REAZIONI CHIMICHE, Meccanismi delle
Il tempo è una delle variabili importanti delle attività umane. Il tempo che occorre per eseguire una qualsiasi operazione, il tempo che occorre per trasferirsi da una località all'altra, il tempo per ottenere un dato risultato: sono tutte condizioni delle quali abbiamo acquisito una profonda coscienza nelle nostre esperienze di vita quotidiana. Il tempo è anche una variabile essenziale delle r. chimiche ed è la spia di un importante loro aspetto, cioè il "meccanismo di reazione". Che cosa si sottintende con questa espressione? Da un punto di vista puramente descrittivo, ricordando che una r. chimica comporta una ridistribuzione degli atomi di una o più specie molecolari che compongono un sistema materiale mediante la rottura di legami chimici e la formazione di nuovi legami, il meccanismo di r. è quanto risulterebbe da un'immaginaria sequenza cinematografica durante la quale assistessimo al movimento delle molecole, ai loro incontri, alla rottura dei legami, al trasferimento di atomi o di gruppi di atomi, al comporsi di nuovi assetti molecolari. Da un punto di vista sperimentale, poiché non ci è dato di assistere a uno spettacolo così suggestivo, non c'è che da dedurre (imperfettamente) la sequenza cinematografica dai risultati delle esperienze di laboratorio ottenuti con le metodologie, a dire il vero, sempre più raffinate, di cui dispone il chimico, e da un'esercitazione intellettuale tra le più impegnative che caratterizzano la ricerca scientifica. Il tempo di r., spia del meccanismo, fornisce un altro concetto ben noto nella nostra pratica quotidiana, quello di velocità, che si applica facilmente alla fenomenologia chimica: la velocità di una r. chimica è la quantità di materia che si trasforma nell'unità di tempo, istante per istante. Vi è un'importante legge che regola le trasformazioni più semplici, la legge ideale dell'azione di massa, secondo la quale la velocità di una r. chimica è proporzionale al prodotto delle concentrazioni delle sostanze (c) che effettivamente prendono parte alla reazione e solo a quello. Per es., se avviene una r. tra le specie molecolari A e B, la velocità di r. può essere espressa dall'equazione v = k cA cB, dove k è la costante specifica di velocità (r. del 2° ordine). Ma molte r. chimiche non sono trasformazioni semplici e decorrono attraverso una successione di più trasfo mazioni semplici o stadi. Tutto ciò si può riflettere sul modo in cui la velocità di r. dipende dalle concentrazioni delle sostanze reagenti. Possono accadere eventi diversi; per es., la velocità non dipende dalla concentrazione di una delle sostanze reagenti; in altri casi la velocità dipende dalla concentrazione di una sostanza che non appare come reagente nell'equazione stechiometrica della reazione. Tutte queste deviazioni apparenti dalla legge dell'azione di massa significano che la r. procede in più stadi ciascuno dei quali (ma non l'intera r.) obbedisce alla legge dell'azione di massa. Da questo punto di vista, il meccanismo della r. è definito dalla sequenza dei vari stadi e dalla natura dei prodotti intermedi che si formano tra uno stadio e l'altro. Pertanto lo studio della velocità di r. (cinetica chimica) è spesso complesso o, quanto meno, ambiguo a causa della complessità della r. e richiede un'analisi approfondita perché possa portare a un contributo significativo alla determinazione del meccanismo di reazione.
Sebbene una razionalizzazione della r. chimica sia sempre stata un'aspirazione del chimico, solo in tempi relativamente recenti è stata data la giusta importanza alla matrice cinetica del meccanismo delle r. chimiche. Il lavoro pionieristico di C. K. Ingold, S. Winstein e altri sostanzialmente nel periodo 1930-55 ha stimolato un generale interesse alle ricerche sui meccanismi di r., con le appropriate metodologie della chimica organica fisica, determinando una vera e propria fase nuova e interdisciplinare nello sviluppo della chimica che iniziando dallo studio delle r. organiche con metodi fisici si è successivamente mossa verso quello delle r. inorganiche, metallorganiche e biochimiche.
