RANIERI, Remo
RANIERI, Remo. – Nacque a Toccalmatto di Fontanellato, presso Parma, il 30 ottobre 1894 in una famiglia di piccoli imprenditori attivi in campo caseario.
Il padre, Luigi (Toccalmatto, 22 febbraio 1869-Fidenza, 2 luglio 1955) fin da giovanissimo iniziò l’attività di casaro in un piccolo caseificio della periferia nord di Fidenza. Con la moglie Everina Guarnieri ebbe sette figli: Remo, Romolo (nato nel 1895), Anna (nel 1897), Oriele (1899), Ennio (1902), Iolanda (1907) e Angioletto, morto all’età di cinque-sei anni. Nel 1908 Ranieri si trasferì con i familiari a Borgo San Donnino, l’attuale Fidenza.
L’attività della famiglia crebbe tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo. In quel periodo Luigi divenne proprietario di una serie di piccoli caseifici per la produzione del parmigiano, tutti ubicati in provincia di Parma, e iniziò a occuparsi anche della stagionatura e del commercio all’ingrosso del formaggio prodotto nel territorio.
Remo completò i suoi studi a Parma, dove conseguì il diploma di ragioniere; si iscrisse poi al corso di economia e commercio dell’Università di Bologna, ma dovette abbandonare gli studi essendo stato richiamato alle armi alla vigilia della prima guerra mondiale. Partecipò alle operazioni militari come soldato semplice e poi come sottotenente e come tenente di artiglieria da campagna. Per il coraggio dimostrato in diverse operazioni militari fu decorato con due croci al valor militare e con una croce al merito di guerra.
Tornato alla vita civile, venne assunto come dirigente nello stabilimento di conserve L’Alimentare. Già vicepresidente del Circolo giovanile cattolico di Borgo, aderì al Partito Popolare; partecipò alle elezioni amministrative del 1920, ma non riuscì a essere eletto. Nel 1921 abbandonò il partito di Luigi Sturzo e aderì al movimento fascista, dando vita al gruppo di Borgo San Donnino.
Il Fascio di combattimento della cittadina emiliana venne fondato nella sala del cinema Italia il 18 aprile 1921, raccogliendo poche adesioni (Aimi - Copelli, 1982, p. 334). Il 4 agosto 1922 i fascisti del Borgo occuparono il municipio, provocando le dimissioni del sindaco in carica, nell’ambito degli scontri avvenuti in quei giorni a Parma durante lo sciopero generale indetto dall’Alleanza del Lavoro (1°-3 agosto). Nel dicembre dello stesso anno Ranieri capeggiò la lista fascista alle elezioni comunali, sconfiggendo i popolari alleati dei socialisti (p. 336). All’età di 28 anni, Ranieri entrò così nel Consiglio comunale della sua città, assumendo la carica di assessore.
Nell’agosto dello stesso anno si era segnalato come squadrista partecipando molto attivamente ai tentativi, falliti, di occupare l’Oltretorrente. I diari di Dino Grandi attestano il particolare attivismo di Ranieri negli assalti ai quartieri popolari di Parma (Tonelli, 2013, p. 38).
Per il suo impegno come amministratore locale e come organizzatore di squadre di azione, nel 1924 venne incluso nel ‘listone’ e, nell’aprile dello stesso anno, fu eletto al Parlamento. Pochi mesi dopo la sua elezione, il 16 novembre 1924, la Voce di Salsomaggiore pubblicò il testo integrale della lettera inviata da Ranieri a Benito Mussolini con la quale l’imprenditore di Fidenza lasciava il fascismo protestando per la concessione della tessera del Partito nazionale fascista (PNF) all’ex sindaco di Parma Luigi Lusignani (Tonelli, 2013, p. 58). Successivamente si dimise anche da deputato, ma la Camera respinse le dimissioni. Attaccato dalla stampa fascista a lui avversa, ebbe uno scontro fisico con il sindacalista Angelo Pattini, direttore del Popolo di Parma, cui fece seguito un duello alla sciabola nella campagna parmense.
