MANGANELLA, Renato Eduardo (Lucio D'Ambra)
Nacque a Roma il 1 sett. 1880 da Domenico, direttore generale del ministero dei Lavori pubblici, e da Luigia Villa; la famiglia, benestante, aveva origini napoletane. Ancor prima di compiere gli studi presso il liceo della capitale E.Q. Visconti, nel 1896 pubblicò a proprie spese il volume di versi Le sottili pene, dedicato "all'implacabile artefice", cioè G. D'Annunzio, al cui influsso il gusto letterario del M. dovette non poco, e al quale rimase debitore negli anni a seguire. Nel dicembre del 1897 sposò Adele Merlo, dalla quale ebbe i figli Diego, Maria Luisa e Francesca.
Entrato in contatto con l'ambiente letterario romano, iniziò precocemente l'attività giornalistica e teatrale: fu redattore del Capitan Fracassa e collaboratore del quotidiano conservatore L'Opinione. Sin da quegli anni il gusto del M. si orientò verso il tono mondano che restò sempre una delle sue peculiarità. Nel 1900 pubblicò il primo romanzo, Il miraggio (Torino-Roma), con lo pseudonimo Lucio D'Ambra, scelto per lui da U. Ojetti, e con il quale firmò tutte le opere successive. I primi successi arrivarono soprattutto in ambito teatrale, con il dramma eroico in versi Il Bernini (Milano 1905), scritto per E. Novelli insieme con G. Lipparini.
Nei primi anni del Novecento il M. frequentò, oltre a Ojetti, L. Capuana, L. Zuccoli e L. Pirandello, al quale fu particolarmente legato. All'attività di commediografo e di narratore affiancò presto quella di critico teatrale per il quotidiano romano La Tribuna. Raggiunta una certa notorietà, nel 1911 passò quindi alla direzione di due popolari riviste legate allo stesso giornale, La Tribuna illustrata e Noi e il mondo. Nel 1913 fondò, con A. Vitti, il "Teatro per tutti" uno spazio inteso alla valorizzazione degli atti unici.
La notevole conoscenza della letteratura francese, che nella formazione del M. ebbe un ruolo centrale (soprattutto per quanto riguarda P. Bourget), gli consentì di essere il primo in Italia a recensire, nella Rassegna contemporanea del novembre 1913, Du côté de chez Swann di M. Proust ad appena un mese dalla pubblicazione in Francia. Nell'articolo il romanzo veniva così definito: "il più acuto, sottile, penetrante, profondo libro d'analisi che sensibilità di scrittore abbia creato dopo Stendhal".
Sempre al principio degli anni Dieci il M. si avvicinò al cinema, dapprima come critico - il suo esordio in questa veste avvenne nel 1910 nel Tirso, giornale dei teatri -, poi come autore. Nel 1911 scrisse infatti una sceneggiatura non firmata tratta da I promessi sposi, realizzata per la Film d'arte italiana. Cominciò così una stagione che, almeno fino al 1923, lo vide tra i protagonisti del cinema muto italiano. Nel 1916 iniziò a collaborare con la Medusa film, per la quale stese la sceneggiatura de La signorina Ciclone di A. Genina. Nel marzo dell'anno successivo diede vita, insieme con i fratelli E. e R. Bianchi, alla casa di produzione Do-Re-Mi. Dalla scrittura passò presto alla regia - nel 1917 diresse Le mogli e le arance -, distinguendosi subito per uno stile di "leggendaria originalità" (Aprà), contrassegnato da un ritmo e da una grazia che negli anni Trenta gli varranno, da parte di C. Pavolini, il titolo di "precursore di Lubitsch".
Il forte intreccio tra letteratura e cinema (molti fra i soggetti del M. erano tratti da opere letterarie sue o di altri), la notevole forza figurativa del suo cinema, realistico e fantastico insieme, fecero del M. una delle figure più singolari del nostro cinema muto, in grado di esercitare un influsso rilevante su buona parte della produzione di quegli anni. Tuttavia, ben poco resta delle sue opere: si conservano, in forma completa o parziale, solamente undici dei circa quaranta titoli realizzati fino al 1922. Tra questi vanno ricordati Il re, le torri, gli alfieri, il grande successo del 1916 realizzato con I. Illuminati - pellicola, oggi perduta, l'anno successivo convertita in romanzo -, nonché L'illustre attrice Cicala Formica (1920), una sorta di film nel film interpretato da L. Formia.
