Regioni ed enti territoriali
Vengono analizzate criticamente le novità che, nel corso dell’ultimo anno, hanno interessato la dimensione territoriale delle Regioni e degli enti subregionali, con specifico riferimento al procedimento di passaggio di Comuni o Province da una Regione all’altra, da un lato, e dall’altro, al procedimento di realizzazione del regionalismo differenziato che aumenta le competenze regionali, anche nei confronti del corrispondente territorio. Quanto al procedimento ex art. 132, co. 2, Cost., si sono registrati i primi casi di distacco di un Comune da una Regione ordinaria e di sua aggregazione a una Regione a Statuto speciale, nonché di indizione del referendum per il passaggio di una Provincia da una Regione a un’altra. Per quanto attiene al procedimento ex art. 116, co. 3, Cost., tre Regioni hanno perfezionato la fase dell’iniziativa, concludendo per la prima volta Accordi preliminari con il Governo.
Dedicare una questione a Regioni e enti territoriali significa porre l’accento sulla dimensione territoriale che qualifica e accomuna le prime e i secondi, vale a dire, appunto, le Regioni e gli (altri) enti territoriali, da intendersi quali subregionali. Rispetto a tutti gli enti in discorso, il territorio si pone infatti come elemento coessenziale, se non costitutivo1. Dalla scelta di privilegiare il territorio quale angolo visuale per analizzare le relazioni fra Regioni ed enti subregionali discende l’attenzione dedicata nella presente voce ai profili innovativi di due procedimenti che sono stati avviati (o conclusi) nell’ultimo anno, i cui effetti variamente investono il territorio regionale. Si tratta in primo luogo del procedimento di distacco di Comuni o Province da una Regione e della loro contestuale aggregazione ad altra Regione, ex art. 132, co. 2, Cost.; in secondo luogo del regionalismo differenziato2 previsto dall’art. 116, co. 3, Cost., per le Regioni ordinarie3. Il distacco-aggregazione produce ictu oculi effetti sul territorio regionale, determinandone fisicamente la riduzione, cui corrisponde lo speculare ampliamento del territorio di altra Regione. Ma, a ben vedere, la stessa attribuzione di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» (art. 116, co. 3, Cost.) non è priva di effetti sul territorio della Regione e degli enti in esso inclusi, in quanto comporta ex hypothesi l’incremento delle competenze materiali della Regione interessata, che si esercitano su tale territorio. Il che è di particolare evidenza con riferimento a una delle materie suscettibili di essere interessate dall’attribuzione alla Regione: il «governo del territorio». Può dirsi che entrambi i procedimenti sono divenuti praticabili soltanto recentemente, almeno se ci si pone nella prospettiva della storia repubblicana. È infatti con la revisione degli artt. 116 e 132 Cost., operata dalla l. cost. 18.10.2001, n. 3, che, da un lato, il regionalismo differenziato è introdotto nel testo costituzionale, mentre, dall’altro, il distacco/aggregazione di Comuni o Province diviene fattualmente possibile. Al riguardo, occorre rammentare che, sulla base del vago testo originario dell’art. 132, co. 2, Cost.4 e della restrittiva legislazione ordinaria attuativa (l. 25.5.1970, n. 352) il distacco/aggregazione rappresentava un mero caso di scuola. La necessità di corredare la relativa richiesta del Comune (o della Provincia) delle deliberazioni «di tanti Consigli provinciali o di tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco», nonché «di tanti Consigli provinciali o di tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della Regione alla quale si propone che le Province o i Comuni siano aggregati» (art. 42, co. 2, l. n. 352/1970) costituiva una condizione impossibile; tanto più che l’intero corpo elettorale di entrambe le Regioni coinvolte avrebbe partecipato al referendum (così ai sensi dell’art. 44, co. 3, secondo periodo), il cui esito favorevole era (ed è) condizione necessaria per la presentazione da parte