La ‘questione Lusignani’ creò lacerazioni nel fascismo della provincia di Parma. Una parte del Fascio locale non aveva avuto problemi ad accogliere nelle proprie fila Lusignani, docente universitario, amministratore locale e noto esponente della massoneria. L’entrata dell’ex sindaco di Parma nel PNF, che era stata sostenuta da Roberto Farinacci e aveva portato Lusignani alla guida della Cassa di risparmio di Parma, aveva tuttavia incontrato forti opposizioni nel Partito a livello locale. L’ex sindaco era osteggiato sia per i suoi legami con la vecchia classe dirigente di matrice giolittiana, sia per le forti perplessità sulla correttezza della sua opera di amministratore e di banchiere. La vicenda si concluse nel dicembre del 1925, quando Renato Ricci, che era stato nominato dallo stesso Farinacci commissario della Federazione di Parma, espulse dal PNF Lusignani. In seguito Lusignani fu arrestato per le vicende della Banca popolare agraria di cui era proprietario e morì suicida in carcere nell’aprile del 1927.
Dopo l’intervento di Ricci, Remo Ranieri si riavvicinò al fascismo. Quando Farinacci fu allontanato dalla segreteria del PNF e sostituito da Augusto Turati, nel marzo del 1926, Ranieri ricevette nuovamente la tessera del Partito (giugno 1926) e fu chiamato ad assumere cariche politiche a livello locale e nazionale. Nel settembre dello stesso anno gli venne affidata la direzione politica del PNF di Borgo e del suo circondario. Tra il 1927 e il 1929 fu ai vertici del fascismo parmense come segretario federale, incarico che gestì con «magnanimità» verso i suoi avversari politici (Sicuri, 2014, p. 55). Successivamente venne nominato ispettore del Partito e commissario delle federazioni di Massa, Alessandria e Lucca. Il punto più alto della sua carriera fu toccato nel 1931, quando venne nominato console generale della MVSN (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale).
Il suo impegno come parlamentare, in rappresentanza della provincia di Parma, si protrasse per un decennio, essendo stato rieletto nel 1929. Non assunse incarichi di governo e non si ha notizia di suoi interventi degni di nota durante le discussioni parlamentari. Tra il 1924 e il 1934, peraltro, si interessò attivamente dei problemi del Parmense. Seguì gli interventi per il risanamento dei quartieri dell’Oltretorrente a Parma, promosse la costruzione della strada di fondo Val Taro, che in quegli anni si iniziò a costruire partendo da Fornovo. Contribuì attivamente all’attuazione di progetti su Fidenza, come lo sventramento del vecchio quartiere Oriola e la costruzione della linea ferroviaria Fidenza- Salsomaggiore. Fu membro del Consiglio di amministrazione delle Terme di Salsomaggiore, contribuendo allo sviluppo del centro termale; a Fidenza diresse per alcuni anni il settimanale Era nuova.
Nel 1934 si consumò un secondo strappo con il fascismo, quello definitivo. Uscito di scena Augusto Turati, al quale era profondamente legato, Ranieri si scontrò con i dirigenti nazionali del Partito e decise di abbandonare ogni impegno in campo politico. Echi di questi dissapori si trovano nelle Carte Farinacci, dove sono presenti denunce di esponenti del fascismo parmense contro il deputato fidentino, accusato di avere approfittato delle sue cariche per ricavarne vantaggi personali.
Al momento dello scoppio della seconda guerra mondiale Ranieri non esitò a manifestare la sua contrarietà all’intervento dell’Italia nel conflitto; ma, dopo l’avvio delle operazioni militari, si arruolò volontario partecipando a operazioni in Africa come capitano d’artiglieria. Rientrato a Fidenza per una malattia contratta al fronte, nel 1943 non volle aderire alla Repubblica di Salò, intessendo rapporti con esponenti dell’antifascismo parmense come il socialista Adolfo Porcellini e il cattolico Giuseppe Micheli. Questa lontananza dal fascismo repubblicano e questi rapporti con oppositori del regime non gli risparmiarono un processo alla fine del conflitto, visto il ruolo che aveva avuto nello squadrismo e nel PNF tra il 1921 e il 1934. Arrestato e sottoposto a giudizio con l’accusa di aver contribuito alla costituzione e al consolidamento del Partito fascista, si difese davanti alla Sezione di giustizia del Comitato di liberazione nazionale di Fidenza. A sua discolpa ricordò di avere operato nella sua città per evitare eccessi di violenza (Tonelli, 2013, pp. 12 s.).
Non subì condanne, ma uscì completamente dalla scena politica. La sua principale attività, che non aveva abbandonato neanche negli anni dell’impegno politico, divenne la cura delle imprese di cui era socio: l’azienda fondata dal padre, con la ragione Luigi Ranieri & Figli, negli anni Trenta aveva allargato il suo campo d’azione, iniziando a dedicarsi anche alla lavorazione del pomodoro.
