RECIPROCO
. 1. Il vocabolo "reciproco" ricorre spesso, nella matematica, nel suo senso logico di carattere generale. Nell'enunciato di ogni teorema si distinguono la ipotesi I, che si fa sul soggetto di cui si tratta, e la tesi T, o conclusione che dall'ipotesi I si deduce mediante la dimostrazione; e l'enunciato del teorema si può schematizzare, sotto la forma seguente: "da I consegue T". La proposizione "da T consegue I", che può essere vera o falsa, si dice reciproca o inversa della data (la quale, per contrapposto, si dice diretta). Si designa, invece, col nome di contraria la proposizione: "dalla negazione di I o, come si suol dire, da −I consegue −T, cioè la negazione di T". Infine si dice contronominale la proposizione "da −T consegue −I", la quale non è altro che la contraria della reciproca o anche la reciproca della contraria.
Sussistono le due seguenti leggi delle reciproche o delle inverse:
I. Insieme con ogni teorema sussiste il suo contronominale; e, se inoltre è valido il teorema reciproco (o il contrario), è pur vero il teorema contrario (o, rispettivamente, il reciproco).
Esempio. - In geometria elementare si dimostra che "se in un triangolo due lati sono uguali, anche gli angoli rispettivamente opposti sono uguali". Sussiste perciò anche il teorema contronominale: "se in un triangolo due angoli sono disuguali, anche i lati rispettivamente opposti sono disuguali". E, poiché in questo caso è pur vero il teorema inverso di quello considerato dapprincipio cioè "se in un triangolo due angoli sono uguali, anche i lati rispettivamente opposti sono uguali", sussiste anche il teorema contrario, cioè "se in un triangolo due lati sono disuguali, anche gli angoli rispettivamente opposti sono disuguali".
II. Se tutte le ipotesi che si possono fare su un dato soggetto, considerate separatamente, conducono ad altrettante proposizioni, le cui tesi si escludono a vicenda, sussistono anche tutte le proposizioni reciproche.
Esempio. - In geometria elementare si dimostra che "date in un piano una circonferenza e una retta, secondo che la distanza della retta dal centro della circonferenza è minore o uguale o maggiore del raggio, la retta ha comuni con la circonferenza due punti (retta segante) oppure un solo punto (retta tangente) oppure nessun punto (retta esterna). Poiché le tre ipotesi (distanza della retta dal centro della circonferenza minore o uguale o maggiore del raggio) esauriscono tutti i casi possibili, mentre d'altro canto le tesi corrispondenti (retta segante o tangente o esterna alla circonferenza) si escludono a vicenda, si possono affermare, senza alcuna ulteriore dimostrazione, le tre proposizioni reciproche, cioè "secondo che, in un piano, una retta ha comuni con una circonferenza due punti o uno solo o nessuno, la distanza della retta dal centro della circonferenza è minore o uguale o maggiore del raggio".
2. In varî capitoli della matematica lo stesso vocabolo "reciproco" riceve significati particolari diversi, di cui si darà qui qualche esempio.
In aritmetica si dice reciproco di un qualsiasi numero a (diverso dallo zero) il quoziente 1/a dell'unità (reale positiva) per il numero considerato.
Quando è dato un determinante ∣ars∣, diverso da zero, si dice reciproco di ogni singolo suo elemento ars il quoziente del corrispondente complemento algebrico Ars per il valore del determinante considerato (v. determinante). Denotato il reciproco di ars con ars (dove r, s sono indici di posto e non esponenti), il determinante ∣ars∣ si chiama reciproco di ∣ars∣; e il nome è tanto più giustificato in quanto si ha ∣ars∣ = 1/∣ars∣.
Fra gli elementi ars e i corrispondenti reciproci ars sussistono le relazioni
dove δrt indica lo zero o l'unità, secondo che è r ≷ t, oppure r = t; e queste formule trovano importanti applicazioni negli sviluppi algoritmici di varie teorie (per es., nella teoria delle forme bilineari o quadratiche o alternanti, nel calcolo differenziale assoluto, nel calcolo tensoriale).
Per le cosiddette trasformazioni per raggi vettori reciproci, v. geometria, n. 33; sfera. Si veda inoltre reciprocità.