rabbioso
È l'appellativo con cui D. designa, senz'altro, i due falsari di persona, Gianni Schicchi e Mirra: E poi che i due rabbiosi fuor passati... (If XXX 46). La pena dei due dannati consiste nell'andar correndo attraverso la bolgia, fermandosi a mordere i loro compagni di pena, i falsatori di metalli: a commento del gesto di uno di loro, che giunse a Capocchio, e in sul nodo / del collo l'assannò, Griffolino informa D. trattarsi di Gianni Schicchi, il quale va rabbioso altrui così conciando (vv. 28-29 e 33, dove r. è in funzione predicativa). Cfr. anche arrabbiate / ombre, ai vv. 79-80.
L'aggettivo è qui nel senso specifico di " affetto da rabbia ", la malattia che alcuni animali, e in particolare i cani, trasmettono all'uomo. Di essa parla diffusamente Bartolomeo Anglico, spiegando che in seguito al morso di un cane ‛ rabidus ' " efficitur homo rabiosus, qui si alium momorderit eum inficit, et etiam rabidum illum facit "; inoltre la saliva dal cane, " cadens in aquas ipsas inficit, et bibentes ex eis hydropicos efficit et furiosos... Morsi autem a canibus ", tra l'altro, " sicut canes latrant " (De geminis rerum... proprielatibus, Francoforte 1601, VII 67; cfr. anche XVIII 26): la grave idropesì (If XXX 52) da cui è tormentato maestro Adamo, e la rievocazione di Ecuba, che forsennata latrò sì come cane (v. 20), confermano l'incidenza dell'opera di Bartolomeo, in questo episodio, sulla fantasia di Dante. Oltre all'allusione ai cani ora vista, altri particolari conferiscono qualcosa di animalesco all'atteggiamento dei due personaggi: si veda per es. l'uso di ‛ assannare ', e il paragone tra il loro ‛ correre mordendo ' e quello del porco quando del porcil si schiude (v. 27).
Nell'altra occorrenza, relativa al leone che si avanza contro D. con la test'alta e con rabbiosa fame (I 47), l'aggettivo si collega a ‛ rabbia ' (v.) nel senso di " ira ", " irritazione violenta " (ha valore attivo: è una fame così prepotente da far diventare r., impazienti di ogni indugio), e concorre a rendere la belva " meritatamente da temere ", come dice il Boccaccio. Benvenuto fonde le due notazioni della test'alta e della fame: " superbus totum appetit, et vult omnes subiicere sibi, et per hoc saepe incurrit rabiem furoris, ut patet in multis ".