RANIERI di Manente, conte di Sarteano
RANIERI di Manente, conte di Sarteano. – Nacque presumibilmente verso gli anni Settanta/Ottanta del XII secolo (e il suo nome compare nelle fonti della fine del medesimo secolo) da madre sconosciuta e da un conte Manente, forse il destinatario di un diploma di Federico I nel 1178.
La sua stirpe era attiva fra i territori di Chiusi, estremo lembo della Tuscia imperiale, e di Orvieto, città legata al pur labile potere papale. Il nome del padre, Manente, compare solo nel XII secolo in una discendenza, quella dei Farolfenghi, rispetto alla quale va notato che, ancora nei decenni conclusivi del XII secolo, si hanno attestazioni toponomastiche di ‘terra farolfenga’. Sembra però che l’onomastico Farolfo fosse allora al tramonto, tanto che la storiografia tende, dal pieno XII secolo in avanti, a indicare la dinastia come conti Manenti, forse anche per una certa labilità dei legami con gli ascendenti Farolfenghi che paiono, comunque, convincenti.
Le vicende di Ranieri sono documentate da fonti svariate: cronache, lettere, carte d’archivio. Egli compare per la prima volta nel seguito di Filippo di Svevia, duca di Tuscia e ultimogenito del Barbarossa, a Polirone nel luglio del 1195 e poi, poco più di un anno dopo, in quello del fratello di questi, l’imperatore Enrico VI, a Montefiascone, nell’ottobre del 1196. Forse nell’ambito di questa frequentazione dell’entourage imperiale nasceva quella fiducia in Ranieri che, stando alle testimonianze del Chronicon Siciliae e di Tommaso Fazello, avrebbe spinto poco dopo – nel 1197 – la vedova di Enrico VI, Costanza, a nominarlo tutore del figlio Federico, di appena tre anni. Le stesse fonti narrano di un rapido voltafaccia di Ranieri alla morte di Costanza, tanto che Federico sarebbe stato ospitato e accudito nei successivi anni dell’infanzia da famiglie palermitane.
Tra le poche fonti disponibili per gli anni seguenti, vi è la lettera che l’arcivescovo Anselmo di Napoli inviò a Innocenzo III il 20 luglio 1200 per informarlo della vittoria ottenuta a Monreale dall’esercito papale contro quanti cercavano di usurpare i diritti di Federico, in primo luogo Marcovaldo di Anweiler; Ranieri veniva presentato come nuntius di questi, oltre a essere giudicato in modo estremamente negativo. Nell’occasione, Ranieri venne imprigionato.
Qualche anno dopo (1204-05), Ranieri appare come alleato dei pisani attivi in Sicilia: nell’isola si scontravano infatti, tra XII e XIII secolo, non solo gli interessi papali e regi, o quelli di singoli aristocratici, ma anche quelli delle città attive nel commercio mediterraneo. Gli Annales Ianuenses di Ogerio Pane riferiscono che Ranieri agì a Siracusa, congiungendo le proprie milizie, sembra, di terra alle forze navali pisane che cercavano di difendere prima, e di recuperare poi, la città. La stessa fonte menziona un ruolo da protagonista di Ranieri nell’assedio di Palermo del 1207.
Sul finire della prima decade del XIII secolo si inserì nelle vicende legate alla successione imperiale Ottone di Brunswick, che trovò inizialmente l’appoggio papale. Nella sua discesa in Italia del 1209, Ottone sostò a lungo proprio nella zona della Tuscia meridionale in cui anche la famiglia di Ranieri esercitava una qualche forma di controllo. La concessione di un diploma attesta la non casuale presenza di Ottone a Sarteano il 3 agosto 1210, ma è ancora una cronaca (del francescano Tommaso Tosco) a menzionare con efficace sintesi il ruolo di primo piano di Ranieri nell’esercito di Ottone, in Sicilia: «comes Ranerius de Sartiano genere Tuscus Siciliam occuparat et diversi diversos invaserant comitatus» (Gesta imperatorum et pontificum, a cura di E. Ehrenfeuchter, 1872, p. 509). E vi sono altri indizi: Ranieri forse allargò la propria azione nell’Italia meridionale accordandosi con Gaeta nel 1212 (Morghen, 1974, p. 115), e già nel 1210-11 aveva forse partecipato con Ottone IV alla campagna di Puglia (Hucker, 1990, p. 649). Anni dopo, la portata notevole del ruolo di Ranieri è evocata in una lettera con cui Federico II rispondeva a Onorio III (7 aprile 1220), il cui tono palesa un sordo livore nei riguardi del conte di Sarteano e dei suoi familiari (sono menzionati un fratello e un nipote), intenti in un’ostile e poco lucida azione contro lo Svevo, nella quale anche il rapporto con Pisa giocava il suo peso. Federico protestava con il pontefice perché Ranieri aveva usurpato quella che definiva «terra nostra» e insinuava addirittura un tentato omicidio ai suoi danni; aggiungeva, poi, che Ranieri, nonostante meritasse una pena commisurata a tanta nequizia, sarebbe stato lasciato libero grazie all’intervento papale, a patto, però, che restituisse ciò di cui si era appropriato in Sicilia.