Nel 1933 l’impresa dei Ranieri aveva acquistato un primo impianto di trasformazione del pomodoro nel Piacentino. Al primo stabilimento, situato a San Protaso di Fiorenzuola (Piacenza), si aggiunsero altri impianti nel Ferrarese (Lagosanto), nel Pisano (San Miniato) e nel Maceratese (Corridonia). Nel trentennio successivo alla fine della seconda guerra mondiale gli stabilimenti gestiti dai Ranieri arrivarono a lavorare centinaia di migliaia di quintali di pomodoro, impiegando un numero molto alto di lavoratrici stagionali. La famiglia interruppe le attività negli anni Ottanta, non essendo in grado di reggere la concorrenza di imprese di trasformazione che avevano sede in Spagna e in Grecia.
Agli inizi degli anni Cinquanta Remo Ranieri aprì con i suoi due figli maschi, entrambi ingegneri, una delle prime concessionarie Fiat in Italia, sempre a Fidenza. Una seconda concessionaria venne aperta a Salsomaggiore.
Accanto all’attività politica e alla gestione delle sue imprese, Ranieri coltivò la passione dell’allevamento e dell’addestramento dei piccioni viaggiatori. Compì anche studi di zootecnia e, nel 1930, fu chiamato dal ministero della Guerra a reggere la Federazione colombofila italiana, organismo che dipendeva dai vertici dell’esercito, visto il largo impiego che a quel tempo ancora si faceva, a fini bellici, dei colombi viaggiatori. Anche nel secondo dopoguerra continuò a occuparsi di questa pratica, che ora assumeva un certa rilevanza solo in campo sportivo.
Dalla moglie, Adina Campanini, figlia dell’imprenditore chimico Tito Campanini, Ranieri ebbe due figli maschi, Luigi (nato nel 1926 e morto nel 2001) e Massimo (nato nel 1928, morto nel 2009), e due femmine, Maria Rosa, nata nel 1930 e di professione avvocato, e Carla, nata nel 1934 e di professione biologa.
Morì a Fidenza il 30 ottobre 1967.
Fonti e Bibl.: Le informazioni relative alla famiglia sono state messe a disposizione da Emiliano Ranieri, figlio di Massimo. Nelle Carte Farinacci conservate a Milano presso la Biblioteca nazionale braidense vi sono riferimenti alle lotte interne al fascismo nel Parmense e a Remo Ranieri (FAR.IV, 44: Parma, 1930-1935; FAR.V, 45: Cose di Parma, 1926-1927); tra le fonti va annoverato il settimanale diretto da Ranieri Era nuova, che iniziò le sue pubblicazioni il 24 novembre 1922.
D. Soresina, R. R., in Enciclopedia Diocesana Fidentina, I, I personaggi, Fidenza 1961, pp. 370 s.; R. R., in Enciclopedia di Parma. Dalle origini ai giorni nostri, Parma 1998, pp. 563 s.; Gente di Fontanellato. Piccolo dizionario di personaggi noti e meno noti, a cura di E. Belloni, Parma 2008, pp. 133 s. Notizie su Ranieri sono inoltre in A. Aimi - A. Copelli, Storia di Fidenza, Parma 1982, pp. 334-337; Agostino Berenini e la società fidentina tra Ottocento e Novecento, a cura della Cooperativa di ricerca storica, s.n.t. [ma Fidenza 1992], pp. 101-105; L. Santoro, Roberto Farinacci e il Partito Nazionale Fascista: 1923-1926, Soveria Mannelli 2008; Le due città. Parma dal dopoguerra al fascismo (1919-1926), a cura di R. Montali, Parma 2008 (in partic. F. Sicuri, Il rosso e il nero. La politica a Parma dal dopoguerra al fascismo: 1919-1925, pp. 48-62); G. Tonelli, La Fidenza del Ventennio, storia, vicende, personaggi, Parma 2013; F. Sicuri, Gli anni del littorio. Il regime fascista a Parma dalle leggi eccezionali alla guerra d’Etiopia: 1925-1936, Fidenza 2014. Le notizie sulle attività imprenditoriali di Ranieri sono state fornite dal nipote Massimo; per avere un quadro dello sviluppo della lavorazione del pomodoro nella provincia di Piacenza si veda anche G. Zanetti, Le fabbriche di conserva di pomodori in provincia di Piacenza dalle origini ai giorni nostri, Piacenza 1990.