regionalismo
Corrente di pensiero politico-amministrativo che mira alla istituzione di circoscrizioni amministrative territorialmente ampie, dotate di autonomia, intermedie tra lo Stato e gli enti locali tradizionali (Comuni, Province, dipartimenti, contee ecc.).
Alla base del r. vi è, in primo luogo, la constatazione che lo Stato centrale contemporaneo, avendo assunto numerosi e complessi compiti, non sia in grado di adempiere efficacemente agli stessi se non delegandoli parzialmente ad altri enti facenti parte di esso; vi è, in secondo luogo, la consapevolezza del l’impossibilità strutturale degli enti locali tradizionali ad assumere funzioni, in particolare i moderni compiti di programmazione intervento economico, che lo Stato dovrebbe decentrare al fine di assicurare un loro migliore espletamento.
Il r. si differenzia dal federalismo (➔) perché quest’ultimo presuppone un vincolo di parità tra gli Stati e tra gli enti federati e una unione volontaria tra gli stessi, mentre il r. presume un rapporto di subordinazione tra lo Stato e gli enti intermedi (le Regioni). Il r. ha tra i propri motivi ispiratori, oltre l’esigenza di decentramento propria dello Stato contemporaneo, anche la tendenza di popolazioni locali, dotate di una più sicura tradizione autonomistica, a sottrarsi all’accentramento politico e amministrativo.
La questione di un ordinamento su base regionale si pose, in Italia, all’atto stesso dell’unità nazionale. La maggioranza moderata presente nel primo Parlamento del nuovo Stato unitario introdusse, con le leggi del 1865, un ordinamento amministrativo ispirato al modello centralistico francese; fu scartata, quindi, l’ipotesi di riconoscere un’ampia autonomia ai territori degli Stati italiani preunitari, nel timore che questa potesse compromettere l’unità nazionale. Nei decenni successivi, tuttavia, il problema delle autonomie mantenne un ruolo di rilievo nel dibattito politico e culturale fino all’avvento del fascismo. Dopo la Seconda guerra mondiale, le istanze di autonomia regionale trovarono riscontro nella Costituzione, il cui titolo V (artt. 114-133) distinse le regioni in due categorie: quelle a statuto speciale e quelle a statuto ordinario; le prime furono istituite nel 1948 (con l’eccezione del Friuli Venezia-Giulia, il cui ordinamento fu approvato nel 1963), le seconde nel 1970.
L’attuazione del disegno regionalista si rivelò tuttavia del tutto insoddisfacente: il r. italiano risultava asfittico e burocratico, centrato più sull’esercizio di microfunzioni che non sulla rappresentanza delle comunità regionali, sempre alla ricerca di un proprio ruolo fra la tradizione secolare dei comuni italiani (specie delle grandi città) e l’invadenza di uno Stato centrale ancora dotato di ampi poteri legislativi e di estesi apparati periferici. A tale insoddisfazione si aggiungeva, inoltre, la convinzione di una parte della classe politica che la riforma dello Stato dovesse passare necessariamente per un rafforzamento del grado di decentramento e per qualche forma di federalismo. L’esigenza di una riforma del sistema regionale diede l’avvio a un processo attuato dapprima con legge ordinaria (l. delega 59/1997 per la riforma della pubblica amministrazione e la semplificazione amministrativa; d. legisl. 300/1999 di riordino dei ministeri; d. legisl. 112/1998 di riforma del sistema regionale) e culminato nella riforma del titolo V della Costituzione (l. cost. 3/2001), Tale riforma del titolo V costituisce il momento fondante del processo di Costituzione federalista con l’attribuzione alle Regioni di una potestà legislativa autonoma in tutte le materie salvo che in quelle di legislazione statale esclusiva e di legislazione concorrente, per le quali la potestà legislativa è devoluta alle Regioni, eccetto che per la determinazione dei principi fondamentali (➔ Costituzione italiana riforma del titolo V della).
Si tratta di un fenomeno sviluppatosi in quasi tutti i continenti, consistente nella conclusione di accordi formali di integrazione economica a livello regionale, costituiti al fine di liberalizzare, su base discriminatoria, il commercio tra i Paesi membri (➔ Regional Trade Agreements).