L'obiettivo di questi studi non è meramente naturalistico, ma si propone d'individuare regole generali sul comportamento chimico che permettano di guidare il chimico alla ricerca di nuove r., di condizioni migliori per preparare prodotti di sintesi e produrre prodotti industriali a minor costo o di migliori prestazioni, di approfondire le conoscenze nel campo dei processi biologici. È parte di questi studi lo studio della catalisi (v. oltre), già parola magica della chimica che oggi acquista un significato meccanicistico ben preciso.
Aspetti energetici. - Per una più approfondita definizione del meccanismo di una r. occorre una caratterizzazione anche sotto il profilo energetico. Secondo la teoria di H. Eyring delle velocità assolute di reazione, il sistema dei reagenti si trasforma in prodotti passando attraverso una speciale condizione critica detta "complesso attivato" o "stato di transizione", nella quale l'energia libera del sistema raggiunge un massimo (fig.1). La differenza di energia libera tra stato di transizione e sistema dei reagenti (ΔG=⃓) fornisce una misura della reattività chimica essendo direttamente proporzionale a −log k, dove k è la costante di velocità. Quanto più alta è ΔG=⃓ tanto più lenta è la reazione. La differenza ΔG=⃓ prende il nome di "energia libera di attivazione". Il complesso attivato non va considerato come un composto chimico vero e proprio per la sua estremamente grande labilità chimica che lo colloca su di un massimo di energia libera. Il caso ora fatto è quello di una trasformazione a un solo stadio.
Se la r. avvenisse in più stadi vi sarebbero altrettanti stati di transizione; il passaggio da uno stadio all'altro sarebbe caratterizzato da un prodotto chimico intermedio (minimo di energia libera). Il profilo dell'energia libera è in tal caso più complesso di quello della fig. 1 e ha tanti massimi quanti sono gli stati di transizione e tanti minimi quanti sono i prodotti intermedi.
Le condizioni sperimentali, quali la natura dei reagenti, del solvente e di altre sostanze aggiunte, possono avere notevoli effetti sull'energia libera di attivazione, così da provocare abbassamenti di ΔG=⃓ fino a varie kcal/mole, cioè incrementi di velocità di varie potenze di 10. Quando la r. avviene in più stadi, la sua velocità è condizionata dallo stadio più lento, che in tal modo è un punto cruciale del meccanismo, il cosiddetto "collo di bottiglia" del problema. Una volta compreso il meccanismo di una r., il chimico dispone di uno strumento flessibile per cercare di guidare il corso della r. in certe direzioni desiderate.
Metodi di studio. - La determinazione del meccanismo di una r. è tuttavia un'impresa tutt'altro che facile. Anche i meccanismi proposti per le r. più intensamente studiate sono soggetti a revisione man mano che nuove ricerche mettono in luce aspetti inediti della reazione. Lo studio della cinetica chimica, pur avvalendosi delle tecniche sperimentali e analitiche più aggiornate, generalmente non basta da solo a determinare il meccanismo di una r. complessa. Vari altri tipi di indagine sono chiamati a coadiuvare per il raggiungimento di tal fine. Primo fra tutti è la ricerca degl'intermedi labili di reazione. Ove non sia possibile l'isolamento di tali intermedi, le varie metodologie spettroscopiche permettono d'individuarli nel sistema di r. o in condizioni simili. In tal modo, per es., G. A. Olah e i suoi collaboratori hanno dimostrato in anni recenti la formazione e la struttura di composti labili analoghi agl'intermedi proposti per il meccanismo della sostituzione aromatica. Un altro importante tipo d'indagine è quello stereochimico, basato sulle variazioni di configurazione delle molecole in r., che ha interessantissime implicazioni sulla geometria dello stato di transizione e pertanto aggiunge un altro essenziale aspetto alla descrizione del meccanismo di reazione. Di questo metodo si darà un esempio a proposito delle sostituzioni.
Tra i metodi di studio dei meccanismi di r. meritano anche di essere ricordati quelli basati sull'uso degl'isotopi per l'eleganza d'impostazione e l'univocità delle risposte. Riportiamo tre diversi casi.
