RADIOCOMUNICAZIONI
(XXVIII, p. 703; App. I, p. 956; II, II, p. 650; III, II, p. 558; IV, III, p. 132)
Questi ultimi anni sono stati caratterizzati da una serie di mutamenti nella concezione e nell'evoluzione dei sistemi di comunicazione a distanza, che hanno portato di riflesso a un panorama diverso nel settore delle radiocomunicazioni. Tali mutamenti nascono dall'esigenza dell'utenza di disporre di determinati tipi di servizi e dall'evoluzione tecnologica che condiziona le prestazioni del sistema e la sua ingegnerizzazione. Il primo aspetto si riflette in un crescente disinteresse per le trasmissioni in onde corte, oramai limitate ad applicazioni particolari o a usi militari, mentre il secondo si riflette in un utilizzo generalizzato dell'elaborazione e della modulazione numerica del segnale.
Come considerazione generale, si può affermare che negli ultimi anni non si sono avuti grandi cambiamenti evolutivi per quanto riguarda il settore della radiodiffusione radiofonica e televisiva, se non appunto per il continuo sviluppo della tecnologia dell'elettronica allo stato solido, che rende sempre più convenienti soluzioni realizzative basate sull'elaborazione numerica; è altresì assai diffuso l'utilizzo di microprocessori per la gestione automatizzata delle funzioni dei ricevitori. A livello di sistema in questo settore tarda a essere introdotta la televisione ad alta definizione (High Definition TeleVision, HDTV), per problemi di standardizzazione.
Nel campo delle r. satellitari va detto che mentre agli inizi questi sistemi erano fondamentalmente concepiti per il trasferimento a grande distanza di traffico telefonico e di segnali televisivi con qualità e affidabilità superiori ai sistemi in cavo, questo ruolo viene oggi in qualche misura ridimensionato a causa della competitività della trasmissione su fibra ottica (v. telecomunicazioni, in questa Appendice). La trasmissione via satellite continuerà peraltro a rimanere la soluzione ottimale per collegamenti nei quali sia non conveniente o poco pratico raggiungere un terminale con supporti trasmissivi fisici (v. anche satelliti per telecomunicazioni, in questa Appendice). Per quanto riguarda la tecnica trasmissiva vera e propria, valgono anche qui le considerazioni di cui sopra; i sistemi trasmissivi vengono concepiti e ottimizzati, nella loro grande maggioranza, in modo tale da poter consentire l'invio e l'elaborazione di informazioni numeriche, siano esse veri e propri dati, o segnali di altra natura (telefonici, televisivi, ecc.) convertiti in forma numerica. I sistemi più moderni sono in grado di convogliare più flussi di dati a elevata capacità (148 Mb/s), utilizzando modulazioni PSK (Phase Shift Keying) o QAM (Quadrature Amplitude Modulation) multilivello (più raramente FSK, Frequency Shift Keying); in questi casi l'accesso multiplo alla risorsa satellitare è quasi sempre a divisione di tempo, cioè di tipo TDMA (Time Division Multiple Access).
Il settore in reale evoluzione attualmente è quello delle comunicazioni con mezzi mobili terrestri e comunque ''personalizzate'', in grado cioè di offrire servizi che possono andare oltre la semplice telefonia, a singoli utenti, tramite radiocollegamento, e i servizi ''senza filo'' che hanno aperto la strada a sistemi multi-utenti. Le problematiche interessate da questi tipi di sistemi sono molteplici, e coinvolgono tutti gli aspetti sistemistici e tecnologici della trasmissione dell'informazione. La loro importanza viene oggi giudicata come determinante per l'assetto futuro delle comunicazioni su larga scala, come del resto testimonia il notevole lavoro svolto a livello normativo nel campo dei radiomobili dalla Conferenza Amministrativa Mondiale delle Radiocomunicazioni (WARC) del 1992.