del Ministro dell’interno del disegno di legge di distacco/aggregazione comunale (art. 45, co. 4). Il legislatore ordinario chiamava così a raccolta un amplissimo novero di soggetti variamente e potenzialmente controinteressati al passaggio di una Provincia o di un Comune da una Regione all’altra; ampiezza tale da rendere estremamente improbabile la positiva conclusione della fase instaurativa del procedimento di adozione della “legge della Repubblica” di distacco/aggregazione provinciale o comunale. Tanto è vero che nei 35 anni successivi all’entrata in vigore della l. 352/1970 – attuativa, per quel che qui interessa, dell’art. 132, co. 2, Cost. – nessuna richiesta di distacco/aggregazione è mai stata presentata. Il quadro muta radicalmente alla luce del nuovo testo dell’art. 132, co. 2, Cost. introdotto dalla l. cost. 18.10.2001, n. 3, in quanto, per dirla con la giurisprudenza costituzionale, «l’onerosità del procedimento strutturato dalla norma di legge attuativa si palesa eccessiva (in quanto non necessitata) rispetto alla determinazione ricavabile dalla nuova previsione costituzionale, e si risolve nella frustrazione del diritto di autodeterminazione dell’autonomia locale» (C. cost., 10.11.2004, n. 334). Poiché ai sensi del vigente art. 132, co. 2, Cost. soltanto la popolazione della Provincia o del Comune richiedente il passaggio di Regione si esprime in sede di referendum sul distacco/aggregazione, ne discende che, secondo la Corte costituzionale, la legittimazione a promuovere la consultazione referendaria spetta esclusivamente al Consiglio provinciale o comunale che tale popolazione rappresenta (ivi). A seguito dell’intervento della Corte costituzionale, l’attività prodromica all’iniziativa legislativa diviene così del tutto interna alla Provincia o al Comune (ente e comunità) richiedente il distacco/aggregazione: la fase instaurativa del procedimento legislativo può perfezionarsi se la maggioranza dei rappresentanti e quella dei rappresentati condividono il medesimo orientamento favorevole al passaggio della loro Provincia o del loro Comune da una Regione all’altra. Il che spiega, successivamente alla revisione costituzionale del 2001 e alla conseguente giurisprudenza costituzionale ora richiamata, il fiorire di iniziative di distacco/aggregazione; peraltro, sino a tempi recentissimi, a livello esclusivamente comunale. Iniziative che hanno condotto all’indizione di referendum ex art. 132, co. 2, Cost. in ben 50 Comuni nell’arco di un decennio (2005-2014). A sua volta, la presunzione di corrispondenza fra l’orientamento dei rappresentanti e quello dei rappresentati si rispecchia nella maggioranza di approvazioni referendarie delle richieste di distacco/aggregazione (31 su 50)5.
Quanto alle variazioni del territorio regionale per effetto del distacco/aggregazione di Comuni o Province, nell’ultimo anno si sono registrate due novità di indubbio rilievo: da un lato, si è concluso positivamente, con l. 5.12.2017, n. 182, il procedimento di distacco del Comune di Sappada dal Veneto e di sua contestuale aggregazione alla Regione Friuli Venezia Giulia che quest’ultima ha successivamente disciplinato con l. reg. 9.2.2018, n. 4; dall’altro, il 21 ottobre 2018 si è svolto, pur con esito negativo, il referendum ex art. 132, co. 2, avente a oggetto la separazione della Provincia del Verbano Cusio Ossola dal Piemonte, «per entrare a far parte integrante della Regione Lombardia» (come recitava il quesito, secondo la formula dettata dall’art. 41 l. n. 352/1970). Con riferimento alla l. n. 182/2017, può anzitutto osservarsi come essa costituisca la seconda legge ex art. 132, co. 2, Cost., trovando un unico precedente nella l. 3.8.2009, n. 117, relativa al distacco dalle Marche dei Comuni dell’Alta Valmarecchia6, aggregati all’Emilia-Romagna. La l. n. 182/2017 si caratterizza comunque per un tratto di assoluta novità in quanto costituisce il primo caso di passaggio di un Comune da una Regione ordinaria a una Regione a Statuto speciale. Il