Se la rottura del legame C−H avviene nel corso dello stadio lento di un processo, la r. avviene più lentamente se in luogo del composto "leggero" si usa il composto che ha un isotopo più pesante (deuterio o trizio) al posto dell'idrogeno (effetto isotopico cinetico). In certe β-eliminazioni con formazione di olefine
vari dati sperimentali sono a favore di un meccanismo a un solo stadio (bimolecolare) del tipo
Questo meccanismo è ulteriormente confermato dall'effetto isotopico cinetico dell'idrogeno, kH/kD > 1, che si osserva confrontando la r. del composto leggero con quello del composto deuterato R2CDCH(CH3)Br.
Un secondo caso è l'idrolisi basica degli esteri dove non è possibile stabilire se la rottura del legame dell'estere avvenga
in a o in b a meno di non ricorrere a composti marcati con 18O. Nell'idrolisi basica dell'acetato di pentile con acqua marcata si ottiene il seguente risultato:
Poiché l'unico prodotto arricchito in 18O è l'acetato, si conclude che in questo caso l'idrolisi avviene mediante la rottura del legame a (esperienza di M. Polanyi).
Un terzo esempio è l'impiego dell'isotopo radioattivo 14C nella trasposizione di Claisen. Dall'analisi dei prodotti di questa r. non è possibile stabilire in che modo migra il gruppo allilico, se il carbonio che si lega all'anello aromatico è quello indicato con α o con γ nell'etere di partenza:
Marcando uno degli atomi del gruppo allilico dell'etere e ricercando la localizzazione di tale atomo nel prodotto di r. sottoposto a un appropriato metodo di degradazione chimica, si trova che nella migrazione è l'atomo γ che si lega all'anello aromatico. Ciò permette di formulare un meccanismo più preciso per l'intero processo.
Classificazione delle reazioni. - La tendenza di una determinata sostanza o substrato a reagire in un certo "ambiente molecolare" costituito dal solvente e altre sostanze è sollecitata dalla natura di tale ambiente. Si distinguono due grandi gruppi di r. di composti covalenti rispetto alla rottura (e riformazione) dei legami chimici, le r. eterolitiche e omolitiche. Nelle r. eterolitiche il legame covalente A : B si scinde in modo che i due elettroni del legame rimangono associati a uno solo dei due atomi lasciando l'altro privo di detti elettroni, A : B → A + : B. I reagenti chimici dell'ambiente molecolare in cui il substrato si trova immerso possono determinare o assistere la reazione eterolitica sia donando una coppia di elettroni (nucleofili) sia accettandola (elettrofili). Nelle r. omolitiche la rottura del legame A : B avviene secondo lo schema A : B → A • + • B; esse sono determinate o assistite da reagenti "radicalici" che dispongono cioè di un elettrone spaiato. Da queste premesse si può procedere a classificare r. e reagenti chimici come primo chiarimento per la comprensione dei meccanismi di molte r. chimiche.
Sostituzioni presso il carbonio tetraedrico. - Un esempio di r. eterolitica molto studiata dal punto di vista del meccanismo di r. è la sostituzione nucleofila dei derivati alchilici, il cui centro di r. è l'atomo di carbonio tetraedrico. L'equazione stechiometrica generale è la seguente
dove Nu- è il reagente nucleofilo e X il gruppo uscente.
Per la grande varietà di reagenti nucleofili disponibili molte r. di questo tipo hanno valore come metodi di sintesi. Alcuni dei prodotti Alchile-Nu che si possono ottenere sono i seguenti:
La r. comprende la rottura di un legame covalente (Alchile-X) e la formazione di un nuovo legame (Alchile-Nu). Ci si può chiedere in che ordine avvengano questi processi elementari e se le molecole in r. si orientino nello spazio in qualche modo particolare affinché la r. abbia luogo. I fatti sperimentali suggeriscono che vi sono diversi meccanismi possibili per queste r., piuttosto che uno di un sol tipo, poiché la r. è influenzata in modo diverso da un cambiamento di struttura delle molecole e delle condizioni di esperienza. Per es., in certe condizioni, nel passare da un composto meno alchilato a uno più alchilato di una certa serie, la r. diventa meno veloce, mentre in altri casi si osserva l'effetto opposto. Le r. possono essere inoltre influenzate differentemente dalla concentrazione e dalla natura del nucleofilo usato. Alcune r. sono stereospecifiche (v. oltre), altre non presentano questa caratteristica.