Sistemi di radiocomunicazione mobile cellulare. - Le prime realizzazioni di servizi radiomobili risalgono alle prime decadi del 20° secolo (v. tab.), e riguardano in generale comunicazioni dedicate e non connesse alla rete telefonica pubblica; quest'ultimo tipo di servizio richiede da un lato opportuni centri d'interfaccia, dall'altra un sistema di trasmissione che permetta di massimizzare il numero di utenti fruitori del servizio stesso per un'assegnata area geografica e per un certo numero di canali a radiofrequenza a disposizione.
Negli anni Cinquanta e Sessanta numerose reti private di radiomobili, bande cittadine (CB) e radiotelefoni portatili utilizzarono terminali radio con diversi tipi di configurazione a frequenze comprese tra 30 MHz e 3 GHz. I primi sistemi europei di telefonia cellulare (basata cioè sulla suddivisione del territorio in ''celle'' in ognuna delle quali il terminale mobile lavora su frequenze diverse) risalgono agli anni Sessanta, quando la soc. Ericssonn introdusse il Nordic Mobile Telephone (NMT), sviluppato in stretta cooperazione tra amministrazioni e produttori in Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia. L'NMT dimostrò la possibile unione europea attraverso reti cellulari internazionali. Gli Stati Uniti tardarono invece nello sviluppare e seguire una strategia comune, anche se i Bell Laboratories giocarono un ruolo di primaria importanza nell'iniziale sviluppo della tecnologia cellulare all'inizio degli anni Settanta introducendo l'Advanced Mobile Phone Service (AMPS).
In Europa i sistemi simili all'AMPS si trovarono a competere con quelli NMT; nel resto del mondo, l'AMPS, sostenuto dall'eccellente reputazione dei Bell Laboratories e dell'AT&T, divenne il modello tecnico da seguire (i sistemi TACS, Total Access Communication System, realizzati in Italia e altrove, e l'MCS-L1 − Mobile Communication System - giapponese sono basati anch'essi sull'AMPS).
Il concetto di telefonia cellulare discende dalla considerazione che per un certo numero 2 N di canali a radiofrequenza a disposizione, e supponendo di utilizzare un solo canale trasmissivo per utente, la copertura di un territorio molto vasto implicherebbe da un lato l'utilizzo di potenze trasmissive assai elevate, dall'altro la capacità di gestire contemporaneamente un numero massimo di N comunicazioni bidirezionali. Suddividendo il territorio in aree più piccole (celle), si ottiene anzitutto che la stessa frequenza può essere riutilizzata in un altro punto, con conseguente aumento della capacità di traffico, e in secondo luogo il fatto che le potenze di emissione sono commisurate alla dimensione della cella. La complicazione sistemistica insita in tale schema di principio è che il terminale mobile deve cambiare frequenza ogni volta che cambia cella, quando cioè le prestazioni trasmissive del collegamento con la stazione radio base degradano sotto una certa soglia. Ciò implica da un lato la stima della qualità del collegamento, dall'altro l'esistenza di un sistema di elaborazione e trasferimento di informazioni di controllo, gestite da centri connessi in ultima analisi con la rete telefonica pubblica. Un buon numero di studi dedicati a questi aspetti ha mostrato che la distanza di riutilizzo delle frequenze, e in ultima analisi la capacità di traffico del sistema, dipendono dal rapporto C/I (potenza di segnale utile/potenza di segnale interferente) che il terminale mobile è in grado di tollerare per una prefissata qualità del collegamento; la divisione più comune del territorio viene fatta secondo celle esagonali.
Nei sistemi radiomobili analogici lo schema di trasmissione è quello sopra descritto; il collegamento radio con il terminale mobile avviene in banda UHF con modulazione di frequenza. La stima della qualità del collegamento viene effettuata dalla stazione radio base della cella, e si basa sulla stima della potenza ricevuta dal mobile; la stazione stessa provvede poi a mettere in atto la procedura di handoff (cioè di trasferimento dell'utente a un'altra cella). La capacità di traffico di questi sistemi può essere incrementata riducendo la dimensione delle celle; il limite deriva in questo caso dal tempo necessario per l'effettuazione della procedura di handoff (a parità di velocità di spostamento del mobile il numero di handoffs cresce al diminuire del diametro delle celle).