che è tanto più significativo alla luce della considerazione che la gran parte delle richieste comunali sottoposte a referendum (37 su 50) ha sinora riguardato il distacco da una Regione ordinaria con aggregazione a una Regione speciale (dell’Italia settentrionale, probabilmente anche in ragione dell’insularità della Sardegna e della Sicilia). Dal punto di vista formale, la l. n. 182/2017 è una legge ordinaria; orientandosi in tal senso, il legislatore parlamentare sembra aver condiviso le indicazioni implicitamente ricavabili da C. cost., 9.3.2007, n. 66, laddove il giudice costituzionale reputa «erronea» la «ricostruzione interpretativa» proposta dalla Regione Valle d’Aosta, secondo la quale l’aggregazione di un Comune piemontese a quest’ultima potrebbe avvenire soltanto «mediante la procedura di revisione statutaria, di cui all’art. 50» st. V.d’A. e dunque con legge costituzionale. C. cost. n. 66/2007 propende invece per l’«applicazione completa dell’art. 132, co. 2, anche se sono implicate Regioni speciali»; applicazione che culmina nell’«approvazione della relativa legge ordinaria»7. Quanto al distacco/aggregazione provinciale, il procedimento si è avviato il 3 maggio 2018, quando, all’unanimità, il Consiglio provinciale del Verbano Cusio Ossola ha formulato la richiesta di passaggio dal Piemonte alla Lombardia. Successivamente, l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dato via libera al referendum, dichiarandolo legittimo, ex art. 43, co. 1, l. n. 352/1970, con ord. 11.7.2018. Il Consiglio dei ministri dell’8 agosto 2018, su proposta del Ministro dell’interno, ha quindi deliberato l’indizione del referendum per il 21 ottobre. Se, come si è visto, in passato si erano registrate numerose richieste di distacco/aggregazione formulate da Consigli comunali, quella in discorso costituisce la prima richiesta di passaggio ad altra Regione formulata da un Consiglio provinciale. Tale richiesta è stata respinta nel referendum del 21 ottobre 2018 per mancato raggiungimento del quorum di voti favorevoli non inferiore alla maggioranza assoluta degli elettori ex art. 45, co. 2, l. n. 352/1970. Sebbene i “sì” siano risultati pari all’82,93% dei voti validi, il numero dei votanti infatti si è arrestato a poco più di un terzo degli elettori. Come ora vedremo, il referendum caratterizza anche due dei tre procedimenti ex art. 116, co. 3, Cost. che possono reputarsi oggi più avanzati in quanto culminati in altrettanti Accordi preliminari fra il Governo, da un lato, e, dall’altro, rispettivamente, l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto (Roma, 28.2.2018)8. Ciascun Accordo è preliminare all’intesa «fra lo Stato e la Regione interessata» e dunque alle altre fasi del procedimento successive all’iniziativa regionale, «sentiti gli enti locali e nel rispetto dei principi di cui all’art. 119» Cost.; fasi successive disciplinate anch’esse dall’art. 116, co. 3, Cost., secondo cui – com’è noto – sulla base dell’intesa le camere adottano a maggioranza assoluta la legge di attribuzione alla Regione di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». Gli Accordi del 28 febbraio risultano preliminari alle intese ex art. 116, co. 3, Cost. non soltanto secondo il significato letterale dell’aggettivo, ma anche in quanto tendono a determinarne sia il contenuto, sia la vincolatività. Con riferimento al contenuto, i tre Accordi prevedono che le rispettive intese attribuiscano ulteriori competenze alla Regione interessata in materia di politiche del lavoro, istruzione, salute, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, valorizzando così, soprattutto grazie a quest’ultima, le funzioni della Regione stessa nei confronti del proprio territorio. Per quanto attiene alla vincolatività dell’intesa, gli Accordi non esitano a stabilire l’inemendabilità dei suoi contenuti da parte del legislatore parlamentare, chiamato – qualora intenda darle seguito – a esprimere dunque un’approvazione in senso tecnico, analogamente a