione nuove abitazioni, e deve poter permettere anche la ridondanza, in modo che un guasto di una parte non debba necessariamente significare anche mancanza di energia elettrica in tutta la zona interessata.
La parola rete è quindi quanto mai appropriata, dato che possiamo pensare a una struttura analoga alla rete da pesca, formata da più maglie che si incontrano in nodi e che permettono alla corrente di raggiungere un punto attraversando itinerari anche differenti, in modo tale che se un filo si rompe la corrente può incamminarsi per una strada differente.
La corrente percorre grandi distanze attraverso gli elettrodotti, che sono costituiti da grandi conduttori aerei sostenuti da tralicci. In Italia la corrente elettrica alternata ha una frequenza di 50 Hz, ossia cambia direzione 50 volte in un secondo, mentre in alcune regioni del mondo, come gli Stati Uniti, è utilizzata la frequenza di 60 Hz.
Le linee elettriche sono di tipo e capacità diversi, a seconda della tensione a cui devono operare. Per il trasporto dell’energia elettrica su grandi distanze sono usate linee ad altissima tensione (380 kV). Sono quelle che si possono vedere correre su alti tralicci metallici, per esempio in campagna o al limite dei grandi centri industriali. Per la distribuzione più capillare – come all’interno di una città – sono utilizzate linee ad alta tensione, da 132 a 220 kV. Queste linee sono dedicate a utenze particolarmente impegnative, come grandi industrie con elevati consumi. Per le utenze come industrie e grandi edifici pubblici sono utilizzate linee a media tensione – tipicamente 15.000 V – mentre per le abitazioni, i piccoli uffici, i negozi si usano linee a bassa tensione, da 220 a 380 V.
Nelle linee di trasporto sono utilizzati voltaggi elevatissimi perché in questo modo si riesce a minimizzare le perdite di energia dovute all’effetto Joule, ossia al riscaldamento dei fili percorsi da una corrente.
Le principali linee di trasporto e di distribuzione sono costituite da fasci di conduttori distanziati tra loro e agganciati ai tralicci che li sostengono tramite isolanti, per esempio fatti di materiali ceramici. Le linee a media e bassa tensione sono generalmente realizzate con pali in aperta campagna e interrate sotto la superficie stradale nelle città. Nelle linee interrate i cavi conduttori sono isolati e attorcigliati tra loro. Per passare da una linea a un’altra – per esempio, da una ad altissima a una ad alta tensione – è necessario utilizzare degli impianti di trasformazione del voltaggio, sottostazioni o cabine a seconda della dimensione. Le stazioni primarie di trasformazione da 380 a 132 kV possono occupare spazi notevoli ed essere il punto di arrivo e partenza di più linee aeree; sono per prudenza costruite in zone distanti da abitazioni in quanto il processo di trasformazione, a voltaggi così elevati, produce forti campi elettromagnetici.
Le cabine elettriche di trasformazione da media a bassa tensione possono invece essere inserite in aree vicine a edifici o anche all’interno di edifici.
Il sistema di distribuzione dell’energia elettrica è dotato di una quantità di meccanismi di controllo e protezione dei singoli elementi – dalle linee ai trasformatori – per evitare guasti, malfunzionamenti e pericolo per gli utilizzatori. Per esempio il contatore elettrico che abbiamo in ogni impianto casalingo serve sia a determinare quanta energia elettrica consumiamo, sia a interrompere l’erogazione di corrente anche in caso di sovraccarico.
Con il termine inglese black-out si indica la mancanza improvvisa di corrente elettrica, sia in un solo appartamento sia in un intero quartiere o più. In realtà questo termine si riferiva, almeno in origine e nella lingua in cui è nato, al guasto di una grossa porzione di una rete elettrica, come quello che colpì la città di New York il 13 luglio 1977. L’intera area metropolitana, con i suoi dieci milioni di abitanti, rimase senza corrente elettrica per oltre un giorno. Problemi così gravi, dovuti a un guasto nelle centrali di produzione di energia elettrica o nelle linee o cabine primarie, derivano proprio dalla estrema complessità delle reti elettriche di trasmissione e distribuzione.
Negli edifici pubblici in cui si usano impianti vitali, come per esempio negli ospedali, una mancanza di corrente può avere conseguenze gravissime: si pensi a un’operazione chirurgica che dovesse interrompersi per mancanza di corrente elettrica! Per tutelarsi da questo rischio è indispensabile dotarsi di macchine elettrogene – capaci di generare corrente a sufficienza, grazie per esempio a un motore a scoppio – per garantire il funzionamento anche minimale di tutti gli impianti e macchinari che debbono rimanere sempre disponibili.