Nel 1982, la Conferenza delle Amministrazioni delle Poste e Telecomunicazioni Europee (CEPT) fondò un gruppo di studio denominato Gruppo Speciale Mobile (GSM) con il mandato di definire un futuro modello di telefonia cellulare paneuropeo, caratterizzato dall'utilizzo della tecnologia numerica e dal potenziale impiego su tutto il territorio europeo. A oggi 32 operatori in 22 paesi utilizzano il GSM. La Commissione della Comunità Europea assicurò l'assegnazione comune delle frequenze nella banda dei 900 MHz; il modello GSM fu anche adottato rapidamente in paesi extra-comunitari, particolarmente della zona asiatico-pacifica. Il vecchio acronimo pertanto cambiò il suo significato in Sistema Globale per le comunicazioni Mobile.
Le numerose innovazioni introdotte da questo sistema abbracciano aspetti sistemistici sia di rete che di trasmissione veri e propri, e richiederebbero una trattazione assai più vasta di quanto non si possa fare in questa sede. Una prima classe di interventi sulla filosofia con cui è concepito il sistema riguarda misure atte a diminuire il C/I minimo tollerabile dal collegamento, con l'obiettivo, come già detto, d'incrementare la capacità di traffico (si arriva a 9 dB contro i 18 dB dei sistemi analogici). Il GSM impiega a tal fine una modulazione numerica di tipo G-MSK, una compressione dell'informazione vocale, trasmessa a 13 kb/s, una robusta codifica di canale e l'equalizzazione adattiva. Sulle singole portanti accedono fino a otto utenti contemporaneamente in tecnica TDMA, cambiando peraltro frequenza tra una trama e l'altra (slow frequency hopping; questo si fa per mitigare l'effetto della selettività del canale radio). La procedura di handoff è velocizzata poiché alcune operazioni, quali la stima della potenza ricevuta, sono delegate al terminale mobile.
Il GSM rientra nei cosiddetti sistemi radiomobili di seconda generazione, caratterizzati da trasmissione digitale e aumento della capacità dei terminali radio utente di scambiare dati e informazioni di controllo con la rete. La seconda generazione dei sistemi di telefonia cellulare si ripropone anche di rendere gli standard conformi almeno a soli tre differenti modelli (contro i sei attualmente esistenti per i sistemi analogici): uno per l'Europa occidentale (il GSM), uno per il Nord America (l'IS-54), e un terzo per il Giappone.
Mentre i sistemi europeo e giapponese nascono come sistemi cellulari completamente nuovi, il sistema nordamericano incorpora il modello della prima generazione (AMPS) e aggiunge la capacità di trasmissione digitale della voce.
Reti PCN e servizi ''senza filo''. - Reti PCN. - L'avvento delle reti di comunicazione personale (Personal Communication Network, PCN) renderà possibile soddisfare l'esigenza degli utenti mobili di trasmettere informazioni vocali, dati e immagini a qualunque altro utente senza vincoli di posizione, garantendo il servizio in aree sia ad alta che a bassa densità di traffico (urbane e rurali). Si tratta di reti basate sul concetto di un singolo apparecchio portatile, d'ingombro e peso ridotti, e di un numero telefonico universale che potrebbe seguire l'utente ovunque, indipendentemente dalla terminazione di linea; in strada diviene un'unità portatile come il telefono cellulare, mentre in ufficio o in casa può colloquiare con la rete in loco, connettendosi via radio al nodo di rete d'ufficio o al telefono di casa.