Ingold e i suoi collaboratori, attraverso delicati studi basati sulla cinetica chimica e sulla stereochimica, furono i primi a proporre l'esistenza di due meccanismi di r. capaci di spiegare un grande insieme di fatti sperimentali riguardanti le sostituzioni nucleofile al carbonio saturo. Tali meccanismi sono stati indicati con i simboli SN2 e SN1; essi sono schematicamente rappresentati nelle figg. 2 e 3 e brevemente illustrati in quanto segue.
Il meccanismo SN2 consiste in un processo bimolecolare e "concertato", nel quale le molecole in r., del derivato alchilico e del nucleofilo, si trasformano nei prodotti finali in uno stadio unico, secondo lo schema:
Il processo si dice "bimolecolare" perché entrambe le molecole dei reagenti fanno parte del complesso attivato nello stato di transizione; si dice "concertato" perché la formazione del legame C−Nu e la rottura del legame C−X avvengono più o meno insieme, cioè nello stesso stadio.
Questa caratteristica si deduce da vari aspetti cinetici. Uno di questi è la dipendenza della velocità di r. dalle concentrazioni di entrambi i reagenti secondo l'equazione v = k cAcB. Un altro risultato importante è che all'aumentare delle dimensioni del gruppo alchilico la r. rallenta notevolmente, in accordo con l'ipotesi che questo meccanismo richiede un accostamento delle molecole reagenti a distanze ravvicinate simili a quelle del futuro legame chimico Alchile-Nu. Questo accostamento diventa sempre più difficile via via che la struttura del gruppo alchilico diventa più ingombrante (effetto sterico), come accade nella serie
dove la r. con il nucleofilo Nu- rallenta continuamente dal derivato metilico al derivato terz-butilico. Gli effetti possono essere molto vistosi e comportano rallentamenti per fattori fino a varie potenze di 10.
Un'altra caratteristica di questo meccanismo è illustrata in fig. 2 per l'idrolisi basica del 2-bromobutano:
Il reagente nucleofilo OH- si suppone provenire dal lato opposto a quello di uscita del gruppo Br (fig. 2a) in modo che nel complesso attivato gli atomi che partecipano alla sostituzione siano allineati nell'ordine OH---C---Br e gli altri tre legami del carbonio si appiattiscano nel piano passante per C perpendicolare a detto allineamento (fig. 2b). Dopo che il legame C−OH si è formato completamente e Br- ha lasciato il substrato, gli altri tre legami del carbonio si trovano orientati in senso opposto a quello iniziale (fig. 2c) e la configurazione dell'atomo di carbonio diventa invertita (esempio di meccanismo stereospecifico).
L'inversione di configurazione è stata ampiamente dimostrata ricorrendo a substrati aventi il carbonio asimmetrico come centro di r., quale, per es., il 2-bromobutano. Partendo da uno degli antipodi ottici di questo composto, se il meccanismo è SN2 si può dimostrare che il prodotto di r. è ancora otticamente attivato e contiene il 2-C con la conflgurazione invertita rispetto a quella iniziale.
