QUINTESSENZA
. Il nome di quinta essentia (in greco πέμπτον στοιχεῖον) fu dato inizialmente all'etere, aggiunto da Aristotele ai quattro elementi tradizionali, empedoclei e platonici (terra, acqua, aria e fuoco), come elemento costitutivo di tutto il mondo celeste. Considerate infatti la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco come di crescente finezza e leggerezza, e quindi come occupanti zone cosmiche in serie ascendente, il fuoco appariva costituente del mondo celeste: ma la conoscenza sempre maggiore dell'ampiezza di questo mondo, determinata dai progressi astronomici seguiti dall'Accademia platonica fin da quando vi era scolaro Aristotele fecero avvertire a quest'ultimo la sproporzione che in tal modo si sarebbe manifestata tra il fuoco e gli altri elementi, e lo indusse così all'ammissione dell'etere come elemento astrale. Di suprema finezza e vivacità, il "quinto elemento" ebbe in tal modo fin dalle origini una posizione di preminenza rispetto agli altri: si spiega quindi come nel Medioevo, e specialmente nell'alchimia, nell'astrologia e nel naturalismo del primo Rinascimento, la "quinta essenza" abbia finito col designare il principio più profondo di ogni realtà, sia come costituente universale sia come motivo specifico delle caratteristiche individue (secondo la definizione del Goclenio, che la determinava come "substantia, in qua purissima et sincerissima est crasis, seu natura, vis, virtus, spiritus et proprietas rerum a corpore suo per artem extracta"). Di qui, naturalmente, il significato più moderno e comune di "quintessenza", come caratteristica ultima ed essenziale di una data realtà.