La tecnologia PCN utilizza un mosaico di celle servite da stazioni-base in modo tale che una chiamata in uscita viene trasferita via radio alla stazione-base più vicina, e da qui viene istradata al numero ricevente usando la rete tradizionale. Viceversa una chiamata in entrata è diretta alla stazione-base più vicina al ricevente, dove viene convertita in un segnale radio che viene poi trasmesso all'apparecchio ricevente. In quest'ottica è necessaria la disponibilità di due diverse infrastrutture di rete: una rete terrestre, con le caratteristiche topologiche e funzionali della rete numerica integrata, con funzioni di giunzione e di transito, e una rete di distribuzione per il collegamento degli utenti alla rete terrestre di giunzione.
Un problema legato allo sviluppo delle reti PCN è quello delle tecniche di accesso multiplo. Infatti è necessario utilizzare tecniche opportune in modo da permettere al maggior numero di utenti di condividere lo spettro elettromagnetico, riuscendo perciò a trasmettere e ricevere simultaneamente segnali diversi senza eccessiva mutua interferenza. Le tecniche prese in considerazione per future applicazioni di tale tipo di reti sono il TDMA e l'accesso multiplo a divisione di codice (Code Division Multiple Access, CDMA).
L'efficienza spettrale (b/s/Hz) di un sistema è data dalla velocità di trasmissione di bit per unità di banda occupata a radiofrequenza. Per sistemi organizzati a celle, da tale efficienza dipende il numero di canali disponibili per ogni singola cella. Nel caso di tecnica TDMA l'efficienza spettrale dipende dal grado di riutilizzo delle frequenze, fattore che può essere aumentato riducendo le dimensioni delle celle (cell splitting). D'altra parte tale riduzione delle celle aumenta la complessità di gestione del sistema e dei terminali, e il numero di handoff per chiamata.
La tecnica CDMA utilizza un sistema di trasmissione in cui la potenza impiegata viene distribuita su una banda molto maggiore rispetto a quella necessaria per la sola informazione e gli utenti comunicano utilizzando ciascuno un codice di trasmissione distinto. Per questa tecnica l'efficienza spettrale dipende non solo dal grado di riutilizzo delle frequenze, come per i sistemi TDMA, ma anche dal guadagno di processo caratteristico del sistema. Tale guadagno di processo (PG) è definito come il rapporto tra la banda occupata a radiofrequenza e la banda d'informazione; esso quindi aumenta con il crescere della banda su cui è distribuita la potenza impiegata. Per sistemi CDMA risulta inoltre che il margine rispetto al disturbo (JM) è dato da JM (dB)=PG(dB)− CNR(dB), in cui CNR è il rapporto potenza di segnale utile/potenza di rumore per un prefissato tasso di errore sul flusso di dati. Infine la tecnica CDMA sembra attualmente risolvere i limiti di capacità dei sistemi TDMA risultando un supporto più efficiente in un ambiente di comunicazioni personali generalizzato.
Il principale problema attuale nello sviluppo di reti PCN è che, se da un lato si è cercato di guidare la ricerca verso soluzioni basate su di uno standard comune, valido a livello mondiale, dall'altro vi è stata una tendenza disomogenea verso standard diversi. Infatti negli Stati Uniti le reti PCN sono state sviluppate con una tecnica di accesso CDMA, mentre in Europa la tendenza è completamente opposta: sono stati sviluppati standard con tecniche di accesso TDMA. Infatti la CEE ha messo a disposizione delle reti PCN il GSM, il DCS 1800 inglese e il DECT, tutti standard che utilizzano il sistema TDMA. Alla luce di quanto sopra, è perciò probabile che le reti PCN debbano essere aggiornate per garantire la piena compatibilità con le diverse tecnologie nel momento in cui queste saranno disponibili; attualmente è in corso lo sviluppo delle interfacce ottimali. Durante la conferenza mondiale WARC del 1992 sono state assegnate per future implementazioni di reti PCN le frequenze nelle bande tra 1850 e 2025 MHz e tra 2110 e 2200 MHz.