quanto affermatosi nella prassi delle leggi regolative dei rapporti tra Stato e confessioni acattoliche ex art. 8, co. 3, Cost., non a caso richiamata nella premessa degli Accordi9. Come si accennava poc’anzi, sia l’iniziativa lombarda, sia quella veneta sono state precedute da referendum consultivi regionali, svoltisi entrambi il 22 ottobre 2017, con esito ampiamente favorevole all’attribuzione di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» alla Lombardia (95,29% dei votanti) e al Veneto (98,1% dei votanti), sebbene in quest’ultimo la partecipazione degli elettori al voto sia stata assai più ampia (57,2% rispetto al 38,34% in Lombardia), superando così il quorum strutturale della «maggioranza assoluta degli aventi diritto» previsto dalla (sola) legislazione veneta (art. 2, co. 2, l. reg. 19.6.2014, n. 15) affinché si perfezioni l’iniziativa regionale, con la deliberazione da parte del Consiglio regionale di una proposta di legge statale ex art. 116, co. 3, Cost. (nel caso di specie 15.11.2017, n. 155). A seguito dell’esito referendario, il Consiglio regionale lombardo ha approvato una risoluzione per avviare il procedimento di attribuzione di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» (7.11.2017, n. X/1645). Le corrispondenti risoluzioni del Consiglio della Regione Emilia-Romagna (3.10.2017, n. 5321, 14.11.2017, n. 5600, 12.2.2018, n. 6129) non sono state invece precedute da alcun referendum.
Il recente passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli Venezia Giulia potrebbe costituire un precedente, atto a incoraggiare il legislatore parlamentare ad assentire – come fino alla l. n. 182/2017 non aveva mai fatto – al distacco di Comuni da una Regione a Statuto ordinario e alla loro aggregazione a una Regionea Statuto speciale. È noto come passaggi di Regione di tal fatta finiscono per essere favoriti anche da solide considerazioni di carattere finanziario, sia in sede di richiesta del Consiglio comunale, sia in sede di referendum ex art. 132, co. 2, Cost. Se dunque il passaggio del piccolo Comune di Sappada (1.315 abitanti) dal Veneto al Friuli Venezia Giulia sembra lasciare inalterata l’identità dell’una e dell’altra Regione, occorre rammentare l’elevato numero di procedimenti di distacco/aggregazione comunale verso Regioni ad autonomia speciale, che attendono di completarsi con la «legge della Repubblica», la cui adozione è resa fra l’altro assai più agevole dall’incontestata scelta del procedimento legislativo ordinario da parte del Parlamento, compiuta, come si è visto, con la l. n. 182/2017. Al riguardo, il paradosso del sorite ci rammenta efficacemente come il continuo passaggio di Comuni, ancorché ciascuno di modesta consistenza demografica, possa finire per incidere significativamente sul territorio della Regione (sia di distacco, sia di aggregazione), suo elemento coessenziale. Considerazioni analoghe possono proporsi con riferimento al distacco/aggregazione provinciale, laddove il passaggio di una sola Provincia può incidere più fortemente sulle caratteristiche delle Regioni interessate dal distacco/aggregazione. D’altra parte, nel caso della Provincia del Verbano Cusio Ossola non sembra potersi escludere un possibile effetto imitativo, in grado di agire sulla contigua provincia piemontese di Novara. Si rischierebbe così di assistere a una sorta di politica del carciofo di sabauda memoria; stavolta a danno, anziché a beneficio, del Piemonte, cui verrebbe erosa la parte orientale, in un tendenziale ritorno ai confini antecedenti la pace di Aquisgrana (1748). Più in generale, si può forse dubitare che organi non eletti direttamente dai cittadini (quali sono i Consigli provinciali sulla base della l. 7.4.2014, n. 56) siano pienamente rappresentativi degli stessi, al punto da poter determinare l’indizione del referendum territoriale ex art. 132, co. 2, Cost. Il referendum, anche in questo caso territorialmente delimitato al corpo elettorale di un ente substatale, stavolta regionale, fa la