Il meccanismo SN1 è un processo che avviene in due stadi, secondo il seguente schema:
Nel primo stadio avviene la ionizzazione del legame C−X e conseguente formazione del carbocatione R+ come intermedio reattivo. Nel secondo stadio il carbocatione reagisce con il nucleofilo dando luogo alla formazione del prodotto finale. Lo stadio lento di questo meccanismo è la ionizzazione, cui corrisponde un complesso attivato comprendente soltanto una delle molecole reagenti; da questo punto di vista questo meccanismo si deve considerare unimolecolare. La velocità v di r. dipende infatti in molti casi dalla sola concentrazione c del substrato e obbedisce all'equazione v = kc (r. del 1° ordine). In realtà, le r. che seguono il meccanismo SN1 dipendono in larga misura dal solvente usato e sono un esempio dell'importante ruolo che può assumere il solvente nel modificare il meccanismo di una reazione. Nelle sostituzioni nucleofile il solvente ha una parte importante nel dirottare la r. verso un meccanismo SN1 oppure SN2. Il meccanismo SN1 è favorito da solventi polari e ossidrilici che "assistono" la ionizzazione del 1° stadio e rendono la r. indipendente dal nuclefilo usato, specialmente se debole. Le molecole del solvente si associano labilmente e dinamicamente a ciascuna molecola di substrato (solvatazione). Il loro effetto sulla velocità di r. dipende dai cambiamenti di solvatazione che il substrato subisce nel passare al complesso attivato. Nel meccanismo SN1 le molecole del solvente polare e ossidrilico solvatano bene il complesso attivato dove è in atto una separazione di cariche elettriche: di conseguenza la r. si fa più rapida rispetto a un solvente meno polare e non ossidrilico. La presenza di gruppi ossidrilici nel solvente dà luogo a una solvatazione particolarmente efficace (solvatazione specifica) attraverso la formazione di legami a idrogeno tra substrato e solvente.
Le sostituzioni SN1 non sono stereospecifiche perché il carbocatione ha forma piana e può essere attaccato dal nucleofilo con uguale probabilità da entrambi i lati del suo piano. La fig. 3 illustra questo aspetto riferito, per semplicità, alla solvolisi del bromuro di terz-butile. Sperimentalmente la non stereospecificità si dimostra ricorrendo a un substrato il cui centro di r. è asimmetrico e partendo da uno dei due antipodi ottici: se il meccanismo è SN1 si ottiene un prodotto più o meno largamente racemizzato.
Le sostituzioni SN1 sono favorite da quelle strutture del substrato che tendono a produrre i carbocationi più stabili. Così un derivato α-metilbenzilico, C6H5CH(CH3)X, reagisce con un meccanismo SN1 più facilmente di un derivato isopropilico, (CH3)2CHX, perché il carbocatione
è più stabile di
Alla stabilità dei carbocationi contribuiscono gli effetti elettronici dei sostituenti a rilascio elettronico, specialmente quelli di tipo coniugativo.
Sostituzioni presso altri elementi. - Le r. dei derivati alchilici riguardano il carbonio tetraedrico come centro di reazione. Altre r., di cui è stato diffusamente studiato il meccanismo, interessano altre configurazioni del carbonio, in particolare il carbonio insaturo degli alcheni, dell'anello aromatico e degli alchini.
Le r. presso un centro tetraedrico sono state studiate anche con vari elementi diversi dal carbonio, tra i quali il silicio, il germanio, lo stagno e il fosforo. Alcuni meccanismi presentano analogie con quelli del carbonio ma si osservano anche aspetti caratteristici di ciascun elemento nei modi di reagire.
Nei metalli di transizione le r. più note dal punto di vista del meccanismo sono quelle che interessano la configurazione tetracoordinata, come Ni(II), Pd(II), Pt(II), e la configurazione esacoordinata ottaedrica, come Co(III), Rh(III), Cr(III).
Un esempio che serve a illustrare come un comportamento cinetico apparentemente semplice possa nascondere un meccanismo complesso è l'idrolisi basica degli amminocomplessi del Co(III)
la cui velocità di r. obbedisce all'equazione v = k cAcB.
Considerazioni stereochimiche e di altra natura hanno portato alla conclusione che questa r. avviene in più stadi costituiti da un pre-equilibrio rapido, da uno stadio lento e da un terzo stadio rapido
Come si vede, lo stadio lento è una dissociazione della base coniugata del complesso iniziale, quindi è un processo unimolecolare anche se, nel suo insieme, la reazione risulta del 2° ordine.