Un altro segno del ruolo del conte sarteanese proviene dalle fonti archeologiche: infatti, in una zona interna dell’isola, nell’attuale territorio comunale di Campofiorito, non lontano da Corleone, sono state scavate le rovine di un castello «vulgariter nuncupatum di lu Conti Rayneri», come affermato in un documento del 1452 (Graditi - Vassallo, 2012, p. 118). Tale toponimo è stato dalla storiografia a più riprese affiancato proprio al nostro, da ultimo e con convinzione da Henri Bresc. Pare che elementi musulmani presenti in tale regione avessero anche partecipato a numerose azioni insieme a coloro che agivano nell’ambito di Ranieri, primo tra tutti il già ricordato Marcovaldo di Anweiler.
Da una lettera dello stesso Ranieri al conte Guido, della potente dinastia guidinga, si viene a sapere dell’abbandono del rischioso scenario siciliano e del ritorno in Toscana, successivamente al 1220. Per i decenni successivi non mancano le fonti, pur rarefatte, attestanti un Ranieri di Manente attivo tra Senese, Orvietano e Perugino, ma solo a partire dal 1237 (Codice diplomatico del Comune di Perugia, II, 1985, p. 666). Si arriva così fino al 1246 (Il Caleffo Vecchio, II, 1934, p. 561), quando un «Ranerius quondam Manentis comes de Sarteano» è impegnato a curare gli interessi della famiglia nella zona tra il lago Trasimeno e la Val di Chiana per risultare, poi, deceduto nel 1250: l’identificazione presenta una qualche incertezza, in considerazione della distanza temporale rispetto alle ultime attestazioni legate alle vicende siciliane. Se questa documentazione non si riferisse, almeno in parte, a Ranieri, la morte dovrebbe essere presumibilmente anticipata, ma non sappiamo di quanto.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Diplomatico, Archivio Generale, 1244 dicembre e Riformagioni, 1250... 15; Archivio di Stato di Siena, Libro delle Coppe, c. 128v; T. Fazellus, De rebus Siculis decades duae, Panormi 1560, p. 474; Chronicon Siciliae auctore anonimo, in RIS, X, a cura di L.A. Muratori, Milano 1727, col. 816; J.L. Huillard-Bréholles, Historia Diplomatica Frederici II, Paris 1851-1861, I, 1, pp. 46-49; T. Tuscus, Gesta imperatorum et pontificum, in MGH, Scriptores, XXII, a cura di E. Ehrenfeuchter, Hannover 1872, p. 509; L. Fumi, Gli statuti di Chianciano, Orvieto 1874, pp. LXXXII-LXXXVI, docc. nn. XII-XIII; L. Tirrito, Privilegi e documenti della terra di Corleone, in Documenti per servire alla storia di Sicilia, s. 2, II, 1, Palermo 1880-1882, pp. 217-220; E. Winkelmann, Acta imperii inedita, I-II, Innsbruck 1880-1885, I, pp. 153, n. 176, pp. 480 s., n. 599; Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di L.T. Belgrano, II, Roma 1901, pp. 91, 97; Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, a cura di G. Cecchini, II, Siena 1934, p. 561; Regesta Imperii http://www.regesta-imperii.de, V 1, 1, 4, IV 3, 564, V, 4, 6, 49 (1246 e 1250); Codice diplomatico del Comune di Perugia, a cura di A. Bartoli Langeli, II, Perugia 1985, pp. 411, 666, 690.
R. Morghen, L’età degli Svevi in Italia, Palermo 1974, p. 115; P.L. Meloni, L’avventura siciliana di Raniero da Sarteano, in Mediterraneo medievale. Scritti in onore di Francesco Giunta, I-III, Soveria Mannelli 1989, III, pp. 897-911; B.U. Huckler, Kaiser Otto IV., Hannover 1990, pp. 148, 649; M. Marrocchi, R. di Manente da Sarteano, in Bullettino senese di storia patria, CII (1995), pp. 411-452; F. Maurici, L’insedia-mento medievale nel territorio della Provincia di Palermo. Inventario preliminare degli abitati attestati dalle fonti d’archivio (secoli XI-XVI), Palermo 1998, pp. 66 s.; H. Bresc, Le paysage de l’agriculture séche en Sicilie (1080-1450), in Castrum 5. Archéologie des espaces agraires méditérranéens au Moyen Âge, Madrid-Roma 2000, p. 275; R. Graditi - S. Vassallo, Il sito fortificato medievale del Castellaccio di Campofiorito, in Sicilia occidentale. Studi, rassegne, ricerche, a cura di C. Ampolo, Pisa 2012, pp. 113-120; H. Bresc, Corleone nel Due, Tre e Quattrocento: il quadro generale, nota 6 e testo corrispondente, http://www. comune.corleone.pa.it/file%20da%20scaricare/libro%20ct_libro%20ct.pdf (22 giugno 2016).