sua comparsa anche nel procedimento ex art. 116, co. 3, Cost., in quanto previsto dalla Regione Lombardia e dalla Regione Veneto. Ci si potrebbe domandare quanto fosse necessaria e opportuna l’introduzione del referendum nella fase dell’iniziativa regionale, alla luce della considerazione che la Regione Emilia-Romagna ha ottenuto lo stesso risultato della Lombardia e del Veneto – l’Accordo preliminare di fine febbraio 2018 – senza interrogare il proprio corpo elettorale che si può pacificamente presumere il corrispondente Consiglio regionale ben rappresenti. Tanto più che il preventivo appello al popolo potrebbe generare nel corpo elettorale aspettative eccessive; al riguardo, basti riprendere la distinzione fra quesito esplicito e quesito implicito elaborata con riferimento alle richieste referendarie abrogative10 per evidenziare come nei referendum lombardo e veneto il primo quesito corrisponde all’attribuzione di «forme e condizioni particolari di autonomia» alla Regione ex art. 116, co. 3, Cost., mentre il secondo potrebbe avvicinarsi a un’impossibile – in quanto illegittima secondo C. cost., 25.6.2015, n. 118 – richiesta di trasformazione in una Regione a Statuto speciale. Nella prospettiva del quesito implicito, le aspettative degli elettori favorevoli al referendum lombardo-veneto andrebbero necessariamente deluse, finendo probabilmente per contribuire a un’ulteriore radicalizzazione del corpo elettorale. Quest’ultima potrebbe essere generalmente incoraggiata dal porre agli elettori questioni territoriali più che politiche, oppure, se si preferisce, questioni politiche in quanto territoriali; dunque insuscettibili di soluzioni che non contrappongano gli elettori sulla base del loro territorio di residenza, come a ben vedere tende ad avvenire anche nel procedimento ex art. 132, co. 2, Cost.
1 Vedi Cuocolo, F., Diritto regionale italiano, Torino, 1991, 2829.
2 Così definisce il risultato del procedimento ex art. 116, co. 3, Cost., ex multis, Falcon, G., Il regionalismo differenziato alla prova, diciassette anni dopo la riforma costituzionale, in le Regioni, 2017, 625.
3 Così Martines, T.Ruggeri, A.Salazar, C., Lineamenti di diritto regionale, IX ed., Milano, 2012, 22. Propende invece per l’applicabilità dell’art. 116, co. 3 anche alle Regioni ad autonomia speciale Toniatti, R., L’autonomia regionale ponderata: aspettative ed incognite di un incremento delle asimmetrie quale possibile premessa per una nuova stagione costituzionale del regionalismo italiano, in le Regioni, 2017, 646.
4 «Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra».
5 Sui referendum svolti ex art. 132, co. 2, Cost. e sui loro esiti si veda Camera dei deputati, Servizio Studi, XVII legislatura, Dossier n° 640, 25 ottobre 2017, 45, al sito Internet www.camera.it.
6 Più specificamente, si tratta dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello.
7 Così l’orientamento della Corte costituzionale è ricostruito da Malo, M., Forma e sostanza in tema di variazioni territoriali regionali (a margine della pronuncia 66/2007 della Corte costituzionale), in le Regioni, 2007, 642; corsivo dell’A.
8 Si veda il testo di ciascun Accordo preliminare al sito Internet www.affariregionali.gov.it. Si noti che altre Regioni ordinarie (Campania, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria) hanno deliberato, con atti del Consiglio o della Giunta, di avviare l’iniziativa ex art. 116, co. 3, Cost., senza peraltro essere (ancora?) pervenute ad Accordi preliminari col Governo (vedi Servizio studi del Senato, XVIII legislatura, luglio 2018, n. 45, al sito Internet www.senato.it).
9 Si veda criticamente Cortese, F., La nuova stagione del regionalismo differenziato: questioni e prospettive, tra regola ed eccezione, in le Regioni, 2017, 706-707.
10 Si veda, da ultimo, Rolla, G., I quesiti delle consultazioni popolari. Considerazioni alla luce dell’esperienza referendaria in Italia, in Nomos, 1, 2018, 1415, al sito Internet www.nomos-leattualitadeldiritto.it.