regista
Chi firma un film
Un film è un racconto per immagini e il regista è il principale autore della costruzione di un’opera cinematografica. Il mestiere del regista è basato su conoscenze tecniche e sul sapiente uso della cinepresa, ma il risultato artistico di un film e il suo potere di suggestione dipendono soprattutto dalle qualità espressive e inventive del suo autore
Anche se nei titoli di testa compare in genere la scritta «un film di» riferita al regista, l’opera cinematografica è il risultato di un lavoro collettivo che il regista è chiamato a orchestrare. La realizzazione di un film prevede varie fasi e gli apporti di molte persone. Al regista si richiedono perciò doti di organizzatore e di coordinatore della ideazione, preparazione e lavorazione del film, in modo che il lavoro dei suoi collaboratori si armonizzi in un’unità espressiva.
Durante le diverse fasi di lavorazione del film al regista si richiedono contributi creativi di molti tipi: nella fase di ideazione egli concepisce la narrazione o sceglie un soggetto, ne immagina e descrive azioni, personaggi e dialoghi, coadiuvato dallo sceneggiatore. Nella fase di preparazione sceglie gli attori che daranno vita ai personaggi e i luoghi dove si svolgerà la storia.
Nella fase delle riprese, che si svolge negli ambienti reali o ricostruiti detti set, il regista decide le posizioni e gli eventuali movimenti della cinepresa; la distanza e la durata dell’inquadratura, cioè la porzione di spazio entro cui rappresentare un’azione; l’ampiezza dei piani inquadrati, definita a seconda dell’ottica di un obiettivo, cioè di quella lente fotografica che, applicata alla cinepresa, allarga o restringe il campo visivo. Infine cura la recitazione degli attori. È questa una fase fondamentale in cui il regista dirige squadre formate da più collaboratori, per esempio da chi manovra la cinepresa (l’operatore) e da chi calibra luci e ombre per creare diverse atmosfere (il direttore della fotografia).
Non meno importante è la fase in cui il regista, dopo aver ‘scritto’ la sua storia con la cinepresa su quella carta speciale che è la pellicola, dovrà saperla tagliare e incollare per costruire frasi belle ed efficaci. Si tratta del cosiddetto montaggio, mediante il quale, in collaborazione con il montatore, si ricostruisce visivamente il racconto attraverso le inquadrature girate, che vengono unite le une con le altre, in un susseguirsi di sequenze e secondo un ritmo luminoso e sonoro.
Agli albori del cinema, tra la fine del 19° secolo e gli inizi del 20° secolo, operatore e regista coincidevano e il lavoro della regia era legato alla qualità e allo sviluppo delle tecniche di ripresa.
Il cinema nacque muto e si affidò al linguaggio delle immagini, non alla parola. Così i pionieri della regia cinematografica si differenziarono dai registi teatrali, detti allora direttori di scena, inventando la storia soprattutto sul piano visivo. I primi grandi registi, come l’americano David W. Griffith e il russo Sergej M. Ejzenštejn, usarono la macchina da presa per elaborare un linguaggio propriamente cinematografico, basato soprattutto sull’operazione del montaggio.
Nel 1927, con l’avvento del sonoro il film diventò sempre più popolare, le fasi tecniche più complesse, le scene più spettacolari e aumentò il denaro investito dai produttori. Soprattutto negli Stati Uniti il cinema si trasformò in un’industria e diventò prerogativa dei produttori il controllo delle varie fasi di realizzazione del film: il ruolo del regista venne ridimensionato.
Quando, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i registi italiani, da Roberto Rossellini a Federico Fellini, vollero esprimere liberamente una visione del mondo basata su nuovi punti di vista, nacque il neorealismo e da lì quel film d’autore in cui lo stile delle immagini è la sintesi delle scelte tecniche e creative del regista.