Dominicana, Repubblica
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'America Centrale insulare, occupa meno dei due terzi dell'isola di Hispaniola, nel gruppo delle Grandi Antille. Al censimento del 2002 la popolazione è risultata di 8.562.541 abitanti. La dinamica demografica rimane caratterizzata da un elevato incremento annuo, il quale, benché progressivamente in diminuzione, si è mantenuto nel periodo 2000-2005 pari all'1,5%. è proseguito anche l'intenso processo di urbanizzazione iniziato negli ultimi decenni del 20° sec., e la popolazione urbana ha superato nel 2003 il 72% di quella complessiva. Città più importante del Paese e di gran lunga principale polo produttivo è la capitale, Santo Domingo, con 1.817.754 ab. nel 2002 (2.731.294 ab. nell'agglomerazione urbana, 3.000.000 a una stima del 2005). Nel Paese sono presenti oltre 800.000 profughi haitiani entrati illegalmente.
L'economia si fondava tradizionalmente su prodotti agricoli poco trasformati, quali canna da zucchero (non raffinata localmente), tabacco grezzo, caffè e cacao. Tuttavia, negli anni Ottanta e Novanta, questi prodotti destinati all'esportazione hanno subito gli effetti negativi del ribasso dei prezzi sui mercati internazionali e di conseguenza i redditi dei contadini e dei braccianti agricoli hanno avuto un deciso decremento. Per risolvere il problema della disoccupazione e della sottoccupazione il governo cercò di promuovere altri settori produttivi (industria e turismo internazionale) e nella maggior parte delle città furono create una cinquantina di zone franche con una produzione rivolta soprattutto all'abbigliamento, alle calzature e alla manifattura dei sigari, e installati impianti di montaggio e assemblaggio, i cui prodotti sono destinati essenzialmente al mercato statunitense. Per quanto riguarda il turismo, nel giro di pochi anni la R. D., grazie anche alla creazione di quattro aeroporti e di altre infrastrutture ricettive, è divenuta la seconda destinazione dei Caraibi dopo Puerto Rico; in funzione turistica si sono sviluppate e attrezzate molte zone costiere, sia del versante atlantico sia di quello caribico. Durante gli anni Novanta il Paese ha conosciuto una crescita superiore al 5% annuo, ma a partire dai primi anni del 21° sec. la situazione si è evoluta in senso negativo e la R. D. è entrata in una grave crisi finanziaria: nel maggio 2003 è fallita la seconda banca privata del Paese, con un deficit di 2,2 miliardi di dollari (pari al 70% del bilancio dello Stato e all'11% del PIL), una cifra enorme per un Paese così piccolo. La moneta nazionale ha perso il 50% del suo valore, l'inflazione è salita al 27% e si sono verificate massicce fughe di capitali. Nel 2003, per la prima volta dopo 12 anni, la crescita è stata negativa (−1,3%), anche se i buoni risultati del turismo e dell'industria manifatturiera nonché dell'esportazione di ferronichel, principale risorsa del sottosuolo, hanno salvato il Paese dal disastro completo. Tuttavia il peggioramento delle condizioni di vita ha inciso pesantemente su larghi strati della popolazione e, oltre al verificarsi di numerosi episodi di disordine sociale, si sono moltiplicate le richieste di emigrazione presso i consolati e sono stati molti i tentativi di raggiungere clandestinamente Puerto Rico.
Storia
Negli ultimi decenni del 20° sec. corruzione, inflazione e sperequazione dominarono la vita economica e politica del Paese dove rimase sempre alto il livello del conflitto sociale (manifestazioni, scioperi, proteste). Contestualmente nel Paese si registrò la fine dell'egemonia politica del Partido Reformista Social Cristiano (PRSC), formazione conservatrice dell'anziano leader J. Balaguer, e la vittoria nelle elezioni legislative del maggio 1998 del socialdemocratico Partido Revolucionario Dominicano (PRD). Due anni più tardi, alle elezioni presidenziali del maggio 2000, H. Mejía, candidato del PRD, ottenne il 49,8% dei consensi, sfiorando la maggioranza assoluta richiesta. Il ritiro degli altri due candidati, tra cui lo stesso Balaguer, rese superfluo lo svolgimento del secondo turno. Il mandato quadriennale di Mejía, che secondo quanto annunciato dallo stesso presidente avrebbe dovuto traghettare la repubblica fuori dalla crisi economica e riformare i costumi politici, deluse le aspettative del Paese: crebbero la disoccupazione e l'inflazione e lo stesso presidente venne coinvolto in episodi di corruzione e clientelismo che videro protagonista, tra gli altri, il suo addetto alla sicurezza. Un nuovo clamoroso scandalo, la colossale frode bancaria operata dal Banco Intercontinental, S.A. (Baninter), nel maggio 2003, espose il governo agli attacchi sempre più serrati dell'opposizione ed evidenziò lo stato di crisi del Paese scosso nel gennaio 2004 da uno sciopero generale accompagnato da gravi disordini (nove morti e decine di feriti). Nei mesi successivi si riaccese la battaglia politica in preparazione delle presidenziali del maggio 2004: Mejía, osteggiato dal suo stesso partito e dagli investitori stranieri, decise di correre per un secondo mandato ma fu sconfitto da L. Fernández Reyna, già eletto presidente nel 1996, candidato del Partido de la Liberación Dominicana (PLD), che si aggiudicò la vittoria con il 57% dei voti.