Servizi ''senza filo'' (wireless). − In molti paesi europei il solo modo per ottenere una trasmissione dati su reti mobili pubbliche è ancora quello di collegarsi con modem a bassa velocità in banda fonica a reti telefoniche radio analogiche. Generalmente tale tecnica ha come risultante un elevato tasso di errore dovuto all'attenuazione del segnale, alle interferenze esterne e allo handoff tra stazioni-base, ed è tipico problema dei sistemi mobili. Questo effetto può essere mitigato, a scapito della capacità del canale radio a banda stretta, usando codici o protocolli a correzione d'errore.
Con l'avvento del GSM digitale è stata opinione comune che le trasmissioni di dati da mezzi mobili potessero risultare più semplici, più economiche e qualitativamente migliori. Nella realtà ciò non si è rivelato completamente vero perché, anche se la qualità e la velocità trasmissiva migliorano, il canale vocale a commutazione di circuito non è adeguato a ogni tipo di sorgente di dati, generalmente organizzati a pacchetti. Per applicazioni specifiche, quali la messaggistica elettronica, l'accesso interattivo a servizi d'informazione, la radiodiffusione di dati, ecc., la commutazione di pacchetto risulta dunque la soluzione di sistema più adeguata. In quest'ottica, in molti paesi europei sono state introdotte reti dati mobili a pacchetto come la Modacom in Germania (attualmente in via sperimentale, sarà resa operativa nel 1995) e la Mobitex (Radio Data Standard) nei paesi scandinavi. Reti basate sullo standard Mobitex furono anche introdotte in Inghilterra, in Olanda e in Francia.
Differenti esigenze e caratteristiche statistiche delle sorgenti d'informazione portano allo sviluppo di reti radio digitali separate per applicazioni mobili, dati e vocali, per motivi di ottimizzazione. Inoltre nelle comunicazioni mobili via radio il mezzo trasmissivo introduce fluttuazioni aleatorie sotto forma di attenuazione del segnale e mutua interferenza, rendendo difficile la realizzazione di servizi a larga banda, quali quelli tipici delle reti ISDN (v. telecomunicazioni, in questa Appendice). I problemi d'interferenza co-canale tra celle vengono ridotti, nel caso della telefonia cellulare già citato, con tecniche di modulazione digitale, che sono più efficaci di quelle analogiche, o con una più resistente tecnica di accesso multiplo CDMA, a scapito di un più stringente requisito di controllo di potenza. Tali soluzioni non sono ottimali nel caso di reti di trasmissione dati mobili, per le quali sono accettabili ritardi di alcuni pacchetti di dati. Per queste reti è quindi possibile utilizzare tecniche di accesso casuale quali i protocolli slotted e unslotted ALOHA e CSMA.
Da un punto di vista economico le comunicazioni wireless garantiscono un basso costo iniziale per l'integrazione con la rete pubblica, indipendentemente dalla distanza; vengono infatti superati i problemi di costo tipici delle strutture in cavo (in fibre ottiche o di altro tipo) di connessione alla rete pubblica, soprattutto in aree scarsamente popolate. Nella figura, tratta dal lavoro di J.C. Arnbak (1993), sono riportati gli andamenti del costo di connessione per utente e dell'area di servizio a parità del numero di utenti in funzione della densità di traffico generata. Si può notare che i punti 1 e 2, corrispondenti ad aree scarsamente popolate rurali e sub-urbane, rappresentano le soglie al di sotto delle quali è meno costoso l'utilizzo di tecniche cellulari per la connessione alla rete pubblica, che non quello di doppino (punto 1) o di fibre ottiche (punto 2). Vedi tav. f.t.
Bibl.: W.C.Y. Lee, Mobile communications engineering, New York 1982; G. Calhoun, Digital cellular radio, Norwood (Mass.) 1988; D.E. Adams, C.R. Frank, WARC embraces PCN, in IEEE Communication Magazine, 30 (giugno 1992); J. Ormerod, A. Butterworth, The ideal communication service, ibid.; B. Sanderford Jr., New market emerge as PCN reduce wireless link costs, ibid.; J.C. Arnbak, The european (r)evolution of wireless digital networks, ibid., 31 (settembre 1993).