I rapporti con il cinema non si fermarono alla scrittura e alla realizzazione: il M. entrò a tutti gli effetti nel mondo della produzione, fino a fondare nel 1918, con A. Fasola, la Lucio D'Ambra film, che l'anno successivo passò sotto il controllo dell'Unione cinematografica italiana (UCI). Proprio nel 1919 da una sfida produttiva con C. Gallone, cioè la realizzazione di un film in soli tre giorni, nacque Mimì, fiore di porto. Se all'inizio degli anni Venti tale attività frenetica andò lentamente attenuandosi, il M. non smise di occuparsi a vario titolo di cinema. Tra il 1920 e il 1921 diresse il quindicinale Il Romanzo film, nel quale venivano pubblicati romanzi tratti da pellicole di successo del momento. Nel 1921 fu inoltre chiamato nel nuovo Consiglio superiore per l'industria cinematografica, ma il suo interesse per la politica cinematografica emerse con chiarezza con la pubblicazione - a partire dall'agosto del 1922 sul quotidiano romano L'Epoca - di quattordici lettere indirizzate al ministro dell'Industria e del commercio, Teofilo Rossi. Oltre a segnare il ritorno del M. al giornalismo, queste lettere documentano le sue idee in fatto di cinema, dalla produzione alla regia. Sempre nel 1922 divenne presidente della Società degli autori di Roma.
Gli anni Venti si caratterizzarono per il ritorno al teatro e alla narrativa. Peculiare del M. fu la commedia brillante di gusto francese: il suo titolo più celebre rimase Effetti di luce, che era stata pubblicata nel 1906 (Torino-Roma) e nel 1916 aveva avuto una trasposizione cinematografica a opera di E.L. Morselli. Ma l'amore per il teatro si estese anche agli aspetti propriamente organizzativi: nel 1923 fondò con M. Fumagalli e S. Savarino il "Teatro degli Italiani", uno spazio (presso il teatro Eliseo di Roma) in difesa del repertorio nazionale, mentre nel 1932 diede vita presso il salone Margherita a "La Baracca e i Burattini", un ciclo di opere teatrali seguite da conferenze.
Ai riconoscimenti del pubblico si aggiunsero quelli ufficiali: nel 1928, su proposta di alcuni membri dell'Académie française, fu insignito da R. Poincaré del titolo di ufficiale della Legion d'onore. Questa fase di grande notorietà fu segnata dalla perdita, nel giugno del 1931, dell'amatissimo figlio Diego, diplomatico di carriera.
Negli anni successivi il M. rafforzò la propria identità di prolifico poligrafo moderno, capace di passare dalle collaborazioni con il Corriere della sera - per cui redigeva la rubrica di "fantasie" False e vere -, alle opere teatrali, dalle commedie radiofoniche come Il bridge delle signore mature - trasmessa nel 1932 dall'Eiar - alle biografie di uomini illustri (V. Alfieri, C. Goldoni, G. Parini, G. Verdi) fino, soprattutto, alla narrativa. La sua produzione in quest'ultimo ambito, pur non essendosi mai interrotta, aveva comunque ripreso vigore a metà degli anni Venti con il romanzo Il mestiere di marito (Milano 1924). Al grande successo contribuì anche il nuovo rapporto con l'editore A. Mondadori, per il quale il M. rappresentò uno dei nomi di punta in fatto di vendite e per cui progettò sette trilogie romanzesche, di cui ben cinque condotte a termine.
Venata di moralismo e di romanticismo, la sua narrativa, che non appare all'altezza dello stile cinematografico, oscilla tra frivolezza mondana ed espressione di valori tradizionali, come quelli della famiglia (è il caso dei romanzi della Trilogia della vita in due) o del cattolicesimo, di cui Angioli della fine di giornata (Milano-Verona 1933) costituisce un'apologia. Furono tali istanze conservatrici a fare del M., pur con qualche contraddizione, uno scrittore gradito al regime fascista, che il 19 apr. 1937 lo nominò accademico d'Italia.
Nel 1935 tornò a scrivere per il cinema: suo fu il soggetto di Pierpin di D. Coletti. Assai più significativa appare tuttavia la pubblicazione di Sette anni di cinema, una brillante rievocazione dei tempi d'oro del muto uscita in tredici puntate su Cinema tra il gennaio 1937 e il febbraio 1938 (oggi si può leggere insieme con i diari raccolti in Gli anni della feluca, a cura di G. Grazzini, Roma 1981).
Il M. morì a Roma, nella notte tra il 30 e il 31 dic. 1939.