Catalisi. - La catalisi è entrata nella chimica con un alone di mistero perché essa si riferisce all'accelerazione di certe r. per effetto dell'aggiunta di sostanze che non compaiono nella stechiometria delle reazioni. Oggi è noto che la catalisi è un chiaro effetto di meccanismo. Il catalizzatore è null'altro che un reagente che modifica il meccanismo di r. abbassando l'energia libera di attivazione dello stadio lento; è un reagente perché partecipa alla r. formando intermedi con il substrato. Ovviamente la catalisi contraddice apparentemente la legge dell'azione di massa perché la velocità di r. dipende dalla concentrazione di una sostanza che non compare nell'equazione stechiometrica della r.: la r. avviene in più stadi nel corso dei quali il catalizzatore viene consumato e rigenerato in ugual misura. In un certo senso anche l'effetto accelerante di un solvente è un fenomeno di catalisi, se si tiene conto del concetto di solvatazione (v. sopra).
Le r. organiche offrono molti esempi di catalisi. Riportiamo alcuni esempi per le seguenti equazioni stechiometriche.
Idrolisi degli esteri:
Idrolisi dell'acetato di p-nitrofenile:
Condensazione benzoinica:
L'idrolisi degli esteri è catalizzata dagli acidi. Il meccanismo di questa r., qui di seguito riportato, mostra chiaramente che gli acidi (H3O+) trasferiscono il protone sull'estere; in uno stadio successivo il protone viene ceduto nuovamente al mezzo di reazione. Questo costituisce un percorso energeticamente favorevole alla reazione:
L'acetato di p-nitrofenile fornisce un esempio di catalisi nucleofila per opera dell'imidazolo. Il gruppo acetile si trasferisce sull'imidazolo che viene reso nuovamente libero nello stadio successivo. Il carattere nucleofilo dell'imidazolo favorisce la formazione di un intermedio labile
È probabile che l'imidazolo abbia un ruolo analogo in certe r. enzimatiche che favoriscono il trasferimento del gruppo fosfato.
La condensazione benzoinica è catalizzata dallo ione cianuro, CN-:
Lo ione cianuro non solo reagisce con la prima molecola di aldeide grazie al suo carattere nucleofilo, ma anche favorisce la trasposizione del protone dal carbonio all'ossigeno a causa del suo particolare effetto polare; esso viene infine riceduto al mezzo nell'ultimo stadio.
Interessanti casi di catalisi, anche per le relazioni con certi sistemi biologici, sono quelli che avvengono per opera degli ioni metallici. Questi ioni favoriscono, per es., le r. d'idrolisi in un modo simile all'effetto sopra illustrato del protone sull'idrolisi degli esteri. L'efficacia dello ione metallico è tuttavia generalmente superiore specialmente per l'elevato numero di coordinazione del metallo e per la tendenza a formare chelati (composti di coordinazione con leganti bidentati).
La catalisi dell'estere metilico della glicina per opera di Cu+2 è illustrato nel seguente sistema:
Questa r. avviene in condizioni molto blande in cui l'acqua da sola non sarebbe in grado d'idrolizzare l'estere senza l'ausilio di questo o di altri ioni metallici.
Una forma particolare di catalisi che è oggetto di molte ricerche è la catalisi micellare dovuta a interazioni delle micelle (catalizzatore) con i reagenti, di natura del tutto diversa da quelle (formazione di composti intermedi ben definiti) illustrate negli esempi precedenti. La struttura delle micelle è determinata dalla tendenza della parte idrofoba delle molecole costituenti (detergenti) ad aggregarsi in soluzione acquosa in modo da avere il più piccolo contatto possibile con l'acqua. La struttura e le proprietà delle micelle hanno qualche analogia con quelle delle proteine globulari, inclusi gli enzimi. Inoltre, in certe r., le micelle dànno luogo a un'attività catalitica che ha alcune caratteristiche dell'attività enzimatica. Nella maggior parte di questi sistemi il catalizzatore è una micella costituita da un detergente ionico e capace di far concentrare il substrato presso di sé, causando un'accelerazione della r. del substrato se lo stato di transizione ha una carica di segno opposto a quella della micella.
L'accelerazione dell'idrolisi basica degli esteri p-nitrofenilici degli acidi alcanoici per effetto del bromuro di cetiltrimetilammonio (detergente) è un buon esempio di questo tipo di catalisi:
L'elevata densità della carica positiva sulla superficie della micella costituita dal bromuro di cetiltrimetilammonio stabilizza gli ioni e gli stati di transizione carichi negativamente, e la risultante accelerazione dell'idrolisi è da attribuirsi all'aumentata concentrazione locale dello ione OH- nelle vicinanze del substrato adsorbito dalla micella.
Se il catalizzatore forma un'unica fase omogenea con il sistema dei reagenti e del solvente, la catalisi si dice omogenea. Vi è tuttavia un grande settore della catalisi, che si tiene distinto dalla catalisi omogenea, caratterizzato dal fatto che il catalizzatore si trova in una fase diversa (generalmente solida) da quello del resto del sistema: in tal caso la catalisi si dice eterogenea. A rigore la catalisi micellare non è una catalisi omogenea vera e propria poiché riguarda sistemi di tipo colloidale ma essa non viene trattata come parte della catalisi eterogenea che concentra tradizionalmente l'attenzione sull'effetto catalitico della superficie dei solidi (metalli, ossidi dei metalli, composti di coordinazione). Se la determinazione del meccanismo di una r. che si svolge tutta in un'unica fase omogenea è spesso un'impresa ardua, ancora più complessi sono i problemi che sorgono nello studio delle r. eterogenee. Le r. soggette a catalisi eterogenea sono particolarmente interessanti data l'importanza pratica dei processi industriali che impiegano in buona parte catalizzatori in fase solida.
I fenomeni chimici che caratterizzano la catalisi eterogenea riguardano l'adsorbimento di uno o più reagenti alla superficie del catalizzatore, le r. catalitiche che avvengono su questa superficie e il desorbimento dei prodotti di reazione. L'adsorbimento risulta da un'interazione primaria tra la superficie del catalizzatore e almeno uno dei reagenti consistente nella formazione di legami che vanno dalle più deboli associazioni dell'ordine di poche kcal/mole a legami chimici più forti dell'ordine di alcune decine di kcal/mole. Tutta l'attività catalitica è legata a tali interazioni primarie, che dipendono dalla struttura elettronica delle specie che interagiscono. I metalli che non adsorbono non dànno luogo a catalisi. Nelle r. d'idrogenazione il magnesio, che non adsorbe l'idrogeno, non è attivo. Interazioni superficie-molecola particolarmente forti producono anche inattivazione; anche se ciò può sembrare paradossale, si spiega facilmente con la formazione di intermedi che sono tanto meno reattivi per le successive r. del processo catalitico quanto più sono saldamente legati alla superficie.
I fenomeni chimici caratteristici non sono i soli a rendere complesso il quadro cinetico della catalisi eterogenea; spesso i fenomeni di diffusione dei reagenti nel solido interferiscono a tal punto da diventare gli stadi lenti dell'intero processo.
Anche nella catalisi eterogenea si può avere catalisi acida se la superficie del solido dispone di siti acidi, come nel caso della silice-allumina.
Un importante tipo di catalisi eterogenea è la polimerizzazione stereospecifica delle olefine (propilene) per opera dei catalizzatori del tipo di Ziegler (per es., AlR3 e TiCl4), che produce strutture stereoregolari di pregio (reazioni di Ziegler-Natta) e di grande importanza commerciale.
Bibl.: F. Basolo, R. G. Pearson, Mechanisms of inorganic reactions. A study of metal complexes in solution, New York 1967; C. K. Ingold, Structure and mechanism in organic chemistry, ivi 1969; W. P. Jencks, Catalysis in chemistry and enzymology, ivi 1969; A. Clark, The theory of adsorption and catalysis, Londra 1970; L. P. Hammett, Physical organic chemistry, New York 1970; M. L. Tobe, Inorganic reaction mechanisms, Londra 1972; J.H. Fendler, E. J. Fendler, Catalysis in micellar and macromolecular systems, New York 1975.