Opere, oltre quelle citate: Il plenipotenziario, Milano 1899; L'oasi, Roma 1902; Le opere e gli uomini, Torino 1904; Piccole scene della gran commedia, ibid. 1905; La via di Damasco, Torino-Roma 1905; L'ardore di settembre, Roma 1908; L'amore e il tempo, ibid. 1912; La frontiera, ibid. 1917; Il damo viennese, Rocca San Casciano 1918; La rivoluzione in sleeping-car, ibid. 1919; L'ombra della gloria, Bologna 1920; Il bacio di Cirano, Roma 1920; La dama dal ventaglio bianco, ibid. 1921; Il trampolino per le stelle, Bologna 1922; L'uomo che ha fatto uscire il papa, ibid. 1922; Il figlio di Giulietta e Romeo, Firenze 1925; Mister Whisky mio rivale, Milano 1926; La perla nera, Roma 1926; Tre discorsi al mio arabo, Milano 1927; Ritratto d'uomo, Palermo 1927; Madame Pompadourette, Milano 1927; La commedia a Pontassieve, Roma 1928; I due modi d'aver vent'anni, ibid. 1928; Via Basento. Lanterna rossa, Ancona 1928; La partenza a gonfie vele, Milano 1928; Trent'anni di vita letteraria, I-III, ibid. 1928-29; Il fascino slavo, ibid. 1929; La repubblica del jazz-band, ibid. 1929; Penelope dei nostri giorni, ibid. 1929; La professione di moglie, ibid. 1930; Amore in bianco e nero, Torino 1930; Storia di monsieur le Vent, Roma 1931; Cronache della vita novecentesca, ibid. 1931; Fantasia di mandorli in fiore, Milano 1931; Il guscio e il mondo, ibid. 1931; Le cinque Italie, Roma 1931; La formica su la cupola di S. Pietro, Milano 1932; L'Italia dei poeti drammatici, Firenze 1932; Il mercante di rose, Palermo 1932; L'arte di essere amanti, ibid. 1933; Anime in sottordine, ibid. 1935; I giorni felici, ibid. 1935; Il regno del cotillon, ibid. 1935; Croce e delizia, ibid. 1936; La sosta sul ponte, ibid. 1936; Giuseppe Verdi, ibid. 1936; Conversazioni di mezzanotte, ibid. 1937; Il romanzo di Abbazia, ibid. 1937; L'autore di duecento commedie, Bologna 1937; Il trageda legato alla sedia, ibid. 1938; Fantasia davanti a palazzo Dario, Milano 1938; L'ombra dell'amore, Bologna 1938; Il passo nella mia strada, Milano 1939; La guardia del cielo, ibid. 1939; False e vere, ibid. 1940; La cavalcata delle Valchirie, ibid. 1940; Il poeta in mezzo alla cipria, Bologna 1940; L'abate nei giardini di Vienna, ibid. 1940; Puccini, Roma 1940; Fantasie della vita e dell'amore, Milano 1943.
Fonti e Bibl.: C. Pavolini, Lucio d'Ambra, precursore di Lubitsch, in Scenario, IV (1935), 1, pp. 17-20; A. Zimei, L. d'Ambra. Etica fascista nell'opera di un romanziere, Roma 1937; A. Santelli, L'ultimo dei romantici: L. d'Ambra, Roma 1951; R. Paolella, Storia del cinema muto, Napoli 1956, pp. 439-444; R. Cristaldi, Un mondo in un salotto. Con L. d'Ambra da Montmartre a Trinità dei Monti, Milano 1961; G. Calendoli, Il grottesco roseo di L. d'Ambra, in Id., Materiali per una storia del cinema italiano, Parma 1967, pp. 123-133; G. Sadoul, Histoire générale du cinéma, III, Le cinéma devient un art (1909-1920), 2, Paris 1973, pp. 281 s.; R. Frattarolo, Diz. degli scrittori italiani contemporanei pseudonimi, 1900-1975, Ravenna 1975, pp. 95 s.; E. Gioanola, Il dannunzianesimo e la letteratura di consumo: da Guido da Verona a Pitigrilli, in Letteratura italiana contemporanea (Lucarini), a cura di G. Mariani - M. Petrucciani, I, Roma 1979, p. 297; M. Cardillo, Tra le quinte del cinematografo. Cinema, cultura e società in Italia, 1900-1937, Bari 1987, pp. 101-183; G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano. Il cinema muto 1895-1929, Roma 1993, pp. 210-213, 229 s., 232, 235 s., 245, 359; T. Iermano, Il giovane d'Ambra tra mondanità e letteratura e la sua amicizia con Alfredo Minieri, in Riscontri, XV (1993), 3-4, pp. 85-96; R. Chiti, Diz. dei registi del cinema muto italiano, Roma 1997, p. 77; A. Meneghelli, L. d'Ambra. Appunti per un'indagine isocronica, in Fotogenia, 1997-98, nn. 4-5, pp. 171-190; G. Zaccaria - C. Benussi, Paraletteratura e letteratura di consumo, in Storia generale della letteratura italiana (Motta), diretta da N. Borsellino - W. Pedullà, X, La nascita del moderno, Milano 1999, pp. 631, 1084 s.; R. Odin, Amateurs et professionnels dans "L'Illustre Attrice Cicala Formica": L. d'Ambra, 1920. Approche sémio-pragmatique, in A nuova luce. Cinema muto italiano 1. Atti del Convegno internazionale, 1999, a cura di M. Canosa, Bologna 2000 [ma 2001], pp. 243-250; A. Aprà, L. d'Ambra ritrovato. "Le mogli e le arance" e "L'Illustre Attrice Cicala Formica", in Bianco e nero, LXIII (2002), 5, pp. 5-18; L. Mazzei, Al cinema col monocolo, ibid., pp. 53-67.